DRAMMATURGIA FILOSOFICA


Socrate nell'agorà

Atene, piazza dell'agorà, V secolo avanti Cristo.

IL PASSANTE – Dimmi, o Socrate, da dove prendi tutte le cose che dici?

SOCRATE – Quando voi dormite, a volte, nel bel mezzo di una notte serena, tra i silenzi dell'oscurità, io mi trovo catapultato, senza sapere come, dentro a una specie di tempesta; e lì tra l'infuriare degli elementi, mentre dei forti venti mi sospingono di qua e di là senza più meta alcuna, delle folgori squarciano l'aere, impietose, e impressionano la mia mente. Poi, scampato a quella insolita bufera, torno di qua, al sereno, e nel cercare di ricordare quelle strane forme luminose mi nascono in testa parole su parole, che racconto a chi si ferma in mia compagnia.

IL PASSANTE – È così allora che nascono le tue opinioni e i tuoi discorsi?

SOCRATE – Sì, nel subbuglio di invisibili tempeste... e ho chiesto più di una volta all'oracolo quale dio mi trascini in quel turbine, ma non ho ricevuto ancora nessuna risposta.

IL PASSANTE – E dimmi, questi altri che si dicono sapienti, con cui parli così spesso, vanno anche loro in simili luoghi così tempestosi?

SOCRATE – Tutti gli uomini debbono andarci, prima o poi, altrimenti non possono avere opinioni sulle cose che sono. Purtroppo, io non incontro quasi mai nessuno; certe volte nemmeno me stesso. Questo è un luogo di assenze, non di presenze; e se non fosse per i turbinosi ricordi che mi lascia dentro, avrei più dubbi che altro sulla sua effettiva esistenza.

IL PASSANTE – Per te allora nel mondo di qua non è possibile raggiungere delle vere idee su ciò che siamo e su quanto ci circonda?

SOCRATE – Impossibile, amico mio... qui al sereno non passa niente, se non queste strane parole che ci diciamo, la cui origine è lì, nella tempesta, e folgora le nostre anime!

 

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