GdeA
TERZINE
Lieve dal Cielo la rugiada viene
Sulla casa che al vero Iddio si estolle,
A Lui, che il fren dell'universo tiene.
Dal suo splendido gli Astri etereo colle
Piovono amor sulle infallibili are,
Che trionfanti chi può tutto volle.
Ove del Verbo il suol copre l'altare,
Scorre un ruscel perennamente, e sono
Piene di vita l'onde intatte e chiare.
Qui fra i suoi cari Iddio dal sommo trono
Vien suscitando un profondo amore;
E intende il suo venir l'uomo giusto e buono.
Di re velato l'immortal splendore,
Benignamente accostasi e si asside;
Spunta l'olivo dove posa e il fiore.
La vendemmia di Dio gioconda ride
In questa santa terra: Eden simile,
Pria del peccato, una delizia vide.
Ravviva le convalli ognor l'aprile;
Ed un felice mansueto gregge
Esce ogni giorno dal securo ovile;
Che di buoni Pastor zelo lo regge,
E il rappella, e il percuote, e lo accarezza,
E dalle perigliose unghie il protegge.
Sul carro immenso della tua grandezza,
O Dio, scendevi al popol primo, ed ora
Di sotto a vacillar la terra avvezza.
All'appressarsi di tua pompa austera
Copriasi Abramo nella polve, e in petto
Timida feasi l'alma eletta e vera.
Di foco una ghirlanda il tuo cospetto
Toglieva all'occhio, e rintonava il monte,
E un vortice di fumo avealo stretto.
Mosè pur anco palpitava. Pronte
Le tue vendette stavano sull'ali
Mirando al cenno della irata fronte.
Quindi Israel, che gl'inni trionfali
Oltre l'onda cantò dell'Eritreo.
E al tramontar de' suoi giorni marziali,
Segno poscia al tuo grande arco si feo;
Piansero i figli nel Deserto il padre;
E rovesciò le tende il Filisteo:
Fu spoglia a strani, e a man sanguinee e ladre,
E, dispersi i Leviti, la sant'Arca
Peregrinò fra le nemiche squadre.
Nè si placò lo sdegno tuo; che scarca
Sopra Sionne hai tutta la faretra;
E il mesto suol la pia maceria incarca.
Ma della nuova tua città ogni pietra
Hai benedetto, e mai ritiri il guardo,
E mai giustizia i suoi diritti impetra.
Di stella in stella senz'alcun ritardo
Recano i doni i messaggeri celesti,
E d'ogni priego è il favor tuo men tardo.
O avventurato che all'ombra nascesti
Del Golgata, che freme ancor di amore,
E dell'onda di vita il guizzo avesti !
T'inebria, ti delizia, apri il tuo core
All'arcano di grazia alto argomento,
E spira di salute le dolci ore.
Di un novello ti ornò paludamento
Così perfetta Religion, che mira
A te il Creato riverente e intento.
E non lo spirto vien colmo dell'ira
Di Dio, cui fa il sentiero il lampo, il tuono,
E che dietro di se la folgor tira.
Ben di fida amistà ti serba il dono
Un'Angelo, che pieno è di dolcezza,
E i cittadin del Ciel fratei ti sono;
Che poco l'alma tua cede in bellezza
Alle menti superne, e il frutto in ella
Dell'ammenda ineffabile si apprezza.
Un Compagno, cui vezzo etereo abbella,
Tutta notte è con te, dall'alba a sera,
E ovunque il tempestoso orbe ti appella:
E ti parla in benevole maniera:
"Me siegui, non temere, io ti son guida;
Scegli, ben opra, e credi, ed ama, e spera."
Tu non vedi il cortese che ti guida;
Come Israel scorgea il notturno foco,
E la diurna nuvola a lui fida.
Ma se nel tuo periglio - deh t'invoco;
Sclami; o buon Genio tutelar, mi aita,
E sotto l'ali tue trovami loco -
Ecco, sei salvo. E in questa scabra vita
Uomini, pari ai cherubin, custodi
Son della gente dalla morte uscita.
Di Sion rinata, o generosi e prodi
Leviti, o Pastor santi, a Voi ogni terra,
Che il gran misterio cole, alzi sue lodi.
