Egregio Sig. Montanelli,
alla fine della seconda guerra mondiale un’intera parte d’Italia, al
suo confine orientale, fu disintegrata in larga misura svuotata di un popolo
e di una cultura, e alterata in tutte le sue parti, compresa quella che,
dopo la mutilazione, rimase all’Italia.
Ed è onesto riconoscere che su tutto ciò la sinistra
italiana – di cui io mi sento parte – non ha avuto, purtroppo, niente da
dire. Quando ha parlato, quasi sempre, avrebbe fatto meglio a tacere. La
parte maggioritaria della sinistra italiana è stata colpevolmente
cieca di fronte a questa realtà, come di fronte ad altre realtà
consimili di altre parti d’Europa; e, per quel che riguarda la storia passata
della mia parte politica, non voglio sottrarmi a questo giudizio. Più
in generale, e anche in conseguenza dell’atteggiamento della parte maggioritaria
della sinistra, ma non solo, su tutto ciò non vi è stata
una riflessione della Repubblica: ci sono stati – e molto tardi – sussulti
e discussioni su fenomeni di particolare efferatezza quali le foibe carsiche
e istriane (anch’essi rimossi fino a qualche anno fa dalla nostra storia),
ma non c’è stata mai una riflessione complessiva – a partire dai
valori della democrazia repubblicana – su queste vicende. Sono vicende
che riguardano gli esuli istriani, fiumani e dalmati, dispersi ora in tante
comunità nelle città italiane, e in altri paesi; vicende
che riguardano i “rimasti” in Jugoslavia, e che per decenni sono stati
sottoposti, ancora fino a poco tempo fa, a ostilità e repressioni;
vicende che riguardano la stessa Trieste, dove si sono accumulati più
che comprensibili risentimenti e rancori nei confronti di un’Italia che
aveva rimosso una tale tragedia nazionale e collettiva.
Oggi abbiamo visto bene tutti, italiani, croati e sloveni, e tutti
gli europei, le conseguenze degli etnonazionalismi e delle pulizie etniche.
Abbiamo compreso fino in fondo il carattere irrimediabilmente perverso
di tutti i sistemi ideologici totalitari. Abbiamo imparato. Abbiamo compreso
il valore sempre irrinunciabile della democrazia liberale e dei diritti
umani. Perciò oggi, probabilmente, si possono aprire pagine nuove
anche in tutta quest’area dell’Adriatico settentrionale.
Così come ci deve essere consapevolezza delle responsabilità
che oggi ha l’Italia nei confronti della cultura e degli italiani della
costa orientale dell’Adriatico. Mi riferisco alla minoranza italiana che
vive in Slovenia e in Croazia, ma anche a qualcosa di più profondo,
ai segni di una cultura veneta e italiana che ha connotato in profondità
l’Istria e le coste dalmate. Rifiutando fino in fondo nazionalismi e irredentismi
che hanno pesato nel passato, non dobbiamo essere meno severi sul conto
di quelli altrui.
Sarebbe importante che il Parlamento della Repubblica, accogliendo
l’appello inviatole nelle scorse settimane dal professor Camerini, senatore
dell’Ulivo di Trieste, per un equo e definitivo indennizzo dei beni abbandonati
dagli esuli istriani, desse un alto e significativo contributo, di giustizia
e di futuro. Non si tratta, di un’iniziativa che mira soltanto a risarcire
le vittime, ma di un atto che intende segnalare l’assunzione della piena
consapevolezza, da parte della Repubblica, del costo che hanno pagato gli
italiani del confine orientale, una storia che deve diventare parte della
coscienza nazionale.
Le chiedo di sottoscriverlo e, se lo riterrà – come spero –
opportuno, di darne notizia sul Corriere della Sera. Lo chiedo a lei, per
l’autorità che le deriva dal non avere certamente commesso in questo
campo gli errori che furono commessi dalla mia parte politica nel passato
e perché la sua adesione, accanto a quella di esponenti della sinistra
italiana e triestina, del Sindaco di Trieste Riccardo Illy e di quello
di Gorizia, l’istriano Gaetano Valenti (F.I.) , potrebbe testimoniare che
la volontà di chiudere davvero un capitolo doloroso della nostra
storia corrisponde a una esigenza democratica e nazionale del Paese, non
a mere esigenze di immagine di una parte politica.
Stelio Spadaro
Segretario dei DS di Trieste
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