LA STORIA COME SCIENZA
DELLA MEMORIA
Uno
dei compiti essenziali per la ricerca storica è quello di ripercorrere a
ritroso, con l'ausilio del metodo delle scienze i fatti,gli ambiti, i
percorsi di civiltà
ripensandoli e ripresentandoli come scienza al lettore.
Nell’Apologia
della storia",
Marc Bloch si chiede quale sia veramente la funzione dello storico
: quella di giudicare o di comprendere ? Lo storico o il dotto è
invitato a "eclissarsi" di fronte al fatto storico . E
la storia è chiamata a un doppio compito : quello dell’imparzialità e
l’altro, il tentativo di riprodurre
l’evento passato per richiamarlo alla memoria collettiva come analisi
della realtà
( M.Bloch, cit., cap.IV, 1 sgg. ).
Anche il docente di storia, pur non
essendo stricto sensu uno storico, ha però il compito di trasmettere
allo studente, al
cittadino, all’uomo contemporaneo, il
senso del vero della dottrina storica e non ha che una via : quella
di un’analisi
puntuale, non inficiata da personalismi o ideologismi che generano solo
coscienza reificata
LA MODERNA SCHIAVITU''
Generalmenteed
erroneamente si ritiene che la schiavitù sia oramai un ricordo del
passato : nulla di più falso e fuorviante.
In realtà la schiavitù è ancor oggi
consentita de jure al di fuori della civiltà occidentale e de facto
anche
all'interno dell'evoluto Occidente.
Basti pensare a fenomeni come quelli
legati alla tratta degli schiavi ( prostituzione e mercato clandestino
degli
organi, legato al rapimento di bambini anche in tenera età).
Storicamente l'abolizione
della schiavitù (Abramo Lincoln, 1863) non significò per
decine di milioni di nigger la libertà, bensì nuove e più subdole forme
di violenza e di sopraffazione da parte dei
detentori della ricchezza e del potere ( "Radici", Alex Haley, la saga
di una famiglia americana,Rizzoli 1977, 473 sgg).
Questa è la ragione per cui l'ONU ha
dedicato la data odierna alla
giornata
della memoria delle persone ridotte in schiavitù.

LA SVOLTA DELLA RESISTENZA
Una
Legge voluta dal Parlamento europeo e fatta
propria da quelli nazionali, dedica un giorno ( il 27
gennaio ) data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, al fine di
ricordare la
Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la
persecuzione dei cittadini ebrei.Se
la
Storia è ancora un luogo privilegiato della memoria, di quello che
Hegel ha definito lo "Spirito del tempo",
allora dobbiamo tutti far sì che questa categoria dello spirito
riviva nei nostri cuori, nelle radici culturali della nostra casa comune,
la civiltà occidentale, nella stessa storia come processo di civiltà e
scienza dell'uomo nel tempo.
Si celebra quest’anno il 56° anniversario della “Liberazione”.
Sostenere, come fa certa tendenza politica e culturale nel nostro
Paese, che la Resistenza sia stata contraddistinta da una inoppugnabile
prevalenza ideologica del partito comunista, è un
falso storico.
E’ vero invece che non solo la
Resistenza si configura come un movimento di popolo ( guerra di
massa contro l’oppressore), ma
che, anzi, i movimenti partigiani di ispirazione non comunista
rappresentarono forse la maggioranza nella nazione.
Lo stesso capo del Corpo Volontari della Libertà era il monarchico
Cadorna.
Ma soprattutto : crolla miseramente il teorema storico della separazione
tra un Nord partigiano e un Sud monarchico e legittimista.
La deduzione, suffragata dalle testimonianze documentali, che assegna al
Mezzogiorno d'Italia un ruolo di primo piano nella
dialettica storica della Resistenza, è stata già confermata (sul campo
di concentramento di
Ferramonti
cfr.P.Borzomati, La Calabria nei documenti storici, Falzea, 2000,
70-75 ). Di fatto, la prima azione di liberazione
del movimento partigiano fu compiuta con la conquista di Napoli
(27.09.1943) ispirata dalla popolazione e dai partigiani che
liberarono la città partenopea ancor prima dell’arrivo degli
anglo-americani.
LA STORIA PER
SCHEMI GENERALI
La
conoscenza storica non può non occupare, in una
riforma culturale del sistema scolastico come quella che si prepara, un
posto di rilievo centrale. Studenti e studentesse dovranno essere in
grado dl orientarsi in maniera non superficiale all'interno
dell'itinerario
storico della civiltà cui apparteniamo.
Il fatto, di per sé rivoluzionario, che la
riforma ministeriale consenta di dedicare un intero anno di studi
alla storia del
novecento, non deve però indurre alle facili generalizzazioni e agli
entusiasmi eccessivi .
Si pensi, infatti, che il novecento è, per
definizione, l’unico secolo nel quale si evidenzia la
mondializzazione della storia(*).
Ripercorrere, quindi, il processo
evolutivo del novecento significa soprattutto connotare la
formazione dello studente, o di chi voglia semplicemente rimettere
in discussione la propria cultura, con il "riorientamento
gestaltico" in corso :
in definitiva, significa comunque mettersi in crisi, imponendo alla
propria personalità flessibilità, capacità adattive,
duttilità intellettuale. Studiando a fondo il novecento, gli
italiani apprenderanno meglio il rapporto tra cittadino,
istituzioni e società civile, potranno confrontarsi con l’evoluzione
della tecnostruttura, interrogarsi sul futuro
prossimo; sfidare anche, se possibile, i
propri pregiudizi (*).