E Arupino, cui steril gleba serra,
E d'Adria bagna il mare, e a cui Fede
Integri rai dal suo grembo disserra;
O Antonio nostro, o Pastore nostro, o erede
Di pie virtù, quai dir ti può parole
Di santi affetti, or che a noi volgi il piede ? -
Benedetto il primier raggio di sole,
Che in la vergine culla il fronte indora,
Cui poi di mitra ornar l'Eterno vuole! -
Ferve e combatte di altri Aronni ancora
L'anima forte, e nuovi Samuelli
Di sua soave unzione Iddio ristora.
Altri possenti surgono, o rubelli
Spirti, che voi dal limitar del Tempio
Cacciano, asilo solo a miti agnelli.
E delle timidette alme lo scempio
Cessa a canto agli altari. e l'atra bava
Non sparge il labbro avvelenato ed empio.
Uno è il Vessillo, ch'alto trionfava
Dall'innocente sangue; e la Natura
D'innanzi scolorivasi e tremava.
Nè un qualcheduno il vostro artiglio fura
De' mistici attributi al Figliuol vero,
Che col Padre e l'Amor da eterno dura;
Ed Uom Pietà lo fece: al bel mistero
Chini la fronte, e adori dalla polve
La diva essenza sua l'Ariano altero.
O folle orgoglio uman, che poi si solve
Anzi il poter dell'intelletto eterno,
Come la nebbia il vento strugge e volve! -
I neri padiglioni invan l'Inferno
Contro la trina Veritade accampa,
Ferma sul santo adamantino perno.
E la retta dell'uom mente divampa
Contro gli error; che l'inconcusso dritto
Di Dio per l'universo alto si stampa.
Chi alla Fè chiude ed al sentier diritto
Maligno agli occhi, se medesmo accusi;
Che maledetto è il libero delitto.
Gli eventi tutti ha Dio in sua mente chiusi,
Ma libera al mortal lascia la strada
Di sua salvezza, o che del tempo abusi.
Quindi in peccato alcun se fia che cada,
O se si adorni di virtù, Giustizia
Fa che nel buio, o sovra il sole vada:
E per cruda in fallir cieca delizia
Fu chi l'arbitrio umano astuto tolse,
Quasi incolpando Iddio d'ogni nequizia.
Col pugnale e col foco alcune si volse
Alla verace eredità di Pietro,
E con spietato ragionar la colse.
Ma chi giammai si volge in guerra addietro,
E le falangi abbatte, e il dì fè saldo
In Gabaonne, e di tremendo ha il metro,
Si rise della pugna, e tra l'uom baldo
E il combattuto sacerdozio pose
Il suo Vangel, quale invincibil spaldo.
Le ceneri, ai protervi disastrose,
Di lui ch'arse in Costanza, Egli disperse,
E il proprio usbergo a' suoi fedeli impose.
Dall'altare e dal Cielo al giusto apers
Il santo suo consolator sorriso,
E propizia ogni stella a lui converse.
D'alto intelletto e venerevol viso
Ministri il Tempio fan lieto e securo,
E li accese l'Amor del Paradiso;
Chiaro son lume in arduo viaggio oscuro,
Di pane adempion le divote voglie,
E il Codice di Dio fan caro e puro.
Per sè la messe il buon Pastore non coglie,
Non è suo il core, e dal riposo balza,
E pronto ai cari suoi sta sulle soglie.
E ricercando va di balza in balza
L'agnel smarrito, e gli sta sempre a canto,
E dà sua vita se la belva incalza.
Deh! chi fa mondo il mio terreno canto, -
Che sclami di pietate al Re divino
Coi firmamenti: Santo - Santo - Santo !
Tu, di Ambrogio seguace e di Agostino,
Antonio nostro, Tu col sacro velo
Copri l'ignudo mio carme meschino.
E quando acceso di angelico zelo
Con Dio parli al convito misterioso,
Ed ei ti ascolta affabile dal cielo,
Impetra, impetra il favor suo pietoso
Sulla mia patria: nulla niega Iddio
All'accetto tuo priego affettuoso.
Palese ti sarà di grazie un rio;
Giubilerai nel Vescovile onore;
Che il servo esalta suo diletto e pio
Nei momenti di amor l'alto Signore.
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