Riministoria© Antonio Montanari

Antonio Bianchi

NOTE AL TESTO

1 Dall'atto di battesimo, firmato da don Giovanni Mancini, e conservato presso l'ASL. Il "compater" (padrino) fu il riminese Nicola Paci, rappresentato dal figlio Cristiano. A Bianchi furono imposti i nomi di Domenico Antonio Giuseppe Giovanni Luigi. Il nome completo del padre era Tommaso Felice Nicola: era nato il 9 aprile 1745 da Vincenzo Antonio Odoardo e da Caterina Turchi, quinto di sette figli. Cfr. l'albero genealogico in Appendice I. La località di Savignano di Romagna si chiama "sul Rubicone" dal 4 agosto 1933.

2 La formazione culturale di Antonio Bianchi è quindi tutta riminese. Secondo A. Piromalli, Bianchi invece fu allievo a Savignano dell'abate Eduardo Bignardi (1772-1826), professore di Belle Lettere: cfr. Quaderno xiii - 1981, Rubiconia Accademia dei Filopatridi di Savignano sul Rubicone, Maggioli, Santarcangelo di Romagna 1984, p. 18. Di Bignardi fu certamente alunno Luigi Nardi, di cui si dirà di seguito.

3 "Stupisce, ad esempio, che il Tonini -solitamente così preciso- abbia omesso perfino di accertare la data di nascita" di Bianchi: cfr. Zuffa Pensieri, p. 391, nota 2. Per una breve biografia di L. Tonini, cfr. A. Montanari, Il diletto della storia, ne Il Ponte, Rimini, 14 aprile 1991.

4 Si noti, nel testo di L. Tonini, l'immagine del passaggio del libro dal ‘sepolcro’ alla vita, con una specie di cartacea resurrezione. In contrapposizione all'opera che nasce, c'è un'esistenza (vera, di persona reale), che si spegne.

5 Cfr. A. Turchini, La cattedrale riminese di Santa Colomba, estratto da "Ravennatensia, iv-1971" (1975), Cesena 1976. Lo stesso Turchini, nel saggio dedicato a Bartolomeo Borghesi, Luigi Tonini e l'epigrafia riminese, in "B. Borghesi, scienza e libertà", Pàtron, Bologna 1982, p. 224, scrive: "Il Tonini era un ricercatore che si era creato, da autodidatta, una preparazione su temi specifici, sollecitato dalla necessità di interpretare i dati che andava raccogliendo o sistemando sulla base di ricerche altrui". (Ringraziamo il prof. Turchini per averci cortesemente segnalato questo suo lavoro.)

6 Si veda un documento di Bianchi, appunto del 1833, nella successiva nota 20.

7 In occasione della morte di Bianchi, L. Tonini scrive tra l'altro a B. Borghesi il 14 novembre 1840: "Quanto valesse nel resto ella meglio di altri lo sa" (cfr. A. Turchini, B. Borghesi…, cit., p. 225, nota 7). Commenta Turchini: "Il Borghesi lo sapeva benissimo, in quanto uomo con cui "aveva passata l'infanzia" e con cui aveva poi sempre conservato rapporti di "stima e di amicizia". Ne conosceva il breve lusinghiero profilo steso dal Nardi […] da cui si ricava che il Bianchi nel 1827 aveva già raccolto il corpus delle epigrafi di Rimini […]. Inoltre proprio in quel momento stava uscendo il nuovo studio borghesiano su un Nuovo diploma militare dell'imperatore Traiano Decio […], Roma 1840, reso possibile proprio dal Bianchi che glielo aveva messo generosamente a disposizione. Infine il Borghesi aveva avuto fra le mani quanto meno una copia autografa del massimo lavoro epigrafico del Bianchi: una organica raccolta corredata da un commento erudito che susciterà l'apprezzamento del Bormann, dalla cui redazione del 1832 il Tonini attinse non poco" (ib., p. 226). Del "profilo" steso da Nardi, diremo nella successiva nota 15. Circa "l'apprezzamento del Bormann", cfr. in seguito l'Appendice II., Lettera del dott. Eugenio Bormann a Tommaso Bianchi. La lettera di Tonini cit. è nell'omonimo Fondo in BGR.

8 Mario Zuffa (1917-79) ha diretto la BGR dal 1954 al ’70. Una breve antologia del saggio di Zuffa su Bianchi, è stata da noi riproposta nel numero di gennaio 1994 di Riminilibri.

9 Il testo autografo di Bianchi Guida pe’ forastieri è nel ms. 631, Miscellanea, cc. 227-228. È apparso in Rimini prima dei bagni, edito nel 1993 dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini, a cura di P. Meldini e G. Rimondini. Nel saggio Una guida inedita di A. B., pp. 11-15, Meldini (direttore della BGR dal 1972), osserva che il lavoro di Tonini "è molto più ampio e dettagliato" di quello di Bianchi; "ma alcuni luoghi sono una ripetizione quasi letterale delle parole" di Bianchi (che però non viene mai citato). L'opera di Tonini è molto analitica e restituisce al lettore un'immagine viva della città nel secolo scorso. I mss. della BGR hanno un numero preceduto dalla sigla "SC-MS." che non ripetiamo ogni volta. Tutti i mss. di Antonio Bianchi sono conservati nella stessa BGR.

10 Sulla storia dell'Accademia, cfr. D. Mazzotti, Rubiconia Accademia dei Filopatridi, Notizie storiche e biografiche, Maggioli, Santarcangelo di Romagna 1975. Mazzotti fu appassionato e dotto cultore delle memorie savignanesi, ed autore di molti scritti storici. In tale opera, su Nardi cfr. p. 52. Si veda anche I. Fellini, Savignano e la sua Accademia, Rubiconia Accademia dei Filopatridi, Margelloni, Savignano sul Rubicone 1988.

