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O M A G G I O
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P I E T A '

 
 
Per cura della Direzione dell'Asilo di Carità per l'Infanzia di Rovigno

 
V E N E Z I A
TIPOGRAFIA MUNICIPALE DI GAETANO LONGO
1858

 
___ 17 ___ 

C E N N I

SOPRA LA CHIESA DI ROVIGNO








     Ove grandeggia la presente chiesa di S. Eufemia era anticamente l'umile chiesa di Rovigno (allora castello di pochi abitanti, se si considerano i 
fabbricati entro la sua cinta, che ancora si vede) costruita come l'attuale in tre navate e dedicata a S. Giorgio martire; la qual chiesa teneva sempre il 
primo luogo dopo la cattedrale, come si legge nella iscrizione, posta a sinistra del coro mediano l'anno 1763. 
        Su le fondamenta di quella consunta per vetustà, si eresse questa Parrocchiale Collegiata, dedicandola alla suddetta Santa: dichiarata veramente 
insigne da Monsignor Gasparo Negri Vescovo di Parenzo, cui è soggetta nello spirituale, l'anno 1747. 
        Fu posta la pietra del nuovo tempio l'anno 1725 agli 8 di maggio e condotto a fine nello spazio di undici anni, cioè nel 1736, in nobile forma, qual si conviene a popolosa e fiorente città, dalla  pietà dei fedeli con pubbliche e private largizioni; consacrato dal suddetto Vescovo l'anno 1756 ai 26 settembre, 
come si rileva dalla iscrizione posta nel muro del presbiterio dalla parte della Santa; nel quale incontro fu dispensata al popolo analoga medaglia coniata in 
Roma per memoria e divozione. 
        Al sommo di una collina, che monte di S. Eufemia ora si chiama, e prima monte Rosso, per lo sangue dei Martiri, che dicesi qui caduti per la fede di 
Cristo, s'innalza questa chiesa, che deliziosamente domina da levante la sottoposta città, le campagne sempre verdi per la folta piantagione degli olivi ed i 
limitrofi territorii, - da tramontana il vasto porto di Valdibora, altra campagna a catena di colli olivati, alcuni scogli, ed a cinque miglia vers'occaso il 
castello di Orsera, di giurisdizione temporale dei Vescovi di Parenzo sino al 1778; e lontano verso l'orto il quasi sempre nevoso monte Maggiore; - da 
ponente bellissimo e vasto orizzonte sulla superficie di un mare solcato di continuo da navigli; - da ostro il bel porto di S. Catterina, per la vaga isoletta di 
tal nome che nel mezzo sorge, dov'era una chiesa con ospizio di Eremiti ancor prima dell'arrivo a queste spiagge dell'arca di Sant'Eufemia da Costaninopoli, 
e poscia dei padri Serviti dal 1486 al 1779, dei quali edifizii si vedono tuttora le ultime ruine: il promontorio di Montauro, che fornì le pietre per le 
Procuratie ed altri magnifici edifizii di Venezia, e di recente (1840) i massi per la Diga di Malamocco. Domina inoltre porzione della deliziosa isoletta di 
S. Andrea, abitata anticamente dai monaci Benedettini col nome di isola Serra, e poscia dai padri M.O. di S. Francesco, che avevano un convento fondato nell'ospizio dei primi, credesi da S. Giovanni di Capistrano, l'anno 1442, soppresso dal governo francese l'anno 1807, ora della ditta Stengle-Catraro, 
che l'abbellì di coltivazioni, di viali, di un torchio per olii a vapore, di fabbricati e di calcare; come pure parte dello scoglio di S. Giovanni di Pelago, una 
volta dei Camaldolesi, che restò disabitato fin dal 1668, per la soppressione dell'ordine sotto Papa Clemente IX, poi dell'Abbazia Corniani, ora della stessa 
ditta, dove il Comune, proprietario di quella chiesuola e di qualche rovina rimasta del piccolo convento, si è riservato il diritto di approdo e di passo, a 
comodo dei divoti: ed il bel Faro eretto dalla Borsa di Trieste l'anno 1853 sul contiguo scoglietto denominato S. Giovanni Piccolo. 
