GdeA
PER LE
I L L U S T R I   N O Z Z E
DEGLI EGREGI E AVVENTURATI
MARCO D.R COSTANTINI
ED
ELISA TRANQUILLI

VERSI
DI
GIACOMO DOTTOR ANGELINI
DI ROVIGNO
 
 
 

TRIESTE 1822

DALLA TIPOGRAFIA DI ANTONIO MALDINI
GdeA
GdeA
A L L O   S P O S O
GdeA

 
SONETTO



    Quando di Elisa Amor ti discoperse
            Gli occhi vezzosi, e la guancia vermiglia,
            Le pupille con dolce meraviglia
            Hai, così ragionando, in Lei converse:

        Chi fia costei, di sì gentili e terse
            Grazie adorna, che a rosea alba somiglia?     .
            Quanta virtude! e qual mover di ciglia,
            Onde il mio cor di se il governo perse!

        Poi soave un sospir mandasti ad Ella;
            E un tenero da Lei sguardo ne avesti,
            Di pietade ripieno ingenua e bella.

        Al balenar dei vivi sguardi onesti
            Dei vostri amor si accese la facella
            Terrena imago degli amor celesti.

S  A  F  F  I  C  A

    Chi sulla cetra con profano suono
            Fia che le grazie, e i favor tutti canti,
            Onde all'uomo nei suoi consigli santi
                                             Iddio fè dono?

    Natura rese a lui fertile e bella,
            E con sua mano in le create cose
            Intrinseca per noi dovunque ascose
                                            Di amor fiammella.    ,

    Quindi spuntar di color mille i fiori,
            E piante, e viti, e la messe ridente;
            E gorgheggiar nel bosco dolcemente
                                            Gli augei canori.

    Quindi nitrendo all'uom sulle maremme
            Africane balzò pronto il destriero:
            E sua dovizia da per tutto diero
                                             L'indiche gemme.

    Sorride a noi la bianc'alba rorante,
            Lieve per noi s'increspa la marina,
            E provvido per noi alto cammina
                                             Il sol fiammante.

    Ma più che il Sole, e i campi, e la ricchezza
            Raro ha creato all'uom dono l'Eterno,
            Divo lavoro di suo amor superno,
                                             Di sua grandezza.

    L'amabil gli donò leggiadra sposa,
            Ch'inclita di virtù dote in cuor ave,
            E viva sul gentil volto soave
                                             D'Eden la rosa:

    Talchè alla guancia bianco - porporina,
            Ai begli occhi lucenti, al bel sorriso
            Nei cuori un palpitar nasce improvviso;
                                            Tutto s'inchina.

    A canto ognora del diletto sposo
            Siede compagna, ed amorosa amica,
            E cara e lieve a lui fa la fatica,
                                            Caro il riposo:

    E se felice ei sia, o nel periglio,
            Come raggio di Luna, ella è serena,
            O celeste pietade le balena
                                            Tra ciglio e ciglio.

    Al riso, al pianto, ai vezzi, ai dolci detti
            Della dolce consorte egli è beato;
            E Tempio casto è il talamo dorato
                                           Di casti affetti.

    Vi pargoleggian poi teneri i figli,
            Bella cura di Lei, studio, ed amore,
            Come nutre l'Aurora del suo umore
                                           Le viole, i gigli.

    Salve, o diletto al Ciel nodo solenne
            Di umane nozze; il fonte a te di Dio,
            Qual onda di ruscel, di grazie un rio
                                           Manda perenne.

    Tu sacro rito sin d'allor che i neri
            Boschi, e i colli, e le freccie abbandonaro
            Gli uomini primi, e gl'istinti frenaro
                                           Liberi, e fieri.

    Di fratellanza con la destra un pegno
            Si dier scambievolmente, ed abbracciarsi,
            Sursero le Città, quindi formarsi
                                          E leggi e regno.

    Dovunque in verecondo amor frattanto
            Brillar fu visto; e al tempio il genitore
            Guida la figlia in vergine pudore
                                          Al nodo santo.

    Alla pompa dell'ara, al giuramento
            Chi vien col lauro, o con nautico fregio,
            Chi con spada, o con toga, e chi col regio
                                          Paludamento.

    E crescon, come cresce arbor sul monte,
            Alme famiglie, onor, fama, nazioni,
            E magnanimi affetti, e d'azioni
                                         Solenni e conte.

    E siccome si crea forte da forte,
            Così a vera virtude, a saldo onore
            Del padre all'orme il figlio apre del cuore
                                        Giovin le porte.

    Salvete adunque, umane nozze; e ai doni
            Della eterna Cagion prima di amore
            Laude di amor, dove il sol nasce, e muore,
                                         Tutto risuoni.

    Deh! Marco, tu, che di amor vivi vivi,
            Di cui gli arcani in riva al fiume biondo
            D'euganea un giorno con saper profondo
                                         Chiari mi aprivi;

    Seconda omai, di molle cetra in guisa,
            Il canto mio, cui fiamma porge ed ale
            Il dolce vezzo, e la virtù non frale
                                         Della tua Elisa.

 

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