Riministoria

Antonio Montanari, Scienza e Carità

3.

Suor Isabella Soleri: dal Ricovero San Giuseppe all’Aiuto Materno

 

 

Il 17 luglio 1911 viene approvato il Regolamento dell’Aiuto Materno, firmato dal presidente marchesa Fanny Malvezzi Pugliesi, dal vicepresidente Maria Rastelli Fagnani, dal consigliere Luigi Bianchini (rappresentante la Cassa di Risparmio), dal consigliere Alfredo Mangini (rappresentante la Congregazione di Carità, di cui è segretario), dal Medico Direttore prof. Antonio Del Piano e dalla Segretaria Luisa Nunziante Soci. In calce al Regolamento appare l’elenco [1] dei 358 fondatori, tra cui otto sacerdoti [2] e 277 donne.

Tra tutti questi nomi manca però il più importante, quello di "una benemerita concittadina, la Nobile Signora Isabella del fu Giacomo Soleri, Suora di Carità". [3] È merito suo, infatti, se è sorto l’Aiuto Materno, "di cui fu l’anima vigile ed operosa nel suo primo inizio". [4]

Nata a Rimini il 20 dicembre 1859 dal conte Giacomo Soleri Giamagli e dalla contessa Caterina Misturi [5], Isabella Soleri è entrata nella famiglia delle Figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paoli nel 1895, con il nome di suor Giuseppina. Dopo aver ricoperto dal 1906 al 1909 la carica di "ufficiale della provincia" del suo Ordine a Siena (dove aveva svolto postulato e noviziato), è stata mandata a Rimini quale superiora all’ospedale civile: qui rimarrà sino al 1911, quando verrà trasferita nella capitale come superiora della Casa di Sant’Agata. [6] Nel ’16 sarà nominata economa provinciale a Napoli; nel ’26 superiora a Giulianova, restando in carica sino al ’46. Si spegnerà nella stessa Giulianova il 7 febbraio 1953.

Dal 21 novembre 1900 suor Isabella Soleri ha trasformato il Palazzo di famiglia in Ricovero San Giuseppe, accogliendovi sei "povere vecchie". Il palazzo sorge a poca distanza dall’ex Ospedale della Misericordia, sul corso d’Augusto (allora Strada Maestra), all’angolo con via Ducale (a quel tempo Castellaccia), al civico numero 35.

L’assistenza alle ricoverate, leggiamo sull’Ausa, è affidata alla cura della madre superiore suor Collastrini e di altre due Sorelle figlie della Carità, coadiuvate dall’"antico domestico di casa Soleri": il buon Santino Righetti, il ministro rag. Succi ed i fattori Zangheri i quali "continuano verso il Ricovero quell’affettuosa fedeltà per cui erano così cari a quell’anima retta e gentile che fu il compianto Giacomo Soleri ed alle nobili sue figlie, specialmente Isabella". [7] Nel 1902, quando nel Ricovero San Giuseppe viene inaugurata "la nuova elegantissima cappella" dedicata al SS. Cuore di Gesù, sulla quale si sofferma la cronaca dell’Ausa, le "vecchie" ospitate sono ventiquattro. [8 ]

È in quello stesso palazzo che ospitava il Ricovero San Giuseppe, che sul finire del 1910 inizia ufficialmente la sua attività l’Aiuto Materno: "due sole erano le madri assistite, e solamente quattro i bambini". Ben presto il loro numero aumenta.

Nel 1912 "gli iscritti alle varie forme di associazione sommano a circa quattrocento", come scrive L’Ausa in un resoconto per la cerimonia natalizia di quell’anno, durante la quale avviene la consegna di un corredino a tutti i duecento bambini assistiti, e di venti premi in denaro assegnati "ai migliori". [9]

Circa la premiazione, dice Del Piano che "la sua ragione di essere deriva dal fatto che la Società deve essere grata alle madri del popolo dell’amore e delle cure onde meglio esse sanno circondare le culle, perché, in fondo, i loro figliuoli esse li nutrono e li fanno grandi non per loro soltanto, ma per tutti". "E qui", scrive L’Ausa, Del Piano "ha toccato opportunamente i recenti fatti d’armi dimostrando come fossero appunto, in massima parte, figli del popolo" quelli "che la Patria ha pur ora seguito trepidamente sui campi di battaglia e che pur ieri attendeva col cuore palpitante sui mari dove approdavano le navi della Croce Rossa coi martiri delle gesta d’oltre mare". L’accenno era a quella guerra di Libia con cui l’Italia aveva voluto inserirsi nell’espansionismo coloniale europeo, dopo l’eccidio di Dogali (1887) e la sconfitta di Adua (1896).