        Sorge, rozza al di fuori, in figura quadrilunga la chiesa di S. Eufemia, fabbricata secondo il modello dell'architetto Giovanni Dozzi, foggiato sulla forma 
della vecchia chiesa, col campanile: l'una e l'altro di moderno lavoro; eretto questo dal 1654 al 1687 del pari con pubbliche e private largizioni: incominciato dall'architetto Antonio Sassola milanese del borgo di Lugano, continuato dal 1668 dall'altro architetto Antonio Man pur milanese, e portato a termine dal 1680 
in poi dal terzo architetto Cristoforo Bellan: ristaurato l'anno 1854 a spese del Comune, della chiesa e del popolo dal nostro architetto Andrea Battistella, 
per zelantissima cura del sig. Angelo Rismondo allora Vice-Podestà: e visitato durante il lavoro sino alla sublime cima il 24 giugno di quell'anno dall'ora defunto Monsignor Vescovo di Parenzo e Pola Antonio dottor Peteani. 
        E' alto il campanile piedi 175, largo 22, con 25 di base, misura viennese, di forma svelta ed elegante; le cui tre campane attuali, rifuse dal Canciani in Venezia dal 1793 al 94 e benedette da Monsignor Francesco march. Polesini Vescovo di Parenzo li 24 marzo di quell'anno, furono poste a luogo dal nostro architetto Simon Battistella dopo seguita la consacrazione delle stesse in onore cioè la grande di S. Eufemia, la mezzana di Maria Vergine e la piccola di S. Giorgio: tutte e tre del peso complessivo di libbre 4789, e lavorate ad un modo, coi medesimi Santi, cioè il Crocefisso, la Madonna, S. Giorgio e S. Eufemia, 
e con una stessa iscrizione, la quale ricorda che furono rifuse col denaro del popolo, chi lo raccolse, chi curava il lavoro e l'artefice. Sull'ardua cima di questo campanile, che ha per base il monte stesso, alto altrettanta altezza dal livello del mare, giganteggia la statua in rame della Santa, di piedi 22 di Vienna, postavi l'anno 1758 in luogo dell'altra di legno, che fu incendiata dal fulmine li 4 ottobre 1734; e questa si aggira sopra perno pur di rame a seconda del vento: mirabile lavoro dei valenti fratelli Vincenzo e Giambattista Vallani da Maniago (*). Il navigante che questo golfo veleggia, da lungi la scorge e saluta, e dirige con fiducia 
la prora al suo destino. 
        E sorge la chiesa con la facciata a ponente, della quale è progettato intelligentemente da lungo tempo il rivestimento. Tre porte, alle quali si ascende per comoda gradinata, dànno ingresso alle tre navate con grandi archi per ogni verso di stile toscano modificato; spiccando una parte del fianco esterno vers'ostro, ov'è un quarto ingresso, rivestito l'anno 1780, a spese della chiesa stessa, di archi in liscia pietra, di lavoro corrispondente all'interno, fatto dal sunnominato aerchitetto Simon Battistella. Sopra gli architravi delle quattro porte sono scolpite dell'epigrafi, riferibili al titolo delle navate e danti, meno la maggiore, l'epoca delle porte stesse. 
        Bella è la chiesa all'interno (lunga piedi 160 e larga piedi 92, misure di Vienna) e per lo suo squisito lavoro, e per la profusione dei marmi, e per li suoi regolari altari, e per la ricchezza e buon gusto degli addobbi e dei paramenti, il che tutto piacevolmente armonizza. 
        Bello sopra ogni altro altare è il maggiore, isolato, di marmo di Carrara, adornato del più bell'Africano; sopra cui di S. Giorgio martire, primo titolar della chiesa, avente ai lati quelle di S. Marco evangelista e di S. Rocco confessore; tutte e tre di terso Carrara e di buon lavoro. 