Circa le
fonti storiografiche, è del tutto ovvio che occorre un
percorso selettivo, dal momento che la bibliografia è davvero
imponente.Un esempio illuminante di come si possano utilizzare le
fonti ( nella fattispecie gli archivi russi dell’era postcomunista ) ce
lo offre il giovanissimo storico inglese
Orlando Figes, che ne"La tragedia di un popolo",Corbaccio 1997 descrive
, analizzandola in modo lucido e impersonale, la
catastofe annunciata della società russa, basandosi sulla ricchezza e
selettività delle fonti documentali, senza
infingimenti o ideologizzazioni di sorta.
"Caratteristica principale del testo è la
ricerca di fonti molto private, quali diari, lettere, appunti, ricordi
di
personaggi principali come di secondarie "comparse". Il risultato è un
appassionante diario collettivo di anni in cui la
tragedia e l'entusiasmo si fondevano dando vita a uno straordinario
fermento generale. La "tragedia di un
popolo", con il suo tributo di migliaia di morti, ma anche il suo
risveglio da un torpore millenario, che ha segnato la storia
mondiale del secolo. A coronamento del notevole lavoro, una parte
iconografica ricca di immagini curiose e inedite, aiuta a ricreare
una panoramica completa dell'epoca".(recensione su Alice.it).
In tema di repertori che traggono la loro
ispirazione da fonti storiografiche , si segnala con il suo ultimo
lavoro, "Il
passato di un’illusione"( 1996), lo storico francese François Furet ,
un’autorità nel campo della Rivoluzione Francese,
esprimendo il suo parere per un argomento che per più di trent’anni ha
interessato la politica francese. Raymond Aron e
la naturalizzata tedesca Hannah Arendt : il comunismo e il nazismo, due
facce dello stesso
fenomeno
totalitario. François Furet parte dall’analisi del modello
rivoluzionario francese ( Danton e Robespierre e il suo regime del
"Terrore") per risalire alle fonti di ispirazione di tutti i
totalitarismi del novecento.( Fonti : Hannah Arendt, le
origini del totalitarismo,New York,1951 ; Raymond Aron, L’essence du
totalitarisme, 1954 ) (*).
Ma fino ad oggi la conoscenza del
Novecento è stata accantonata in tutto o in parte con gravi danni
per la
capacità dei giovani usciti dalla scuola di muoversi all'interno del
mondo contemporaneo.
E' giunto il tempo di porre termine a questa situazione e di attribuire
ai problemi, agli avvenimenti, alle personalità che
hanno segnato la storia del secolo appena trascorso uno spazio adeguato.
Spetterà agli insegnanti mettere in luce il confronto
tra le visioni differenti che caratterizzano l'interpretazionedi
un secolo complesso e ancora aperto a ogni seria ricostruzione che ne
metta in evidenza il carattere e gli esiti.
La conoscenza del
Novecento favorirà nei giovani l'apertura ad ottiche,
teorie, linguaggi assai differenti da quelli adottati tradizionalmente
nella scuola."

ELEMENTI DI STORIOGRAFIA
La
ricercadi uno schema generale del processo
storico e dei suoi caratteri
evolutivi è da sempre il compito istituzionale di ogni seria indagine
storiografica, soprattutto a partire dall’Illuminismo.
Marx,
Hegel,Comte
nel secolo scorso hanno inquadrato tale indagine in sistemi a carattere
scientifico di tale complessità da essere a buon diritto scambiati per
ideologie
.Infine l’enorme accumulazione di conoscenze, soprattutto a
carattere scientifico,
del XX
secolo, ha portato gli storici a rivedere i caratteri, le procedure
e finanche i metodi
dell’indagine storiografica,riconsiderando gli schemi generali,
anzitutto con il ridurne la portata e la stessa pretesa di verità
Ripercorrere, quindi, il processo
evolutivo del novecento significa soprattutto connotare la formazione
dello studente, o di chi voglia semplicemente rimettere in discussione
la propria cultura, con il "riorientamento
gestaltico" in corso :
in definitiva, significa comunque mettersi in crisi, imponendo alla
propria personalità flessibilità, capacità adattive,duttilità
intellettuale(*). Studiando a fondo il novecento, gli Italiani
apprenderanno meglio il rapporto tra cittadino, istituzioni e società
civile, potranno confrontarsi con l’evoluzione della
tecnostruttura, interrogarsi sul futuro prossimo; sfidare anche, se
possibile, i propri pregiudizi (*).
Circa le
fonti storiografiche, è del tutto ovvio che occorre un percorso
selettivo, dal momento che la bibliografia è davvero imponente.Un
esempio illuminante di come si possano utilizzare le fonti ( nella
fattispecie gli archivi russi dell’era postcomunista ) ce lo offre il
giovanissimo storico inglese Orlando Figes, che ne"La
tragedia di un popolo",Corbaccio 1997 descrive ,analizzandola in modo
lucido e impersonale, la catastofe annunciata della società russa,
basandosi sulla ricchezza e selettività delle fonti documentali, senza
infingimenti o ideologizzazioni di sorta.
