Caro Silvio Delbello,
mi hai chiesto una valutazione sul documento della Commissione italo
slovena di storici. Lo faccio volentieri.
Qualche osservazione, naturalmente come lettore attento e sensibile
a questi argomenti e non in quanto segretario DS di Trieste. Infatti non
spetta – sia chiaro – al segretario di un partito, né a maggior
ragione ad un partito, dare una valutazione di partito su una ricerca storica.
La storia non deve “dipendere” dalla politica, come qui nel ‘900 è
stato fatto, con un ripetuto piegare i dati della storia alle ragioni della
politica.
Per me, gli storici devono essere assolutamente liberi nelle loro ricerche
e la politica deve favorirle con l’apertura di archivi, la messa a disposizione
di materiali e documenti, e con adeguati contributi finanziari agli Istituti
scientifici deputati. E molto qui deve essere ancora ricercato e scritto,
senza timbri statali o governativi di approvazione o meno.
In questo ambito culturale e metodologico vanno collocati anche i risultati
della commissione di storici italiani e sloveni ed è certamente
importante che si aprano canali di comunicazione e di confronto fra gli
storici dei diversi paesi, in particolare su temi che sono stati strumentalmente
utilizzati da decenni per revisionismi politici di cui conosciamo gli sbocchi.
Fatta questa premessa, come lettore sottolineo alcuni punti:
1) circoscrivere, per scelta di governi e per decreto, la ricerca ad
ambiti territorialmente definiti e limitati entro i confini dei due
Stati alle questioni relative ai rapporti fra italiani e sloveni in queste
regioni, mi pare non solo riduttivo, ma distorcente la stessa prospettiva
di ricerca. Con una tale impostazione viene infatti distorta una vicenda
che può essere capita solo nella sua interezza. Ad esempio, tutto
il capitolo dell’esodo e in generale della presenza degli italiani nella
regioni della costa orientale dell’Adriatico viene frantumata e perciò
risulta impossibile, o perlomeno discutibile, cogliere la portata complessiva
di quelle vicende nella loro dimensione unitaria, lungo linee di “lunga
durata”, che F. Braudel insegna essere necessario adoperare. Senza
questa attenzione culturale c’è il rischio che venga frantumata
la memoria di un popolo e che la stessa vicenda “Trieste” venga in qualche
modo artificiosamente isolata.
Il quadro ne risulta perciò alterato, non solo sottodimensionato.
La stessa terminologia usata, quella di “Litorale adriatico” (usata
legittimamente da alcune storiografie) ne mostra fin dall’inizio i limiti
distorcenti. Scegliere infatti la categoria interpretativa di “Litorale
adriatico” e non quella di “Venezia Giulia” (usata legittimamente da altre
storiografie) ha precise conseguenze e rivela perciò scelte non
espressamente motivate nelle conseguenze culturali che ne derivano.
Ciò limita fortemente, a mio parere, lo stesso significato scientifico
del lavoro della Commissione, nell’affrontare vicende storiche unitarie
di “regioni plurali” che intersecano presenze nazionali e culturali diverse.
2) Probabilmente anche a causa di questa impostazione un lettore
si accorge che c’è uno sbilanciamento nella ricerca: da parte slovena
c’è una lettura in chiave di storia nazionale e non invece in chiave
di storia in cui il conflitto nazionale è parte di una storia più
ampia. Dire questo significa appunto riconoscere che non c’è una
ragione superiore che legittima Stato e confini, ma solo risultati di rapporti
di forza che non garantiscono – come non hanno garantito nel ‘900 – libertà
e diritti all’interno dei singoli Stati. Le conseguenze sono sotto gli
occhi di tutti.
In conclusione dalla lettura si riceve l’impressione che la politica
abbia ancora inciso fortemente sulla ricerca, non solo nelle prudenze e
negli equilibri delle formule, ma già nelle premesse. Bisogna ancora
sottrarre la storia alla dipendenza e alle convenienze della politica e
ciò significa una cosa precisa: agli Stati e ai governi spetta il
dovere, politico, di riconoscere il carattere plurale di queste regioni
– e attuare, nelle rispettive istituzioni, comportamenti con ciò
coerenti – spetta agli storici lavorare liberamente, senza dover rispondere
a Ministri degli esteri o degli interni.
Stelio Spadaro
Segretario dei Democratici di Sinistra di Trieste
Trieste, 28 novembre 2001
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