        Sono anche belli i due altari a giorno del SS. Sacramento, e di S. Eufemia, sopratutto per le pregiate colonne; dietro il qual ultimo in grande arca di marmo greco si venera il corpo della gloriosa vergine e martire S. Eufemia di Calcedonia, il cui martirio si celebra annualmente con festa solenne, sagra e processione. Sono pure pregevoli i due altari laterali di S. Pietro Apostolo, e del serafico S. Francesco, che furono eretti l'anno 1779, del più bel rosso di Francia, per mano 
di Giovanni Mattiussi di Udine: il primo a spese della scuola laica dei pescatori, il secondo di quella di S. Francesco. E' l'immagine del serafico lodevole lavoro 
del pittore Giambattista Mengardi padovano, ristaurata l'anno 1845 da Giaacomo Tonegutti bellunese; il quale ristaurò l'anno dopo la Cenaa di Cristo, Cristo nell'orto e i tre dormienti Discepoli, lodevoli pitture anche queste che ora adornano le pareti del coro di mezzo. 
        E' degno di particolar attenzione l'antipendio dell'incurato altare dell'Arcangelo Michele, lavorato in marmo di Carrara ad alto rilievo l'anno 1739 dallo scultore Alvise Tagliapietra di Venezia. Nel mezzo stà il guerriero principe degli angeli, che tiene debellato sotto il piede il drago infernale; ai lati ornato di fiori 
e di frutta di gusto elegante e di squisito lavoro. 
        Ha questa Chiesa una Sacristia, che fu perfezionata l'anno 1803, spaziosa e ben tenuta, con all'ingiro armadii di noce di pulito lavoro, altare di pietra e marmi, ed ornata di pregevoli pitture in belle cornici. 
        Si vuole che la Chiesa in oggi collegiata di Rovigno fosse Cattedrale prima dell'arrivo di S. Eufemia, avvenuto il 13 luglio 800; ma tanto vi è corso di 
tempo, tanta è la oscurità delle tradizioni e la dubbiezza dei documenti, che non si osa affermarlo, sembra però che all'epoca 803 questa chiesa fosse tuttora Cattedrale, e si volge l'occhio al Diploma dell'Imperatore Carlo Magno dei 4 Agosto di quell'anno, col quale assoggettava l'Episcopato di Rovigno 
(Episcopatus . . . Rubinensem) in unione ad altri cinque suffraganeo al Patriarca di Aquileja. 
        Come questa Chiesa abbia perduto di poi un così illustre titolo, si raccoglie dalla Bolla di Rodaoldo, uno di quei Patriarchi, del di 22 Gennajo 966 (**); poichè qualche anno prima venne dai popoli barbari messo a ferro e fuoco tutto il paese, e restò miseramente distrutto Rovigno. Per la qualcosa quel Patriarca con l'autorità che aveva in forza del predetto Diploma, ne assoggettò i miseri avanzi alla giurisdizione vescovile di Parenzo, come città più vicina, e donò a quella Mensa, onde soccorrere quella Chiesa dalle calamità nelle quali era caduta, le rendite dell'Episcopato di Rovigno. Anche nella Bolla del Pontefice Sergio IV del 1010, con la quale conferma al Vescovo di Parenzo i doni ricevuti, si riscontra nuovo argomento di poter ritenere, che in antico questa Chiesa era Cattedrale, mentre parlando di Rovigno dice: "ubique Episcopatus dicitur fuisse.". 
        Comunque siano questi documenti, è costante tradizione però, che il Vescovo di Parenzo per la fusione seguita dell'Episcopato di Rovigno con quello di quella città, doveva risiedere una metà dell'anno in Rovigno, dove aveva proprio edifizio, chiamato Vescovado nei pubblici atti ancora dell'anno 1643, e di poi Canonica o palazzo episcopale in un atto del 1724 concernente la nuova fabbrica della Chiesa; edifizio questo sul Monte di S. Eufemia, verso tramontana, e congiunto alla vecchia Chiesa mediante un'ala che, attaccata ancora alla nuova, fu atterrato l'anno 1781. Il Vescovo Cesare Nori aveva ristaurato quell'edifizio l'anno 1584, ponendovi analoga iscrizione, il quale sussisteva diroccato per abbandono sino a che l'anno 1850 fu intieramente abbattuto e perfino spianato il macigno su cui posava, per ordine del Comune divenuto proprietario verso canone enfiteutico fin dal 1735, onde dar pane ad alcuni poveri operai. 