"Caratteristica principale del
testo è
la ricerca di fonti molto private, quali diari, lettere, appunti,
ricordi di personaggi principali come di secondarie "comparse". Il
risultato è un appassionante diario collettivo di anni in cui la
tragedia e l'entusiasmo si fondevano dando vita a uno straordinario
fermento generale. La "tragedia di un popolo", con il suo tributo di
migliaia di morti, ma anche il suo risveglio da un torpore millenario,
che ha segnato la storia mondiale del secolo. A coronamento del notevole
lavoro, una parte iconografica ricca di immagini curiose
e inedite, aiuta a ricreare una panoramica completa
dell'epoca".(recensione su Alice.it).
In tema di repertori e di fonti
metodologiche della ricerca che traggono la loro ispirazione da fonti
storiografiche , si segnala
la c.d. "storiografia
revisionista", in particolare gli storici François Furet e Ernst
Nolte .Il primo,con il suo ultimo lavoro, "Il passato di
un’illusione"( 1996), esprimendo il suo parere per un argomento che per
più di trent’anni ha interessato la politica francese.Lo
storico tedesco invece accomuna, in un "novum" metodologico,
fascismo, nazismo e comunismo, considerandoli alla stregua di moderni
totalitarismi che, avviando machiavellicamente la scissione fra morale e
politica, corrompono il costume sociale e politico dell'Europa.
E, appunto, una corretta analisi sui totalitarismi del '900 non può
trascurare il fondamentale contributo che lo storico anglosassone Eric
Hobsbawm ha pubblicato nel 1994 con il titolo "the
Age of Extre-mes : The Short Twentieth
Century, 1914-1991" (trad.t."
Il Secolo Breve"
). Due sono le straordinarie novità interpretative dell'opera: il
concetto di brevità e precarietà del tempo nel XX secolo ( un secolo che
dura solo 75 anni! ); infine la crisi economica globale e pervasiva,
scandita dal ritmo ossessivo del tempo ( crisi cicliche, crisi finale
dopo il 1991caratterizzata dalla perdita del carattere ontologico della
storia).
L'estremismo e la violenza apocalittica del secolo più intenso della
storia sono la diretta conseguenza delle prime due nozioni
interpretative al punto da non lasciare dubbio alcuno allo spettatore
disorientato : " Il secolo breve è terminato lasciando aperti problemi
per i quali nessuno ha o dice di avere le soluzioni (..)Per la prima
volta manca del tutto ogni sistema e struttura internazionale(..)Un'epoca
della storia è finita(..)Se l'umanità deve avere un futuro in cui
riconoscersi, non potrà averlo prolungando il passato o il presente".

(11.09.2001) : IL NUOVO MILLENARISMO
L'ansia
profetica di un'umanità che ha forse
definitivamente smarrito il senso della storia, in un
trascorrere inautentico che nega a se stessa la temporalità, la
razionalità e la stessa norma etica dell'agire, si introietta così nel
vissuto quotidiano dell'individuo
postmoderno, in un
nuovo
millenarismo che pone domande cui essa stessa non sa più rispondere.Già
da qualche anno, a onor del vero, tale evidenza appariva presente nella
diagnosi storiografica di E.Hobsbawm, allorché significativamente e
quasi profeticamente lo storico anglosassone così concludeva la sua
lucida analisi."Non sappiamo dove stiamo
andando. Sappiamo solo che la storia ci ha portato a questo punto e - se
i lettori condividono l'argomentazione di questo libro [Il
Secolo Breve ] sappiamo anche perché. Comunque, una cosa è
chiara. Se l'umanità deve avere un futuro nel quale riconoscersi, non
potrà averlo prolungando il passato o il presente. Se cerchiamo di
costruire il terzo millennio su questa base, falliremo. E il prezzo del
fallimento, vale a dire l'alternativa a una società mutata, è
il buio" (E. Hobsbawm, cit, 674)
"L'11
settembre 2001 è finita l'era geopolitica cominciata il 9
novembre 1989"Così esordisce la rivista italiana di geopolitica
Limes nel fascicolo intitolato significativamente "La guerra
del
Terrore"( Suppl. n° 4- 2001 ). L'evento, non certo
completamente inatteso, che ha colpito l'America, ha tutto l'aspetto di
una crisi di civiltà.
Esso sancisce al tempo stesso un
inizio e una fine.E' un inizio perché, nell'insieme degli scenari
strategici postmoderni, sancisce definitivamente l'avvio di una nuova
era nei rapporti internazionali e nella stessa politica di potenza,
finora egemonizzata dagli USA e, in misura minore, dal Patto
Atlantico, unico sopravvissuto alla politica dei blocchi ideologico
-militari.
Ma è altrettanto indubbio che tale evento è
anche la fine di
un'epopea, breve quanto intensa : l'epopea del dopo
Berlino(1989-91) In questo senso è più corretto parlare di
conflitto
asimmetrico.E' infatti indubbio che, per come è avvenuto,
l'attacco all'America sia un atto di guerra; ma una guerra in cui le
parti contraenti sono asimmetriche. Chi si contrapporrebbe militarmente
e politicamente al blocco occidentale? Per raggiungere quali fini geo-strategici?