11 Cfr. R. Comandini, Appunti per una storia della fortuna del Rosmini in Romagna, in "Rivista rosminiana di filosofia e cultura", anno lxii, fasc. i, 1968, pp. 48-49. Le lettere a Nardi sono conservate nella BFS (mss. 156-8).

12 Cfr. P. Palmieri, Occasioni romagnole, Mucchi, Modena 1994, p. 211. La lettera fa parte del "Carteggio Monaldo Leopardi-Luigi Nardi" pubblicato in Appendice, pp. 183-229. Appresa la notizia della morte di Nardi, Monaldo Leopardi il 16 luglio 1837 scrisse ad Epifanio Giovanelli: "La chiesa e le lettere hanno perduto un grand'uomo, ma i suoi amici hanno acquistato un protettore in cielo" (ib., p. 229 e p. 176); all'inizio di questa epistola, Monaldo riferisce della scomparsa del "dilettissimo figlio" Giacomo, avvenuta il 14 giugno (ib., pp. 175-176). Monaldo Leopardi fu Accademico dei Filopatridi. Epifanio Giovanelli (1778-1845) avversò le res novæ ed è un "esponente di quella religiosità che fu tipica della Restaurazione" (cfr. R. Comandini, Cultura e Clero nella Rimini dell'800, Un inedito carteggio del can. Giovanelli con mons. Baraldi, in "Quaderno 5", Associazione giornalisti e scrittori riminesi, 1965, pp. 62-67). Su Monaldo Leopardi e su Nardi, Palmieri scrive che essi "furono esponenti di rilievo" del "cattolicesimo legittimista e reazionario", un "modo di vivere e di pensare che […] era negli anni tra il 1830 e 1840 ancora vitale" (ib., p. 184).

13 Il vero nome di Planco è Giovanni Bianchi (1693-1775). Per non ingenerare confusione, in queste pagine lo chiameremo sempre Planco. Tra Antonio e Giovanni Bianchi non esiste nessun legame di parentela. Planco fu scienziato che nella Medicina, nella Filosofia e negli studi antiquari realizzò i suoi principali interessi culturali. Nel 1742 una sua Vita, apparsa a Firenze nel tomo primo dei Memorabilia, curati da Giovanni Lami, venne presentata come opera di "autore anonimo". In realtà si trattava di un'autobiografia in cui Planco proietta fedelmente i tratti caratteristici della sua personalità: esagerata considerazione di sé, spirito polemico, intolleranza verso le critiche e le opinioni contrarie. Era troppo fedele il ritratto rispetto all'originale perché l'autore fosse altri dal personaggio presentato in quelle pagine. "Di vivido ingegno e di vasta cultura ma di carattere invidioso turbolento altezzoso contenzioso vanaglorioso": così ha scritto di Planco A. Simili in Carteggio inedito di illustri bolognesi con G. B. riminese, Azzoguidi, Bologna 1964, p. 67, nota 103. Su Planco, si veda il nostro profilo in Lumi di Romagna, intitolato "Giovanni Bianchi, il Planco furioso", pp. 9-17 (con bibliografia essenziale), e la storia inedita della sua famiglia ne La Spetiaria del Sole, Iano Planco giovane tra debiti e buffonerie, Raffaelli, Rimini 1994. La "Spetiaria del Sole" era il negozio del padre di Planco, il farmacista Girolamo (1657-1701), che si trovava "sotto il volto della Piazza grande" (attuale piazza Tre Martiri) in locali di proprietà del signor Domenico Tingoli, come si ricava da un documento del 1696 (di cui diamo notizia nelle presenti pagine per la prima volta), esistente nel Fondo Gambetti, BGR, ad vocem "Bianchi" [senza ulteriori indicazioni].

14 Sull'iscrizione (riportata nel ms. 628 a p. 171, cfr. la lettera di Planco a L. A. Muratori (1° agosto 1739) riportata da A. Turchini in G. Bianchi (Iano Planco) e l'ambiente antiquario riminese e le prime esperienze del card. Garampi (1740-1749), estratto [1975] dal volume "A. Muratori storiografo", Modena 1972, p. 393, nota 51. Planco aveva scoperto l'iscrizione "nella chiesa delle monache di San Matteo a Rimini" e l'aveva inviata oltre che a Muratori anche a mons. Giovanni Bottari (il capo della fazione romana degli antigesuiti, secondo una diffusa opinione), ed al riminese Giovanni Battista Gervasoni (1684-1735) che studiò quel testo, preparandone un'analisi storica, pubblicata postuma a cura di Planco con proprie annotazioni nel tomo v della Miscellanea Erudita del padre Giuseppe Bergantini dell'Ordine de’ Servi, "stampato in Venezia l'anno 1742", con il titolo Prefazione, e Note, ad una Lettera del sig. Ab. Giovan Batista Gervasoni sopra una iscrizione de’ secoli bassi ritrovata in Rimini dal dott. Bianchi (secondo quanto si legge nelle Novelle Fiorentine del 1758, colonna 479). Sulla Lettera, cfr. anche la cit. autobiografia di Planco in Lami, Memorabilia, p. 389. Antonio Bianchi (ms. 628, p. 171) scrive che quel "marmo" con l'iscrizione di cui stiamo trattando, esisteva ancora, ai suoi giorni, "in casa del fu Giano Planco". A proposito della pietra tombale di Planco, una curiosità rilevata da R. Comandini, e riferita da A. Fabi (in A. Bertola e le polemiche su Giovanni Bianchi, "Studi Romagnoli", Lega, Faenza 1972, pp. 72-73): essa contiene una frase ("Nascitur infelix, vixit infelicior, obiit infelicissime"), che fu usata da don Luigi Marini, arciprete di San Leo, nell'atto di morte (27 agosto 1795) di Giuseppe Balsamo conte di Cagliostro. (Sulla figura di Bertola, oltre che la biografia in Lumi di Romagna, intitolata "Un poeta per l'Europa", si veda A. Montanari, Un "Diario" inedito di Aurelio Bertola, "Quaderni di Storia, n. 1", Il Ponte, Rimini 1995. A proposito di mons. Bottari, ricorderemo che fu autore di un testo, Lezioni sopra il Decamerone, cit. da A. Bianchi alla p. 196 del ms. 628, che il lettore troverà più avanti. Infine, circa la morte di Cagliostro, si ricordi che nell'atto cit. don Marini scrisse che essa avvenne "die 26. Augusti anni suprad.i sub horam 3. cum dimmidio noctis", cioè il 27.)

