Riministoria

Antonio Montanari, Scienza e Carità

 4.

L’Istituto San Giuseppe, Ente Morale (1915)

 

 

 

Il 24 marzo 1914 il presidente dell’Aiuto Materno, Fanny Malvezzi Pugliesi, scrive al re d’Italia per ottenere il riconoscimento dell’Aiuto Materno come Ente Morale "a’ sensi degli articoli 51 della Legge 17 Luglio 1890, e 94 del relativo Regolamento 5 Febbraio 1891". [1]

Nella petizione si spiega che suor Isabella Soleri, nel "lodevole intendimento di assicurare alla sua patria l’esistenza dell’Aiuto Materno, ampliando l’opera con la custodia dei Bambini fino all’età di anni tre, e con un piccolo ospedale per bambini infermi", si apprestava ad assegnare all’Opera Pia "in proprietà il Palazzo in Rimini che apparteneva al di lei Genitore" morto nel 1895, nonché il fabbricato attiguo in via Ducale, da lei acquistato nel 1897. Quest’ultimo fabbricato (casa con orto) era stato intestato "fin dall’anno 1865 all’Ospedale Infermi amministrato dalla Congregazione di Carità di Rimini". Sia il palazzo (4 piani e 29 vani) sia la casa (3 piani e 26 vani), erano già allora "destinati a questa stessa beneficenza che di fatto" esisteva, pur senza pubblico riconoscimento. La donazione era necessaria "per ottenere l’erezione in Ente Morale". [2]

L’Aiuto Materno, nel decreto del Regno d’Italia dell’8 novembre 1915 che lo costituisce appunto in Ente Morale, viene definito "Opera Pia San Giuseppe" [3], con una dizione che non appare nella domanda stilata dalla marchesa Malvezzi Pugliesi, ma che ingloba il nome del Ricovero per vecchie già attivo da tre lustri. Forse l’opera di assistenza infantile è stata realizzata prima dello redazione dello Statuto del 1910, come attività parallela a quella di soccorso per le "povere vecchie". Lo statuto sarebbe nato poi, per sancire legalmente una situazione esistente de facto.

Del Piano ha scritto che vide "il 15 Dicembre del 1910 nelle stanze bianche dell’Aiuto Materno questa buona e caritatevole signora", cioè suor Isabella Soleri, "preparare la prima volta la refezione a due povere madri lattanti estenuate dai patimenti". [4] L’affermazione sulla "prima volta" dell’attività dell’Aiuto Materno, va messa in relazione al passo che la precede, e in cui Del Piano rimanda a quel suo "opuscoletto" Pro Infanzia del 1901, già ricordato, quasi a rivendicare un diritto di primogenitura (esistente senza dubbio dal punto scientifico), per l’istituto riminese.

L’iter burocratico che porta al decreto luogotenenziale dell’8 novembre 1915, era iniziato il 12 marzo 1914, quando gli azionisti dell’Aiuto Materno stabilirono di accettare la cospicua donazione annunciata da suor Soleri. [5]

Dopo l’invio della petizione al re, la Prefettura "rilevava che prima di dar corso alla pratica, era indispensabile il legale atto di donazione accettato dalla locale Congregazione di Carità nel nome ed interesse dell’Ente erigendo". Il 15 agosto 1914 la Congregazione di Carità deliberava in tal senso, ottenendo quindi il 13 ottobre successivo l’approvazione della Commissione Provinciale di Beneficenza. [6]

Il 6 dicembre 1914, nella residenza della Congregazione di Carità in corso d’Augusto 90, il notaio pubblico Alberto Ricci stende l’atto della donazione, trascrivendo il mandato di procura del 25 novembre, redatto a Roma dal notaio Severino Urbani per conto della Nobile Donna Signora Isabella Soleri "ora Figlia della Carità". Esso contiene l’elenco dei beni mobili ed immobili donati con il vincolo "che l’Opera erigenda abbia gli scopi tassativamente indicati nello schema di Statuto" allegato, fatte salve le varianti di forma richieste dall’Autorità Governativa, senza però che se ne alteri la sostanza. E con la condizione che tale Opera sia riconosciuta come Ente Morale dallo Stato. [7]