        Inoltre qual segno di antica condizione vescovile di questa Chiesa esisteva fino l'anno 1810 in Rovigno un Offizio di Vicario episcopale, ch'esercitava qualche giurisdizione in nome del Vescovo di Parenzo, il quale mediante il dett'offizio facea datare gli atti che riguardavano Rovigno colle precise: "Rubini, ex Cancelleria nostra Episcopali". L'uso infine, che hanno questi Canonici della zanfarda, denota un privilegio antico annesso al fu Episcopato di Rovigno: distintivo questo, contrastato dai Vescovi di Parenzo e da quel Municipio, ai quali erano invisi i privilegi di questa Chiesa, e difesa da questo Capitolo fin dal 1693 presso la Suprema Autorità dello Stato, fu finalmente allo stesso Capitolo; onde così troncare il dispiacevole litigio che da lungo tempo perdurava, fatto ottenere dal Diocesano Mons. Negri l'anno 1757, come rilevasi da iscrizione nel Coro mediano, a dritta. 
        Ma sorpassando questo argomento, la mistica costituzione di questa Chiesa era d'altronde nei primi tempi composta di quattro Canonici, e d'un quinto Canonico-parroco, col titolo di Preposito, che formavano un sol corpo  denominato Capitolo Collegiale, obbligati si gli uni, che l'atro alla officiatura del Tempio ed alla cura delle anime. In seguito poi li quattro Canonici erano obbligati alla sola officiatura, ed il Preposito incaricato delle sacre funzioni, delle pubbliche preghiere, e delle cure delle anime, che doveva far inoltre amministrare a sue spese da quattro Curati, tra' quali uno illirico a comodo degli Slavi, che numerosi sempre furono in questa Città; insigniti tanto i Canonici che il Preposito di fiocco al cappello, calze, collarino a fascia, tutto di color pavonazzo, zanfarda, cotta colle maniche ossia rocchetto ed anello; ed in aggiunta in oggi, siccome da lungo tempo avevano dismesso le maniche della cotta, sono insigniti di rocchetto, mozzetta violacea e croce stellata dorata con occhiello e nastro rosso, per Bolla dell'attuale Pontefice Pio IX, 1 settembre 1853. 
        Del resto la popolazione di anno in anno cresciuta, onde fosse sopperito ai sorvenuti bisogni spirituali, ottenne finalmente dal Principe di Venezia in Pregadi 
li 23 novembre 1782, che fossero smembrati i quattro in otto Canonicati, e conservato intatto quello annesso alla Prepositura pel mantenimento dei quattro Curati; il che fu canonicamente eseguito per Patente del Diocesano Monsignor Polesini, 1 marzo 1783, aggiungendo ai quattro nuovi Canonici ed agli otto in avvenire, la cura delle anime. Il quale smembramento fu mantenuto sino l'anno 1843, in cui il capitolo ottenne un nuovo Statuto, formulato dal defunto Monsignor Peteani e confermato dal Governo, in seguito all'organamento della Diocesi, ordinato dalla Sovrana Autorità l'anno 1840; in forza del quale gli otto Canonici furono ridotti a sei, con l'obbligo costante della cura delle anime. 
        Una volta questo Capitolo percepiva la decima delle biade, degli agnelli ed uve, assegnatagli spontaneamente dal Comune l'anno 1431, onde potessero i Canonici ed il Preposito covenientemente vivere; la quale cessò sotto il dominio francese l'anno 1810 in forza dell'attivata imposta prediale, ritraendone invece 
fin d'allora quale compenso uno stabile emolumento dal pubblico Erario. Ora però per lo citato nuovo Statuto e questo emolumento e tutti gli altri proventi del Capitolo, compresi quelli dei funerali, sono accumunati e divisibili in quindici parti, due cioè a ciascuno dei sei Canonici e tre al Preposito, cui sono riservati i proventi di stola bianca ed i diritti di Offizio Parrocchiale, stipendiando eziando in comune i Canonici ed il Preposito per loro ajuto nella cura delle anime i quattro Curati in modo, che anche oggi sono assistiti gli Slavi da uno di loro idioma. 