15 Cfr. L. Nardi, Dei compiti, Nobili, Pesaro 1827, pp. 149-150. Sull'importanza di tale "collezione", si veda la cit. lettera di E. Bormann, pubblicata in Appendice II. La "collezione" di Bianchi è uno dei punti di partenza della parte quarta ("Raccolta delle Iscrizioni antiche"), seconda classe (lapidi "che non esistono più") del cit. Rimini di L. Tonini, il quale, nell'introduzione relativa, si limita a citare il "manoscritto del Bibliotecario Antonio Bianchi" (p. 286), senza accennare all'importanza di tale lavoro. Tonini, quasi a limitare il significato della "collezione" di Bianchi, scrive che costui "vide" anche il ms. del "nostro Sebastiano Bovio de’ Gherardi […] che si conserva nella Biblioteca di Savignano" (ib.): è lo stesso testo di cui (come si è già visto), parla C. Tonini nella cit. Coltura (parte i, p. 427). La precisazione che la "Collezione del Bianchi supera i 200 numeri" non dice nulla al lettore circa l'originalità della ricerca di Bianchi stesso rispetto al ms. di Bovio che presenta un numero molto inferiore di lapidi. Il lavoro di Bovio (BFS, ms. 76.6) ha per titolo De Patria Arimino inclyta, de Rubicone famoso, atque egregiis, quæ Arimini extant, Romanorum Monumentis Libellus. L. Tonini ne ebbe stralci attraverso il bibliotecario di Savignano Michele Gregorini (1778-1868): cfr. Rimini p. 332, nota 6 (dove la "p. 17", relativa al ms di Bovio, dev'essere corretta in "p. 22"). Sempre in Rimini, si legge a p. 286 che nel Bianchi il numero delle iscrizioni "perdute ascende ad 85". Soltanto en passant facciamo notare che L. Tonini (ib., p. 285) dice di riportare "in numero di 86" tale tipo di iscrizioni: una soltanto in più rispetto a Bianchi. Il quale, ad onor del vero, era pure lui debitore a testi precedenti, di cui L. Tonini riporta l'elenco (ib., p. 286). Il testo più vicino, cronologicamente, a Bianchi è la "superba raccolta" (definizione di L. Nardi, in Carte Amaduzzi, ms. 172.2, BFS), di schede dell'ex gesuita bolognese padre Francesco Alessio Fiori. Nel ms. 627, "Copie di Antonio Bianchi", si trova la Copia delle schede di F. A. Fiori. Padre Fiori era arrivato a quota 75, dieci in meno di Bianchi. Il conteggio può apparire pedante, ma serve soltanto a giustificare la definizione di "superba" attribuita da Nardi anche alla "collezione" di Bianchi.

16 Cfr. R. Comandini, Tra due rivoluzioni. Mezzo secolo di vita religiosa in Val Conca (1797-1848), in "Studi Romagnoli", xviii (1967), Lega, Faenza 1969, p. 130. Nardi era in corrispondenza col modenese mons. Giuseppe Baraldi il quale "scriveva al Rosmini di riscontrare troppa "patria" negli scritti del Savignanese!" (ib., p. 133).

17 Cfr. R. Comandini, Appunti…, op. cit., p. 49.

18 Sull'antigiansenismo di Nardi, cfr. R. Comandini, Della varia fortuna dell'opera manzoniana in Romagna, Lega, Faenza 1962, p. 16, nota 13.

19 Cfr. soprattutto l'opera postuma Della epoca nostra, De Agostini, Torino 1854.

20 Nel ms. 631 si conserva la copia di un'istanza (c. 268) di Bianchi al Pontefice per ottenere l'autorizzazione a "trasferire" dalla Biblioteca Gambalunghiana, in cui era allora Coadiutore, "in propria casa alcuni Manoscritti, e libri per ragione de’ suoi studi, e per utile della Biblioteca stessa", allegando una dichiarazione (c. 269) del "Gonfaloniere di Rimino", G. B. Spina, datata "Rimini 28. novembre 1833", indirizzata allo stesso Bianchi, n. 1559 di protocollo: "Non pregiudica punto le massime e discipline della nostra Libreria il permesso ch'Ella addimanda con pregiato foglio 26 cadente, siccome il ritiro di volta in volta di libri e manoscritti presso di se medesima, che ne è l'attuale custode, è diretto a lavoro di patrie illustrazioni, di cui Ella con tanto amore s'occupa. La Magistratura pertanto, che nel suo pieno interpellai, avuto riguardo alle distinte qualità di V. S. Ill.ma ed alle dotte di Lei cognizioni, aderisce di buon grado per sua parte ad autorizzare l'estrazione momentanea dallo stabilimento di qualche libro e manoscritto. Sia ciò di riscontro al citato di Lei foglio, e sia non meno questa adesione una sincera addimostrazione della stima la più distinta che la intera Magistratura professa alla S. V. Ill.ma, e colla quale io pure particolarmente mi protesto Di V. S. Ill.ma". L'autorizzazione pontificia è del 7 marzo 1834, come si legge nel relativo documento allegato nello stesso ms. 631.

21 Sulla figura di Z. Gambetti (1803-1871), si veda G. C. Mengozzi, Un illuminato bibliofilo, Z. G., "Studi Romagnoli", xxxvii (1986), Fotocromo, Bologna 1990, pp. 285-293. Il saggio di Mengozzi è stato da noi riproposto in sintesi in Riminilibri del novembre 1993 (n. 1).

