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CLEMENTE RUSSO

STORIA DEL ‘900

 

 

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Guida didattica per gli operatori

\MAPPE CONCETTUALI doc..doc

 

 

 

 

 

 

PROPOSTA RIMODULAZIONE PROGRAMMA STORIA DEL’900

http://www.istruzione.it/

Il D.M. del 04.11.96 introduce sostanziali modifiche alla suddivisione annuale dei programmi di storia rimodulandoli anche nella impostazione dei cicli scolastici, a cominciare dal II ciclo della scuola elementare .

Tale revisione, che consente l’insegnamento della storia del ‘900 nell’ultimo anno dei Licei classici e scientifici, dei Licei linguistici e degli Istituti tecnici, era da lungo tempo attesa e resa ormai improcrastinabile dall’urgenza di conferire all’ultimo anno del ciclo superiore le caratteristiche formative insistentemente richieste.

Garantita in tal modo la presenza delle pre - condizioni necessarie ( tempo - scuola, quadro strutturale ), restano tuttavia irrisolte alcune questioni di fondo, tempestivamente segnalate dal C.N.P.I., che sottolinea in un suo documento articolato:

  1. la gradualità nei tempi di attuazione della riforma, che darebbe agli alunni la possibilità di riutilizzare i libri di testo già adottati per l’intero corso di studi ( porsi comunque in un’ottica di rinnovamento metodologico includerebbe, a nostro avviso , il superamento del c.d. " libro di testo "come pre - condizione dell’autonomia di giudizio dell’utente scolastico );
  2. la indilazionabilità di uno stretto collegamento della Storia con l’Ed. Civica;
  3. una programmazione didattica che integri nel quadro storico generale gli aspetti locali ;
  4. la presenza di un quadro di sistema che renda efficace e produttivo lo studio del novecento al di là della specificità dell’insegnamento storico e quindi in un contesto epistemico transdisciplinare ;
  5. la necessità di rivedere l’assetto complessivo dei curricula in un’ottica della continuità che comprenda, integrandone i percorsi, le strategie e i metodi ,la revisione dei programmi di studio della scuola media, pur nella doverosa constatazione della attualità e validità contenutistica dei medesimi .
  6. In tal senso, la presenza di un nuovo esame di stato (L.425/97 e successivi DD:MM:389-92/1998) ancora una volta senza una riforma complessiva dei curricula, aggrava la crisi del sistema scolastico formativo senza produrre effettivi vantaggi all’utenza.

  7. la opportunità di non affidare alla discrezionalità delle singole scuole la scelta delle "tematiche oggetto di studio " laddove si renda necessaria una implementazione delle strategie educative dei docenti finalizzata al recupero delle parti di programma che, per effetto della nuova suddivisione annuale, sono oggetto di studio nelle classi precedenti ;
  8. il monitoraggio della linea editoriale, perché intensifichi gli sforzi di un reale adeguamento qualitativo della produzione libraria ( che, sia detto sommessamente, spesso non si presenta rispondente alle esigenze di una scuola moderna ).

Tale adeguamento dovrà corrispondere alla esigenza di fornire un quadro epistemico completo allo studente, sotto il doppio profilo delle competenze disciplinari e professionali, per una formazione idonea alla tolleranza e alla duttilità intellettiva.

Riportiamo ora il seguente quadro generale della formazione :

"Gli scenari sociali entro i quali dovrà operare la formazione, e che trovano impreparata la scuola attuale, riguardano in particolare:

- il processo in atto di ripopolamento dell'Europa, che produce una forte integrazione delle lingue, delle esperienze, delle abitudini e dei modelli di vita. Il giovane dovrà imparare a vivere queste dimensioni;

- la mondializzazione dell'economia e i nuovi spazi che ne derivano, dentro i quali si dovrà imparare a stare, reagendo alla tendenza ad offuscare il perseguimento dei valori della gratuità, del darsi;

- le trasformazioni culturali e antropologiche in atto, e i loro effetti sul piano della conoscenza e della comunicazione;

- il prevalere dei processi di servizio sulla logica di produzione e su quella di servitù;

- la messa in crisi di ogni concezione acorporale della mente;

- il passaggio da una cultura selettiva, organizzata diacronicamente, ad una cultura fatta di sincronicità, che impegna tutti ad imparare a gestire più cose contemporaneamente e a confrontarsi con contesti culturali diversi;

Le coordinate di una nuova scuola dovranno pertanto far riferimento a :

- la messa in discussione di un insegnamento pensato e realizzato in forma di libro, con tutte le sue parzialità che esso comporta;

- lo sfaldamento materiale dei modelli pedagogici del passato, anche di quello gentiliano;

- la presenza di un'ipotesi di strutturazione istituzionale su cui lavorare (vedi il progetto Berlinguer);

- l'esigenza di fare della scuola un luogo per gustare e vivere il valore dell'umanità, dell'amicizia, della musica;

- la scelta di valorizzare la disciplina del pensiero;

-la necessaria attenzione per le tecniche della comunicazione, per il linguaggio come comunicazione;

- la valorizzazione educativa di ciò che, dentro la tradizione nazionale, più ci dà identità nel mondo, cioè la musica e l'arte;

- l'indicazione del modello di uomo che si vuole formare, investendo su una ecologia umana intesa come disciplina della vita oltre che della mente,

- l'impegno per una formazione che sappia fornire significati, anche destrutturandosi e riedificandosi;

- il raccordo con il mondo del lavoro;

- l'attenzione all'isolamento vissuto dai giovani;

- l'investimento sulle famiglie;

- i compiti della formazione universitaria degli insegnanti;

* Secondo il rapporto all'UNESCO della Commissione Internazionale dell'Educazione per il XXI secolo (presieduta da Delors) quattro sono infatti i pilastri-base dell'educazione:

1. imparare a conoscere (cultura generale)

2. imparare a fare (competenza professionale)

3. imparare a vivere con gli altri (rispetto delle differenze, tolleranza, capacità di cooperare)

4. imparare ad essere (responsabilità, autonomia di giudizio).

Secondo la Commissione questi quattro pilastri dell'istruzione devono essere oggetto di eguale attenzione in tutti i percorsi strutturati in modo che l'educazione si configuri come un'esperienza globale (teorica e pratica) per il soggetto, al tempo stesso individuo e membro della società. Secondo le valutazioni di Confindustria la situazione italiana manifesta invece una "diseguale" attenzione ai pilastri-base dell'educazione sopra indicati: in particolare è carente il pilastro "imparare ad essere" (responsabilità, autonomia di giudizio), è del tutto inadeguato il pilastro "imparare a fare" (competenza professionale), è ignorato il pilastro "imparare a vivere con gli altri".

La nostra scuola sta vivendo una crisi di identità. L'enciclopedia culturale messa a punto da Gentile, soltanto aggiornata e mai ridisegnata negli anni a seguire, a livello della sua originaria concezione, mostra con grande evidenza le sue incongruenze rispetto agli orizzonti attuali della cultura e della società.

La struttura stessa della scuola è andata trasformandosi radicalmente: allora la formazione di base era obbligatoria solo per un terzo della sua durata (e soltanto sulla carta); presto lo sarà per più di due terzi (e di fatto ).

Ma è il mondo che, messosi a camminare con tempi e stili sempre più impetuosi, nel corso di questo secolo, ci ha condotto a modificare l'idea stessa di conoscenza e di esperienza, quindi di formazione. Nel giro di pochi decenni si è rivoluzionato il territorio delle scienze, delle arti, delle tecniche ed è cambiato il modo stesso di stare nel mondo, da parte degli individui e dei gruppi. La conoscenza non è più affare di pochi eletti. La necessità di sapere è ormai per tutti condizione per l'accesso al lavoro.

Mai come ora la società ha investito sull'acculturazione.

L'industria del sapere è oggi tra le più fiorenti delle imprese umane. I meccanismi però della sua crescita sono spesso selvaggi e affidati agli sbalzi di umore del mercato, delle ideologie e degli interessi. Perché non soccomba sotto il loro peso, perché non sia invaso dalle "culture di parte", occorre che ogni sapere sappia essere "colto", e disponga di strutture solide di filtraggio del mondo.

E' qui che una scuola ripensata e ridefinita nella sua offerta formativa può e deve dare il suo contributo. Gli interrogativi che incombono non sono di poco conto.

Ci si chiede:

> quali saperi affidare alla scuola, cioè all'insegnamento formale, rispetto ad un contesto sociale che fa un massiccio investimento su efficaci ed ingovernati processi informali e molecolari di acculturazione ?

> quali "basi" ( in termini di conoscenze, competenze, sensibilità) dare a bambini e giovani destinati a vivere dentro una società plurale e instabile, ad un tempo locale e planetaria?

> quali ordini di priorità definire, dentro uno spazio antropologico caratterizzato da una molteplicità di linguaggi e dilatazione del sapere ?

> come evitare che il riferimento al presente e agli apporti di questo secolo diventi meramente contenutistico, un capitolo in più del programma, ma si faccia invece il terreno su cui edificare una rinnovata configurazione (una nuova consapevolezza) del tempo e dello spazio, e quindi del rapporto oggi-ieri così come del rapporto vicino-lontano?

> come trovare un equilibrio tra la salvaguardia delle differenze tra i diversi ordini disciplinari e l'esigenza di sviluppare percorsi unitari e promuovere navigazioni libere dentro aree mobili del sapere ?

> come deaccademizzare l'insegnamento, rendendolo vivo e partecipato, conservandone rigore e qualità ?

Insomma ci chiediamo e vi chiediamo che cosa sia doveroso insegnare nella scuola che si affaccia sul nuovo millennio, che cosa non sia possibile evitare di insegnare.

Aiutateci a pensare al territorio, non alla sua (eventuale) divisione in regioni; all'insieme, non ai singoli segmenti.

"3.6 La conoscenza storica non può non occupare, in una riforma culturale del sistema scolastico come quella che si prepara, un posto di rilievo centrale. Studenti e studentesse dovranno essere in grado dl orientarsi in maniera non superficiale all'interno dell'itinerario storico della civiltà cui apparteniamo.

Ma fino ad oggi la conoscenza del Novecento è stata accantonata in tutto o in parte con gravi danni per la capacità dei giovani usciti dalla scuola di muoversi all'interno del mondo contemporaneo.

E' giunto il tempo di porre termine a questa situazione e di attribuire ai problemi, agli avvenimenti, alle personalità che hanno segnato la storia di questo secolo lo spazio adeguato. Spetterà agli insegnanti mettere in luce il confronto tra le visioni differenti che caratterizzano l'interpretazione dl un secolo complesso e ancora aperto.

La conoscenza del Novecento favorirà nei giovani l'apertura ad ottiche, teorie, linguaggi assai differenti da quelli adottati tradizionalmente nella scuola."

(Stralcio dall’Ipertesto di sintesi dei lavori della Commissione dei saggi coordinata dal Prof: Maragliano).Per una più approfondita ricerca, consulta http://www.edscuola.com/ a cura di Dario Cillo.Per una conoscenza degli aspetti generali del ‘900, vai a ..\..\BIBLIOGRAFIA\BIBLIOGRAFIA INSERITA NEI FILE\BIBLIOGRAFIA DEL '900.doc

COLLEGAMENTI IPERTESTUALI

TORNA A SINTESI

Per un approccio sistemico con l’ausilio della rete telematica Internet, consigliabile è

http://www.tcstore.it/arifs/ e per avere un’idea della produzione libraria http://www.zanichelli.it/scuola/storia/index.html e ancora, in generale http://www.aipa.it/attivita/

 

 

 

 

SCHEMA GENERALE DELLA CULTURA STORICA DEL 900

  1. Due sono i presupposti necessari di ogni ricerca storica : il tempo e lo spazio. Ogni seria ricostruzione storiografica non può prescindere da queste due categorie fondamentali, che perciò devono costituire i postulati stessi della programmazione formativa ;
  2. 1/a In tale contestualizzazione appare preminente il ruolo delle fonti documentarie, la cui oggettiva conoscenza e acquisizione e il cui reperimento e classificazione saranno perciò parte integrante di ogni tipologia di programmazione sul novecento ;

    L’apprendimento delle tecniche per lo studio delle fonti costituirà parte integrante del programma di studio del novecento e sarà pertanto ineludibile da parte dell’utenza scolastica una conoscenza, sia pure schematica, degli strumenti della ricerca storica ( nella fattispecie repertori, anche di tipo audiovisivo e magnetico, e ovviamente multimediali );

  3. I sussidi che abbiamo elencato nei precedente paragrafo non esauriscono il corredo di nozioni e le possibilità operative della programmazione storica del ‘900 : una corretta impostazione transdisciplinare che attraversi con una opportuna trasversalità l’intero impianto di sistema appare oggi prescrittiva ai fini di una sistematizzazione delle conoscenze acquisite e della acquisizione di .autonomia e duttilità di pensiero da parte dell’utente del servizio scolastico ;
  4. Il supporto delle scienze ausiliarie ( antropologia culturale, psicologia,economia, sociologia, scienze sperimentali ) indispensabile per la completezza e precisione del quadro di riferimento storico, si può realizzare, oltre che con la collaborazione delle figure di sistema, con l’intervento di esperti esterni alla amministrazione, in un quadro progettuale che faccia interagire scuola ed extra - scuola, attraverso la collaborazione di agenzie formative e degli Enti locali ;
  5. La nuova dimensione della ricerca storica prende corpo in tendenze manifestatesi in campo storiografico tra cui la più evidente è costituita dal passaggio dall’ideografico al nomotetico e il tentativo di fare della storia una scienza sociale : tentativo, quest’ultimo , veramente molto più datato e riconducibile al paradigma positivista ;
  6. Ciò comporta la necessità di una revisione complessiva dell’impostazione della ricerca storica ( il passaggio dall’eurocentrismo all’universalismo ), ma anche dei criteri e metodi del lavoro storico ( necessità di trascendere i limiti etnografici e nazionali per reinterpretare il fatto storico );
  7. Tale revisione deve comprendere anche lo studio della società e dei suoi complessi meccanismi ( individualismo contro comunitarismo, individualismo contro olismo , olismo contro elitismo) (pagg. 2-4 ).