La donazione di suor Isabella Soleri, oltre ai due edifici, comprende anche titoli di credito dal valore nominale di centomila lire ed effetti mobili per 1.375 lire. In essa si precisa che "alcune povere vecchie, mantenute dalla stessa Signora Soleri", si trovavano "ricoverate in quei Fabbricati". Per volontà di suor Isabella, esse sarebbero rimaste ospiti, vita durante, dell’Aiuto Materno, ricevendo "il vitto e l’assistenza necessaria": se la spesa a ciò destinata avesse sorpassato "le assegnazioni fatte dalla Signora Soleri", l’eccedenza sarebbe stata da lei rimborsata annualmente. [8]

Il 13 gennaio 1915 la Giunta Comunale di Rimini, "convinta di rendersi interprete dell’unanime sentimento del Consiglio, propone di esprimere i sensi della più alta gratitudine alla Nobil Donna Suor Isabella Soleri per l’atto munifico di donazione", con il quale "ha voluto legare il suo nome alla nostra Città", e propone di dare il parere favorevole richiesto dalla legge per erigere in Ente Morale l’Aiuto Materno. Il Consiglio Comunale approva all’unanimità la proposta della Giunta, al cui plauso si associa il consigliere dott. Angelo Lazzari. [9]

La Giunta delibera di conseguenza il 9 febbraio 1915. Analoga decisione positiva è presa dalla Congregazione di Carità il 3 marzo. Finalmente, il 16 marzo la Commissione provinciale, non trovando nulla da eccepire, "esprime parere favorevole tanto sulla proposta della erezione in Ente Morale dell’Istituto "Aiuto Materno"", quanto sul suo Statuto redatto da suor Soleri. [10]

Il 24 settembre 1915 l’assemblea dell’Aiuto Materno redige un nuovo Statuto Organico, inviato a Roma per la definizione della pratica. [11] Il decreto luogotenenziale viene iscritto all’Ufficio del Registro di Rimini il 9 gennaio 1916. Esso consta di due articoli: il primo è relativo al riconoscimento dell’Aiuto Materno come Ente Morale, il secondo approva lo Statuto Organico del 24 settembre.

In base all’art. 22, "la Direzione e l’economia dell’Opera è affidata alla Figlie della Carità di S. Vincenzo de Paoli, in quel numero che sarà stabilito dal Regolamento": esse "avranno abitazione e vitto nel fabbricato in cui ha sede l’Opera oltre all’assegno stabilito per le Figlie della Carità in casi simili. Le Suore potranno attendere alla visita dei poveri a domicilio, in aiuto delle Dame di Carità come ora si pratica".

Dall’inizio del 1916 il nuovo presidente del Consiglio d’Amministrazione è l’avv. Giovanni Facchinetti. [12] La contessa Luisa Spina, Gina Del Piano, Vittoria Pagliacci, Luisa Nunziante Soci e Giuseppina Ravaglioli sono le Patronesse dell’istituto. [13]

Il decreto dell’8 novembre 1915 che attribuisce all’Aiuto Materno la qualifica di Ente Morale, giunge in un momento particolare della storia italiana. Dal 24 maggio dello stesso anno, il nostro Paese è in guerra con l’Austria. Leggiamo il racconto di quei giorni in un altro scritto di Antonio Del Piano: "E le sale di custodia iniziarono la loro funzione nel periodo bellico (1916) con speciale riguardo ai figli dei combattenti e col concorso del locale Comitato per l’assistenza civile con annesso uno speciale servizio estivo sulla spiaggia per la cura marina ai bambini dell’età prescolare, i quali per le attuali disposizioni di limiti d’età e deficienze ambientali restano esclusi dai benefici delle cure marine, mentre è indiscutibile che proprio nell’età prescolastica sono particolarmente evidenti le indicazioni e la maggiore efficacia della terapia marittima integrata". [14]

 

 

[1] L’originale è conservato in AAM.

[2] Cfr. Donazione dalla Nobile Donna Soleri Isabella allo Erigendo Istituto per "Aiuto materno ed infantile" in Rimini" del 6 dicembre 1914, di cui elenchiamo in seguito gli atti che la costituiscono [AAM].

[3] Cfr. nella terza parte il documento [AAM], a firma di Tomaso di Savoia Duca di Genova e Luogotenente generale di Sua Maestà Vittorio Emanuele III, e con controfirma del Primo ministro Antonio Salandra.