22 A proposito di grafia, a p. 191 del ms. 628, si legge sui caratteri gotici: "Si credono inventati per capriccio di novità, credendo di fare una bella cosa coll'aggiungervi tutti que’ ricci, come successe per la poesia nella sua decadenza, in cui furono introdotte quelle strambissime figure, e que’ termini altosonanti, colla presunzione di farla più bella".

23 Bianchi "fu possessore e raccoglitore" di una "sceltissima collezione di libri", a cui poi affiancò un museo "prezioso […] per sceltezza d'oggetti": cfr. Tonini Bianchi, p. 3.

24 Cfr. C. Ginzburg-A. Prosperi, Giochi di pazienza, Einaudi, Torino 1975, p. 64.

25 La parola "sentieri" non sembri riduttiva rispetto all'importanza del pur sintetico lavoro di Zuffa che fu acuto studioso oltre che cordialissima persona. Tale parola viene qui usata nello stesso senso in cui appare nel titolo di un'importante raccolta di saggi di E. Raimondi, pubblicata in tre volumi da il Mulino (Bologna 1994): I sentieri del lettore. Senso che è spiegato dal curatore dell'opera, A. Battistini, come indicazione per una lettura dei testi da condursi con un atteggiamento critico che sia di esplorazione secondo quella che Osip Mandel’stam chiama l'"intelligenza geologica", per "disseppellire le verità nascoste" e sciogliere "gli automatismi del risaputo" (pp. 9-12). Questa "intelligenza geologica" è appropriata anche nei confronti di Bianchi che fu studioso di Geologia, come si vedrà nelle pagine seguenti.

26 Le letture di Bianchi in materia geologica, risultano più ampiamente documentate nel ms. 637 che contiene (alle cc. 43-57) trascrizioni ed appunti i quali servono come preparazione alla "prefazione" del ms. 628. Il ms. 637 comprende una serie di Documenti di vario argomento.

27 Sulla figura di padre Bellenghi esiste un'interessante biografia di R. Sassi, L'abbate camaldolese mons. Albertino Bellenghi (1757-1839), pp. 145-173 di "Studia Picena" xv, Fano 1940, dove l'influsso del clima politico del tempo in cui fu scritta, si fa sentire nell'interpretazione della figura dello stesso studioso, definito "un apostolo dell'autarchia" per certi suoi studi relativi alle tinture. Nato a Forlimpopoli "oggi non oscura perché il Duce della nuova Italia vi ha compiuto i suoi studi" (p. 147), Bellenghi unì ad una carriera ecclesiastica di tutto rispetto (fu consultore dell'Indice, arcivescovo titolare di Nicosia, e visitatore apostolico della Sardegna), una continua indagine sui fenomeni naturali più diversi, attestata da numerosi scritti scientifici. Nelle citate Ricerche sulla Geologia, "con argomentazioni che in un ecclesiastico potevano allora sembrare ardite, cerca di mettere d'accordo le sei giornate della cosmogonia mosaica con le nuove scoperte e induzioni della geologia intorno ai milioni di secoli che occorsero perché la terra prendesse l'aspetto attuale" (p. 151).

28 Cfr. p. 355 dell'ed. Tea, Milano 1993.

29 Cfr. il commento alla Divina Commedia di N. Sapegno, p. 138 del vol. i, Inferno, c. xii, v. 42, La Nuova Italia, Firenze 1985.

30 Cfr. G. De Ruggiero, La filosofia greca, i, Laterza, Bari 1967, p. 129.

31 All'inizio della sua Rimini, Tonini segna come estremo confine a cui giunge, risalendo nel tempo antico, non il discorso geologico, ma quelle "cose" che possono essere "argomento di favole, e di sogni" (p. 9), cioè la mitologia, oggetto poi di analisi nel cap. xi della parte i, intitolato "Nullità di più favolosi racconti" (p. 53). Alla mitologia, Tonini non dà alcun credito perché la sua attenzione di studioso non può rivolgersi a ciò di cui "non v'ha documento alcuno" (p. 56). Diverso è al proposito l'atteggiamento di Bianchi che affronta la questione mitologica da un punto di vista critico: la "greca mitologia" si è impadronita "d'una gran parte delle scarse ed inesatte tradizioni dell'antichità", e "volendo tutto abbellire ha tutto svisato, specialmente per la manìa di voler far tutto procedere dalla Grecia, tanto in materia di religione, che di arti e scienze", mentre sembra "che queste prima che in Grecia fiorissero in Oriente e nell'Egitto" (ms. 628, p. 1 e relativa nota). Questo atteggiamento critico scompare nella nota di p. 4 dello stesso ms. 628 (riprodotta qui ne "Il nostro antico territorio"), dove Bianchi ricorda una "tradizione etrusca" sui tempi della creazione del mondo da parte di un "Dio artefice di tutte le cose", ‘fondendo’ quasi la mitologia antica con le religioni ebraica e cristiana.

32 L'attenzione di Bianchi verso la Geologia è espressa pure da un suo breve commento ad una citazione ripresa dalla "Bib[liothéque] Univ[ersell]e de Genève, Julliet 1836": "merita di essere considerato bene tutto l'articolo" (che trattava della Svizzera); cfr. ms. 637, c. 48.

33 In un altro appunto di Bianchi (ms. 637, c. 51), si legge: "Les géologues et les cosmographes modernes ne verront pas sans une vive curiosité le docteur de la loi musulmane affirmer (chapitre iii Cronique d'Abou-Djafar-Mohamed Tabari) que le six jours employés par le Très-Haut à la crèation du monde sont six mille ans suivant le temps d'ici-bas. "Si Dieu l'avait voulu, il aurait crée l'univers en un istant; ma il a employé pour le créer un temps considérable, afin que tu saches que l'œuvre du sage doit être faite avec science, intelligence et sagesse". Tabari morto l'anno 922." In c. 54 dello stesso ms. 637 Bianchi ha trascritto il titolo di un saggio, Exposé de quelques doctrines des Gèologues modernes del prof. Macaire, apparso in "Bibliot. Univ.e Genève, Dic. 1836, p. 333".