        La popolazione di Rovigno è numerosa, e quindi grave è la cura, che variò da oltre novemila a meglio che undicimila anime dal 1804 al 1847; ora però conta Rovigno poco più di diecimila abitanti; decrescimento questo in forza delle continue emigrazioni. 
        Oltre i suddetti Canonici evvi eziando il Canonicato Angelini, istituito dalla contessa Elisabetta Angelini-Califfi l'anno 1725, a benefizio dei sacerdoti Angelini e di quelli discendenti da femmine della stessa famiglia, coi medesimi obblighi degli altri Canonici, meno la cura delle anime, ma col dovere della Mesa quotidiana all'altar privilegiato di S. Eufemia. Ora da varii anni vacante e scemo del primitivo patrimonio, viene secondo lo Statuto del 1843 amministrato gratuitamente dal Capitolo in modo, che sperasi non tardi vederlo ripristinato. 
        Aveva questo Capitolo anticamente il gius patronato della Chiesa, Convento e sue pertinenze, sull'isola di S. Catterina, che supponesi cessato quando, chiamati da questo Comune, vennero ad abitarla i Serviti l'anno 1486. Però conserva il gius eligendi del Parroco di S. Antonio Abbate della Villa di Rovigno, abitata da Morlacchi, e le primizie degli agnelli di quella. Aveva inoltre il patronato in unione al Comune, il quale in segno di compradonanza pose l'anno 1732 
il proprio Stemma su la porta laterale, di questa insigne Collegiata, sotto la special protezione al tempo veneto del Consiglio di X, ed ora dell'Imperial Governo, che ne esercita il dominio vogtetico. 
        In fine questa chiesa ha un sufficiente patrimonio in capitali fruttanti, oltre a ricco addobbo, come fu detto, di paramenti e di suppellettili: ma venne sempre decorosamente mantenuta in ispecialità colle generose limosine dei cittadini; amministrato il tutto e tenuto in con in ogni tempo da interessare e zelanti questure. 
        Da questi pochi cenni ed imperfetti traspariscono, come sotto a velo un bel volto gentile, i pregi, le condizioni e i titoli onorevoli ed illustri di questa Chiesa, non immeritovole per certo che sovra d'essa posi lo sguardo amorevole del nuovo Prelato, e che l'ami anch'Egli, considerandola quale infatti fu sempre, la più bella e cara gemma dopo la Cattedrale del Parentino Episcopato. 

ANTONIO ANGELINI FU STEFANO 

 
(*) In quell'incontro fu stampato il seguente 

S O N E T T O
DI ANTONIO ANGELINI FU ANGELO


              Illustri fabbri, che donar sapeste 
                      Forma al metallo, e quasi spirto e vita, 
                      Ed un'Opera ritrarne, onde smentita 
                      L'arte convien che dal lavoro reste: 

              Se da fulmini, grandini e tempeste 
                      Noi difende la Santa, e il braccio addita * 
                      Pronto; voi pur difende dall'ardita 
                      Morte, che i più bei pregi oscura, e investe. 

              Finchè lassù l'immensa mole siede, 
                      E ogni poter dell'aria rende vano, 
                      Non fia di Lete che mai siate prede. 

              Ma dirà il passeggiere da lontano: 
                      Felice, chi tal macchina possiede, 
                      Ma più valente chi prestò la mano.

* Tal è l'atteggiamento della statua.

 
(**) Il testo a stampa marca 961, 965, seu 966.

 
 
 
 Antonio Angelini qm. Avv. Stefano
Canzone
Sonetto 
Cenni sopra la Chiesa di Rovigno

 
 

 
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