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Riministoria© Antonio Montanari

Antonio Bianchi

Appendice I.

Notizie sulla famiglia Bianchi savignanese (72)

 

Genealogia di Antonio Bianchi. Dai registri parrocchiali di Santa Lucia di Savignano sul Rubicone

 

 

 

Vincenzo Bianchi nel 1761 era "Priore della Compagnia del Carmine" [Faberj Origine, p. 54]. Sua moglie Caterina Turchi (figlia di Giulio e Francesca) risulta nata il 5 dicembre 1705 [ASL].

Negli Atti di battesimo [ASL] dei primi due figli (Domenica, 1739 e Maria, 1740), Vincenzo e Caterina sono dichiarati "ex Parochia S. Mariæ Castri Veteris". In quello del terzo figlio (Luigi, 1742), di essi si dice che sono "de hac Plebata", cioè di Santa Lucia di Savignano. Il loro trasferimento da Castelvecchio a Savignano avviene quindi tra 1740 e ’42.

 

 

A Castelvecchio abitavano anche Bartolomeo Borghesi, la cui moglie Silvia Antonia fu madrina di Domenica (1739); e Girolamo Amati (notaro in Savignano) che fu padrino di Maria (1740), assieme alla savignanese Antonia Margherita Montesi (1676-1743), vedova di Aldobrando Faberj (1673-1713), e madre del ‘cronista’ Giorgio (1701-1776) autore dell'Origine, quinto di tredici figli, sette maschi e sei femmine [cfr. l'introduzione all'Origine, pp. 14-17].

La famiglia Faberj il 12 marzo 1699 ricevette "in sua Casa" la regina di Polonia, Casimira, vedova di Giovanni Sobieski. Antonia Margherita Montesi "doppo pranzo" fu ammessa "al bacio della mano" della sovrana [Faberj Origine, p. 35].

Padrino di Luigi Antonio Bianchi (1742) fu Luigi Heroul, tenente dell'esercito "De Flandis" del re di Spagna. Duemila soldati ispanici erano giunti a Savignano il 3 marzo 1742: vi rimasero sino ai primi mesi del ’43 [Faberj Origine, p. 108, nota 43]. Sul loro rapporto con la popolazione di Savignano, si legge in Faberj [p. 42]: "Il Spagnolo è grave, superbo, pitocco e sospettoso".

Padrino di Domenico Antonio (1781), secondo figlio di Tommaso e Cecilia Beltramelli, fu Pietro Borghesi, figlio della ricordata Silvia Antonia: uomo "virtuoso, et antiquario" lo definisce Faberj [p. 36]. Fu segretario dell'Accademia savignanese degli Incolti (73). È il padre del più famoso Bartolomeo (1781-1860) che continuò e completò la collezione numismatica del genitore, e che riordinò nel 1801 l'Accademia degli Incolti, battezzandola "dei Filopatridi".

 

Nello Stato delle Anime della parrocchia di Castelvecchio per il 1796, figura soltanto un Bianchi, Girolamo di 73 anni, domiciliato presso la famiglia Bolognesi.

Nella campagna della stessa parrocchia, risulta una famiglia Bianchi, costituita da Bernardo (60 anni) e Maria Lucia (42), da Giovanni (54) fratello del capofamiglia, e da sei figli: Alessandro (24), Caterina (23), Tommaso (19), Antonio (18), Maria Santa (14), Luigi (12).

Dai registri dei battestimi di Santa Lucia, nel periodo 1725-33, risultano esistenti a Savignano altre tre famiglie Bianchi, composte dai coniugi Tommaso e Maddalena, Domenico e Maria, Domenico Giuseppe e Lucia, e relativa prole.

Come si è già visto (nella nota 1 del nostro testo), ad Antonio Bianchi furono imposti i nomi di Domenico Antonio Giuseppe Giovanni Luigi. Nomi che, per le famiglie Bianchi, si ritrovano con una certa frequenza negli Atti di battesimo, a partire dal xvii secolo, così come quelli di Caterina, Tommaso e Francesco.

Un Antonio Maria, battezzato nel 1674 (ASL), muore nel 1742 (ACV). Occorrerebbero altre ricerche per chiarire i legami di parentela fra le varie famiglie Bianchi incontrate negli Archivi esaminati.

 

Il sacerdote che firma gli Atti di battesimo dei Bianchi, dal 1739 al 1784 (anno in cui nasce il nostro Antonio), è il riminese n. h. don Giovanni Battista Mancini, dottore e Protonotario Apostolico, creato Pievano di San Giovanni in Compito e Savignano di Romagna nel 1732, che fu presidente della Accademia degli Incolti. (74)

 

Antonio Bianchi, sposatosi il 25 novembre 1811 con la riminese Marianna Marazzini Gualdi, ebbe quattro figli: Cecilia, Matilde, Tommaso e Caterina. Quest'ultima si fece monaca a Santo Stefano di Imola.

Tommaso (1826-1893) fu autore di un progetto Sulla località più acconcia per fondare in Rimini la stazione della ferrovia (1858): sposatosi con Maddalena Melucci (1830-1909), ne ebbe dodici figli, di cui quattro maschi. (75) Matilde (morta nel 1888) sposò il dott. Lorenzo Tosi (defunto nel 1883).

Da Tommaso nacquero quattro figli: Antonio (1864-1937), Luigi (1869-1937), Guglielmo (morto nel 1918), Elisa (scomparsa nel 1932).