 

IL DIBATTITO ATTUALE SULLA EPISTEMOLOGIA STORICA

La disputa nella ricerca storica fu suscitata da G. Hempel, il quale ne "La funzione delle leggi generali nella storia "(1942) tentò di dimostrare che il modello di spiegazione nomologico - deduttivo si applica pure alla ricostruzione e spiegazione dei fatti storici, il che confermerebbe la tesi della c.d. " unità metodologica della scienza " propria del paradigma positivista (v. par. I).

Infatti lo schema basilare della spiegazione scientifica è lo schema deduttivo e quest’ultimo si applica alle tre categorie generali della spiegazione scientifica : le leggi, le teorie, le teorie più ampie,secondo la schema sotto rappresentato

Hempel, assieme ad Oppenheim, rileva come nel caso della spiegazione di eventi particolari, le loro condizioni di adeguatezza consentano a una qualsiasi legge generale di spiegare un qualsivoglia evento .

Occorre adesso chiedersi se tale analisi possa applicarsi ai procedimenti esplicativi dell’indagine storiografica e con quali requisiti e fini .

Spiega a tal riguardo l’epistemologo tedesco :"Si osservi dunque in primo luogo che alcune spiegazioni storiche hanno sicuramente carattere nomologico: esse intendono dimostrare che il fenomeno explanandum è derivato da certe condizioni antecedenti e magari concomitanti e, trattando di queste ultime, si affidano più o meno esplicitamente a generalizzazioni pertinenti. Tali generalizzazioni possono riguardare, per esempio, tendenze psicologiche o sociologiche ed essere benissimo concepite come generalizzazioni di carattere largamente probabilistico(…..).

Ogni spiegazione che giustifichi un fenomeno storico con riferimento a fattori economici o a principi generali del mutamento sociale o culturale è nomologica nella sostanza, anche se non lo è esplicitamente nella formulazione"(C.G.Hempel, Explanandum in Science and in History,trad. it. Firenze,La Nuova Italia,1979,pagg.179-182;Cfr. anche D. Antiseri, in Novecento Filosofico e Scientifico,Tomo 3, pagg.469-486).

Dunque, non può sussistere differenza alcuna di natura epistemica tra spiegazione scientifica e analisi storiografica ( contiguità ), dal momento che le generalizzazioni sussunte dall’analisi dei dati particolari ( fonti ) rientrano con tutta evidenza nella legge della spiegazione scientifica (*).

Ciò è vero anche se, come avviene nelle ricostruzioni storiche e/o sociologiche, le leggi di copertura ( correlazione explanans - explanandum) sono omesse a causa della loro familiarità universale ( tradizione storica e/o culturale ).

Così le leggi generali che presiedono alla fenomenologia storica sono identiche a quelle valide per le scienze naturali .

Nel modello epistemologico hempeliano, l’insieme delle leggi di copertura e delle condizioni dà luogo all’explanans, mentre l’evento (E) da spiegare sarà l’explanandum.Tale modello viene così rappresentato nella esemplificazione :

Il maggior pregio del criterio nomologico-deduttivo risiede nella precisione oggettiva del metodo e nel supporto delle "leggi di copertura" ( comparate quindi al criterio di verità ).

Ma l’impianto oggettivo va a tutto detrimento della libertà di giudizio dello storico, che vede ridursi il suo ruolo a quello di un semplice comprimario, nella migliore delle ipotesi spettatore imparziale di processi esterni, quando non addirittura estranei, al suo controllo.

Ecco perché, in un contributo pubblicato nel 1974 in "faire de l’histoire" Paul Veyne ha infine affermato che sostenere lo sforzo interpretativo storico significa concettualizzare , significa introdurre nel tema centrale dell’interpretazione storica idee personali ( non quindi l’astratto mito dell’impersonalità dello storico ).

Una buona esemplificazione – ha allora sostenuto lo storico francese – consiste nel mettere a fuoco un problema, nell’avviare " un’appercezione intellettuale" che corrisponde allo sforzo di delineare un progetto, identificandovisi sino a rappresentarlo nei particolari. Consiste insomma in una descrizione storica per modelli .

In questo processo implicito dell’intelletto l’insieme delle procedure non può esplicitarsi, come vorrebbe Hempel, nelle esplicite leggi di copertura che sostanziano il determinismo ( nesso explanans – explanandum ).

La storia è ricca di mosse implicite, inspiegabili e indeducibili, di lacune macroscopiche della spiegazione e perfino del senso comune : essa è fatta per un metodo che Peirce definì abduttivo (*)

Giova dire inoltre che il fine della ricerca storica, così come viene delineato dal fondamentale contributo weberiano, non è solo né tanto quello di spiegare (G.Hempel)

quanto piuttosto l’altro, di comprendere, attraverso l’applicazione del nesso spiegazione-comprensione e la tipizzazione per modelli ideali e ampiamente rappresentativi della ricerca sociologica ora in grado di focalizzare prospetticamente e di comparare eventi a rappresentazioni logiche (*)

Nella ricostruzione tipologica per modelli la storia si presenta come la rappresentazione sequenziale di più attori nell’ampio teatro del tempo, attraverso la possibilità di una misurazione quantitativo-matematica delle variabili di campo : l’aspetto descrittivo- soggettivo prevale su quello analitico- oggettivo, la comprensione prevale sulla spiegazione mettendo in luce un aspetto focale della questione sulla generalizzazione del contesto di riferimento.

I gradi di coesione delle forze in campo, le loro possibili alternative, i rapporti di forza della dialettica storica sono qui ridotti a unità elementare, rappresentabile graficamente, statisticamente, matematicamente, come per un quesito di problem-solving(*)

Una notevole difficoltà iniziale da superare per la comprensione e la trasposizione didattica dei modelli, deriva sicuramente dalle diverse idee e dalle stesse interpretazioni del modello.

Spesso esso viene associato a uno "schema", a un "disegno" o addirittura a una operazione matematica, in tutti i modi a un uso improprio del concetto, che può dar luogo a errata interazione didattica (A.Brusa in I Viaggi di Erodoto, n°6, 1988 ).

Meglio quindi collegare l’uso delle rappresentazioni a schemi interpretativi e procedure che potranno aiutare l’alunno alla costruzione di mappe concettuali personali della fenomenologia storica che sta studiando.

In tal modo la misurazione matematica e/o geometrica del fenomeno storico verrà associata alla libera interpretazione dello studente, che si abituerà facilmente all’uso razionale e critico delle sue facoltà, unito alla misurazione oggettiva dei processi(S. Veca, cit. ).

Una opportuna mediazione didattica nell’insegnamento storico non può quindi prescindere da :

Quando nella prassi didattica l’uso del manuale comporta difficoltà ( e ciò avviene molto spesso ), allora risulterà necessaria l’integrazione e il superamento della teoria, nell'approccio didattico, attraverso la trasposizione con i modelli, l’uso dei supporti didattici e multimediali e le attività para ed extrascolastiche preventivamente programmate.

Anche i concetti appartenenti ad altre discipline potranno rendersi utilissimi allo scopo.

Occorre pertanto che, anche a livello di scuola superiore, i docenti collaborino al fine di superare gli steccati e i limiti evidenti della programmazione disciplinare, anche in considerazione delle potenzialità elaborative dell’età evolutiva.

 

 

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LE CATEGORIE DI TEMPO E SPAZIO NELLA STORIA DEL ‘900

Nessun periodo storico, al pari dell’attuale, è stato segnato da una lacerazione così profonda tra il fatto ( l’evento ) e la sua ricostruzione e interpretazione .

Ciò per due ordini di motivi, il primo tra i quali è dato dalla forma particolare della transizione. La tecnostruttura ha dapprima ridotto a una artificiosa unità indifferenziata il tempo e lo spazio ;in tal modo le nozioni di mondo e techne hanno assunto quel carattere di reciprocità che oggi le contraddistingue .

In secondo luogo il relativismo etico e la crescente omologazione culturale hanno ristretto gli stessi ambiti di significanza delle categorie di tempo e spazio .

Infatti : quale valore assume oggi per l’uomo - massa la conoscenza , ad esempio, della "ricostruzione " degli anni ’50 ? Gli eventi relativamente vicini nel tempo sono da considerare storia o ancora cronaca ? In uno spazio omogeneo o disomogeneo ?

Sono fatti vicini o lontani " nel tempo " ?Possono essi già considerarsi oggetto di analisi e ricostruzione storica ? E se si, con quali strumenti, dato che gli archivi ufficiali non si possono consultare prima di un intervallo di 50 anni ?

La tumultuosa e spesso disordinata evoluzione del sistema internazionale, evidenzia drammaticamente rapporti tra le etnie e dialettica tra gli stati perpetuamente oscillanti tra conflitto e negoziato, in un contesto ecumenico caratterizzato da marcato e crescente squilibrio tra un Occidente ricco, evoluto, che si è imposto come modello di riferimento e i Paesi delle aree marginali ( Asia, Africa, Sud America )che precipitano inesorabilmente verso un sottosviluppo senza ritorno .

Ed ecco sotto quest’aspetto profilarsi, in tutta la sua stringente attualità, il dibattito aperto tra " moderno " e " post - moderno ".

Ecco comunque delinearsi e quindi affermarsi con la forza elementare dei fatti la dialettica tra contiguità temporale e globalizzazione della cultura in un’età di transizione caratterizzata da rapide quanto profonde trasformazioni economiche e sociali veicolate dalla stessa affermazione della tecnostruttura .

Ecco , infine, il nuovo ruolo e la conseguente centralità delle culture religiose nel mondo postmoderno, con l’irrompere della sfera emozionale e il trionfo dell’irrazionale nella storia della civiltà .

Ma soprattutto : è ancora possibile, con tali premesse, fornire un modello onnicomprensivo di interpretazione storica del ‘900, e soprattutto dell’interperiodo tra il 1914 e 1991 che lo storico E. Hobsbawn ha recentemente definito il secolo breve ?

 

 

 

 

 

 

 

TRANSIZIONE STORICA E TECNOSTRUTTURA

C’è una significativa demarcazione, un segno fondamentale del tempo, che misura la discussione critico - storiografica sotto il profilo interpretativo generale del ‘900 : essa è con tutta evidenza costituita dalla affermazione dei mezzi di comunicazione di massa ( mass - media ) in un’epoca di globalizzazione o mondializzazione .

Dunque, la storia del ‘900 è come attraversata da una profonda frattura, una dicotomia che spiega le difficoltà di pervenire a una periodizzazione razionale e univoca del contesto storico (1).

L’epoca a partire dalla quale si evidenzia una siffatta rivoluzione tecnico - culturale inizia, con tutta probabilità alla fine degli anni ’60,attraverso due fenomeni complessi e interagenti : la diffusione dei nuovi mezzi audio - visivi e la rivoluzione informatica((1).

Sull’importanza della affermazione delle infrastrutture tecnologiche per un reale cambiamento del ciclo storico, ivi comprese le stesse chiavi di lettura del più recente ‘900 le opinioni sono piuttosto concordi (1).

Va comunque sottolineato l’andamento rapidissimo e quasi travolgente del cambiamento, scandito a tappe forzate nel breve spazio di venti anni o poco più, dalla fine degli anni ’60 , come si è detto, alla metà degli anni ’90 (1).