Alla fine prevale la tesi di chi dimostra che la
globalizzazione, oltre
il postmoderno, ha imposto anche le linee strategiche dei
nuovi conflitti del III millennio.Il mondo materialmente
egualizzato come sopra descritto giace in una situazione di diarchia
dicotomica : da una parte i Paesi industrializzati (Occidente),
dall'altra i Paesi poveri (Terzo e Quarto Mondo ). Da una parte quella
che Immanuel Kant avrebbe chiamato "La pace perpetua", dall'altra
la guerra, clausewizianamente definibile come ""La
continuazione della politica, con altri mezzi"Si evidenzia una
poliarchia di fatto quale evidenza planetaria, con una spaccatura
economica, ideologico-religiosa ed etica di dimensioni apocalittiche, in
cui si afferma quale fase matura del processo storico la politica del
terrore, attraverso la liturgia politica propria della sua prassi .",
Riflette in tal senso
Fukuyama: "Questa opinione è stata contestata da molti e forse nella
maniera più chiara da Samuel Huntington. Egli sosteneva che piuttosto
che progredire verso un singolo sistema globale, il mondo restava
impantanato in uno "scontro di civiltà", in cui sei o sette grandi
gruppi culturali coesistono senza convergere e costituiscono le nuove
linee di frattura del conflitto globale.
Poiché l'attacco perfettamente riuscito al centro del capitalismo
globale è stato chiaramente perpetrato da estremisti islamici contrari
all'esistenza stessa della civiltà occidentale, gli osservatori hanno
utilizzato pesantemente la tesi dello «scontro» di Huntington a scapito
della mia teoria della «fine della storia»"(La Repubblica, 19.10.2001).
E ritorna ancora più di recente con un
documentato e analitico contributo a sostenere le sue ragioni, in
particolare nella dialettica tra Islam e Occidente, profetizzandone
l'esito nella dissoluzione di ogni prospettiva storica coerente (
intervento su La Repubblica, 27.12.2001).
La più recente e
avvertita indagine storiografica ha invece messo in evidenza gli snodi
problematici dell'ultimo orizzonte di civiltà che sono riassumibili come
segue:
 |
aspetti convergenti tra Occidente e
Islam (
Edward Said
)che criticano l'impostazione critica di
Samuel
Huntington(The
Crash of Civilizations, 1993); |
 |
equilibrio tendenzialmente poliarchico
degli attuali assetti globali (Luigi Bonanate,
Il potere del terrore, 1998); |
 |
interazioni reciproche e confronti
culturali epocali tra Oriente e Occidente quali leit-motiv dell'ultimo
confronto di civiltà(Franco Ricca, Confronti culturali, in Atlante del
Novecento, UTET, 2000, p.941). |
Come si vede, le tesi della continuità
prevalgono essenzialmente rispetto a quelle che rappresentano la
rottura.

La vasta regione
montuosa compresa tra i sistemi montuosi dell'Hindukush, del Karakorum e
del Pamir racchiude una storia plurimillenaria straordinariamente ricca
di orizzonti di civiltà.
Una volta nota come
Battriana, la regione con i suoi contrafforti rocciosi,
impenetrabili e silenziosi era considerata il ponte naturale, la chiave
di accesso che dall'Asia Centrale porta direttamente all'India, quindi
strategica per ogni civiltà che volesse espandersi da e per l'Asia
Centrale verso l'Europa.e viceversa.
Appunto "ai confini occidentali dell’India, in quella regione che dai
cinque fiumi che la irrigano fu chiamata dai Greci Pentopotamia, dagli
Aryi Sapta-Sindhu, ed oggi è il Penjab, stanziò anticamente, venti e più
secoli innanzi l’era, una vasta aggregazione di famiglie e di tribù, che
andate lungamente errando per le alture dell’Asia centrale, ed avuta poi
più ferma e durevole sede nella Battriana e nella Sogdiana, regioni
montane e liete per cui trascorre divallando 1’Oxus, erano quindi
discese nelle fertili e belle pianure sottoposte, rallegrate da
splendido cielo, da mirabile fecondità e da limpide acque. Quelle
famiglie, quelle tribù che si erano a mano a mano accozzate insieme, e
che formeranno più tardi il popolo Indo-Aryo, attendevano in quei
primordi dell’errante loro vita all’agricoltura e alla pastorizia. La
loro lingua, che svolgendo via via il fecondo e robusto suo germe,
diventerà più tardi un capolavoro dell’ingegno umano, e le cui
propaggini vigorose si ramificheranno nei principali idiomi europei, era
allora un complesso di monosillabi radicali, dotati di una possanza
maravigliosa, determinabili in modo infinito, e fecondi di tutte le
immagini della parola e del pensiero.
Nel primo periodo della loro vita i popoli sono principalmente dominati
dall’aspetto del mondo esterno, dall’azione possente, irresistibile dei
fenomeni naturali; quindi quel sentimento intimo, spontaneo, universale
di un Essere sovrano, quel sentimento che spinge gli uomini
all’adorazione, al culto del divino, all’espressione del pensiero
religioso, dovea di necessità in quel primo periodo di lor vita
manifestarsi in modo conforme al loro [585] sentire, volgersi ai grandi
oggetti sensibili, idoleggiarli, farli divini, esplicarsi insomma nel
culto della natura. Tale appunto fu il culto primitivo di quelle genti
stanziate nelle regioni dell’Indo. Elle invocarono con preci, sacrifizi
ed inni l’aurora, il sole, la luna, il fuoco, i venti, i fiumi;
salutavano con gioia il nascente crepuscolo del mattino e lo schiarirsi
del giorno, celebravano la vittoria del Dio della luce sulla nemica
tenebra della notte, e scioglievano inni di grazia alle divinità
protettrici, mediante il cui soccorso elle uscivano vittoriose
dall’incessante lotta colle forze della natura e colle stirpi loro
avverse. Nessun culto naturale, io credo, si manifestò mai con inni cosi
nobili; tutto in essi ritrae dalla grandezza della natura, dagli aspetti
sublimi che si offrivano a quelle vergini imaginative, dalla bellezza
d’uno splendido cielo, dalla vastità dell’orizzonte profondo dei monti.
