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  ANTONIO BASILE



LA SIBILLA 
L'azione  distratta di Giovanni Commare 


 

  Giovanni Commare si presenta a noi con la sua storia che è viaggio nel tempo di una generazione: la generazione della rivolta i cui fasti culminarono in quel lontano Maggio. 

                                                 Dioniso dolce sorride al mattino 

  E’ il verso di adorazione dell’adolescenza che ancora  conosce il sogno e l’innocenza, crede che gli dèi esistano e sorridono con dolcezza e tutto gli appare armonioso e divino, e non sa, purtroppo non può sapere che è vero. Necessita uscire dall’adolescenza e dunque conoscere, ma conoscere equivale a errare. 

                                                 Trionfa la verità della ragione 

  E’ il verso della rivolta che conduce inesorabilmente alla sconfitta una generazione nobile che commise l’errore perdonabile per la giovinezza dei suoi eroi di vedere reale ciò che è irreale. 

                                                                                  Se tu sei lo sconfitto 
                                                 c’è da essere contenti di non avere vinto 
                                                 con questi vincitori 

  Così dice Giovanni Commare al vecchio Bilenchi e le amare sue parole sono ancora più valide per lui, per il giovane, su cui ancora bruciano le fresche cicatrici e a cui rimane viva, questa volta consapevole, l’ultima illusione: 

                                                                 Colgo sull’asfalto 
                                                 riflessi d’azzurro e d’utopia. 

  In un Viaggio a Cuma, la Sibilla restò necessariamente muta di fronte al poeta che scrisse: 

                                                 Ora comunque non so 
                                                 la sorte che avrò domani 

Ora il poeta sa la sua sorte, perché il viaggio e il tempo gliel’hanno rivelata. Se la Sibilla avesse parlato, avrebbe udito le stesse parole con cui lui stesso chiude la sua storia: 

                                                 Dico che vivere vale la pena. 
 
  

Stazione di posta, n.36-37, ottobre 1990. 
 

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