Su come venivano raccolti i fondi per l’Aiuto Materno, esiste una nota dell’Ausa dello stesso 1912, ove si parla di una fiera di beneficenza allestita anche a favore dell’Istituto Vecchie Abbandonate, rappresentato da Anna Maccolini. La cifra netta raccolta fu di 960 lire, divise a metà fra le due opere assistenziali. [10]

Del Piano, dopo il primo anno di vita dell’istituto (1911), compila un’accurata statistica sull’Aiuto Materno. Le madri lattanti ammesse alla refezione furono 65 e le razioni dispensate nell’annata 5.788, con massimi e minimi giornalieri rispettivamente di 23 e di 8 razioni. "Il sussidio ebbe la durata massima di 6 mesi e minima di un mese a seconda dei casi, ma gli esiti furono i più confortanti come si può arguire dalle statistiche della mortalità e da alcuni esempi che emergono dai diari delle consultazioni". [11] Furono distribuiti 104 corredini, forma di assistenza che "è propriamente un complemento necessario agli effetti dell’alimentazione". Infatti un vestiario insufficiente provoca una dispersione calorica negativa nel bilancio nutritivo del bambino. [12]

Nel corso del 1913 i bambini iscritti sono stati 305, mentre le madri ammesse alla refezione furono 73. Le refezioni distribuite nell’arco dell’intero anno furono 7.679, con una media giornaliera di 21. "Le razioni di latte distribuite ai bambini furono 10.952, ed i capi di vestiario 810. Le visite ambulatoriali gratuite nelle consultazioni del giovedì 1.054". "Il prof. Del Piano fece notare come di 305 iscritti solo 56 ebbero bisogno di sussidi di medicinali e che la mortalità in tutto gli iscritti fu del 7% ossia i due terzi inferiore alla mortalità che emerge dai registri di anagrafe del Comune di Rimini per i bambini durante il primo anno di vita ed appartenenti a tutte le classi sociali". Le entrate di bilancio per il 1913 sono state pari a 8.113,04 lire, la rimanenza attiva di 117,26 lire. [13]

All’inizio di marzo 1914 si tengono due riunioni degli azionisti dell’Aiuto Materno: la prima serve all’approvazione del bilancio ed al rinnovo del Consiglio; la seconda all’approvazione dello Statuto formulato da suor Soleri. [14]

Alla seconda assemblea è presente il deputato comm. Gaetano Facchinetti "che si rese interprete della gratitudine sentita da tutti per il Prof. Del Piano, a cui si deve la riuscita dell’opera in quanto egli ad essa profuse e profonde non soltanto la mente dello scienziato, ma il cuore del cittadino". [15]Non mancarono poi, scrisse L’Ausa, "belle parole di riconoscenza per Suor Giuseppina Soleri che, votando la sua vita ad un’umile carità, ne donava" il fiore più bello all’infanzia di Rimini, in quella casa che "aveva visti gli agi della sua famiglia come della sua infanzia e della sua giovinezza". All’omaggio a suor Soleri si associava lo stesso prof. Del Piano, augurandosi "che come la nobiltà dello scopo aveva fatto trovare uniti nella medesima opera Suor Soleri e lui, così tutti unisse quel dovere che consiste nella paternità sociale a pro dell’infanzia". L’on. Facchinetti garantiva tutto il suo "zelo nelle pratiche necessarie all’erezione dell’Aiuto Materno in Ente Morale", condizione indispensabile per il riconoscimento pubblico dell’istituto. La Presidente veniva autorizzata all’unanimità dall’assemblea dei soci ad iniziare tali pratiche. [16]

[1] Cfr. Statuto e Regolamento dell’opera "Aiuto Materno" in Rimini, Benzi, Rimini [1911], AAM. Lo Statuto consta di 11 articoli. Il Regolamento di 24. L’elenco dei soci fondatori è da noi riprodotto nella sezione Documenti, n. 1.

[2] I sacerdoti sono Belli don Gianmaria, Benedettini don Antonio, Berlini don Vittorio, Campana don Giovanni, Ghigi don Carlo, Paoletti don Alessandro, Renzi don Angelo e Venturini don Germano.