Figlio di Luigi fu Tommaso (1901-1955) da cui nacque un altro Luigi.

 

 

 

 

 

Appendice II.

Lettera del dott. Eugenio Bormann a Tommaso Bianchi (76)

 

 

 

Quando viaggiai in Italia per completare col confronto delle lapide [sic] antiche e collo spoglio dei manoscritti epigrafici il materiale per l'edizione di quel volume del Corpus Inscriptionum Latinarum, che deve contenere le iscrizioni dell'Italia centrale, in Rimini il sig. Tommaso Bianchi mi ha gentilmente permesso, di spogliare con tutto mio comodo il manoscritto lasciato da suo padre Antonio Bianchi col titolo Inscript. Arimin. Lo spoglio richiedeva alcune sere ed ha dato buoni risultati per la nostra impresa: imperoché quella opera è fatta esattamente e con dottrina e buona critica, sicché occupa un distinto posto tra le collezioni dei monumenti antichi delle città Italiane.

Con animo riconoscente

Rimini 20 Dic. 1893.

Dott. Eugenio Bormann

incaricato dalla Reale Accademia delle Scienze in Berlino

della Redazione del Corpus Inscriptionum Latinarum che si pubblica dalla detta Accademia

 

 

 

 

 

Appendice III.

Lapidi celebrative

 

 

 

1. "Ad Antonio Bianchi che con amore e sapere spese tutta la vita in raccorre antichi monumenti - ordinò marmi diplomi nummi - scoperse il primitivo asse librale della città d'Arimino - sostenne con modestia e decoro molti onorevoli uffici - fu decretata questa memoria dal Municipio di Savignano perché nella terra natale non mancasse a lui solo il meritato onore - Visse 56 anni e 7 mesi - Morì nel giorno 11 di dicembre nel 1840". Il testo è del prof. G. I. Montanari. La lapide si trova nell'Accademia dei Filopatridi di Savignano sul Rubicone.

 

 

2. "Antonio Thomæ F. Bianchio - nato Sabiniani - omnibus honoribus in colonia n. functo - magistro a Bibliotheca publica - quæstori pecuniæ subsidiariæ plebis - Qui rei nummariæ lapidariæ studiosissimus - omne veterum monumentorum genus ad patriam historiam ampliandam cœgit - primusque æs grave ariminensium agnovit et protulit - Decuriones civi benemerenti in honore vii viratus decesso - iii. Idus Novembris an. mdcccxxxx". (77) La lapide fu collocata nel 1841 sotto il pubblico loggiato, come da delibera del Consiglio comunale del 28 maggio 1841 (78). Ora si trova nella Cineteca comunale, in Palazzo Gambalunga sede della BGR, ove un tempo era situata la "Sala del Settecento" (attualmente al primo piano).

 

 

3. Nella cappella della famiglia Bianchi, al Cimitero di Rimini, si legge questa iscrizione: "Vennero qui composte - per cura dei nipoti - le ossa - del dott. Antonio Bianchi - archeologo insigne - bibliotecario comunale - morto nel 1840 - e dei congiunti - dott. Lorenzo Tosi m. nel 1883 - Matilde Bianchi in Tosi m. 1888". (79)

 

 

 

 

Ringrazio l'editore Bruno Ghigi per la rinnovata fiducia riposta nella mia persona, e per l'importante incarico affidatomi di ‘costruire’ il presente volume. Nel concludere un lavoro di ricerca e di analisi, che ancora una volta (come dimostrano le parti sul collegamento tra il pensiero di Antonio Bianchi e le opere di Lodovico Antonio Muratori), mi ha ricondotto allo studio del Settecento, ho riaperto vecchi libri dei miei lontani giorni universitari, ripensando a chi me ne aveva ‘imposto’ la lettura. Il ricordo della prof. Gina Fasoli, docente al Magistero di Bologna negli anni Sessanta, si associa a quello di tante scoperte fatte allora, prima delle quali un amore verso la Storia, materia che la prof. Fasoli insegnava con alta passione e somma competenza, unite ad un vigore didattico che intimoriva e stimolava; e poi il fascino della cultura illuministica, che ebbi modo di approfondire anche con il prof. Paolo Rossi, docente di Storia della Filosofia, materia nella quale poi discussi la mia tesi di laurea. A tanti anni di distanza, desidero testimoniare qui gratitudine per gli insegnamenti da loro ricevuti, non tralasciando di citare i nomi di due altri illustri docenti del Magistero di quel tempo, Luciano Anceschi ed Ezio Raimondi (che mi chiamò a collaborare alla rivista Il Mulino): a loro debbo un'impronta rimasta indelebile come metodologia di lavoro sia nell'attività didattica sia nello studio. Riservo ovviamente a me stesso e alla mia pochezza quanto, nelle pagine precedenti, possa non aver soddisfatto il lettore.

Infine, per la preziosa collaborazione nella trascrizione e nella edizione del testo, ringrazio Luigi Vendramin, prodigo di utili consigli e suggerimenti di cui sono testimonianza alcune note da lui redatte.

 

 

Vai ai capitoli successivi:

6. Note al testo

7. Nota aggiuntiva

8. Tavola abbreviazioni

9. Lettera di Luigi Nardi

10. Appendici

1. Vita oscura di un bibliotecario gambalunghiano

2. Dalla Geologia alla Teologia

3. Il pensiero storico-politico, tra Machiavelli e Muratori

4. Nel retrobottega dello studioso

 

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