34 Bianchi si riferisce, con queste citazioni dalla Città di Dio, ad uno dei punti centrali non solo del pensiero di Agostino, ma dell'intera filosofia cristiana: il problema cosiddetto "del tempo". Per Agostino, l'ordine descritto dal Genesi, non è temporale, "ma esprime soltanto una successione ideale delle cose secondo la graduazione delle loro essenze": i sei giorni della creazione "sono momenti di un'attività eterna" (cfr. G. de Ruggiero, La filosofia del cristianesimo, i, Laterza, Bari 1967, pp. 335-336). In Agostino, Dio non crea la totalità delle cose possibili come già attuate, bensì immette nel creato i "semi" o "germi" di tutte le cose possibili, che poi, nel corso del tempo, si sviluppano via via, in vario modo e col concorso di varie circostanze, che Agostino chiama le occasioni favorevoli. (Cfr. G. Reale-D. Antiseri, Il pensiero occidentale, i, La Scuola, Brescia 1983, pp. 343-344.) Secondo San Tommaso, invece, non è possibile concludere se la creazione del mondo sia avvenuta nel tempo o nell'eternità: la ragione è incapace di risolvere logicamente il problema; solo per fede si accetta la dottrina cristiana della creazione nel tempo (cfr. C. Vasoli, La filosofia medievale, Feltrinelli, Milano 1961, pp. 305-306). Alla c. 54r del ms.637 Bianchi trascrive tutto il cap. 7 dello stesso libro xi della Città di Dio.

35 Cfr. nell'ed. italiana (apparsa presso Majno, Piacenza 1822), pp. 42-43.

36 Cfr. p. 3 del ms. 628, che riportiamo nel cap. "Il nostro antico territorio", alla cui relativa nota si trova la citazione dal Dizionario filosofico.

37 Sul lavoro di Planco si parla nel presente volume, alla nota 4 del cap. "Il nostro antico territorio".

38 Il titolo completo del ms. (in BGR, 803, op. 5, cc. 86-91), è Istoria dei Fossili dell'Agro Riminese, ed altri siti circonvicini, compilata dall'Ab. Gio. Ant. Battarra Professore di Filosofia, in varie riprese, per servire al genio dell'E.mo Sig. Card. Zelada. [Francesco Saverio de Zelada fu Segretario di Stato di Pio VI, e Cardinale Bibliotecario di Santa Romana Chiesa dal 1779 al 1801.] Esso è stato pubblicato da E. Berardi nel volume Il carbone in Romagna, le miniere di Sogliano alle pp. 1-9 (la nostra citazione è tolta da p. 2). Sia l'Istoria di Battarra sia il lavoro di Berardi, sono segnalati in S. Zangheri, Bibliografia scientifica della Romagna, edito dalla Società di Studi Romagnoli, Lega, Faenza 1959, rispettivamente a p. 25 e a p. 31 Battarra fa seguire alla Istoria, dalla c. 91, il Catalogo dei Fossili che ritrovansi nelle Campagne e dirupi di Sogliano, S. Giovanni in Galilea, ed altri siti circonvicini, secondo il Bonanni, ed altri Conchiologisti (riproposto da Berardi alle pp. 10-13). Il gesuita Filippo Buonanni, 1638-1725, difensore della teoria aristotelica -sostenuta anche dalla Chiesa- della generazione ex putri, aveva pubblicato a Roma nel 1681 l'Osseruation delle chiocciole. (Sugli studi e sulle opere di F. Buonanni, cfr. B. Basile, L'invenzione del vero, Salerno, Roma 1987, passim.) Scrive Battarra che da "più di 30 anni" aveva raccolto notizie sui fossili nel Riminese, "ma perciocché viveva ancora il nostro celebre Bianchi" [Giovanni, Iano Planco] non aveva "mai voluto entrare in una provincia che parea tutta sua, e per non dar gusto ai di lui poco amorevoli" (ms. 803, c. 86; in Berardi, op. cit., p. 1). Neppure dopo la morte di Planco, avvenuta nel 1775, "essendo in altre cose distratto", Battarra aveva più pensato al vecchio progetto della Storia de’ nostri Fossili che facesse seguito a quella dei funghi, pubblicata con successo nel 1755 e riproposta quattro anni dopo in seconda edizione. Battarra, nella sua Prefazione scritta per l'apertura della cattedra di Filosofia del Seminario riminese (edita da Faberj, Cesena 1763), inserisce lo studio dei fossili nel programma del secondo anno: "Passo in oltre a porre in vista la notomia della Terra, secondo l'opinione, e i sistemi di varj celebri Naturalisti, e siccome in questi sistemi non vi trovo che idee per lo più poetiche, e sforzi di fantasia, io fo dipoi conoscere quanto creder si debba sù questo argomento, per quanto portano le osservazioni. Laonde sieguono le notizie dei Metalli e dei Fossili, per quanto spetta alla cognizion d'un Fisico, e d'un Naturalista. Parlasi dell'origine dei Monti, del loro uso, e della loro necessità" (pp. xix-xx). Da questo breve passo si riconosce la modernità del pensiero di Battarra (1714-89), che risulta del tutto sconosciuta ad alcuni suoi biografi che hanno preferito sottolineare la bizzarria del carattere del personaggio, più che analizzare il significato delle sue idee filosofiche e della sua attività di scienziato. Sulla figura e l'opera di Battarra, si veda nel nostro Lumi di Romagna il cap. 2. a lui dedicato (pp. 19-26). Nel 1773 Battarra pubblicò a Roma la Rerum Naturalium Historia, cioè l'edizione critica del Museum Kircherianum (1709) di Filippo Buonanni, in due tomi, con appendici di Pasquale Amati e di Iano Planco, e con le biografie, scritte da Battarra stesso, di Buonanni e del gesuita tedesco Athanasius Kircher (1601-80), creatore dell'omonimo Museo romano.

