LE INTERVISTE

WILLEM DAFOE

REDAZIONE: Qual è stato il tuo primo approccio alla macchina da presa?
W.D.: Devo essere sincero. Ho scoperto di essere un regista molto nervoso. In questo caso avevo un doppio impegno all'interno del film, ma mentre come attore mi sento sempre a mio agio, devo dire che dietro la macchina da presa cerco sempre la perfezione anche quando essa già c'è. Perfino Burt Reynolds mi ha chiamato "Pignolo"…
REDAZIONE: Come hai cercato di inquadrare, seppur indirettamente, il Vietnam, dopo aver lavorato con Oliver Stone in due grossi film che trattano appunto della "sporca guerra"?
W.D.: Se posso sbilanciarmi, credo di aver inquadrato il Vietnam come elemento indiretto per poi estenderlo nei rapporti umani tra Billy e Le Bin Son. Il Vietnam resta in sottofondo, ma c'è sempre una leggera presenza della guerra nel film. Oliver? Che dire di lui? E' un reduce, è chiaro che lui avrebbe evidenziato maggiormente il fenomeno.
REDAZIONE: Ripeterai l'esperienza di regista?
W.D.: Credo di si, ma la prossima volta vorrei dirigere un film senza recitarvi, per cercare di approfondire me stesso nella direzione di attori. Mi sono già pervenute alcune sceneggiature interessanti.
REDAZIONE: Alcune persone dicono che i film sul Vietnam sono ormai superati. Che ne pensi?
W.D.: Penso solo che sia stato un avvenimento drammatico e una guerra piuttosto inutile. Ci sono state tante battaglie e tanti morti. La differenza tra il Vietnam e le guerre mondiali sta soprattutto nell'impiego di forze: puoi fare un film sulla seconda guerra mondiale e parlare di Italia, Francia, Germania, America, Inghilterra, Russia, Polonia… Se fai un film sul Vietnam parli o di americani o di vietnamiti, quindi sei limitato. Ma vale comunque la pena ricordare certi eventi, Vietnam incluso.

JET LI

REDAZIONE: Una domanda forse scontata: dai film d'azione ad un film d'impegno sociale. Quali sono state le difficoltà alle quali sei andato incontro?
J.L.: Ho smesso da un bel pezzo di contare quante volte mi hanno fatto questa domanda… (ride)… La difficoltà maggiore è stata soprattutto nel rendere come attore al 100%, mentre in altri film stavo molto attento ai movimenti, o alle acrobazie e puntavo molto su questo anziché sulla recitazione. Non è stato facile perché Le Bin Son non è una persona indifesa, ma un uomo molto coraggioso che affronta con diplomazia le cose della vita. Quindi un personaggio difficile per me. E' il personaggio che avrei preferito, piuttosto che un uomo rassegnato ad essere deriso a vita.
REDAZIONE: Come giudichi il Willem Dafoe regista?
J.L.: Mi ha fatto bere troppa birra…(ride)… io sono astemio, ma lui continuava a farmi bere birra… Come regista dovrebbe controllare i suoi istinti, e se riesce a farlo può diventare un ottimo coordinatore di attori. E' una persona molto generosa, con la quale rifarei un film ad occhi chiusi, ed è molto simpatico. Certo, si notava che era la prima volta che dirigeva un film, era molto nervoso certe volte…
REDAZIONE: Ritornerai al tuo Wu Shu?
J.L.: Quello è scontato. Ma vorrei anche cimentarmi nuovamente in personaggi come Le Bin Son, per migliorare le mie qualità e anche per togliermi più di un sasso dalla scarpa.

 

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