La lingua di quegli inni, benché piena di forme arcaiche, di strutture
più che ardite, d’un certo disordine che rivela il conato del pensiero
nel trasformare in parola sensibile il
verbo ideale, manifesta pur nondimeno una gagliardia ed una
freschezza maravigliosa."
Questa è la ragione per cui Alessandro il
Grande durante la storica impresa che lo vide protagonista, puntò alla
Battriana come a un obiettivo strategico della sua espansione verso
Oriente e la civiltà indiana.. Così, quando il fuggitivo Dario si
presentò al satrapo della Battriana, quest'ultimo, credendo di far cosa
gradita al Principe macedone, lo uccise a tradimento.

LA SVOLTA DELLA GLOBALIZZAZIONE NELLA
RIFLESSIONE FILOSOFICA DI INIZIO MILLENNIO
Quando il ritmo degli avvenimenti sorpassa
la nostra capacità di lettura e comprensione della realtà, consegnando
il presente all'oblio della ragione e all'ottundimento dei sensi; quando
alla norma dell'agire, kantianamente inteso, si sostituisce l'ansia
profetica di un'umanità che ha forse definitivamente smarrito il senso
della storia, in un
trascorrere inautentico che nega a se stessa la temporalità, allora
la razionalità e la stessa norma etica dell'agire, si introiettano
nel vissuto quotidiano dell'individuo
postmoderno, in un
nuovo
millenarismo che pone domande cui essa stessa non sa più rispondere.
Proprio in queste ultime settimane alcuni
importanti contributi filosofici sono sono stati dedicati al tentativo
di una spiegazione dell'ultimo, drammatico scorcio della
società globalizzata, una storica demarcazione nello sviluppo delle
civiltà.
Ha iniziato Jurgen Habermas (Fede e
sapere,MicroMega, 5/nov.2001) attraverso una lucidissima trasposizione
della ideologia fondamentalista, che evidenzia i seguenti snodi
problematici :
 |
I contenuti della nuova secolarizzazione
della società postsecolare; in tal senso la teoria interpretativa di
Habermas mette in risalto il definitivo divorzio, nella società
globalizzata del postmoderno, fra fede e politica, fra religione e
Stato, denotando una genealogia dell'odieno conflitto che si connoita
per la spietata secolarizzazione e l'irriguardosa impostazione
edonista e materialista. |
 |
I nuovi emblemi della modernità
globalizzata che oltrepassano le ideologie per fungere da humus di una
nuova cultura desacralizzata che segna il definitivo tramonto del
principio d'autorità e dell'etica moderna; |
 |
il nuovo ruolo della storia, che viene
prospettato in antitesi alle teorizzazioni di quegli storici (
Hobsbawm ,Fukujama)favorevoli
alla teoria della fine della storia; in tal senso
la storia si pone come fondamento della scienza nel tempo, "necessità
della funzione civilizzatrice di un common sense democraticamente
illuminato che, nel brusio delle voci levantesi dallo scontro
culturale, sia in grado di imporsi quale terzo partito tra scienza e
religione (..) una secolarizzazione non distruttiva si compie nella
modalità della traduzione. Questo è ciò che l'Occidente, in quanto
potenza secolarizzante su scala mondiale, può imparare dalla propria
storia"(Habermas,cit., 10 ). |
 |
La nuova analisi
del
fondamentalismo, individuato per la prima volta quale modello
antitetico alla globalizzazione, "fenomeno prettamente moderno
caratterizzato dalla asincronia tra le ragioni e i mezzi"(Habermas,
cit., 8). |

QUALE FUTURO CI ASPETTA
Il WWF
Italia, l'autorevole rivista Science e
l'UNICEF hanno individuato almeno quattro indicatori di calamità nel
prossimo futuro :
·
Il
primo indicatore è l’impronta ecologica, che rappresenta la pressione
della specie umana sulle
risorse
mondiali e che si esprime in ettari pro-capite.
·
L’altro è l’indice di biodiversità che dà una misura del declino delle
specie viventi». Ebbene, come calcolano gli esperti del Wwf, oggi per
non far morire il pianeta dovremmo avere un’impronta ecologica di circa
2, mentre si va da 10 degli Usa, a 5 dell’Europa occidentale a 2
dell’Asia Centrale, fino a 1 dell’Africa.
L’indice complessivo di biodiversità, è passato da 100 a 65. «Tutto
questo serve a dire ai governi del pianeta che le parole non bastano
più: ci voglio azioni e impegni concreti, con precise scadenze per
diminuire la pressione delle società umane sul pianeta e riequilibrare
la distribuzione della ricchezza»(F.Foresta Martin ).
·
Poi c'è il rischio concreto della diffusione incontrollata delle
malattie epidemiche proprie dei climi tropicali ( febbre
dengue,
malaria,
ebola) e in aggiunta il rischio di ulteriore incontrollata
estensione dell'AIDS
a causa della quasi assoluta mancanza di prevenzione su scala
planetaria, con gravissimi fattori di crisi in atto in Africa e
nell’estremo oriente (Cina ).
·
Infine l'indice di mortalità e natalità :ogni tre secondi nel mondo un
bambino muore per cause facilmente evitabili. Un conteggio drammatico
quello contenunto nel Rapporto annuale sull'infanzia dell'Unicef. Cifre
che parlano di 11 milioni di bambini con meno di cinque anni
morti in un anno, 30 mila 500 al giorno, 1.270 l'ora,
21 al minuto.