39 Preso dall'ansia di giustificare autorevolmente l'inquadramento del proprio discorso e le singole affermazioni in esso contenute, Bianchi pare talora non curarsi della completezza (ed esattezza, quindi) delle proprie citazioni. Non è una grave colpa, ma piuttosto il documento di uno stato di soggezione psicologica, dovuta al timore di sconfinare nel terreno dell'eresia. Se nel caso di Dante che abbiamo visto sopra, il lettore non avverte la complessità del verso riportato (Inf., xii, 43), per quello dei Proverbi, 8, 31, ci si trova dinanzi ad un'affermazione che potrebbe apparire involontariamente blasfema, con quell'"Onnipotente ludens", che non è immaginabile nelle pagine del Libro sacro.

40 Per comprendere gli orientamenti e la mentalità scientifica di Bianchi, si debbono ricordare, accanto alle letture ed alle indagini sulla Geologia, quelle relative ad argomenti demografici e statistici. Nel ms. 637 (alle cc. 1-25) c'è la trascrizione di atti e documenti relativi al Censimento del 1834, e della corrispondente Relazione di Filippo Battaglini del 1835, dove si affrontano i problemi dell'equità fiscale nelle province dello Stato pontificio: è un caso che ci illustra come la Scienza diventi operativa nella società, e come la speculazione teorica si trasformi nella ricerca di strumenti rivolti a migliorare le condizioni di vita della popolazione di uno Stato. In quei documenti del ms. 637 sono anche testimoniati interessi che poi confluiscono nelle osservazioni ‘politiche’ svolte da Bianchi nelle pagine studiate da Zuffa. Nella Nota di Bianchi alla Cronaca del 1831 (ms. 628, p. 231; in Zuffa Pensieri, p. 405) , si legge: "so di certo per confessione di un perito dello stesso governo" (perito da identificarsi, secondo Zuffa, nel cit. Battaglini), "che i non mai sazj Romani hanno alterate le stime fatte dai periti deputati nelle provincie, faciendoci sospettare di far questo per diminuire poi quelle fatte nel agro romano". Commenta Zuffa (ib., nota 14): "Questo incarico del Battaglini, ignorato da Carlo Tonini, suscitò l'interesse del B. che ricopiò diligentemente", come si è appena visto, "materiale di qualche importanza per la storia economica della Restaurazione".

41 Nel ms. 628, alle pp. 7-8, Bianchi trascrive una nota di L. Matteini, creatore di un museo naturale poi donato al Comune (cfr. L. Tonini Cronaca, pp. 133-136), contenente un elenco di fossili rinvenuti in varie località dell'entroterra riminese. (L'originale della nota è nel ms. 637, cc. 55-56.) Su tale museo, cfr. il catalogo edito da Malvolti, Rimini 1873 ed intitolato Museo depositato nella sala del ginnasio comunale nel palazzo Gambalunga di Rimini. Un altro importante museo privato riminese fu quello del ricordato Giovanni Battista Gervasoni, "acquistato, sebben non più intero, nel 1736" da Planco: cfr. Tonini Coltura, ii parte, p. 536. Su quel museo, cfr. nel ms. 636 di A. Bianchi (c. 36) la trascrizione di una Memoria autografa di Planco, sotto la data "Vicenza 21 Luglio 1740".

42 Il testo di Zuffa nel cit. saggio Pensieri, occupa le pp. 389-395, alle quali rimandiamo senza ulteriori precisazioni. La parte della Cronaca relativa al 1830 (ms. 628, p. 211) è alle pp. 395-396; quella del 1831 (ms. 628, pp. 212-216) va da p. 396 (ove si trova l'apophtegma riportato a p. 212) a p. 400; il paragrafo sul 1832 (ms. 628, pp. 217-218) è tra p. 400 e p. 401; la Nota di Bianchi (relativa "alla p. 215" del ms. 628, e redatta alle pp. 227-232), si trova tra p. 401 e p. 406. Tutte le citazioni che in seguito vengono fatte, ove non diversamente indicato, si riferiscono al ms. 628.

43 Rivarola era Legato straordinario con pieni poteri. L'attentato "pose fine alla missione" di Rivarola. "Lo sostituì una commissione presieduta da Monsignor Filippo Invernizzi: altri arresti, altri processi, e condanne a morte" mediante impiccagione (cfr. U. Marcelli, Le vicende politiche dalla Restaurazione alle annessioni, in "Storia dell'Emilia Romagna", University press, Bologna 1980, iii, p. 73).

44 Dell'episodio tratta anche il Giornale del notaio Michelangelo Zanotti (1773-1826), da cui Bianchi ha trascritto alcuni passaggi relativi, nel ms. 636 (cc.28-33); alla c. 33v c'è la narrazione dell'episodio stesso. Nel 1824, il cardinal Rivarola aveva imposto l'obbligo di girare nelle ore notturne muniti di lanterne per farsi vedere e riconoscere. L'editto, emanato per ragioni di ordine pubblico, voleva prevenire disordini e proteste politiche contro il governo papalino.

45 La citazione è tolta da S. J. Woolf, La storia politica e sociale, in "Storia d'Italia, 3, Dal Primo Settecento all'Unità", Einaudi, Torino 1973, p. 333.

46 Nel ms. si legge: "Giovanni Rufini, Giudice Relatore, Diffesa con Sommario per l'Appellante sacerdote D. Filippo Onesti di Rimini, Roma 1840, Nella Stamperia della Rev. Cam. Apost.".