Tutto ciò avveniva in un contesto mondiale, in cui nel frattempo mutavano gli equilibri generali di politica internazionale affiorati appena alla fine del secondo conflitto mondiale ( passaggio dal bipolarismo al multipolarismo ) ; e in cui ancora si evocava con drammatica evidenza il conflitto generazionale nelle strutture sociali

più evolute e il conflitto etnico nelle aree marginali sub - continentali (1).

Il contesto geopolitico dove convergono tali fenomeni epocali viene oggi definita globalizzazione o mondializzazione.

Questo termine è stato imposto dalle evoluzioni recenti degli assetti politico-economici e fa ormai parte dello spirito del tempo.. Il fenomeno che si nasconde dietro queste parole non è nuovo. Voci profetiche come Marshall McLuhan avevano già annunciato da decenni l'avvento di un villaggio globale, gli specialisti avevano parlato di occidentalizzazione, di uniformazione, di modernizzazione del mondo, gli storici come Fernand Braudel avevano scoperto i sintomi di questa evoluzione sulla lunga durata. Ma oggi il termine mondializzazione sotto un'apparenza neutrale, è diventato uno slogan che incita ad agire in un senso che sembra auspicabile per tutti e che in realtà è fortemente auspicato solo da qualcuno. La parola d'ordine fu lanciata dalla Sony che nei primi anni '80 aveva distribuito una pubblicità vistosa che aveva fatto il giro del mondo, in cui si vedevano alcuni adolescenti che pattinavano con il casco in testa e la mini-radiocassetta portatile attaccata alla cintura. La scommessa della Sony era che una pubblicità non doveva adattarsi alle diverse culture, ma doveva essa stessa diventare una cultura globale. Questo nuovo concetto è stato afferrato immediatamente dalle multinazionali e dallo stesso governo americano. Il termine non è innocente: mentre lascia intendere che sarebbe un processo anonimo, universale e benefico per l'umanità, non fa invece che intravedere un'impresa che dà profitto solo a qualcuno e che presenta rischi enormi e pericoli considerevoli. La mondializzazione è quella dei mercati, e trova le sue radici nelle basi stesse della modernità, sulla pretesa dal XVI secolo in poi di costruire una società fondata esclusivamente sulla ragione. Non c'è solo infatti la mondializzazione dell'economia, c'è la mondializzazione tecnica, culturale, quella della comunicazione: tutte queste forme sono interdipendenti e complementari. E' evidente a tutti che l'avvento dei mercati finanziari mondiali è stato permesso dai satelliti e dalle vie di comunicazione e che non esiste un sistema mondiale di trasporti che non sia comandato attraverso i computer. Il progetto americano di costruire una rete mondiale di autostrade informatiche mira esplicitamente alla costruzione di un mercato mondiale generalizzato e istantaneo. In un suo recente discorso al congresso dell'Unione internazionale delle telecomunicazioni a Buenos Aires il vicepresidente degli Stati Uniti Al Gore ha affermato: "Sta a noi costruire una comunità mondiale in cui i cittadini dei paesi vicini si guardino non come nemici ma come partner potenziali, tutti membri di una grande catena, di una globale infrastruttura telematica che renderà possibile la creazione di un mercato mondiale dell'informazione in cui i consumatori potranno comprare e vendere. La crescita mondiale potrà arricchirsi di diverse centinaia di migliaia di dollari se noi ci impegniamo in questo progetto".

Quindi non c'è mondializzazione economica senza mondializzazione tecnologica e culturale. I computer ad esempio funzionano in una lingua inglese internazionale, e tutti questi fenomeni concorrono alla creazione di una organizzazione tecnico -economica di stampo prettamente occidentale. Il crollo del muro e dei sistemi economici pianificati e la deregulation dei sistemi capitalisti hanno portato ad una mondializzazione senza precedenti dei mercati. Ma la mondializzazione dell'economia non si realizzerà mai pienamente senza che si compia l’opposto, l'evoluzione economica del mondo, la trasformazione di tutti gli aspetti della vita purchè compatibili con l’equilibrio ecologico e con lo sviluppo delle nazioni più povere del quarto mondo. La globalizzazione è però tutt'altra cosa che la generalizzazione dei valori universali di emancipazione portati avanti dall'illuminismo. Si parla ufficialmente, soprattutto da parte occidentale, di democrazia, diritti dell'uomo, fraternità planetaria, si presentano questi valori come una conseguenza automatica del mercato, e invece ogni giorno che passa aumenta il già preoccupante divario tra Paesi ricchi e poveri, in un contesto culturale tendenzialmente omologante.

La dialettica tra uniformazione planetaria e difesa delle identità escluse segna quindi profondamente quest’ultimo scorcio di secolo, contrassegnandone emblematicamente gli esiti storico – politici, culturali e politico- economici .

E’ quindi evidente che, per il modo stesso in cui si è caratterizzata, l’evoluzione storica della tecnostruttura ha rimarcato la distanza tra potenze planetarie e aree satelliti, chiudendo drammaticamente il cerchio in questo inquieto fine - millennio (1).

 

La questione scolastica

Il rapido evolversi delle conoscenze e delle tecnologie esige che i programmi scolastici, a tutti i livelli, tendano a fornire una buona preparazione di base e, soprattutto, una elevata capacita' di adattamento.

La cultura di base non è costituita solo dai saperi critici e dalle capacità di apprendimento, ma anche dall'attitudine a rendere operative le conoscenze acquisite. Questa tematica costituisce uno dei punti critici del problema stesso della riforma della scuola, finora approfondito in modo inadeguato.

E' mancata infatti una adeguata consapevolezza del rapporto intercorrente nella realtà moderna tra professionalità e cultura scientifica, Il meccanismo di acquisizione e di uso operativo delle conoscenze sta alla base della dinamica economica e sociale delle moderne società industriali.

Il Rapporto della Commissione Internazionale dell'UNESCO sull'Educazione nel XXI secolo, presieduta da Jacques Delors, postula una graduale e rapida integrazione tra scuola e mondo produttivo, cosa che può e deve avvenire già nel corso del nuovo obbligo scolastico.

E questo è possibile proprio grazie alla compatibilità del binomio cultura/professionalità e istruzione teorica/sapere pratico-applicativo. La società attuale è caratterizzata da un massiccio uso delle conoscenze a scopi produttivi e sociali.

Questo processo pervasivo ha cambiato il significato stesso del termine professionalità. La professionalità è passata dal campo dell'addestramento pratico al campo della conoscenza sperimentale di tipo scientifico e tecnologico.

Anche la diffusione della cultura dell'impresa e del lavoro è compito della scuola. Oggi tanto più importante in quanto la mancanza di lavoro immiserisce la dignità della persona, deruba i giovani della speranza nel futuro, apre la strada alla noia e alla ribellione.

Alla luce di questi orientamenti appare indispensabile un radicale mutamento dei contenuti della didattica, per avvicinarla alle esigenze dei giovani in un mondo in rapida e imprevedibile evoluzione.

E' indispensabile utilizzare ampiamente gli strumenti e le tecnologie multimediali e ridurre quantitativamente le discipline in favore di un maggior approfondimento dei fondamenti di una cultura di base adatta al XXI secolo.

In particolare la scuola, nell'ambito del secondo ciclo previsto nella proposta Berlinguer, deve aprirsi alla cultura economica. Oggi la cultura economica viene certamente appresa dai giovani più attraverso gli stimoli del mondo esterno (dall'"extrascuola") che non dall'aula scolastica.

Eppure la cultura economica è il fondamento della cultura civica prima ancora che essere supporto decisivo di qualunque carriera professionale .

Di conseguenza, essa ha una valenza fortemente educativa, è centrata su valori prima ancora che su comportamenti (libertà di iniziativa, sviluppo, soddisfacimento dei bisogni essenziali).

Il disegno formativo della cultura economica è organicamente orientato a cogliere i dati strutturali della realtà sociale in cui lo studente si deve inserire: il rapporto costi - benefici e mezzi - fini, la produzione e la distribuzione delle risorse, il governo del sistema economico, le relazioni politiche e sociali implicate nella dinamica economica.

Sembra improprio e da superare l'attuale accorpamento in un'unica disciplina di "economia e diritto". Tale accorpamento è un residuo culturale di una visione corporativa dell'economia (che peraltro ha trovato seguito nel massiccio intervento dello Stato nell'economia). Il diritto è una disciplina storico-sociale, mentre l'economia è una disciplina matematico-scientifica.

La cultura economica deve essere inserita tra i saperi fondamentali della scuola del XXI secolo, come componente essenziale per l'inserimento sociale e lavorativo del cittadino in una società ad economia di mercato e ad industrializzazione avanzata .

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TRANSIZIONE E DINAMICHE SOCIALI ED ECONOMICHE

 

L’età che ha avuto inizio con gli anni ’70 è stata caratterizzata da una brusca, quanto stabile divaricazione tra economie ricche ed economie povere in un contesto politico - economico planetario segnato dalla globalizzazione dell’economia di mercato, degli scambi culturali,delle interazioni sociali in un ambito di accentuata modernizzazione.

Tale " mutazione genetica " tuttavia non poteva non produrre,tanto nei rapporti internazionali quanto all’interno della stratificazione sociale delle singole nazioni e/o etnie, una crescente frammentazione, il cui portato storico sarà d’ora innanzi costituito dalla formazione di " sacche " di povertà gradualmente accentuatesi nel tempo (1).

I dati statistici sotto riportati danno un quadro d’insieme della crisi in atto, senza suggerire rimedi che, come sempre , attengono agli organismi internazionali ( FAO, WTO, OMS, OIL, UNESCO, OCSE, BRI, UNDP, UNEP, UNICEF )(2) istituzionalmente competenti nel quadro di una politica di aiuti mirati, sul piano internazionale, a rimuovere gli ostacoli che si frappongono a una corretta integrazione delle società marginali.

Il grafico sotto riportato evidenzia quello che può a ben diritto essere considerato il leit -motiv dell’economia su scala planetaria, tendenzialmente a partire dall’inizio degli anni ’70 fino alla fine degli anni ’80 .

Come appare del tutto evidente, non si evidenziano le quote di mercato dell’Africa essendo esse risibili si scala mondiale e quelle dei Paesi dell’Estremo Oriente per l’identica ragione

(1)Cfr. a tal proposito le statistiche su "Economia mondiale "in Rizzoli -Larousse,

1992, pagg. 557 - 636, nonché le statistiche annualmente pubblicate da Com.CEE,cit

(2)Cfr " Organizzazioni Internazionali " in Rizzoli - Larosse, cit, pagg.638 - 668.e nota in calce alla pag. successiva

BREVE RASSEGNA STORIOGRAFICA SUL ‘900

Presentare una rassegna, anche poco più che parziale, sulla storiografia del ‘900 e in particolare sulla relativa periodizzazione entro i limiti stretti di un lavoro, come il nostro, necessariamente improntato alla sintesi, sarebbe impresa vana e fuorviante : per questo aggireremo l’ostacolo, se così si può dire, tentando all’opposto di esaminare le questioni aperte nell’ambito dello studio e della comprensione della storia coeva.

Pertanto il lettore mi scuserà se, nelle citazioni dei contributi alla ricerca storica, avrò tralasciato autori ritenuti fondamentali a vantaggio di altri ritenuti forse secondari.

Infatti lo scopo delle presente rassegna è appunto quello di fornire un’agile guida divulgativa, che non ha e non può avere alcuna pretesa totalizzante.

La ricerca di uno schema generale del processo storico e dei suoi caratteri evolutivi è da sempre il compito istituzionale di ogni indagine storiografica, soprattutto a partire dall’Illuminismo (*). In seguito Marx, Hegel, Comte nel secolo scorso hanno inquadrato tale indagine in sistemi a carattere scientifico di tale complessità da essere a buon diritto scambiati per ideologie (*). ).Infine l’enorme accumulazione di conoscenze, soprattutto a carattere scientifico, del XX secolo, ha portato gli storici a rivedere i caratteri, le procedure e finanche i metodi dell’indagine storiografica, riconsiderando gli schemi generali, anzitutto con il ridurne la portata e la stessa pretesa di verità (*). .

Se ne deduce necessariamente che la stessa tendenza a ridurre la storia entro schemi rigidi, apparentemente oggettivi, è condannata al fallimento (*).

Per questo motivo e per moltissime altre ragioni non secondarie la scuola delle Annales, nel riconsiderare l’intero percorso storico delle civiltà, pone come categoria fondamentale della ricostruzione storica le basi materiali dell’esistenza (*).

L’irrompere del paradigma scientistico-positivista nella storiografia del XX secolo, grazie al successo delle tesi comtiane, porta con sé alcune fondamentali implicazioni, prima fra le quali l’adeguazione dello studio storico alla metodologia scientifica, propria della sociologia.