In conclusione ogni secondo nel mondo nasce, spesso in condizioni
precarie, un essere umano, ogni tre secondi però uno di questi
ultimi ( un terzo ) muore per qualche gravissimo motivo ( fame
e/o malattie ).Forum Edscuola
).

LA
MINACCIA VIENE DALLO SPAZIO
Come
se non bastasse,
c’è una ulteriore, minacciosa e potenzialmente catastrofica prospettiva
di estinzione di massa per le specie ospitate dal nostro Pianeta: è la
minaccia incombente dell’impatto con un asteroide. Data per virtualmente
inesistente dagli esperti di tutto il mondo, quanto meno in tempi brevi
(l’ultima volta che un asteroide colpì la Terra,circa 60 milioni di anni
addietro, l’impatto causò immediatamente l’estinzione dei dinosauri e il
passaggio ad un’altra era geologica), tale malaugurata ipotesi è stata
ultimamente avvalorata da un dato osservativo.Il 5 luglio di quest’anno,
astronomi di un osservatorio del New Mexico hanno individuato un grande
asteroide, del diametro di 2 km,( n° Ctl 2002NT7 ) in potenziale rotta
di collisione con la Terra, prevista per il 2019. Tanto per dare un’idea
della minaccia, le dimensioni del corpo celeste sono pressappoco simili
a quelle dell’asteroide che per l’appunto colpì la Terra all’epoca dei
dinosauri! Ma per avere la certezza della rotta di collisione, saranno
necessari altri riscontri oggettivi e calcoli per circa due mesi, dopo i
quali si potrà eventualmente confermare ( noi ci auguriamo di no,,,)
tale ulteriore millenaristica ipotesi.Gli ultimi calcoli della
NASA ( 21 settembre ) spostano un po' in là nel tempo la data
dell'incontro rvvicinato (presumibilmente il 2060 ) e rendono comunque
improbabile un impatto. Informeremo i lettori su ogni eventuale elemento
di novità su questo singolare e delicatissimo caso:

ITALIANI
SEMPRE PIU' POVERI
“Nell'Italia che corre e produce cresce
la folla degli "invisibili" Così un servizio giornalistico di
GIANCARLO MOLA per “Repubblica” commenta le ultime statistiche
relative a dati Istat 2002.
In un recente rapporto l'Istat ha
sollevato il tema grazie alla forza dei numeri: dodici famiglie su cento
- spiegava lo studio dell'Istituto di statistica - sono da considerarsi
povere. Si tratta di due milioni e seicentomila nuclei, due terzi dei
quali risiedono nelle regioni del Sud
Più
che mai quindi per il Belpaese :” I poveri del terzo millennio sono
quelli della porta accanto.
Quelli che all'improvviso si sono trovati a gestire una famiglia
numerosa o nella quale a tirare la carretta è la donna di casa. Che si
sono ammalati, hanno perso il lavoro o sono finiti in cassa
integrazione. O che semplicemente sono invecchiati, e si sono trovati
soli di fronte ai casi della vita. Non abitano nei centri o nei
quartieri residenziali delle grandi città, ma per vederli non
bisogna necessariamente avventurarsi nelle periferie degradate delle
metropoli. Sono i poveri invisibili, spesso nascosti dietro a una
apparente normalità: un lavoro, una casa in affitto, la spesa al
mercatino rionale e ai grandi magazzini. Diversi fra loro, ma con un
tratto comune: provare a far campare una famiglia al massimo con 800
euro al mese.”(Repubblica, 9.8.2002 ).
Nessuno può dirsi completamente al riparo. Avere un lavoro spesso non è
sufficiente a superare la soglia della povertà relativa, anche se il 41
per cento delle famiglie con due disoccupati si trova al di sotto. Nel
Mezzogiorno, però, può essere determinante il sesso del capofamiglia: se
è una donna, ha una possibilità su quattro di trovarsi, e far trovare le
persone che vivono con lei, in condizioni di serio disagio. E molte
delle persone che superano il limite degli ottocento euro sono comunque
considerate in bilico. L'Istat li definisce "a rischio di povertà",
perché i consumi non superano il 20 per cento dello standard, cioè non
superano i mille euro al mese. Sono un altro otto per cento di famiglie
italiane: il loro status è legato a un filo, per precipitare basta
davvero pochissimo.Anche la percezione della propria situazione
economico-sociale, da parte degli Italiani, sta cambiando velocemente:
oggi, per dirla con il giornalista autore del reportage, siamo tutti un
po’ meno felici e un po’ più preoccupati per il futuro.
Altro che belle promesse propagandistiche,
degne del libro dei sogni, dei nostri politici!

LA NUBE CHE UCCIDE
Ha una estensione inimmaginabile, che
copre gran parte del quadrante Sud -est del Pianeta, e comprende un'area
vastissima che si estende dall'Oceano indiano al Sudest asiatico, fino
all'Oceania! Si tratta di un sottilissimo quanto micidiale smog, dovuto
ai residui industriali dei Paesi cosiddetti evuluti: vapori industriali,
aerosol di sterco di mucca, residui solforati e quant'altro occorra per
minacciare di uccidere centinaia di migliaia di inermi persone.
Vedere per credere !