47 Alla prima edizione della Lettera, stampata a Bologna da Romano Turchi, ne seguì subito dopo (se non contemporaneamente) una seconda a "Rimino per Marsoner e Grandi", sempre come opera anonima. Soltanto nel 1860, Malvolti ed Ercolani di Rimini riproposero la Lettera con il nome dell'autore, aggiungendovi il suo testamento. In BGR (segnatura 11. Misc. rim. clxxxiii. opp. 48-50), si trovano le tre edizioni annotate (forse) da Z. Gambetti. Sul frontespizio di quella bolognese (op. 48), si legge: "prima edizione". Su quella riminese del ’31 (op. 49): "Seconda edizione con aggiunte come nel manoscritto, che è l'originale" (aggiunte che si trovano allegate in due facciate).

48 Cfr. p. 433 del saggio di don A. Scarpellini Don Alessandro Berardi patriota riminese, vol. xiv (1963) degli "Studi Romagnoli", pp. 429-446. A don Scarpellini si deve la riscoperta della figura del sacerdote riminese. Nel suo saggio è pubblicato anche il testamento di don Berardi (pp. 444-446).

49 Ib., p. 433, nota 10. C. Tonini, riportando l'episodio nel suo Compendio della Storia di Rimini, libro vii, capo v, p. 479, mette in bocca al vescovo solo il grido "Viva la religione".

50 Uno dei principali avversari di don Berardi fu un suo confratello riminese, il can. Epifanio Giovanelli, ricordato sopra come corrispondente di Monaldo Leopardi. Giovanelli sollecitò gli attacchi, condotti "con modi non sempre urbani", nelle modenesi Memorie di religione, di morale e di letteratura contro l'autore della Lettera (cfr. R. Comandini, Cultura e Clero nella Rimini dell'800, cit., p. 63). Don Berardi era stato "pupillo" del canonico savignanese Francesco Moroni, a sua volta accusato di essere un "condillachiano" (ib. p. 67).

51 Cfr. in A. Scarpellini, op. cit., passim.

52 Cfr. L. A. Muratori, Annali d'Italia, Einaudi, Torino 1976, tomo i, p. 240. Anche l'impianto del lavoro di Bianchi, sostanzialmente annalistico nelle parti più analitiche, rimanda alla lezione di Muratori.

53 G. Villani, mercante fiorentino vissuto tra 1280 ca. e 1348, è autore di una Cronica divisa in 12 libri. La citazione ripresa da Bianchi dal libro xi, è riferita all'età coeva allo stesso Villani: i libri vii-xii, infatti, sono dedicati agli anni 1266-1346.

54 Cfr. N. Machiavelli, Il Principe, xii, Feltrinelli, Milano 1960, p. 54.

55 Cfr. N. Machiavelli, Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, I, xii, Feltrinelli, Milano 1960, pp. 165-166.

56 Ib. , p. 163.

57 Cfr. F. Guicciardini, Storia d'Italia, I, i, Mondadori, 1965, p. 3.

58 Le citazioni sono tolte rispettivamente da p. 479 e p. 483 dell'edizione cit.: si tratta della Conclusione scritta da Muratori per rispondere alle critiche di "un moderno giornalista anonimo" (l'abate Gaetano Cenni); in essa, significativo è il richiamo agli scritti del "celebre padre Mabillone" (pp. 485-486), del quale diremo nelle pagine seguenti.

59 Un elenco dei mss. di Bianchi è presentato in Zuffa Pensieri, pp. 389-390, nota 1, con la vecchia segnatura della BGR. La nuova segnatura è invece riportata sia nel Catalogo Mss. BGR, sia nell'Indice dei mss. a cura di P. Meldini (CR. 018. 131. BICG, 1-2).

60 L'opera Uomini illustri di Rimini è incompleta. Ad esempio, citeremo la scheda su Iano Planco, in cui si legge solamente: "Giovanni Bianchi Patrizio Riminese. Archiatro Pontificio, Medico Polistore, Antiquario, Botanico &cc.".

61 L'originale di R. Guidoni è in BFS, ms. 169, iii.

62 La parte iniziale del lavoro di Faberj ricalca il ms. di Guidoni. Il testo di Faberj è stato parzialmente riprodotto da G. Donati in Faberj Origine. Giorgio Faberj nacque nel 1701 a Savignano di Romagna. Fu sacerdote e Canonico lateranense. Morì nella stessa Savignano nel 1776. Altre notizie sulla sua famiglia, presentiamo nella nota che accompagna la genealogia di Bianchi, in Appendice I. Il testo di Faberj (conservato nella BFS), è stato pubblicato da Donati nella sua parte iniziale (pp. 1-46) e conclusiva (pp. 167-220): quella centrale, relativa alla storia delle chiese locali ed ai rapporti (spesso tempestosi) fra i religiosi savignanesi, è stata rimandata ad altra opera.

63 Nella c. 34v si legge: "5. Ag[osto] 1772: Da questa si rileva che l'Amaduzzi aveva raccolte anch'esso le Ins[crizioni] Riminesi, e le notizie sui Scrittori e Uomini illustri". Da un controllo effettuato presso la BFS sul ms. 172, abbiamo constatato che niente di organico aveva preparato Amaduzzi.

64 Riproduciamo le notizie sui Gesuiti riminesi, contenute nella lettera a Pasquali, in nota alla p. 202 del ms. 628, sotto la data 1768-1773.

65 Cfr. F. Diaz, Politici e ideologi, in "Storia della Letteratura Italiana, vi, Il Settecento", Garzanti, Milano 1968, p. 82. Sull'attività dell'Inquisizione contro gli scritti di Mabillon, cfr. A. Rotondò, La censura ecclesiastica e la cultura, in "Storia d'Italia, 5**, I documenti", Einaudi, Torino 1973, pp. 1416-1417.

