Del signor Giacomo
Angelini di Rovigno
SCIOLTI
Non più sangue fumante in ampj rivi
Rosseggerà per li Mavorzi campi,
Nè de i Guerrier cadaveri deformi
Ravvolgeranno nelle torbid'onde
Il Pò, l'Elba, il Danubio, e il Boristene
Gelido, e il Reno. Le pianure estese,
Non più d'Europa e mille rotti usberghi,
E lancie infrante, e sanguinate spade,
Elmi schiacciati e bellici tormenti
Ingombreranno con funesto inciampo.
Non più di bronzi micidiali che foco
Vomitando su ruote alto-stridenti,
Spargan la morte, sotto al pondo enorme
Il suol traballerà: nè inferocite
Legion suonanti in orrid'armatura
Daranno morti, e miserande stragi,
E crude scempj, Ahi! che ben troppo a lungo
Il funereo di Marte orrendo suono
L'aura commosse, e desolò la terra,
E tremar da più lustri ah! troppo feo
Città superbe, insuperabil rocche,
E lagrimar pacifiche nazioni.
Perchè d'ira marzial del Mondo i Troni
Arsero sempre? E perchè mille e mille
In tenzon provocate, e crude risse
Moriron figli per la Patria amata,
E riempirsi in rediviva guerra
Le tombe, e di disastri oh quali fonti
Dischiusi furo con immenso lutto!
Ma il Dio che siede sopra gli astri e pronte
Ha la folgor rovente e le tempeste
Ruinose a' suoi cenni e le falangi
Degli infuocati Cherubin dormia?
O dall'Eteree folgoranti volte
Lo sguardo eterno non volgea pietoso
Quà giuso mai? No, che i terribil sdegni
De' Regi che trascorsero la terra
Con fatai tracce ei pose fin; la Scena
Dell'agitato Continente Ei vide,
E udì più volte la veemente scossa,
Che le solide basi a i Troni smosse
Di politica figlie, e d'aspra guerra
Gran cose vide con pietà; disegni
Vastissimi sdegnò, piani orgogliosi,
E qualch'onta che troppo al dritto fece
Forza sovente. Con ardenti voti
Pace a Lui chiese l'Universo afflitto,
E Pace alfin egli donò alla Terra:
Chi in pietade, e possanza è a Dio simìle?
A Te che della Pace Angelo sei,
A Te Francesco, a conquistarla resse
La gran mente, ed armò con nuova possa
La destra Iddio; dal luminoso seggio
Altissimo scendesti, ed hai rinchiuse
Sotto un Elmo d'acciar le chiome illustri,
Feroce ad un tratto il guardo tuo divenne,
Dolce e tranquillo pria, sulla tua fronte
Passeggiaro pensier d'alta fermezza
E di grande coraggio, il grave brando
Impugnasti, ed il Ciel coprìo di luce
Te prodigiosa, che conquise il guardo
E tremar fece a tuoi nemici il cuore.
Scendesti al campo. e là sublimi Regi!
Fratelli a Te nella grand'opra hai visti
Da nordiche Regioni e da beate
Isole accorsi in militari arnesi.
Bello il veder l'innumerabil squadre
Foco spiranti per ardir pietoso,
Con discipline rigide di Marte
Lungamente accampate all'ombra sacra
Di vessilli antichissimi gloriosi!
Bello il vedere di lontani e varj
Paesi e Religion di varie insegne,
D'armi diverse Combattenti assieme
Raccolti in Campo, e per la Pace tutti
D'azzuffarsi bramosi! Europa in armi
Anelava alla pugna impaziente,
Europa in armi...ahi! che 'l tremendo squillo
Delle trombe di Lipsi, ed il rimbombo
Degli ignivomi bronzi ancor da lunge
Con fragor cupo assorda, e il colle scuote!
Terribil zuffa! miseranda strage!
Si vinse sì, si vinse...oh! come incalza
L'Oste il Guerriero (*) di Francesco prode
Quell'uom d'alto consiglio, e forte in armi
Quel primiero fra i Duci, oh! come strugge
L'arte nemica, e la possanza abbatte;
E invitta quanto, e risplendente abbaglia
La sua spada, e percuote o fieri avanzi
D'un prodigioso gel, d'un grande foco!
Ecco a i gran Regi, su destrier fumante
Rapidamente attraversando il campo,
L'alta vittoria annunzia, e lieti quelli
Degli Eserciti al Nume a terra chine
Le regal fronti tengono d'innante
Benedicendo dell'Europa il Fato.
O Sol di Lipsia insanguinato! o giorno
Memorando, d'ogni altro assai più grande
E più glorioso! Ma l'Eroe non stette
Contento solo di vittoria tanta:
Ad Annibal egual marciò veloce,
Ed accampossi del Romano Fanio
Coll'arte saggia, e fulminante in guerra
Nuovo Cesare fu, nuovo Alessandro.
Ancor d'armi fragore, e di battaglie
Urli tremendi per l'Europa tutta
Degli Aquilon col fremito, e de' tuoni
Propagarsi di nuovo co' muggiti.
Sin nella Patria lor grandi guerrieri
Fur da più grandi Eroi respinti e spersi;
Ombra colà divennero, e scomparve
Come nebbia sottil la lor possanza -
Nella parte del Ciel più folgorante
Prodigioso mostrossi allor repente
Astro di Pace, che a Francesco, e a sui
Grandi versò d'almo splendor sul capo
Torrenti in giuso per l'etereo calle.
Affaticati e polverosi l'onda
Bevetter essi della regia Senna,
E dolce mele, e dolce latte porse
A suoi labbri quel Fiume. In quelle amene
Rive scomparve ogni funesta a un punto
Orma di strage, ed ingojò la terra
Nelle profonde viscere le orrende
Mortal'insegne, e il sangue a fiumi sparso!
Spuntar le rose in porporina veste
Che soave mandar fragranza intorno;
Spuntò l'Ulivo di Francesco, il caro
Il pacifico Ulivo e Primavera
Il mondo venne a rallegrar ridente -
Lor ali han stese i lievi Zefiretti,
Placaro i flutti, ed incresparo l'onde
Del mar che aprì sentier tranquilli e ricchi.
Scese la Pace; e le Provincie, i Regni
E Illirio più la conquistata Pace
Da te adorar, Padre, e Monarca eccelso.
O Pace santa, o tu bella, e soave
Di Dio figliuola, in bianco velo scesa
A Francesco d'appresso e da Regnanti
Cinta d'intorno, e da fregiati Duci,
Pace adorata da vittrici squadre,
Oh quali tu grazie, tesori ovunque
Spargi di Paradiso! Alle tempeste
L'ira frenasti minacciosa, e l'aura
Per te nera lasciò caligin fosca:
Per te vestito il Sol d'ingenua luce
Sorge dal mare, e sorridendo passa
D'Europa tutta sul destin felice.
O Pace Santa, che Francesco a lato
In tua beltade angelica ten stai
Deh! rasserena a lui di foco ancora
Il guardo, e scopri la regale fronte
Che contemplar del Padre e del Monarca
Possano il sacro volto i figli amanti.
Ma sul gran Trono, che per suolo immenso
Alto risplende, sull'antico Trono
De' sommi Augustii, e della gloria figlio,
E de' secoli, assiso ecco Francesco;
Astréa, Pronéa, con la divina Pace
D'intorno sono, ed evvi Marte fiero
Con mille insuperabili compagni,
Però tranquilli, e nella fronte lieti -
Deh! non lagnarti, Religion, se un ara
Devoto Illirio al Gran Monarca innalza. |