S A F F I C
A
Chi sulla cetra con profano suono
Fia che le grazie, e i favor tutti canti,
Onde all'uomo nei suoi consigli santi
Iddio fè dono?
Natura rese a lui fertile e bella,
E con sua mano in le create cose
Intrinseca per noi dovunque ascose
Di amor fiammella. ,
Quindi spuntar di color mille i fiori,
E piante, e viti, e la messe ridente;
E gorgheggiar nel bosco dolcemente
Gli augei canori.
Quindi nitrendo all'uom sulle maremme
Africane balzò pronto il destriero:
E sua dovizia da per tutto diero
L'indiche gemme.
Sorride a noi la bianc'alba rorante,
Lieve per noi s'increspa la marina,
E provvido per noi alto cammina
Il sol fiammante.
Ma più che il Sole, e i campi, e la ricchezza
Raro ha creato all'uom dono l'Eterno,
Divo lavoro di suo amor superno,
Di sua grandezza.
L'amabil gli donò leggiadra sposa,
Ch'inclita di virtù dote in cuor ave,
E viva sul gentil volto soave
D'Eden la rosa:
Talchè alla guancia bianco - porporina,
Ai begli occhi lucenti, al bel sorriso
Nei cuori un palpitar nasce improvviso;
Tutto s'inchina.
A canto ognora del diletto sposo
Siede compagna, ed amorosa amica,
E cara e lieve a lui fa la fatica,
Caro il riposo:
E se felice ei sia, o nel periglio,
Come raggio di Luna, ella è serena,
O celeste pietade le balena
Tra ciglio e ciglio.
Al riso, al pianto, ai vezzi, ai dolci detti
Della dolce consorte egli è beato;
E Tempio casto è il talamo dorato
Di casti affetti.
Vi pargoleggian poi teneri i figli,
Bella cura di Lei, studio, ed amore,
Come nutre l'Aurora del suo umore
Le viole, i gigli.
Salve, o diletto al Ciel nodo solenne
Di umane nozze; il fonte a te di Dio,
Qual onda di ruscel, di grazie un rio
Manda perenne.
Tu sacro rito sin d'allor che i neri
Boschi, e i colli, e le freccie abbandonaro
Gli uomini primi, e gl'istinti frenaro
Liberi, e fieri.
Di fratellanza con la destra un pegno
Si dier scambievolmente, ed abbracciarsi,
Sursero le Città, quindi formarsi
E leggi e regno.
Dovunque in verecondo amor frattanto
Brillar fu visto; e al tempio il genitore
Guida la figlia in vergine pudore
Al nodo santo.
Alla pompa dell'ara, al giuramento
Chi vien col lauro, o con nautico fregio,
Chi con spada, o con toga, e chi col regio
Paludamento.
E crescon, come cresce arbor sul monte,
Alme famiglie, onor, fama, nazioni,
E magnanimi affetti, e d'azioni
Solenni e conte.
E siccome si crea forte da forte,
Così a vera virtude, a saldo onore
Del padre all'orme il figlio apre del cuore
Giovin le porte.
Salvete adunque, umane nozze; e ai doni
Della eterna Cagion prima di amore
Laude di amor, dove il sol nasce, e muore,
Tutto risuoni.
Deh! Marco, tu, che di amor vivi vivi,
Di cui gli arcani in riva al fiume biondo
D'euganea un giorno con saper profondo
Chiari mi aprivi;
Seconda omai, di molle cetra in guisa,
Il canto mio, cui fiamma porge ed ale
Il dolce vezzo, e la virtù non frale
Della tua Elisa. |