66 Cfr. E. Raimondi, I sentieri del lettore, cit., ii, p. 137.

67 Ib., p. 141.

68 Lettera del 27 giugno 1739, in A. Turchini, G. Bianchi (Iano Planco) e l'ambiente antiquario riminese, cit., p. 385. La lettera di Planco è in risposta ad una missiva di Muratori del 23 dello stesso mese, con la quale si apre il carteggio fra i due, e sulla quale cfr. G. C. Battaglini in Le lettere di L. A. Muratori al Dottor Giovanni Bianchi…, Albertini, Rimini 1879, pp. 3-5. La raccolta muratoriana fu poi acquistata da G. Garampi, nella sua veste di "vicecustode" della Gambalunghiana (cfr. Turchini, ib., p. 420).

69 Cfr. L. A. Muratori, Annali d'Italia, cit., rispettivamente p. 77 e p. 12.

70 Cfr. Nota di prefazione a L. A. Muratori, Annali d'Italia, cit., p. 4.

71 Cfr. A. Cottignoli, Rerum Italicarum Scriptores di Lodovico Antonio Muratori, in "Letteratura Italiana, Le opere, ii, Dal Cinquecento al Settecento", Einaudi, Torino 1993, p. 1025, nota 3.

72 Debbo esprimere gratitudine a Carla Mazzotti di Savignano, che con la consueta pazienza e la ben nota competenza ha raccolto, e mi ha cortesemente fornito, i dati relativi ai battesimi in ASL (anche servendosi di uno spoglio elettronico compilato dal dott. G. Donati, autore dell'edizione cit. di Faberj, Origine), e molte altre notizie dell'ACV. I più sentiti ringraziamenti vadano per l'ASL a don Melchiorre Baroni, e per l'ACV all'amico don Silvano Rughi.

73 Circa il ruolo culturale svolto da Pietro Borghesi, è utile ricordare che, in conclusione all'Appendice scritta da Pasquale Amati nella Rerum Naturalium Historia, cioè l'edizione critica del Museum Kircherianum (1709) di F. Buonanni già cit., preparata da G. A. Battarra, si legge: "Haec Sabiniani dabam, editionem interim curantibus Petro Burghesio, & Iohanne Christophoro Amadutio cl. viris & popularibus meis, quos amoris, & honoris caussa nominavi". L'Appendice di Amati è il De restitutione purpurarum liber. Amati (1726-96) era stato allievo di Battarra: sulla sua figura si veda nel iii vol. de La biblioteca periodica, repertorio dei giornali letterari del 6-700 in Emilia e in Romagna, a cura di M. Capucci, R. Cremante e A. Cristiani, il Mulino, Bologna 1993. Una sua breve biografia è in A. Montanari, La ragione? Meglio l'autorità, in Riminilibri, dicembre 1993, che recensisce il cit. iii vol. de La biblioteca periodica. Secondo una scheda conservata in Fascicoli anonimi su famiglie e personaggi illustri di Savignano e dintorni, in BFS, segnalatici da Carla Mazzotti, Pasquale Amati levò al fonte battesimale Antonio Bianchi "però come mandatario del nobil uomo Ottavio Ondedei Pesarese". In questa scheda come pure in altre degli stessi Fascicoli, si dà Bianchi erroneamente come nato nel 1783, anziché nel 1784.

74 Cfr. D. Mazzotti, Rubiconia Accademia dei Filopatridi, cit., p. 34.

75 Cfr. N. Matteini, Rimini negli ultimi due secoli, Maggioli, Rimini 1977, ii, p. 887.

76 Le lettera autografa è unita al ms. 628, con la traduzione che riproduciamo integralmente. Borman è "giudice non sospetto" dei meriti di Bianchi (cfr. Zuffa Pensieri, p. 391).

77 "Ad Antonio Bianchi, figlio di Tommaso, nativo di Savignano, che ha retto tutte le cariche nella nostra Comunità; direttore della pubblica Biblioteca; tesoriere dei sussidi per il popolo. Il quale, studiosissimo di Numismatica, Lapidaria e Diplomatica, raccolse ogni genere di antichi documenti per ampliare la Storia patria e per primo scoprì e fece conoscere l'Asse pesante dei Riminesi. I Decurioni al Cittadino benemerito scomparso mentre era nel Settemvirato. 11 novembre 1840".

78 Cfr. N. Matteini, op. cit., p. 887.

79 Nella cappella (che si trova all'ingresso del Cimitero, settore Ponente), oltre al nostro Antonio e a Matilde Bianchi, ed al dott. Lorenzo Tosi, sono sepolti (in ordine cronologico, secondo la data di morte premessa ai singoli nominativi): 1893, Tommaso Bianchi; 1902, Benilde Bianchi-Baravelli; 1909, Maddalena Melucci-Bianchi; 1913, dott. Giovanni Baravelli; 1915, Teresa Bianchi; 1916, Carlino Bianchi; 1918, dott. Guglielmo Bianchi; 1932, Elisa Bianchi; 1937, Boninfante Alba di anni 48; 1937, Luigi Bianchi di anni 67; 1937, Antonio Bianchi di anni 73; 1950, Enrico Marsili di anni 54; 1951, don Gaetano Baravelli, nato nel 1889 da Giovanni e Benilde Bianchi: fu sacerdote molto noto in città per le sue iniziative dedicate ai giovani; 1953, Carlo Baravelli di anni 63; 1955, Tommaso Bianchi di anni 53; 1957, Renato Baravelli di anni 65; 1968, Maria Rossi ved. Baravelli di anni 70.

 

7. Nota aggiuntiva

8. Tavola abbreviazioni

9. Lettera di Luigi Nardi

10. Appendici

1. Vita oscura di un bibliotecario gambalunghiano

2. Dalla Geologia alla Teologia

3. Il pensiero storico-politico, tra Machiavelli e Muratori

4. Nel retrobottega dello studioso

5. Appendici

 

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