IN
MEMORIA
DELL'11 SETTEMBRE
Se è vero quanto abbiamo cercato di
dimostrare, che cioè la storia è memoria, nessun avvenimento quanto
quello di un anno fa ha contribuito a cambiare la prospettiva storica,
cioè tutti noi.I
fatti successi hanno incontrovertibilmente cambiato il corso della
storia, anche se
non nel modo voluto da Bin Laden e da Al Quaeda.Alla fine,come
spesso accade per i grandi fatti della storia, gli interrogativisono
assai più numerosi delle risposte certe..L'Occidente è più che mai
l'Impero, ai confini del quale le civiltà per ora escluse dalla
leadership planetaria premono confusamente e in disordine contro i
suoi confini geopolitici, etici ed economici. ma
l'equilibrio multipolare è ancora troppo fragile e ambiguo per
garantire pace durevole e spirito multiculturale e tollerante.
All'intolleranza si risponde con l'odio ( etnico, religioso, culturale,
politico ).
TERRORE GLOBALE
Nazioni secolarmente oppresse, come quella
cecena, unite (
forse ) in una lotta titanica e in un abbraccio mortale con
l'internazionale del Terrore, contro tutti. Contro gli antichi
oppressori, in un intreccio planetario e con una commistione oscura e
sinistra di linguaggi primordiali; contro se stessi e la propria
tradizione, contro la ragione, contro la storia....Ma perché mai?
IL PERCHE' DELLE CATASTROFI
Esiste o può essere dimostrata una legge che abbini
le
catastrofi o la loro teorizzazione a un tentativo di spiegazione
scientifica?

ITALIA SENZA PRESENTE, NE' FUTURO
Tasso di natalità e di fertilità ai
minimi storici,con conseguente rapido invecchiamento della popolazione,
mancanza di ideali forti da coltivare, nessun interesse a sviluppare la
ricerca scientifica e il sistema formativo, sistema produttivo debole ed
eccessivamente frammentato. Inoltre: permanenza storica degli
squilibri territoriali (
questione meridionale )disincanto e riflusso nel privato nei
rapporti sociali, deriva plebiscitaria nel sistema politico, incurabile
ansia e sensazione di stanchezza diffusa. Questo l'allarmante
quadro che emerge dall'annuale
Rapporto del CENSIS sulla situazione generale del Belpaese,
dipinto con la consueta bravura, questa volta venata da un pizzico di
pessimismo,dal prof. De Rita.Ne consigliamo una meditata lettura,
quantomeno per prendere consapevolezza della gravità della situazione,
così come viene descritta con il conforto di un imponente e
aggiornatissimo apparato statistico. Se questa è la realtà attuale,
quali
sono le cause, prossime e remote, dell'inevitabile e ormai evidente
declino dell'Italia?
La questione italiana, ormai tra le più dibattute nel nostro Paese
( e non solo ) ha molteplici fattori, non tutti facilmente ricavabili
dal quadro istituzionale attuale. Proviamo ad analizzarli, aiutandoci
con la lucida analisi che ne ha tratto Norberto
Bobbio in " Il dialogo intorno alla Repubblica" (
Laterza, Bari, 2001). Egli ha creduto di individuarne le
origini storico - politiche nella mancanza di una élite, nonché
nella cronica inadeguatezza nella nostra classe dirigente, che
non ha mai assolto al ruolo di una moderna egemonia culturale,
gramscianamente intesa, per incapacità e vizi storici ( Ivi, 109-122 ).Ne
derivano le attuali patologie politiche, tra cui, dopo il terremoto
politico (Tangentopoli ) che ha visto decadere un'intera
generazione , sono rimarchevoli :
- la patologica proliferazione di partiti politici impropri
ed eversivi, spesso viziati dal culto del personalismo, tra cui emerge
prepotentemente Forza Italia, il partito-azienda di Silvio
Berlusconi;
- le tendenze demagogico - oligarchiche del leader
politico emergente e la sua inveterata abitudine a considerarsi"l'unto
del Signore" ( Ivi, 85 sgg.);
- la liquidazione dell'eredità storica del Partito
d'Azione e dei leaders storici della Democrazia Cristiana e della
sinistra marxista, i soli in grado di esercitare una guida culturale
ad ampio respiro e ad interpretare gli umori popolari, perché legati
alla lotta politica per l'affermazione della Repubblica (
Resistenza, Liberazione, Miracolo Economico);
- l'impossibilità di avviare la tanto attesa riforma
costituzionale, per la evidente e oramai cronica
inadeguatezza della nostra classe politica . Bobbio, che non è mai
tenero con gli attuali uomini politici, rievoca
puntualmente gli inutili tentativi avviati fin dalle
precedenti legislature per tentare qualche riforma e in particolare il
clamoroso fallimento della Commissione Bicamerale ( Ivi, 110 sgg.
).
Berlusconi non è in grado di riempire le piazze ( la sua
oratoria non è di stampo mussoliniano); in compenso sa far abilmente
leva sui bisogni radicati nel tessuto sociale, è un leader mediatico
pervasivo, in grado di condizionare fortemente le scelte politiche di un
elettorato apatico, stanco dei partiti e desideroso di una
guida forte e autorevole, considerato il vuoto attuale
dell'ambiente societario e la mancanza di un ideale forte e coinvolgente
che sia fattore di coesione per la nazione. Forse l'unico leader
politico oggi in grado di colmare tale vuoto è lo stesso Presidente
della Repubblica, C.Azeglio Ciampi; uomo colto, autorevole ed
equilibrato, amato dagli Italiani per la sua onestà, coerenza e
comprovata capacità di leadership ( Ivi, 121 sgg.