Quest’ultima, se intesa come scienza, si propone "di sviluppare una teoria analitica dei sistemi dell’azione sociale, in base alla assunzione che questi sistemi possano essere compresi in termini dell’integrazione dei valori comuni"(T.Parsons,The structure of Social Action,1937,tr.it.Giannotta)

Ma non manca chi intende mettere in dubbio il carattere metodologico-scientifico dell’indagine sociologica :"…Insomma la sociologia non è che una parola, una parola polisensa, sotto la quale si collocano attività diverse ed eterogenee: fraseologia o topica della storia, filosofia politica di secondo rango o storia del mondo contemporaneo"(P. Veyne,Come si scrive la storia,Laterza1972)

Il rischio che la sociologia pretenda troppo da se stessa, diventando non "scientia scientiarum", come l’ha descritta Comte, ma piuttosto un paradigma totalitario, è presente e può seriamente condizionare il lavoro dello studioso ( si veda a tal riguardo F. Jonas,Storia della sociologia,Laterza, Bari, 1970 e il recente Sociologi, XIX, a cura di N. Campagna,G.A.Roggerone,R.Carotenuto, in Novecento filosofico e scientifico,Marzorati, Milano 1991,Tomo III,725 sg.).

Ciò nonostante, il contributo che la sociologia ha dato alla ricerca storica è stato essenziale: si pensi agli studi di E. Durkheim, G.H.Mead, T. Parsons, K.Mannheim sulle molteplici interazioni tra natura, bisogni e fini nella civiltà umana(*).

In riferimento alla realtà storico-sociale intesa come tempo dello Spirito si elabora la ricerca degli storicisti W.Dilthey, G.Simmel, M.Weber,, sulla scia dell’idealismo hegeliano e crociano, per l’interpretazione e periodizzazione della storia (*).

In particolare Max Weber "fu il primo a introdurre la moderna distinzione tra fatto e valore" confutando l’oggettività dei giudizi di valore e negando la possibilità di indagine razionale al di fuori della scienza. La comprensione metodologica, in altri termini, è limitata all’indagine scientifico-matematica che si esprime nella razionalità scientifica (*).

Accanto allo storicismo, un’altra corrente di pensiero che ha fornito un contributo metodologico fondamentale per l’indagine storica è lo strumentalismo, soprattutto nella intrerpretazione che ne ha dato J.Dewey, influenzato dalla dottrina di Peirce sulla conseguenza empirica delle idee. L’esperienza nasce infatti dall’incontro tra " la matrice biologica e quella culturale o sociale"da cui deriva la conoscenza che si sviluppa secondo due modalità, l’avere e l’essere(*).

Cultura e ambiente hanno importanza rilevante per l’indagine storiografica, perché influenzano i bisogni, le relative scelte, le azioni e i relativi fini come dell’individuo, così pure dei gruppi organizzati, esprimendo valori che dipendono dalle situazioni sia naturali che storiche in cui si trovano coloro che li emettono(*).

Ognuna di queste teorie interpretative della società trova sintesi e compimento nell’opera di Niklas Luhmann, esponente di spicco del neofunzionalismo sistemico.Egli riduce ad unità le molteplici categorie utilizzate dagli studiosi che lo hanno preceduto, in uno sforzo di sintesi che rappresenta il nucleo centrale della sua impostazione di pensiero : dal razionalismo weberiano alla dialettica di Simmel, dalla teoria della norma di Durkheim alla teoria dei sistemi di Parsons, fino alle attuali teorie della comunicazione, ai contributi della pedagogia applicata ai sistemi sociali, alla teoria del diritto; non c’è praticamente campo conoscitivo di ambito sociale che non sia toccato dalla analisi di questo acuto epistemologo tedesco i cui contributi sono perciò fondamentali per la comprensione del mondo attuale (*).

Soprattutto per quanto riguarda il rapporto fra tradizione culturale e storia del pensiero scientifico, determinante per una corretta comprensione storico-culturale del nostro secolo, emerge con chiarezza il ruolo chiarificatore degli epistemologi contemporanei (*).


 

 

Il fatto, di per sé rivoluzionario, che la riforma ministeriale consenta di dedicare un intero anno di studi alla storia del novecento, non deve però indurre alle facili generalizzazioni e agli entusiasmi eccessivi .

Si pensi, infatti, che il novecento è, per definizione, l’unico secolo nel quale si evidenzia la mondializzazione della storia(*).

Ripercorrere, quindi, il processo evolutivo del novecento significa soprattutto connotare la formazione dello studente, o di chi voglia semplicemente rimettere in discussione la propria cultura, con il "riorientamento gestaltico" in corso : in definitiva, significa comunque mettersi in crisi, imponendo alla propria personalità flessibilità, capacità adattive, duttilità intellettuale(*). Studiando a fondo il novecento, gli italiani apprenderanno meglio il rapporto tra cittadino, istituzioni e società civile, potranno confrontarsi con l’evoluzione della tecnostruttura, interrogarsi sul futuro prossimo; sfidare anche, se possibile, i propri pregiudizi (*).

Circa le fonti storiografiche, è del tutto ovvio che occorre un percorso selettivo, dal momento che la bibliografia è davvero imponente.Un esempio illuminante di come si possano utilizzare le fonti ( nella fattispecie gli archivi russi dell’era postcomunista ) ce lo offre il giovanissimo storico inglese Orlando Figes, che ne"La tragedia di un popolo",Corbaccio 1997 descrive , analizzandola in modo lucido e impersonale, la catastofe annunciata della società russa, basandosi sulla ricchezza e selettività delle

fonti documentali, senza infingimenti o ideologizzazioni di sorta.

"Caratteristica principale del testo è la ricerca di fonti molto private, quali diari, lettere, appunti, ricordi di personaggi principali come di secondarie "comparse". Il risultato è un appassionante diario collettivo di anni in cui la tragedia e l'entusiasmo si fondevano dando vita a uno straordinario fermento generale. La "tragedia di un popolo", con il suo tributo di migliaia di morti, ma anche il suo risveglio da un torpore millenario, che ha segnato la storia mondiale del secolo. A coronamento del notevole lavoro, una parte iconografica ricca di immagini curiose e inedite, aiuta a ricreare una panoramica completa dell'epoca".(recensione su Alice.it).

In tema di repertori che traggono la loro ispirazione da fonti storiografiche , si segnala con il suo ultimo lavoro, "Il passato di un’illusione"( 1996), lo storico francese François Furet , un’autorità nel campo della Rivoluzione Francese, esprimendo il suo parere per un argomento che per più di trent’anni ha interessato la politica francese. Raymond Aron e la naturalizzata tedesca Hannah Arendt : il comunismo e il nazismo, due facce dello stesso fenomeno totalitario. François Furet parte dall’analisi del modello rivoluzionario francese ( Danton e Robespierre e il suo regime del "Terrore") per risalire alle fonti di ispirazione di tutti i totalitarismi del novecento.( Fonti : Hannah Arendt, le origini del totalitarismo,New York,1951 ; Raymond Aron, L’essence du totalitarisme, 1954 ) (*).

 

 

 

Consigli per l’orientamento

A cura di ADRIANO BALLONE Recensione pubblicata da

"L’Eco della scuola nuova"

N° 1 – 1997.

 

Malgrado le molte difficoltà riconosciute, la storia del Novecento – eventi particolari, personaggi,centrali, vicende significative, è stata attraversata ripetutamente dagli storici: la bibliografia è sterminata e dunque testi risolutori e definitivi non si possono elencare. Si possono però suggerire alcuni titoli utili per un primo orientamento su un quadro di insieme e con qualche attenzione alla storia d’Italia, a cominciare da una buona antologia curata da P. Orefice, Gli anni della Repubblica. Cultura e formazione in Italia. Materiali di ricerca,Editrice Ferraro, Napoli, 1988.

Di grande utilità sono ovviamente gli atlanti come ad esempio l’Atlante storico curato da Duby, tradotto dalla SEI,Torino,1992(ed. originale francese 1987);L’Atlante politico del XX secolo di G. Chaliand e J.P.Rageau, SEI Torino 1989; degli stessi lo splendido Atlante strategico. La geopolitica dei rapporti di forza nel mondo,SEI Torino 1986.

Tentativi di inquadramento della storia mondiale non ve ne sono molti. Ne segnalerei alcuni anche se non tutti recentissimi: un buon testo introduttivo è E.J. Hobsbawn,Il secolo breve,Mondadori, Milano, 1995 (cfr. nota 6 pag.7). A questo si possono affiancare : E. Santarelli,Storia sociale del mondo contemporaneo dalla Comune di Parigi ai giorni nostri,Feltrinelli, Milano 1982, un manuale ricco di informazioni; altrettanto ricco è R.R. Palmer-Joel Colton,Storia del mondo moderno,3 voll.(trad.di F. Salvatorelli), E. Riuniti, Roma 1985; e per il disegno dello sfondo P. Kennedy, Ascesa e declino delle grandi potenze,Garzanti, Milano 1987.

Di non immediata lettura, ma assai utile per la storia della tecnologia e dell’industria è D. Landes,Prometeo liberato: trasformazioni tecnologiche e sviluppo industriale nell’Europa occidentale dal 1750 ai giorni nostri,Einaudi, Torino1978.

Un certo numero di testi sono dedicati alla storia di continenti o di porzioni (subcontinenti o nazioni). Per ciò che riguarda la storia europea si vedano il molto riassuntivo e di qualche tempo fa, ma ancora utile J. Joll,cento anni d’Europa 1870-1970, un rapido excursus sulla storia degli stati europei dalla guerra franco-prussiana alle soglie dell’unificazione; Jean Baptiste Duroselle,Storia dell’Europa, popoli e paesi, Bompiani, Milano 1990, più attento alla storia diplomatica e delle idee; K. Kaelble, Verso una società europea. Storia sociale dell’Europa 1880-1980,Laterza, Roma Bari 1990, attento anche alla dimensione non strettamente politico- istituzionale.

Per un inquadramento delle complesse questioni economiche si possono vedere C. Kindleberger,la grande depressione nel mondo 1929-1939,Etas Libri, Milano 1982, puntuale e rigoroso; lo splendido volume di A. Wilward,Guerra, economia e società 1939-1945,etas Libri, Milano 1983 e l’efficace sintesi di H. Van der Wee,Economia mondiale tra crisi e benessere 1945-1980, Hoepli, Milano 1989.Sulla storia culturale dell’Europa(…) si possono segnalare alcuni testi : G. Lichteim,L’Europa del Novecento: storia e cultura, Laterza, Bari 1973 ; K.D: Bracher,Il Novecento. Secolo delle ideologie,Laterza, Bari 1990 ; G.L. Mosse,Le origini culturali del III Reich,Il Saggiatore, Milano 1968; M. Lewin,Storia sociale dello stalinismo,Einaudi, Torino 1988, una lettura stimolante del periodo più duro dell’URSS; e infine per uno sguardo alla storia del nazionalismo si vedano J.S.Woolf,Il nazionalismo in Europa,Unicopli,Milano 1994 e F. Gaeta,Il nazionalismo italiano,Laterza, Roma –Bari 1981.

Per la storia della Chiesa cattolica di interesse, tra i molti, è G, Verucci,La Chiesa nella società contemporanea. Dal primo dopoguerra al Concilio Vaticano II, Laterza, Roma-Bari 1988.

Sulla decolonizzazione si veda il non più recente, ma assai lucido P. Bairoch,Lo sviluppo bloccato,L’economia del Terzo Mondo tra i XIX e il XX secolo, Einaudi Torino 1976.(…).

Un rapido accenno può essere fatto alla bibliografia relativa alla storia dell’Italia repubblicana, della quale sono uscite ultimamente buone monografie. Alcune opere hanno di recente aperto un produttivo dibattito sulla transizione dal fascismo alla Repubblica.

Tre in particolare ne segnalo: C. Pavone, Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità della Resistenza, Bollati Boringhieri, Torino 1991 ; E. Aga Rossi,Una nazione allo sbando, Il Mulino, Bologna 1993.

Più in generale sulla storia recente d’Italia interessante è l’agile M. Braun,L’Italia da Andreotti a Berlusconi. Rivolgimenti e prospettive di un Paese a rischio, Feltrinelli, Milano 1995; di maggiore spessore ovviamente sono alcuni testi, di ottica molto diversa, tutti apparsi significativamente negli anni Novanta, tra i quali segnalo : P. Scoppola,La repubblica dei partiti. Profilo storico della democrazia in Italia (1945-1990),Il Mulino, Bologna 1991 ; P. Craveri,la Repubblica dal 1958 al 1992,UTET, Torino 1992 ; S. Lanaro, Storia dell’Italia repubblicana, dalla fine della guerra agli anni Novanta,Marsilio, Venezia 1992 ; G. Mammarella,La prima Repubblica dalla fondazione al declino, Laterza, Roma-Bari 1992 ; A. Lepre,Storia della prima Repubblica.L’Italia dal 1942 al 1992,Il Mulino, Bologna 1993 ; S. Colarizi, Storia d’Italia. La II guerra mondiale e la Repubblica,UTET Torino 1994 ; G. Galli,I partiti politici italiani,1943-1991.Dalla resistenza all’Europa integrata, Rizzoli, Milano 1991.