[3] Cfr. l’istanza al re del 24 marzo 1914, di cui riferiamo in seguito.

[4] Cfr. Corriere Riminese, anno IV, n. 10, 11 marzo 1914.

[5] In un documento a stampa conservato in BGR [11.MISC.RIM.CLIX], si legge il nome di "Soleri Caterina nata Contessa Misturi" tra gli azionisti della "Società per l’Istituto di Educazione gratuita pei figli del povero in Rimini".

[6] Cfr. N. Matteini, Rimini negli ultimi due secoli, I, Maggioli, Rimini 1977, p. 322.

[7] Cfr. L’Ausa, anno VII, n. 25, 21 giugno 1902.

[8] Nel soffitto della cappella esisteva (ed esiste tuttora) un dipinto attribuito dallo storico Pier Giorgio Pasini a Marco Capizucchi (1784-1844), che illustra il Passaggio del Rubicone da parte di Giulio Cesare. Quando venne realizzata la cappella il dipinto fu coperto "da una tela con angioletti", tolta soltanto durante i restauri del 1970: cfr. P. G. Pasini, L’arte e il patrimonio artistico e archeologico, in "Storia di Rimini dal 1800 ai nostri giorni" III", Ghigi, Rimini, p. 26.

[9] Cfr. L’Ausa, anno XVII, n. 51, 21 dicembre 1912.

[10] Cfr. L’Ausa, anno XII, n. 4, 27 gennaio 1912.

[11] Cfr. A. Del Piano, Le opere moderne della Puericultura sociale e l’Aiuto Materno di Rimini, Artigianelli, Rimini 1912, pp. 16-17 [BGR, 13. MISC. XII. 23].

[12] Ib., p. 24.

[13] Cfr. Corriere Riminese, anno IV, n. 10, 11 marzo 1914. Il Corriere era un foglio di ispirazione liberale.

[14] Il testo di questo Statuto è quello inserito nella Donazione di suor Soleri, di cui si dirà nel prossimo capitolo. Cfr. i verbali delle Adunanze Generali dell’8 e del 12 marzo 1914, AAM. Alla riunione del giorno 8, essendo presenti soltanto 48 dei 334 soci (e non il quinto del totale, come previsto dallo Statuto vigente, art. 10), non si può procedere alla votazione della "proposta di erezione in Ente Morale dell’Istituto e Statuto relativo", che avverrà in seconda chiamata il 12 marzo, assieme a quella relativa alla "Proposta di donazione fatta all’Istituto da Suor Isabella Soleri". Le due votazioni approvano le proposte all’unanimità. Erano presenti 64 azionisti, i cui nomi sono elencati nel verbale. L’8 marzo, nel nuovo Consiglio, risultano elette la prof. Ester Fabbri (46 voti su 48 votanti), Vittoria Pagliacci (44), la contessa Luisa Spina (37) e la marchesa Malvezzi Pugliesi (35).

[15] Cfr. L’Ausa, anno XIX, n. 11, 14 marzo 1914. Gaetano Facchinetti (1863-1954) fu avvocato, sindaco di Rimini (1911-13) e deputato (1913-19). Per 35 anni diresse la Cassa di Risparmio di Rimini. "Uomo di elevata cultura e rettitudine, avvertì i bisogni della sua città ed operò al suo sviluppo" (F. Lombardini, op. cit., p. 19). Fu eletto con 7.965 voti (contro i 6.183 dell’altro candidato al ballottaggio, il socialista forlivese Aurelio Valmaggi), nelle prime elezioni a suffragio universale, per cui nel Circondario di Rimini gli elettori salirono da seimila a quasi ventiduemila (ib., p. 6). Ma soltanto meno di quindicimila furono i votanti. Già nelle elezioni del 1909 (quando fu battuto dal garibaldino genovese Federico Gattorno [1829-1913], repubblicano), il liberale Facchinetti era stato appoggiato dai cattolici: "Cattolico-praticante, proprietario terriero, abile amministratore, Facchinetti possedeva tutti i requisiti per essere ben accetto ai cattolici e ai proprietari terrieri": cfr. P. Grassi, Il movimento cattolico (1870-1926), in "Storia di Rimini dal 1800 ai nostri giorni, I., La storia politica", Ghigi, Rimini 1978, p. 330.

[16] Cfr. il verbale del 12 marzo 1914, p. 7.

 

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