).
L'analisi è impietosa, i rimedi incerti, quando non addirittura
fuorvianti. La rassegna attuale continua con un interessante
contributo di Ilvo Diamanti (La Repubblica, 27.12.2002). Egli
parte dalla constatazione della progressiva perdita di dinamismo del
sistema economico dopo gli anni '70, con il conseguente e persistente
basso tasso di incremento del PIL anche rispetto a tutti gli altri Paesi
dell'area OCSE. A tale fattore si sarebbe poi aggiunto lo shock
che ha spazzato via un'intera generazione di politici che, nel bene o
nel male, avevano comunque contribuito al benessere comune e
all'affermazione progressiva e imponente dell'economia di mercato, fino
ad arrivare al c.d. Nuovo Rinascimento dell'inizio
anni '90. La perdita di credibilità delle istituzioni ha dunque marciato
di pari passo con il declino dell'apparato produttivo e con il
drammatico evidenziarsi della crisi politica. Ora la prospettiva è una
sola : ricostruire materialmente e, soprattutto, moralmente una identità
nazionale oggi mancante, pena la lenta ed inesorabile dissoluzione del
nostro fragile e malato sistema .
I LIBRI DI STORIA E IL
FUTURO DELLA NAZIONE
Se
il futuro di una Nazione moderna si potesse
misurare sulla bontà della ricerca storica, se si potesse fondare su
quest'ultima un indice di civiltà, una sorta di sistema nazionale di
valutazione della civiltà di un popolo. Se tutto questo fosse possibile,
allora si dovrebbe considerare con preoccupazione e fondato pessimismo
la "querelle" sul controllo governativo dei libri di testo di storia,
richiesto con un atto ufficiale della Commissione Cultura della Camera
dei deputati e respinto al mittente dal Ministro per i Rapporti con il
Parlamento Giovanardi.Si pensi che soltanto Il
Ministero
per la Cultura Popolare negli anni '30 dell'era fascista, in tutta
la storia d'Italia, aveva istituito un controllo con censura sulla
stampa e sui libri di testo.Un altro segnale preoccupante di declino che
incombe sul nostro futuro. Un'altra prova incontrovertibile di miopia
politica e di oscurantismo culturale della classe dirigente nostrana,
incapace di guardare al di là del proprio naso e di offrire ad un Paese
creativo e ricco di cultura come il nostro la benché minima prospettiva
di progresso e lungimiranza. Mi coglie un dubbio atroce: la
coalizione oggi al governo non si era pomposamente definita "Casa
delle Libertà"?( Noo, non può essere, ho un po' di arterie.....).
NASCE LA GRANDE EUROPA
(10 dic. 2002 )
Nasce a Copenhagen in Danimarca,il
10 dicembre 2002, significativamente sotto la Presidenza italiana
della
Commissione Europea, affidata a
Romano Prodi e considerata unanimemente l'artefice di questo storico
evento, la
Grande Europa, a 25 Stati e con una popolazione di 453 milioni
di cittadini. Dopo oltre venti secoli di guerre ( anche le due guerre
mondiali hanno una matrice europea ) devastazioni, olocausti, odi etnici
ed egoismi nazionali di infimo profilo.Nasce sotto il segno di un federalismo solidale,
improntato al già noto "principio di
sussidiarietà" già recepito dal nostro ordinamento federale.Nasce
con un imperativo morale: mai più regredire al passato!
A CHI GIOVA LA
GUERRA IRACHENA?
Ai mercanti d'armi, ai terroristi, agli
sfruttatori delle risorse petrolifere, a tutti coloro che , inquinando
ancor più la limacciosa palude della politica nazionale e
internazionale, strumentalizzano l'uso del potere di interdizione delle
armi con un uso cinico del consenso ( o del dissenso ).Vae victis!
L'evolversi del complesso
quadro internazionale,
, così come alla vigilia era stato prospettato dagli esperti nazionali e
internazionali dimostra, ancora una volta, la validità in trinseca
dell'asserto clausewitziano "la guerra è la continuazione della
politica, con altri mezzi". Infatti di fronte ad un'opinione
pubblica mondiale sconcertata e tradita nelle sue convinzioni più
profonde, espresse anche un pò ingenuamente con l'ondata di ritorno di
un pacifismo troppo ideologicamente orientato ( ma il
criminale è o no Saddam?) si apre lo scenario strategico forse
più inquietante del nuovo millennio.attorno a noi e a discapito degli
equilibri globali. Infatti il primo asse politico-militare ad andare in
pezzi è quello
euro-atlantico ivi compreso il legame transatlantico di cui
all'art. 27 degli accordi del 1999. Ci si chiede infatti quali valori e
interessi comuni verranno ancora salvaguardati e se possano ancora
ritenersi comuni i valori della solidarietà atlantica ora messi in
forse.
E che dire del principio della guerra preventiva?
Dopo che gli USA
lo hanno infranto, lo farà ora la Turchia, sia pure per mero interesse
economico ( le cospicue riserve petrolifere del Nord Iraq ) ? E
un domani chi può negare che un'altra potenza, magari atomica ( es, la
Corea del Nord ) non faccia uso di questo principio pienamente
legittimato perché attuato fuori dalla legalità internazionale? I rischi
sul già instabile sistema delle relazioni internazionali sono anche
troppo evidenti.
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