Per una analisi attenta alla dimensione istituzionale e politica si veda G. Neppi Modona,(a cura di)Cinquant’anni di repubblica italiana, Einaudi Torino 1996, che riporta anche una nutrita bibliografia e saggi, tra gli altri, di Tina Anselmi, A. Ballone, P. Barile, N. Bobbio, V. Castronovo, C. Pavone, G. Zagrebelsky. Importante per il decennio della ricostruzione è l’opera di uno studioso inglese, D.W. Ellwood, L’Europa ricostruita. Politica ed economia tra Stati uniti ed Europa occidentale 1945-1955,Il Mulino, Bologna 1994. Sulla conseguenze della"guerra fredda"si vedano O, Bariè( a cura di )L’Alleanza occidentale. Nascita e sviluppo di un sistema di sicurezza collettivo,Il Mulino, Bologna 1988, attento non solo alla nascita della NATO, ma anche al complessivo sistema di sicurezza ; P.P. D’Attorre (a cura di ) nemici per la pelle. Sogno americano e mito sovietico nell’Italia contemporanea,Angeli, Milano 1991, un insieme di saggi sul modo in cui gli italiani hanno mitizzato sovietici ed americani e sul quel mito si sono divisi e contrapposti ; M. Flores,L’età del sospetto. I processi politici della guerra fredda,Il Mulino, Bologna 1995, un excursus sui terribili processi, all’Est e all’Ovest, contro reali o presunti oppositori politici, cioè amici del campo contrapposto.

Per uno sguardo alla vicenda economica si vedano V. Castronuovo,Storia economica d’Italia, Einaudi Torino 1995 ; V. Valli, L’economia e la politica economica italiana dal 1945 ad oggi,Etas libri, Milano 1982 e, per quanto riguarda la vicenda industriale, G. Gualerni,Storia dell’Italia industriale. Dall’unità alla II Repubblica,Etas Libri, Milano 1994 .

Assi studiate sono sta di recente le patologie del sistema italiano sul quale sono uscite opere di estremo interesse , a cominciare da sintetico R, Canosa,Storia della criminalità in Italia dal 1946 ad oggi,Feltrinelli, Milano 1994 ; L’ottimo G. De Lutiis, Storia dei servizi segreti in Italia,Editori riuniti, Roma 1984 , i due volumi dedicati alla mafia sono di R. Catanzaro.il delitto come impresa,storia sociale della mafia , Claudiana, Padova,1988 e di S. Lupo, Storia della mafia dalle origini ai giorni nostri, Donzelli, Roma 1993.

Da ultimo, segnalerei due opere " di genere". L’una riguarda l’indagine estremamente interessante e ricca di prospettive sul cosiddetto mondo femminile : F. Thébaud ( a cura di ), Il Novecento, Vol. V e G. Duby – M. Perrot ( a cura di ) Storia delle donne in Occidente,Laterza, Roma- Bari 1994.

Infine, per chi è interessato a questo tema, consiglierei R. Fornaca,Storia della scuola moderna e contem

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ORGANISMI INTERNAZIONALI

Nota :per ulteriori aggiornamenti e approfondimenti

Consulta INTERNET :http://www.virgilio.it/cerca/index.html

Virgilio, pagg.23 (Org.internaz.)


E pagg.81 (Istituzioni).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

FONTI : Rapporto UNCTAD, Marzo 1995; statistiche BANCA MONDIALE e FMI ( IVI, 1995-97 ).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I dati, che riportano la ripartizione percentuale dei flussi commerciali per grandi aree geo-economiche, mettono in evidenza l’enorme disparità nei volumi di commercio mondiale tra le suddette aree , soprattutto se rapportati alla popolazione residente.Per ulteriori informazioni, clicca qui

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AUMENTO PERC. COMMERCIO MONDIALE

nel grafico sovrastante sono rappresentati gli incrementi percentuali del PIL mondiale nel periodo di riferimento. E’, quindi, importante ai fini di una più corretta comprensione volere

aggiungere che in tale interperiodo i Paesi di nuova e crescente industrializzazione (NICS) hanno evidenziato performances così accentuate da contrapporsi alla stagnazione e/o al regresso dei Paesi industrializzati (G7).Il grafico evidenzia l’andamento tendenziale del’interperiodo 1980 - 1994

Peraltro il commercio mondiale, soprattutto a partire dagli anni novanta, ha confermato un trend marcatamente positivo, con crescita a due cifre (10%) conservatasi sostenuta anche a dispetto della politica deflazionistica dei Grandi :Ciò significa che la produzione mondiale è andata sempre più spostandosi presso i mercati estremo-orientali (Malaysia Singapore, Coree,Taiwan,ecc.)attraverso il dinamico e spesso attivo concorso delle imprese multinazionali in un quadro di crescente transnazionalizzazione economica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ECONOMIE E ISTITUZIONI : PRESENTE E FUTURO(CON SOPRA I GRAFICI)

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Nel capitolo introduttivo all’ATLANTE DELLA STORIA (1977) , intitolato significativamente La storia in un mondo che cambia, G. Barraclough soffermandosi sulla crisi dello storicismo mette in evidenza lo straordinario mutamento di prospettiva, dovuto alla II guerra mondiale, che ha anche e soprattutto significato mutamento per il lavoro dello storico, che non è più interpretativo, bensì decodificativo ( non esistono verità oggettive bensì asserzioni soggettive, che passate al vaglio dell’intuito contribuiscono a fondare e qualificare una interpretazione storica ).

Tale impostazione della ricerca storiografica si affermò in forza dell’influenza determinante dello

storicismo, sia pure con le contraddizioni dovute alla convinzione (che era pure la ragione di fondo della sua inadeguatezza intellettuale)(1)che il relativismo storico era chiamato al compito di fondare l’universo conoscitivo , con tutto ciò che ne consegue(2).

E’ proprio il singolare, straordinario mutamento del quadro internazionale, tra e dopo le due guerre mondiali, che ha mutato il modo stesso di "fare" storia : al punto che lo storico odierno solo fatica si riconoscerebbe nel ruolo e nelle funzioni che tradizionalmente gli erano attribuiti.

E’ ovvio che ciò abbia significato la crisi dello storicismo, ma non solo : anche la crisi della storia, o per lo meno del "modo tradizionale" di fare storia .

La verità è che due guerre globali, seguite da ripetuti cambiamenti di assetti internazionali nel corso di meno di cinquant’anni hamodificato radicalmente i presupposti epistemologici del lavoro dello storico, con il mutare dell’economia, della società e delle istituzioni.

In effetti, nell’ultimo secolo e, in particolare, negli ultimi cinquant’anni si sono via via rafforzati, fino a integrarsi organicamente, i rapporti economici e sociali tra le nazioni : e quello che oggi si definisce "globalizzazione"non è che il volto speculare dell’economia e della società come appaiono allo spettatore neutrale che guarda e interpreta la modernità con gli occhi trasognati di un bambino(3).

Ma soprattutto : una realtà ormai irrimediabilmente planetaria come si interroga in una prospettiva di lungo periodo ?

E ancora : è possibile una prospettiva interpretativa di lungo periodo?In una società in costante mutamento?In un contesto in rapida evoluzione?Con quali chiavi interpretative, quali fini, quali

esiti epistemologici ?

  1. G.Barraclough, Atlante della Storia,Bari, Laterza,1977,pagg.17-sgg.
  2. B.Rossi,Lo storicismo contemporaneo, Loecher,Torino,1968,Introduzione, XIX
  3. Bordino - Martignetti,cit.,III,La cultura,pagg.545 sgg.
  4. Cfr.Guerra e Relazioni Internazionali nella storia contemporanea, Ed. FNISM,Torino,1995

 

RAPPRESENTAZIONE GRAFICA DELLA DISTRIBUZIONE DEL PIL

 

 

SERVER DI RETE PER RICERCHE

http://www.virgilio.it/cerca/index.html

http://www.murst.it/

http://www.ie-online.it/serv/servhost.htm

http://voyeur.mckinley.com/

http://www.virgilio.it/search/site.html

http://www-it.lycos.com/

http://paradiso.itd.ge.cnr.it/persone/ricercat/gtpages/formrete.htm

http://economics.miningco.com/

APPENDICE DIDATTICA

LA PROGRAMMAZIONE DIDATTICA costituisce il fulcro su cui poggia l’intero sistema scolastico, sia sotto l’aspetto organizzativo, sia sotto l’aspetto teorico-formale.

L’idea rappresentativa è proprio quella di un processo storico , che si svolge sotto l’occhio vigile della struttura collegiale (programmazione educativa), sotto la supervisione del singolo docente (programmazione didattico-formativa ).

http://www.edscuola.com/

In definitiva, la programmazione è l’attività stessa della scuola come comunità educante , che individua la sua azione educativa come fine ( obiettivi educativi e didattici ), procedurizzando le fasi attraverso le indicazioni del metodo induttivo sperimentale (vedi più avanti).

Gli strumenti di cui ci si serve per raggiungere gli obiettivi programmati si chiamano mezzi, e variano, anche in misura notevole, in relazione alle risorse di cui si dispone ( contesto ambientale) e ai bisogni dell’utenza scolastica(che a loro volta suscitano motivazioni e attese sul progetto) da mettere in opera nell’azione didattica ( strumenti, sussidi, modelli organizzativi, software formativo).

Gli strumenti di cui disporre per una corretta progettazione comprendono anche il controllo operativo sulle varie fasi (feed-back o retroazione formativa )per una regolazione oggettiva delle fasi, attraverso una eventuale rimodulazione e riorganizzazione, se necessario (autoreferenzialità ).

FINALITA’ GENERALI FORMATIVE DELLA PROGRAMMAZIONE "ON LINE"

 

Insegnare con Internet

http://www.pegacity.it/abctel/foresta.htm ..\..\GUIDA CONSULTAZIONE\ipertesto.doc

http://paradiso.itd.ge.cnr.it/persone/ricercat/gtpages/formrete.htm

..\..\GUIDA CONSULTAZIONE\ipertesto.doc

La comunicazione nell'era della multimedialità e i problemi dell'educazione al linguaggio(*)

Alla base dello sviluppo della personalità di ciascuno c'è il bisogno primario di comunicare. La comunicazione si manifesta da sempre come bisogno di lasciare traccia di sé, di lanciare segnali di richiamo nella propria esistenza, di esprimere-esternare i propri desideri e aspirazioni, di stabilire un contatto con l'altro, il mondo, l'universo, da cui deriva nel contempo il bisogno che i propri messaggi vengano raccolti e compresi e di ricevere risposte.

Tutto il comportamento è comunicazione, e tutta la comunicazione -compresi i segni del contesto - influenza il comportamento; e, dato che il comportamento non ha un suo opposto (non esiste un non comportamento), ne consegue che è impossibile non comunicare, che il solo esistere è comunicare, che l'esistenza è continua comunicazione. "L'attività e la non attività, le parole e il silenzio, hanno tutti valori di messaggio: influenzano gli altri e e gli altri, a loro volta, non possono non rispondere a questa comunicazione. La comunicazione ha luogo ed è continua, indipendentemente dal fatto che essa sia conscia o efficace, cioè che vi sia comprensione reciproca (Watzlavick).

Esiste un continuo scambio di informazioni tra l'individuo e l'ambiente, che determina quindi una stretta interdipendenza, in una circolarità comunicativa che è alla base di ogni crescita e cambiamento. Nei rapporti di comunicazione l'uomo ricerca la conferma di sé, della sua esistenza, delle sue capacità di essere e divenire.

La persona che è e si sente accolta dal suo ambiente, che sente i suoi messaggi compresi ed accettati acquisterà sempre più fiducia in sé stessa e nelle proprie potenzialità di interagire con l'ambiente, presupposto indispensabile per un atteggiamento di sempre maggiore apertura verso di esso. Se la reazione dell'ambiente è di rifiuto, infatti, l'individuo potrebbe costruirsi un'immagine negativa di sé, autoisolandosi.

L'altra importantissima finalità della comunicazione è l'aggregazione di più soggetti a partire da interessi e/o intorno a progetti condivisi. La comunicazione forma la comunità. Tra i membri di una comunità si stabilisce un mutuo accordo di solidarietà e collaborazione, che nasce in genere dalla condivisione di esperienze: svolgere lo stesso lavoro, coltivare insieme un'attività scientifica o artistica comune, divertirsi insieme.

