Domusnovas. Parla il direttore della fabbrica che deve
costruire materiali per l'industria bellica
nazionale
«Si fa impresa, non traffico d'armi»
Preoccupazione in vista della marcia della pace prevista
il 10 giugno
«Comprendiamo motivi e problemi ma le informazioni
non sono corrette E questo danneggia»
Francesca Deidda
DOMUSNOVAS. Sale la tensione sulla vicenda della
costruzione di manufatti bellici nell'isola
amministrativa di Iglesias. Ci sarà una marcia,
il 10 giugno. Ma i dirigenti della fabbrica
restano convinti dell'iniziativa industriale.
Il direttore della Sei spiega le ragioni che
spingono a proseguire nel progetto e manifesta
comprensione ma anche preoccupazione per il
malcontento che si è creato.
Con la marcia si vuole sensibilizzare l'opinione
pubblica affinchè non venga effettuato l'insediamento
di nuovi reparti produttivi nel settore militare.
Le associazioni pacifiste non demordono, continuano
nella loro azione del voler bloccare sul nascere
una attività che definiscono non del tutto chiara.
Ma anche la posizione dell'azienda rimane uguale
a quella già ribadita in questi mesi. Per i
dirigenti della fabbrica di esplosivo industriale
(Sei), le informazioni distorte e manipolate
ostacolrebbero di fatto la loro attività lavorativa:
«Riteniamo di avere il diritto di continuare
a portare avanti quello che stiamo facendo,
la nostra posizione non è cambiata - ribadisce
il direttore Giancarlo Desogus -, fermo restando
che ognuno è libero di manifestare le proprie
opinioni, siamo sempre fiduciosi perchè i diritti
delle persone vengano salvaguardati e speriamo
che in questo caso lo siano anche i nostri,
anche perchè stiamo facendo tutto secondo le
normative vigenti, come abbiamo sempre fatto
in trent'anni di attività».
I lavori di costruzione comunque continuano
ad andare avanti, ma il clamore della marcia
che è stata organizzata per questa domenica
non ha lasciato indifferenti i dirigenti della
Sei. «Certo non fa piacere sapere che un numero
consistente di persone manifestazono contro
di noi, tutto questo si riflette negativamente
sul nostro operato, non siamo abituati a lavorare
in questi termini - spiega l'ingegner Desogus
-, e per riflesso si presentano dei problemi
operativi, dato che troviamo delle perosne sempre
meno disponibili. Mi riferisco ai rapporti con
le amministrazioni comunali che in quel senso
hanno delle remore. Per avere delle autorizzazioni
normalmente ci vogliono due mesi e non quattro
o cinque mesi. Quello che ci preoccupa è che
in futuro a causa del proseguo di questa campagna
potremmo avere dei disguidi con lo slittamenteo
dei tempi, speriamo che non si verifichino ulteriori
ritardi, perchè potremmo trovarci di fronte
ad ostacoli più grandi».
Pur rispettando le posizioni delle associazioni
contestatrici, il direttore della Sei lamenta
una scarsa e distorta informazione: «Ci troviamo
di fronte ad una posizione paradossale, qui
non si attacca tutto il sistema ma solo la Sei,
forse perchè è più facile. Confrontarsi vuol
dire anche ascoltare, in tal senso una buona
informazione potrebbe fare un po' di chiarezza,
noi non siamo trafficanti di armi. Vediamo molto
attivismo intorno e aspettiamo di vedere cosa
succede - conclude Giancarlo Desogus, direttore
della Sei - la pace è una questione complessa
che coinvolge componenti come la cultura e il
potere, non si risolve bloccando la costruzione
delle armi. In effetti noi stiamo costruendo
materiali per prevenzione, come si fa per gli
estintori, che si utilizzano solo in caso di
necessità».
La questione rimane aperta e la parola passa
alle 40 associazioni pacifiste, per domenica
prossima.
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