Ill.mo Signor Presidente,
nei prossimi giorni, di ritorno dalla capitale della Repubblica di
Croazia, Zagabria, si recherà a Fiume e in Istria.
Si fermi e si guardi attorno. Vi riconoscerà un paesaggio familiare,
un’antica presenza che segna in profondità uomini e cose, quasi
una sorta di prolungamento del Veneto, a cui l’Adriatico ha fornito per
secoli il tessuto connettivo facendo circolare comuni tradizioni e un comune
sentire.
L’Istria – ma questo vale anche per le coste dalmate – era ed è
una regione plurale e questo profilo plurale era fortemente connotato
dalla cultura e dalla lingua italiana, connotato dalla presenza italiana.
E ciò era un elemento costitutivo e naturale di quella società,
ben prima che le reciproche paure tra le comunità culturali e linguistiche
si trasformassero in conflitti nazionalistici; ben prima che l’Istria entrasse
a far parte del Regno d’Italia alla conclusione della prima guerra mondiale.
Quell’evento avrebbe potuto rappresentare una tappa fondamentale nel cammino
delle comunità istriane verso una consolidamento della sicurezza
e della libertà per tutti i popoli della regione. Una conferma,
come chiedeva Salvemini, che l’Italia era amica e garante delle libertà
dei popoli slavi e rispettosa dei diritti dei suoi cittadini di lingua
croata e slovena. Questa possibilità purtroppo non si verificò.
Dopo pochi mesi l’Italia che si affacciò in Istria presentò
il suo volto peggiore. Il fascismo vi porto un’idea di patria aberrante
ed inefficace, e inefficace perché aberrante. Il regime fascista
si pose l’obiettivo di negare una parte costitutiva dell’Istria.
Soppresse libertà fondamentali, ingenerando la tragica convinzione
in tanti istriani che per vedersi riconosciuti diritti inalienabili non
bastava essere cittadini italiani, ma era necessario anche abbandonare
le proprio identità culturali, qualunque esse fossero. L’Istria
plurale chiedeva all’Italia sicurezza e rispetto, il regime fascista le
diede una rozza violenza e tanta insicurezza.
Poi venne la seconda guerra mondiale, l’alleanza del fascismo
con il nazismo, l’aggressione oltre i confini del Regno d ‘Italia.
E venne la sconfitta.
Gli istriani – e gli italiani della Dalmazia – pagarono duramente tutto
ciò, come se fossero stati loro i responsabili delle azioni di quella
Italia che aveva portato in queste regioni, e oltre, sopraffazioni
e violenze. Così uomini e cose, e non semplicemente per spontanei
moti di reazione popolare (come una partigiana pubblicistica ha per
troppo tempo sostenuto), ma per scelta delle autorità jugoslave
hanno dovuto sotto la violenza abbandonare i luoghi della loro vita e della
loro memoria, riducendo al minimo la presenza della cultura italiana e
degli italiani lungo la costa orientale dell’Adriatico. Dobbiamo ricordare
tutto questo: il sonno della memoria è impossibile qui, non solo
ingiusto. Rigenera rancori, alimenta debolezze civili di tutti, italiani,
sloveni e croati di queste regioni.
Ma la vicenda della presenza della cultura italiana e degli italiani
lungo la costa orientale dell’Adriatico non si è conclusa con le
tragiche vicende del secondo dopoguerra, tale presenza non è finita.
C’è una minoranza italiana che in questi decenni ha resistito,
affermando in concreto un’identità storica ineliminabile. E’ una
minoranza che va sostenuta dall’Italia, innanzitutto come dovere morale
della propria coscienza nazionale, e come capitolo della propria storia.
Ci sono gli esuli che più che mai ora, nelle nuove condizioni,
possono apportare un rilevante contributo alla crescita economica e sociale
dell’Istria, nell’interesse di tutti, italiani croati e sloveni.
C’è una diffusa domanda di cultura - e di lingua - italiana
che va ben oltre il perimetro della nostra minoranza: basta girare per
l’Istria, costiera e interna, per rendersene conto.
Si fermi, Signor Presidente, e si guardi attorno. Vedrà un paesaggio
deformato e impoverito dalla storia, ma che Le parlerà ancora con
un linguaggio familiare. Lo ascolti.
La stabilità democratica degli stati qui confinanti passa attraverso
il pieno riconoscimento del carattere plurale di queste regioni. Questo
vale per la Croazia, vale per la Slovenia e vale per l’Italia. E la prospettiva
di una comune casa europea rende tale reciproco riconoscimento una garanzia
certa contro ogni ritorno a logiche di sopraffazione.
Auguri di buon viaggio.
Stelio Spadaro
segretario dei Democratici di Sinistra
di Trieste
Trieste, 5 ottobre 2001
|
|
|
|
|
|
|