E' fuor di dubbio che la nostra epoca sarà ricordata come "l'èra della comunicazione", perché proprio nel nostro secolo sono nati, o si sono sviluppati al massimo grado, tutti quegli strumenti di comunicazione noti come mass media: stampa, radio, televisione, telefonia, informatica, telematica, che amplificano costantemente lo spazio e l'ambiente di ognuno, rendendo presente ciò che è passato, vicino ciò che è lontano. Se è innegabile il potere dei mass media di arricchire le conoscenze, di ampliare gli orizzonti culturali dell'uomo, tuttavia ciò non corrisponde necessariamente al fine di una educazione dell'uomo. I mass media, come la tv, non sono in grado di creare opinioni nuove e particolari, né di introdurre forme di cultura originali, ma scoraggiano, talvolta, lo sforzo personale, inducendo passività nel fruitore.

Infatti, essi si rivolgono a un pubblico eterogeneo proponendo programmi standardizzati, e quindi tendono a diffondere cultura omogenea, modificando spesso le caratteristiche culturali proprie di un gruppo o di una etnia. Quanto ai presunti benefici che il mezzo televisivo apporterebbe allo sviluppo del linguaggio, soprattutto nei bambini, è ampiamente dimostrato che ad avvalersi di tale contributo sono solo i bambini che, vivendo già in un contesto d'uso altamente stimolante, adoperano un codice linguistico elaborato. Ma, in quest'ultimo scorcio di secolo, la comunicazione di massa non è ristretta soltanto a mezzi come stampa, radio, tv. Negli ultimi anni si stanno progressivamente affermando nuovi strumenti di comunicazione, con proprie caratteristiche peculiari, che li differenziano nettamente da quelli citati e creano, nel contempo, nuove attitudini comunicative e e persino una nuova filosofia della comunicazione.

Il quasi contemporaneo avvento del personal computer e delle tecnologie multimediali, che consentono al singolo utente di immagazzinare ed elaborare dati di ogni genere, e il crescente sviluppo delle reti, che consentono lo scambio di dati tra computers distanti fisicamente anche migliaia di km, hanno prodotto soluzioni innovative, accessibili a un numero sempre maggiore di persone.

Per chiarire bene, cominciamo col dire che non tutto è "internet": prima di questa "rete delle reti", che collega fra loro 16 000 reti locali, circa 40 milioni di computers in tutto il mondo, esistevano già le banche dati, legate ai centri di ricerca universitari e militari, e quelle amatoriali (BBS). Internet non rappresenta oggi un'unica tipologia di comunicazione, ma comprende una pluralità di servizi: il WWW, la posta elettronica, IRC , i gruppi di discussione, le mailing lists, il trasferimento di files, il gopher ed altro ancora. Tutti questi servizi hanno due caratteristiche fondamentali: 1)pur conservando il carattere pubblico, estensibile a tutti, essi sono anche "singola-rizzati" ed interattivi. In essi, cioè, il singolo utente può liberamente ricercare i percorsi che preferisce, a misura dei propri interessi. L'informazione distribuita in rete, oltre a fluire liberamente nei due sensi, è "narrowcasted", cioè a misura della persona, in contrapposizione al "broadcasting", la programmazione indirizzata

a un'utenza generica e indifferenziata, che è tipica della televisione nella sua forma attuale. Ciò significa produrre contenuti sempre più significativi e approfonditi.

2)In conseguenza di ciò, attorno ai servizi offerti dalla rete si costituiscono vere e proprie "comunità virtuali", composte sulla base di precisi e profondi interessi condivisi: scienze, arte, letteratura, o per semplice socializzazione. Tali comunità, lungi dal rappresentare una pericolosa "fuga dalla realtà" delle normali relazioni umane, consentono, anche a soggetti impossibilitati a viaggiare, di coltivare interessi e rapporti ai quattro angoli del mondo, scambiando utilissime informazioni e prendendo contatto con culture diverse. La tendenza degli utenti del WWW a farsi non solo fruitori passivi, ma autori di informazione condivisa (es. le "homepages"), con la conseguente possibilità di aprire ed ampliare discussioni con chiunque sia interessato, oltre a rinforzare il concetto di "comunità virtuale", produce un autentico pluralismo comunicativo e crea uno spazio in cui possono coesistere, con pari dignità, le più diverse filosofie, forme d'impegno culturale e sociale, etc. I rischi più evidenti stanno og

gi nella tendenza alla commercializzazione degli spazi della rete e nel tentativo delle grandi agenzie d'informazione di trasformare ancora una volta l'utente in fruitore passivo di nozioni preconfezionate.

Una nota va fatta sui linguaggi tipici della rete. In essa domina la multimedialità, in forme sempre nuove e imprevedibili (ipertesti, immagini, animazioni, filmati, commenti musicali o in voce e quant'altro). Ma, a differenza della tv, dove si registra una obiettiva sottomissione della parola e dei testi rispetto alla preponderanza delle immagini, con un effetto di sostanziale appiattimento dei linguaggi verbali, internet rilancia il testo scritto e permette

(con l'e-mail), rispetto anche al telefono, una comunicazione più meditata, più vicina a quella epistolare, anche se molto più veloce e informale.

La caratteristica forse più importante di queste tecnologie sta però nel fatto che le informazioni possono essere raggiunte -o immesse - non solo seguendo uno schema lineare, una direzione prefissata, come in un film o in un libro, ma secondo un percorso definito dal fruitore, cui egli stesso può contribuire, dando luogo a una struttura "ramificata" (rizomatica) che è caratteristica di un modello culturale aperto, suscettibile di ampliarsi progressivamente crescendo su sé stesso.

Tale modello "aperto" si può estendere, volendo, dalla comunicazione interpersonale, o tra piccoli gruppi, alla dialettica tra singoli e istituzioni, permettendo il recupero di forme di partecipazione e rappresentanza diretta di idee ed interessi, sottoposte a omologazione ed appiattimento nella cultura dominata dai mass media non interattivi. Alcuni studiosi (Eco, Lévy, Gilder, Negroponte) parlano di un "nuovo progetto di civilizzazione" a partire dalle prospettive aperte dai nuovi media. In particolare, Pierre Lévy ha introdotto il termine "intelligenza collettiva" per sottolineare la possibilità, molto maggiore che in passato, che persone operanti in luoghi molto distanti hanno di collaborare, mettendo insieme i rispettivi saperi. Tale possibilità è, per la prima volta, estesa molto al di là dei tradizionali confini delle accademie o dei centri di ricerca finanziati dalle imprese: in teoria, chiunque può partecipare al dibattito culturale, socializzare le proprie competenze e contribuire, in sinergia con

gli altri, all'elaborazione di nuovo sapere. Bisogna però guardarsi dalle ingenue semplificazioni di quanti credono che le nuove tecnologie possano, da sole, garantire il progresso e l'avanzamento culturale dell'umanità.

Ogni nuova scoperta scientifica ha in sé, contemporaneamente, potenzialità di liberazione e di distruzione; in ultima analisi, la sua applicazione ai fini dello sviluppo della collettività, piuttosto che agli interessi di pochi, dipende dalla volontà politica prevalente e dalla capacità degli operatori culturali di farne un uso appropriato. In particolare, il rischio insito nelle nuove tecnologie, che si presenta per la prima volta con tale gravità nella storia della comunicazione, sta nella possibilità che si crei una frattura, attraverso tutta la comunità mondiale, tra chi è in grado di utilizzarle correntemente, traendone evidente vantaggio, sia in termini di accesso alle fonti d'informazione che in termini economici (lavoro a distanza, scambi e transazioni economiche internazionali, etc.) e chi resta escluso, non essendo stato messo in grado in tempo utile di impadronirsi delle conoscenze tecniche indispensabili (alfabetizzazione informatica).Per fortuna, le ultime generazioni di computers multimediali hanno reso veramente semplice per tutti l'approccio con i nuovi strumenti, rendendone possibile l'utilizzo di massa, che a questo punto potrebbe essere ostacolato soltanto da un'esplicita volontà contraria di chi detiene il potere nel campo dell'informazione e dell'educazione.

Di converso, è stata già annunciata una futura differenziazione nell'accesso (internet 2), che metterebbe università, banche, istituzioni politiche e militari, imprese, di nuovo in una condizione di privilegio rispetto al comune cittadino, annullando i benefici finora descritti.

Una nota sul concetto di multimedialità: essa non può consistere soltanto nell'immissione di contenuti, elaborati con tecnologie diverse, su di un'unica piattaforma (es. il CD-ROM), ma contiene in sé il concetto di interattività, che si può esplicare solo in modo limitato ed entro una sceneggiatura prefissata finché è confinata all'interno di un solo supporto chiuso. La rete arricchisce questo concetto, rendendo possibile una autentica multimedialità, che prevede, ed anzi esalta. come già detto, i contributi dei fruitori (vedere in proposito gli interventi di R.Parascandolo).

Per concludere questa breve dissertazione sui processi comunicativi nella società contemporanea e sui nuovi problemi che essi pongono a chi opera nel campo dell'educazione, ci sembra doveroso citare un pensiero di Bettelheim: "Il vero pericolo dei mass media non interattivi è, come sempre nella nostra storia, nei limiti della persona umana e non nel medium in sé stesso. Sono le nostre personalità e i nostri valori, non gli strumenti tecnologici, quelli che formano la personalità e i valori di ciascuno di noi". Ma più che una difesa dei media, aggiungiamo noi, quello di Bettelheim appare un richiamo alle pesanti responsabilità di chi educa.

FORME DELLA COMUNICAZIONE

Oltre il livello della comunicazione cellulare (le cellule del nostro organismo scambiano messaggi di natura elettrica e chimica, costituiti da potenziali transmembranari propagati e da molecole che si legano a recettori specifici: neurotrasmettitori, messaggeri ormonali), la nostra specie pone in essere una serie di codici di comunicazione, in parte comuni ad altre specie, in parte peculiari, come la modalità verbale, almeno nella forma da noi utilizzata, che prevede un alto grado di concettualizzazione ed articolazione (i linguaggi animali non si possono considerare altrettanto complessi e ricchi di significati concettuali). Tali modalità si possono classificare come segue:

a) comunicazione verbale (orale, scritta) che prevede l'uso di un linguaggio articolato in parole come codice specifico

b) comunicazione paraverbale (complesso di segni e suoni associati al linguaggio)

c) comunicazione non verbale (iconica, gestuale-mimica, corporea, musicale etc.)

d)comunicazione prossemica. Quest'ultima si rifà agli studi del sociologo americano E.T.Hall ("The Hidden Dimension", "The Silent Language"), che così definisce l'uso che l'uomo (al pari di altre specie, ma con significati diversi, che variano da cultura a cultura) fa dello spazio, per marcare differenze e rapporti gerarchici, e/o una maggiore o minore confidenza e disponibilità nei confronti dell'interlocutore. Ciò vale nelle relazioni personali e sociali come nell'architettura e nell'urbanistica.

La comunicazione può poi essere distinta in diretta, se prevede la presenza fisica dell'interlocutore, o indiretta, quando è mediata da un qualsiasi strumento di comunicazione. Quest'ultima, in riferimento ai tempi in cui si esplica, si può definire sincrona (telefono, videoconferenze, IRC) quando gli interlocutori sono contemporaneamente collegati tramite il medium; o asincrona (posta, e-mail) quando la risposta è differita.

Per millenni, l'uomo ha trasmesso le proprie conoscenze oralmente e con l'ausilio di linguaggi non verbali. Alcuni linguisti dànno un grande risalto al ritmo caratteristico del linguaggio orale: il pensiero ha bisogno della memoria, e i sistemi mnemonici ne determinano anche la sintassi. Il pensiero è strutturato "all'interno di moduli bilanciati, a grande contenuto ritmico, deve strutturarsi in ripetizioni e antitesi, in allitterazioni e assonanze, in epiteti e formule, in temi standard, in proverbi costantemente uditi da tutti (....) e in altre forme a funzione mnemonica". L'introduzione della scrittura ha costituito la prima grande rivoluzione nel campo della comunicazione, cui sono seguite quelle della stampa, dell'elettricità, dell'elettronica e dell'informatica, a ciascuna delle quali corrisponde un modo diverso di concepire le relazioni umane e l'atto stesso del comunicare. Gli strumenti usati sono cioè caratteristici di culture distinte, che si sono susseguite nei secoli: la cultura chirografica (manos

critta) adopera la tecnica della "parola silenziosa", quella tipografica si fonda sul libro stampato etc. In tali culture la circolazione delle informazioni avviene a velocità sempre maggiore e a costi progressivamente più bassi (con l'eccezione della trasmissione orale....). Ognuna di queste tecnologie consente una diffusione più ampia, a prezzo quasi sempre di una maggiore labilità dell'informazione, che, dalla scrittura su pietra a quella su carta al CD ROM e alla televisione, diviene fruibile a un numero sempre maggiore di persone ma persiste per un tempo che dipende dalla durata del supporto su cui è immagazzinata, fino al paradosso dell'informazione televisiva, che potenzialmente raggiunge tutti, in ogni angolo del mondo, ma svanisce nell'istante successivo a quello della sua ricezione.