[4] Cfr. A. Del Piano, Le opere moderne della Puericultura sociale e l’Aiuto Materno di Rimini, cit., p. 7.

[5] Cfr. Deliberazione della Commissione Provinciale di Beneficenza, adunanza del 16 marzo 1915.

[6] Cfr. Atti del Consiglio Comunale di Rimini, 1915 (pp. 10-11, ASC); e la Delibera della Congregazione di Carità del 15 agosto 1914.

[7] Cfr. alla p. 5 della stessa Donazione, il cui testo completo è riprodotto nella sezione Documenti, n. 2. Il cit. atto notarile Urbani del 25 novembre 1914 è nell’allegato A, alle pp. 7-11, contenente in calce il cit. Progetto di Statuto per l’erigendo Istituto, redatto da suor Soleri (pp. 11-14). L’allegato B è il certificato catastale dei fabbricati donati (pp. 14-16). L’allegato C è la Nota degli oggetti mobili, mobilia e mobiliari compresi fra i capitali donati (pp. 16-18). L’allegato D è il verbale della Congregazione di Carità nella adunanza del 15 agosto 1914, a cui risulta assente il dott. Antonio Del Piano, avente per oggetto: "Donazione all’Aiuto Materno di Rimini. Provvedimenti della Congregazione in base all’art. 7 della Legge 17 Agosto 1890, n. 6972" (pp. 19-21). La Donazione consta in tutto di 23 pagine.

[8] Questo si legge nella Donazione e nelle "Disposizioni transitorie" che chiudono il Progetto di Statuto per l’erigendo Istituto, redatto il 25 Novembre 1914. La clausola viene ripetuta all’art. 28 dello Statuto approvato con il decreto luogotenenziale che erige in Ente Morale l’Opera Pia San Giuseppe. Di tale Statuto esiste un’edizione a stampa (Garattoni, Rimini 1931) in 100 copie.

[9] Cfr. i citt. Atti del Consiglio Comunale di Rimini, 1915.

[10] Cfr. la cit. Deliberazione della Commissione Provinciale di Beneficenza, 16 marzo 1915.

[11] La data del 24 settembre 1915 si ricava dal decreto luogotenenziale dell’8 novembre 1915. Questo Statuto Organico sostituiva il Progetto di Statuto per l’erigendo Istituto composto da suor Soleri e che, come abbiamo già scritto, si trova nell’allegato A della Donazione. Il decreto luogotenenziale apporta due piccole modifiche all’art. 6, relativo al Consiglio di Amministrazione. Il nuovo testo dell’art. 6 è nella cit. edizione a stampa dello Statuto del 1931.

[12] Nella Relazione (bozza senza data, ma del dicembre 1920, AAM), p. 1, si legge che "ai primi del 1916 fu nominato" il nuovo Consiglio d’Amministrazione. Giovanni Facchinetti (1832-1924) è il padre di Giuseppe e Gaetano, dei quali abbiamo già parlato. Laureatosi in legge a Perugia nel 1853, Giovanni Facchinetti si dedicò all’attività forense e alla politica: "Di fede liberale, fu tra i delegati che presentarono a Vittorio Emanuele II il plebiscito delle Romagne e appartenne alla nuova magistratura locale". Fu anche presidente dell’Amministrazione provinciale e "ricoprì altri pubblici uffici" nella municipalità riminese. (Cfr. N. Matteini, op. cit., pp. 951-952.)

[13] Cfr. Atti AAM, 26 aprile 1916, prot. n. 28. In tale data viene anche accettato il legato di lire 500 del defunto Giuseppe Morri (cfr. lettera a Bianca Biondi ved. Morri, prot. n. 30). La contessa Spina sarà confermata Patronessa per il quinquennio 1919-23: nella lettera di accettazione dell’incarico onorifico, la contessa Spina comunicava di offrire, "a prova dell’affetto" che nutriva per l’Aiuto Materno, la somma di lire 125 "per l’acquisto di una culla per il nuovo Ospedalino", del quale si augurava la "prossima l’apertura": cfr. lettera del 29 maggio 1919, e risposta del presidente Facchinetti in data 2 giugno 1919, AAM. Nel precedente Consiglio, la contessa Spina era stata Cassiera.

[14] Cfr. A. Del Piano, L’Aiuto Materno di Rimini (1910-1928), cit., p. 30.

 

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