"E' tradizione nel volgo, che il monte nella periferia della Torre sia vuoto, con belle discese e camere, e volte di mirabile lavoro, e che una volta di notte sentivasi strepito come d'armi, e di voci, e vedeansi anche figure od ombre vagare per li vani delle mura. Ma questa era credenza d'un ignoto maraviglioso, e superstizione dei tempi. Ed io, nella mia gioventù, quando la visitai la prima volta, solo, all'ora del mezzogiorno d'un caldo e calmo giorno d'estate, preso da riverenza a quelle imponenti rovine, e ricordandomi della superstiziosa tradizione, improvisava sotto le misteriose volte di quella Torre la seguente
GdeA
Canzone

 
 

Di antica Torre fra crollate mura
        Solingo io siedo, e meco è il fido amor;
        Qui giace sbigottita la natura
        In fra il silenzio, ed il profondo orror.

Stanza di augei sinistri, e di notturne
        Ombre, ch'anima il caldo immaginar.
        Quivi passano l'Ore taciturne.
        S'ode fra l'erta il vento sol fischiar.

Ma forse l'Ombra dei guerrier romani
        Son quelle, che veder sembra talor.
        Oh si! son essi, i generosi mani,
        Sempre pronti a respinger l'invasor.

Quindi il fremere di turbe, e il suon dell'arme
        Che viene dal cavo monte, e il lucidar
        D'elmi e di scudi, ed il libero carme
        Di questa torre, e del suo prisco onor.

Or piede uman di rado orma vi stampa
        Sol volpe ascosa in qualche fratta, sta
        Guatando allor che ferve la gran vampa;
        Poscia alla preda astutamente va.

L'edace Tempo strugge le ruine,
        Nè un dì memoria rimarravvi più.
        Tutto perisce, anche l'amor ha fine;
        Tutto il Tempo distrugge aimè, quaggiù.
 

                                                    Antonio Angelini qm. Stefano


 
 
 
 Antonio Angelini qm. Avv. Stefano
Canzone
Sonetto 
Cenni sopra la Chiesa di Rovigno

 

 
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