Per Platone, la scoperta della scrittura favorisce la perdita della memoria; la parola produce poi un "effetto estemporaneo" che la scrittura tende ad annullare. Il mondo della comunicazione orale era, in effetti, molto diverso da quello caratterizzato dalla prevalenza della parola scritta, poi della stampa e così via. Quello della comunicazione orale è unmondo "caldo e iperestetico", a confronto di un mondo della scrittura più freddo, come rileva, tra gli altri, McLuhan. Ma ciò non va riferito soltanto alla comunicazione verbale, ma a tutte le forme di comunicazione che si esercitano all'interno di tale contesto: anche la musica, anche la pittura e l'architettura hanno i loro ritmi, le loro ripetizioni di motivi e misure.

La parola privilegia uno stile paratattico, con uso di congiunzioni coordinanti ; un esempio lo troviamo nella Genesi: "E la luce fu, ed Egli chiamò la luce giorno...." etc. Un altro aspetto è la ridondanza, favorita dalla necessità di mettere in rilievo le parti importanti del discorso, su cui non è possibile ritornare, come avviene invece in un testo scritto. Lo stile orale predilige l'agonismo, reso necessario dalla pratica dei dibattiti diretti: vantarsi, deridere il nemico, lodare. Nel complesso, quella caratterizzata dall'oralità è una cultura conservatrice, fondata sulla tradizione. Le conoscenze si tramandano di padre in figlio, si può apprendere solo dalla fonte. L'atteggiamento del pubblico è enfatico e partecipativo. E' una cultura omeostatica: si ricorda principalmente ciò che è utile per il quotidiano, l'importanza del passato è subordinata all'utilità per il presente, il resto di frequente viene perduto nel corso delle generazioni. L'uomo "orale" tende a pensare in modo situazionale. La cultur

a "astratta", come ad esempio la matematica, non può essere espressa se non per mezzo di segni, e conoscerà il suo vero sviluppo solo nell'era della scrittura. In essa vengono aggiunti nuovi elementi: chi legge un testo scritto può approfondire e puntualizzare come in precedenza non era possibile. La scrittura nasce circa seimila anni fa; passa attraverso le fasi di pittogramma (simboli stilizzati di un'immagine), ideogramma (simbolo che rappresenta un'idea, come nei cartelloni pubblicitari), fonogramma (disegni che rappresentano suoni). Si giunge infine alla scrittura sillabica e poi a quella alfabetica. Le scritture primitive, come quella cuneiforme, hanno difficoltà ad esprimere tutti i suoni: non ci sono le lettere, solo disposizioni diverse di segni. Alcuni popoli, come gli egizi, ed oggi ad es. giapponesi e cinesi, praticano contemporaneamente più forme di scrittura. I biologi sottolineano che queste forme di scrittura impegnano aree diverse della corteccia cerebrale: addirittura, mentre nella scrittura

ideografica prevale l'emisfero destro, in quella alfabetica è il sinistro a dominare. Con la scrittura la mente umana si trasforma, impara a fare a meno della memoria; parallelamente acquista importanza la lettura, essenziale per dare il tono e l'impostazione, spesso necessarie per la comprensione di un testo.

Solo in tempi più recenti si stabilisce un'associazione costante tra segni e fonemi. Havelock precisa le regole che un buon linguaggio deve seguire: tutti i fonemi devono essere resi in modo esauriente; il numero dei segni deve oscillare da 20 a 30; i segni non devono avere doppio o triplo impiego (cd. degenerazione del codice). Dopo l'introduzione da parte dei fenici della forma ritenuta più antica di scrittura alfabetica, nei sec. IV-III a.C: si afferma definitivamente l'alfabeto greco, "democratico" e accessibile anche ai non-greci, che permette di imparare a leggere e scrivere senza difficoltà e di trascrivere da/in lingue sconosciute. Alla diffusione dell'alfabeto greco si accompagna la nascita del pensiero critico, capace di rendere conto della dialettica delle idee, e con esso arriviamo al sorgere della filosofia.

L'introduzione della stampa introduce ulteriori elementi di novità rispetto al libro manoscritto: la cultura tende a perdere la sua dimensione riservata, élitaria, che divide la società in gruppi a seconda della possibilità di accesso. Esiste ora per molti la possibilità di venire a contatto con la cultura, non più soltanto nelle sedi in cui gli amanuensi ricopiavano faticosamente i testi classici, ma anche nelle biblioteche delle università e private.

La letteratura propone il modo di vita diverso, accattivante, della borghesia in ascesa. Nel nostro secolo, il diritto all'istruzione si allarga progressivamente fino a raggiungere fasce di popolazione in precedenza escluse, fino a venire riconosciuto anche ai cittadini socialmente svantaggiati e ai portatori di handicap, grazie anche all'introduzione di codici che permettono la comunicazione anche con i non vedenti (Braille), i non udenti etc.

Bisogna tuttavia notare che tale allargamento pone alle classi dominanti un problema di controllo sociale: la diffusione della cultura a strati crescenti di popolazione rappresenta uno strumento di elevazione e di riscatto sociale, che pone le premesse per, e contemporaneamente è il risultato della, trasformazione di rapporti di potere consolidati. La società attuale ha indubbiamente carattere di società aperta, in cui è possibile un notevole grado di mobilità sociale; ma le resistenze da parte dei gruppi e classi che detengono il potere rimangono, inevitabilmente, elevate. La diffusione della cultura e dell'informazione avviene tuttora in forme non del tutto libere, ma attentamente controllate da lobbies di potere e grandi agenzie d'informazione.

Nel mondo di oggi sopravvivono elementi della cultura orale e di quella legata all'avvento della scrittura, incorporati in quella che è stata definita "civiltà dell'immagine". Gli elementi di partecipazione attiva ed enfatica si ritrovano negli happenings musicali (ad es. i concerti rock), teatrali e in molte forme di cultura popolare ; l'alta cultura, d'altro canto, è ancora in gran parte legata al libro.

Si realizza una comunicazione estesa : l'elettricità e poi l'elettronica trasformano la comunicazione. Il telefono riporta all'oralità, con radio e tv nasce la "cultura di massa", o meglio la possibilità di una diffusione universale delle informazioni in tempo reale. Con questi mezzi diventa difficile separare il verbale dal non verbale; l'uso di molti linguaggi rende piacevole, ma anche confusa, la ricezione del messaggio. La tv, in particolare, non è un vero strumento di comunicazione: piuttosto, genera un'illusione di conoscenza e di partecipazione cui non corrisponde alcuna possibilità reale. Ciò non è da attribuirsi alla natura del mezzo, ma piuttosto al fatto che lo sviluppo di tali strumenti avviene nel contesto di una società in cui il controllo delle innovazioni tecnologiche e dell'emissione di informazioni, nonché della produzione culturale, è ristretto alle élites di potere. In un altro campo, lo sviluppo dell'industria editoriale provoca una sensibile distorsione di quello che era stato il signifi

cato originario della c.detta "rivoluzione tipografica".

Delle novità introdotte nella comunicazione dall'avvento dell'informatica e ancor più delle reti telematiche si è già detto; va notato che esse permettono un accesso (e quindi un controllo) più diretto alle fonti d'informazione e una riduzione della distanza fra chi produce i contenuti e chi ne fruisce, che ha la possibilità di farsi a sua volta produttore. Nello sviluppo dei nuovi media ha giocato un ruolo importante la formazione culturale di quella generazione di tecnici e programmatori che ne hanno gettato le basi, cresciuti nell'ambiente dell'America anni '60 e '70, quella degli happenings, delle controculture giovanili, della ricerca di esperienze capaci di "ampliare l'area della coscienza", nel senso positivo del termine. E' forse questo un motivo della resistenza che oggi la parte più conservatrice della società oppone allo sviluppo delle nuove forme di comunicazione. Eppure, nonostante le tendenze in atto per ricondurre la comunicazione telematica al vecchio modello di rapporto unidirezionale (tecnologie "push", in cui l'informazione è diffusa dalle grandi agenzie), non è pensabile oggi, anche e soprattutto dal punto di vista della scuola, tenersi lontani dall'impiego, sia pur cosciente e guidato, dei nuovi media, nell'illusione che sia indefinitamente riproponibile il modello culturale "chiuso" che ha caratterizzato, e ancora caratterizza, nonostante le dichiarazioni di facciata, l'universo dell'istruzione. Soprattutto in Italia, Paese "tradizionalmente" in retroguardia nel recepire e diffondere le innovazioni tecnologiche.

Scritto sulla base della relazione sviluppata dal gruppo III, nel quadro del seminario di Educazione Linguistica tenutosi presso l'ANSI dall'1 al 4 maggio 1997. Si ringraziano i relatori del seminario e i colleghi del gruppo che hanno collaborato alla stesura della relazione originale.

(*) documento tratto dal sito internet " progettare una scuola diversa" http://www.pegacity.it/foresta.htm

 

 

Suggerimenti per l'uso della telematica a fini didattici

Le pagine all'interno sono state composte utilizzando materiali pubblicati sul sito del centro linguistico interfacoltà dell'Università di Venezia, http://www.unive.it/~cli/guida/

 

        Nel momento in cui la scuola italiana comincia finalmente ad accorgersi dell'importanza dell'informatica e della "multimedialità", è opportuno interrogarsi sulla qualità e tipologia dell'uso dell'informatica nelle scuole e sulle sue potenzialità.

L'invito è a riflettere sull'espressione "accesso immediato alle fonti di informazione", che è un po' il fiore all'occhiello dei cultori delle "nuove tecnologie".

Essa non significa affatto un accesso "rapido", "subitaneo", o simili, come ben sa chi usa la Rete. Tutt'altro. Essa sta a significare "senza mediatori", il che equivale a dire "senza censure e intromissioni" nel rapporto diretto tra produttore e fruitore di informazioni, i cui ruoli possono invertirsi con continuità. All'informatica dei sistemi chiusi si contrappone dunque sempre più un'informatica delle reti di comunicazione. L'evoluzione dei sistemi operativi porterà tra breve, con Windows 98 e NT 5.0, a rendere sempre più sottile il confine tra il proprio desktop, che include ora elementi "attivi", continuamente aggiornabili via rete, e il resto del mondo. Allo stesso modo, ogni documento prodotto può essere "salvato" indifferentemente sul proprio hard disk oppure su un server remoto.

E' ora di dire che l'era del personal computer, della "multimedialità in scatola" (the world in a box) , dell'informatica che isola e mira ad esaltare la produttività individuale, è definitivamente superata.

La "nuova frontiera" (che, mentre ne parliamo, è a sua volta in fase di superamento) è quella dell'interconnessione, dell'intelligenza collettiva - termine introdotto dal filosofo Pierre Lévy -, degli strumenti che non isolano ma uniscono e sono rivolti alla produzione di sapere interattivo e diffuso, allo sviluppo intellettuale e creativo molto più che al lavoro subordinato, senza con ciò sminuire le possibilità anche di realizzazione pratica, che, pur in forma diversa, risultano intatte, anzi accresciute. Purché si accetti l'idea che il computer, nella scuola e non solo, non è più solo uno strumento per fare, cioè un ausilio più che altro per il docente, che gli delega la parte più monotona e ripetitiva del proprio lavoro; ma un mezzo per liberare la creatività, proprio come i pastelli, i colori a dita, un flauto dolce, un gioco di costruzioni.

Le molte promesse della "multimedialità", in gran parte disattese se la si intende nel senso imposto finora dai produttori di CD ROM e di software multimediale - cfr. l'articolo "Il paradosso multimediale", del filosofo Renato Parascandolo, disponibile nell'archivio della trasmissione TV "Media-mente", http://www.mediamente.rai.it, trovano solo in questa dimensione piena possibilità di realizzarsi.

