L’APPRENDIMENTO.

Definizione. Tipi di apprendimento: condizionamento classico, condizionamento operante, apprendimento seriale, apprendimento cognitivo, altre forme di apprendimento.

 

 

Definizione.

In linea generale, possiamo definire l’ "apprendimento" come il processo psichico che consente una modificazione relativamente durevole del comportamento per effetto dell’esperienza (e questa è una conquista darwiniana-funzionalista-comportamentista, di contro all’ammissione che il comportamento fosse totalmente predeterminato dal patrimonio genetico).

Più specificamente, Canestrari adotta la definizione di Hilgard e Bower (1966), per i quali "l’apprendimento è il processo con cui si origina o si modifica un’attività reagendo ad una situazione incontrata, ammesso che le caratteristiche del cambiamento dell’attività non possano essere spiegate sulla base di tendenze a rispondere innate, di maturazione o di stati temporanei dell’organismo". Non possono, dunque, essere considerati tali i riflessi, i tropismi, gl’istinti, la maturazione, l’affaticamento e l’abitudine, i processi di pensiero.

 

Tipi di apprendimento.

Esistono più "tipi" di apprendimento, diversi tra loro, e queste tipologie, a loro volta, non possono prescindere dal costante riferimento alle procedure ed alle tecniche impiegate per obiettivare fenomeni loro relativi: devono cioè sempre riferirsi a metodiche di osservazione, o "paradigmi". Distinguiamo, così:

A) Il paradigma del condizionamento classico (o rispondente): lo schema S-R.

*Inauguratore di questo "indirizzo" fu Pavlov, che pubblicò i risultati dei suoi studi nel 1927. L’esperimento più noto è quello in cui a un cane viene presentato del cibo, misurando la risposta salivare: questa rappresenta una risposta innata allo stimolo. Se prima della presentazione del cibo, però, viene fatto suonare un campanello e, dopo alcune presentazioni dei due stimoli, al campanello non viene fatto seguire il cibo, il cane presenta comunque una risposta salivare per uno stimolo in precedenza incapace di determinarla.

Pavlov ha definito il cibo "stimolo incondizionato" ("SI") e il campanello "stimolo condizionato" ("SC"): di conseguenza, sono state chiamate "risposta incondizionata" ("RI") l’emissione di saliva dopo la presentazione del cibo e "risposta condizionata" ("RC") quella dopo il suono del campanello.

La spiegazione del fenomeno si basa sull’associazione tra i due eventi ("legge di contiguità"), nel senso che la presentazione di uno "SC" prima (è questa la condizione ottimale) di uno "SI" fa scattare un meccanismo associativo che induce la stessa risposta.

*Ricapitolando, Pavlov dunque distinse gli stimoli capaci di provocare delle risposte da parte dell’organismo in:

- "stimoli adeguati" o "incondizionati"(provocano le risposte in modo spontaneo, se non addirittura, secondo alcuni, innato)

- "stimoli condizionati" (possono riuscire a provocare lo stesso tipi di risposte).

Questi ultimi possono essere: positivi (luce, suono…) o negativi (elettroshock, punture…).

E provocano "reazioni" (meglio che "riflessi") condizionate.

A loro volta, Pavlov suddivise le "reazioni condizionate" in:

- "acquisite" (cioè, che si stabiliscono dopo un certo addestramento)

- "naturali" (che si attuano in modo per lo più spontaneo)

*Per essere definito tale, uno "SC" deve essere percettibile, non deve suscitare la stessa risposta indotta dallo "SI", e non deve essere troppo intenso. Il condizionamento classico è di enorme importanza per l’adattamento degl’individui, perché consente l’acquisizione e l’evitamento di molti comportamenti.

Dagli studi sull’apprendimento condizionato venne evidenziata una "RC" caratterizzata da alcuni fenomeni correlati:

a acquisizione: quando uno stimolo neutro ("SN") è associato a uno stimolo incondizionato (SI), diventa uno stimolo condizionato ("SC") che evoca una risposta condizionata ("RC");

b discriminazione: quando la "RC" si forma in relazione a un particolare "SC" ma non dopo uno con caratteristiche simili;

c generalizzazione ("legge della generalizzazione dello stimolo"): quando la "RC" si ottiene anche con "SC" simili, ma non uguali a quello originario; si distingue:

- generalizzazione "primaria": risposta generalizzata in base alla presenza di una somiglianza fisica misurabile;

- generalizzazione "secondaria": risposta generalizzata in base alla presenza di una somiglianza non fisica, ma appresa: simbolica, espressiva…

d estinzione: si presenta quando dopo un certo numero di presentazioni di uno "SC" senza "SI", la "RC" non si presenta più. Si tratta di una inibizione appresa, piuttosto che di un processo di oblio;

e riacquisizione: avviene quando lo "SI", dopo un periodo di estinzione, viene riaccoppiato allo "SC" producendo nuovamente una "RC". La velocità della riacquisizione è maggiore rispetto alla prima acquisizione della "RC".

