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  ROBERTO CARIFI



L’IMPOSSIBILE CHE LA POESIA RIESCE A NOMINARE
L'azione  distratta di Giovanni Commare


 

  Giovanni Commare è poeta già noto, nonostante una presenza appartata e discreta, ma rinunciare ai clamori paga, come si sa, sul piano qualitativo. Ne conoscevamo il valore dai testi comparsi in riviste, tra cui «Salvo imprevisti » e « Linea d'ombra » ; la sua prima raccolta, L'azione distratta (Franco Cesati editore, Firenze 1990), è più che una conferma, è anzi una sorpresa, una bellissima prova di tensione lirica e narrazione, di emozione e memoria. 
  Commare apre la sua raccolta con una sezione in prosa, L'estate,  che costituisce un ritorno ai luoghi d’infanzia sublimati in un'aura mitica, reali e tuttavia sospesi in una sorta di primordiale e assoluto non tempo. Del resto "l'azione distratta", che Gianfranco Ciabatti definisce nella prefazione « il luogo della incomponibilità del conflitto, dell'impossilità di scelta », è proprio il clivaggio tra eternità e tempo, mito e storia, es- senza ed esistenza, l'impossibile che la poesia riesce comunque a nominare e a rendere in qualche modo vivibile.
  Isola, che intitola un'altra sezione del libro, è di nuovo una cifra di sospensione, di luogo e non-luogo,  di approdo e di esilio, metafora della scena poetica in cui il desiderio dà vita all'incontro con il perduto e con il lontano, come nei versi di Incontro con il padre
  Dicevamo del mito, ma occorre sottolineare che Commare è poeta consapevole dei nostri limiti, di una fragilità che ha ormai trasformato l'eroico « scafo » di Hôlderlin in un silenzioso naufragio:     « Sull’onda siamo che piega la nave  /   leggeri fragili forse più soli ».
 

Il tempo esplode in festa nella conca 
d'aurora che si apre nel mare

una bianca spelonca la classicità 
dove bevo e taglio il mio pane.

Grande la fiera sulla spiaggia
una montagna lucente la pioggia che verrà.
 
 

Poesia, anno V, n.47, gennaio 1992
 

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