Se, infatti, le decantate potenzialità di fruizione interattiva e non sequenziale sono inscritte, nel CD ROM, all'interno di una sceneggiatura prefissata, che lascia poco spazio all'intervento creativo del fruitore, la Rete si configura come un reale "work in progress", che cresce su se stesso grazie ai contributi di una molteplicità di soggetti, messi nelle condizioni di interagire in modo costruttivo. La stessa definizione di "multimedialità" si modifica con le nuove tecnologie (HTML dinamico, Java, VRML, Real Video, teleconferenza) che consentono esperienze nuove e coinvolgenti. Soprattutto, con la Rete, cambia completamente il valore formativo della multimedialità, che da esperienza tutto sommato ancora seriale e passiva, non meno di quelle già in uso da secoli in tutte le scuole, si scopre multi-dimensionale, capace di assecondare percorsi di apprendimento realmente diversificati a seconda delle esigenze di ciascuno, capace di coniugare cultura formale e saperi informali e di stimolare la creatività, l'attitudine alla ricerca dinamica piuttosto che alla ricezione passiva e lo sviluppo della comunicazione. ..\..\GUIDA CONSULTAZIONE\ipertesto.doc

 

Stralcio dalla relazione della Commissione dei saggi coordinata dal Prof. Maragliano

Profilo di uomo e di cittadino

Il cittadino dell'Italia, dell'Europa e del mondo si connota per una chiara identità personale, socio-politica, religiosa, professionale, culturale.

a) Identità personale, maturata gradualmente nello sviluppo armonico di tutte le sue dimensioni (intellettuali, creative, spirituali ...) e componenti (fisica, psichica, relazionale ...) ed espressa nella capacità di:

. stabilire relazioni positive e costruttive;

. leggere e interpretare criticamente la realtà, il mondo, la storia;

. operare scelte libere, consapevoli, responsabili;

. elaborare una propria sintesi culturale intorno a valori che danno senso, significato, qualità, unità alla propria vita e al proprio essere;

. vivere la propria cultura;

. controllare, gestire il cambiamento.

b) Identità socio-politica, che significa:

. consapevolezza di appartenere ad un territorio, ad una nazione con una propria storia, tradizione, cultura;

. coscienza di essere interdipendenti gli uni dagli altri a livello territoriale, nazionale, europeo, mondiale;

. capacità di accogliere e valorizzare le diversità;

. libertà da pregiudizi e precomprensioni nei confronti di individui e culture "altre";

- capacità di assumersi le proprie responsabilità nei confronti di se stessi, degli altri, della storia, del mondo;

. capacità di leggere, interpretare, valorizzare consapevolmente e criticamente il fenomeno multimediale,le sue strumentazioni e i suoi prodotti.

c) Identità religiosa, che implica:

. consapevolezza della propria dimensione religiosa,

. apertura all'Altro e all'Oltre;

. coerenza tra il proprio "credo" e la vita.

d) Identità professionale, che dice:

. capacità di cooperare e di lavorare in gruppo;

. creatività;

. ricerca della qualità;

. capacità di controllare e gestire le tecnologie;

. flessibilità e disponibilità al cambiamento.

e) Identità culturale, che si esprime nella capacità di :

. recuperare e/o rafforzare la propria identità culturale;

. accogliere, interscambiarsi, valorizzare ogni espressione ed esperienza culturale;

. "vivere" e costruire il proprio tempo, la propria storia.

3. La teoria generale della conoscenza e la visione di interdisciplinarità da privilegiare.

Occorre una teoria generale della conoscenza che permetta di superare la visione tradizionale dei programmi, i luoghi comuni - come la separazione tra istruzione ed educazione, tra istruzione e formazione - di cogliere la complementarità e la diversità tra formazione o istruzione e lavoro, per realizzare piani di studio fondati su competenze.

Una teoria generale della conoscenza e una teoria unificata del metodo sviluppano le seguenti linee operative:

. esistono problemi, teorie e critiche: queste variano a seconda dei problemi e delle teorie perché sono le tecniche di prova (metodiche) a variare continuamente;

. le discipline sono un insieme aperto (storicamente e teoricamente) di teorie e di tecniche messe in atto per risolvere problemi (che scoppiano all'interno di una teoria).

In questa prospettiva, la distinzione tra scuola e lavoro consiste nella diversità dei due ambienti: nella scuola, problemi, teorie e critiche pervengono nella critica, fino alla simulazione della produzione o dell'erogazione di un servizio; nel lavoro, problemi, teorie e critiche giungono fino alla realizzazione di un prodotto, o di un servizio che risponda alle attese dei destinatari.

Una teoria generale della conoscenza e la conseguente visione di interdisciplinarità (intesa come lavoro che si compie per risolvere i problemi tipici di una disciplina con i mezzi necessari allo scopo e disponibili da ogni altra disciplina) comportano:

. la progettazione dei percorsi nei profili curriculari (competenze in entrata e in uscita);

. la progettazione autonoma dei contenuti curriculari da parte delle singole istituzioni scolastiche, quali strumenti per l'acquisizione delle competenze richieste dai profili curriculari.

Nicola Tranfaglia

1. Gli scenari sociali entro i quali dovrà operare la formazione e che trovano impreparata la scuola attuale, in particolare:

1.1 il passaggio da un modello di scuola nazionale al modello di una scuola europea che ribadisca la nostra identità nazionale ma la inserisca in un contesto internazionale che dall'Europa si apra alla dimensione occidentale e quindi planetaria;

1.2 la pluralità delle culture e delle lingue ma anche delle civiltà e delle religioni dei costumi di vita che individui, tuttavia, al suo interno un terreno etico comune:

1.3 le trasformazioni in atto nell'economia mondiale e di conseguenza del lavoro costituiscono lo sfondo entro il quale individuare collegamenti stabili tra la socializzazione scolastica e il mondo esterno, a cominciare quello del lavoro e delle attività imprenditoriali:

2. le coordinate di una nuova scuola, vale a dire:

2.1 l'esigenza di un creare un ambiente didattico nuovo e un metodo di insegnamento che valorizzi i versanti cognitivo affettivo e relazionale anche attraverso l'introduzione delle macchine della conoscenza e dell'elaborazione;

2.2 la scelta di operare un forte ridimensionamento-alleggerimento dei contenuti disciplinari, riducendo il numero delle discipline piuttosto che accrescerlo, favorendo lo sfoltimento dei libri di testo e l'arricchimento degli strumenti anche informatici da mettere a disposizione degli insegnanti.

3. il metodo e le scelte che il lavoro della commissione sta assumendo, nell'individuare gli spazi culturali della scuola:

3.1 il recupero e l'aggiornamento della tradizione classica, non necessariamente legata per tutti alla mediazione delle lingue latina e greca. Una tradizione studiata soprattutto per cogliere le radici e i legami con la cultura contemporanea.

3.2 la valorizzazione dello scrivere e del leggere come tramite fondamentale di comunicazione al di la della tradizionale collocazione scolastica;

3.3 l'esigenza di immettere negli insegnamenti delle discipline scientifiche quel taglio storico e critico che ancora manca e che é fondamentale per favorirne un'assimilazione e un utilizzazione extrascolastica approfondita;

3.4 la scelta di accogliere la tecnologia come ambito di strumento e strumento di conoscenza, nonché di valorizzazione dei rapporti tra la scuola e il mondo del lavoro;

3.5 l'apertura ai linguaggi sonori e iconici e quindi alle arti nel loro complesso in una prospettiva che non sia banalmente tecnica o professionalizzante;

3.6 la prospettiva di far centro sul Novecento e sulle modalità di pensiero e di stili operativi propri della nostra epoca: questo significa in prospettiva privilegiare, accanto alla storia, lo studio dell'arte, della filosofia e della letteratura contemporanea almeno nelle loro linee essenziali:

3.7 la possibilità di contemplare l'insegnamento e la circolazione di un inglese di tipo veicolare;

3.8 l'investimento sulla disponibilità e sul senso di responsabilità e di senso morale dei docenti. Ma non si può contare soltanto su queste risorse: è necessario progettare e realizzare un grande lavoro collettivo (che abbiano al centro le università e qualificati istituzioni della ricerca) per la riqualificazione culturale dei docenti e nello stesso tempo riformare la carriera dei medesimi creando meccanismi di incentivazione e di nuova motivazione per il lavoro che li attende.

3.9 la promozione delle competenze, delle conoscenze e degli interessi personali di bambini e dei ragazzi.

 

Enrica Rosanna

Contributo relativo alla "Proposta di Documento comune sui saperi della scuola" (4.4.97)

29/04/97.

1. L'orizzonte dell'autonomia

La Riforma non può non tener conto della legge sull'autonomia : finanziaria, organizzativa, didattica, di ricerca, di sperimentazione e sviluppo in coerenza con il dettato costituzionale e le successive normative e nel rispetto del principio di sussidiarietà presupposto ed esigito, anche se non esplicitamente espresso, dalla Carta costituzionale.

Nell'ottica dell'autonomia l'istituzione scolastica costituisce se stessa e la qualità dei propri servizi facendo leva su quattro elementi : le norme e gli obiettivi generali della Repubblica, la libertà di apprendimento degli allievi, la libertà di scelta delle famiglie, la libertà di insegnamento dei docenti. Per questo ha senso sostenere che essa è gestita dalla comunità scolastica composta dagli alunni, dai docenti e dalle famiglie all'interno delle norme e degli obiettivi generali stabiliti dalla Repubblica.

Un'ulteriore esigenza dell'autonomia che non può essere sottaciuta nel definire gli indirizzi della Repubblica in ordine ai nuovi programmi scolastici è la predisposizione del Progetto educativo di Istituto nel quale la comunità scolastica fa rifluire i valori condivisi, la paideia comune di riferimento, l'attività educativa e didattica.

2. La parità : una conseguenza dell'autonomia

Condizione fondamentale per garantire il pluralismo culturale nell'autonomia delle diverse istituzioni educative è la parità scolastica, che logicamente dovrebbe precedere la stessa individuazione degli indirizzi.

In nome del pluralismo e di un'autentica democrazia, concepita in funzione del bene della persona e della società, è urgente approdare all'effettivo riconoscimento della parità scolastica, garanzia di libertà e di genuino progresso. Il riconoscimento di tale diritto è pregiudiziale a qualsiasi riforma che non voglia risultare ideologicamente inquinata ed anacronistica

www.istruzione.it

 

 

 

RAPPRESENTAZIONE INTERAZIONI CONOSCITIVE IN STORIA

TORNA A ..\..\GUIDA CONSULTAZIONE\GUIDA AIUTO CONSULTAZIONE.docDIZIONARIO

Lo schema sotto riportato rappresenta il rapporto tra programmazione formativa, contesto ambientale , conoscenza e comprensione storica .


Livello 1: elaborazione

del contesto

A


Livello 2: scelta obiettivi


obiettivi B


Livello 3: interazione

operativa


C

 

 

Nota didattica : se si legge lo schema concettuale dall’alto in basso (A-C) si colgono i nessi tra l’insegnamento storico, gli obiettivi e la relativa comprensione ; se invece si legge dal basso verso l’alto(C-A) si colgono i nessi tra l’utente che apprende e la storia come prodotto del contesto ambientale.Una corretta programmazione formativa non può pertanto prescindere dalle variabili del contesto di riferimento(A), da cui implicitamente deriva la scelta degli obiettivi(A-B).

La metodologia ipotetico-deduttiva (C ,concetti-categorie) o induttiva(C ,categorie-concetti)sarà quindi tanto più efficace (rispondenza A-B-C )quanto più valida sarà stata la scelta degli obiettivi specifici(B-C).

Per una più approfondita conoscenza dei dettagli consulta mappe concettuali.

Legenda :


 

 

MAPPE CONCETTUALI DELL’APPRENDIMENTO STORICO

LA DEDUZIONE STORICA

 

 

 

 

 

CONCETTI-CHIAVE SPIEGATI DAL


MOTIVA,

FAVORISCE


 

TRAMITE LE TASSONOMIE

 

 

 

 

 

 

Note : le " mappe concettuali" rappresentano relazioni tra concetti, opportunamente gerarchizzate, dal primo in ordine di importanza, posto al livello più alto, ai successivi, posti nell’ordine logico che si intende conferire alla procedura. Lo schema sopra rappresentato sintetizza la procedura ipotetico – deduttiva della conoscenza storica.Per uno sguardo sintetico alle mappe concettuali del ‘900 cfr.BLOCCHI CONC.,PAG.11.

Per un approccio alle mappe concettuali cfr.Alberto Emiliani,Mappe concettuali(…)in"Insegnare filosofia"n°2/1997,pagg.11-17.

Per una conoscenza più approfondita dell’aspetto didattico, si rinvia al testo fondamentale Novak – Gowin, Imparando a imparare, S.E.I., Torino, 1992, che contiene una sezione specificamente dedicata alla scuola superiore.

 

 



 

 

 

 

 

 

 

 

Le abilità procedurali che si utilizzano nell’insegnamento storico sono :

http://www.edscuola.com/

Le categorie che in genere si assumono per graduare gerarchicamente le abilità mentali che sono poste a fine della programmazione degli obiettivi, secondo la classificazione di Bloom, sono :

Per applicare il modello alla programmazione individuale si può seguire, ma senza indicazioni prescrittive,il seguente schema

 

 

 

INDICE ANALITICO DEI LEMMI SPECIALISTICI