B) Il paradigma del condizionamento operante (o strumentale).

Ben presto, ci si rese conto che lo schema pavloviano non riusciva a dar ragione di come l’organismo concretamente operi, di come agisca nel e sul mondo, insomma di quelle sue attività spontanee e indipendenti da una specifica situazione-stimolo: tale schema, dunque, deve venir comple-tato da un altro paradigma d'indagine dei comportamenti adattivi di un organismo, per quanto riguarda gli aspetti più propriamente attivi.

Thorndike, l’antesignano dell’ "indirizzo", descrisse (1931) a tal proposito 2 leggi dell’apprendimento:

- "legge dell’effetto": una risposta che determina un effetto piacevole tende a ripetersi, mentre una conseguenza spiacevole non favorisce la ripetizione della risposta;

- "legge dell’esercizio": la ripetizione di una risposta diventa sempre più probabile quanto più spesso viene ripetuta.

Pertanto, un comportamento può essere appreso più facilmente se vengono applicate le 2 leggi, ovvero: ripetendo risposte che ricevono ricompense si ottiene il massimo dell’apprendimento.

Thorndike (1911) studiò l’apprendimento nell’animale utilizzando gabbie dotate di vari strumenti che potessero consentire all’animale di uscirne. Dopo alcuni tentativi, l’animale imparava quale strumento utilizzare per uscire. L’interpretazione di questo tipo di apprendimento è che l’animale non arriva alla soluzione utilizzando il ragionamento, ma dopo un processo per tentativi ed errore.

Anche Thorndike utilizzava le regole dell’apprendimento per associazioni ma, visto che il comportamento dell’animale era strumentale alla ricerca di una ricompensa, lo descrisse appunto come "apprendimento strumentale". In questo modo, le risposte seguite da stati soddisfacenti diventano abitudini, mentre quelle che provocano stati fastidiosi vengono eliminate.

B. F. Skinner (1938) sviluppò queste osservazioni, inglobandole nella sua definizione di "condizionamento operante", riferendosi a una risposta emessa senza la necessità di uno stimolo che la possa attivare (come nel condizionamento classico), ma che è legata alla possibilità di ricevere, come visto, una ricompensa tale da stimolare un comportamento volontario, e quindi è acquisita in seguito all’azione del "rinforzo".

In senso generale, possiamo dire che mentre il condizionamento operante (dove la ricompensa o la punizione sono subordinate al verificarsi della risposta) funziona in forza della "legge dell’effetto", il condizionamento classico (dove lo stimolo incondizionato si verifica indipendentemente dal comportamento del soggetto) funziona - come visto - in forza della "legge di contiguità".

Infine, il condizionamento classico implica risposte involontarie, il cui controllo è affidato al Sistema Nervoso Autonomo, mentre il condizionamento operante è applicabile prevalentemente a risposte del sistema muscolare e di quello scheletrico o a processi mentali superiori per i quali interviene il Sistema Nervoso Centrale.

Skinner ideò una gabbia ("Skinner box"), in cui l’animale (un ratto) aveva a disposizione su una delle pareti una levetta, premendo la quale otteneva una risposta. Il comportamento emesso nella gabbia per ottenere un rinforzo venne chiamato appunto "operante". Anche questo tipo di condizionamento è oggetto all’estinzione della risposta quando il rinforzo non segue più il comportamento.

Studiando questo tipo di apprendimento, Skinner sviluppò delle definizioni operative che ruotano intorno a 3 elementi:

a "rinforzo" (o "rafforzatore"): il rinforzo viene definito come una condizione che aumenta la probabilità di quel tipo di risposta. Esso può essere classificato secondo:

- la "valenza" sull’organismo: positivi/ricompensa, negativi/shock;

- i bisogni sui quali agisce: bisogni primari/rafforzatori primari, bisogni secondari/rafforzatori secondari;

- secondo la modalità di somministrazione: ratio parziale/continua.

I parametri del "rinforzo" sono, invece, 3:

- la quantità, per cui quanto maggiore è il rinforzo, tanto più rapida è la velocità di apprendimento;

- il tempo, per cui la ricompensa o la punizione raggiungono il massimo di efficacia quando sono immediate;

- la natura del rinforzo (cibo…).

In condizioni naturali, inoltre, uno stimolo originariamente indifferente può assumere caratteri di rinforzo se collegato con un rafforzatore efficace. Il nuovo rinforzo prodottosi viene chiamato "secondario"; esso dapprima agisce esclusivamente perché correlato al rinforzo primario, diventando in seguito indipendente da esso (esempio del denaro).

b "punizione": si distingue il rinforzo negativo dalla punizione, in quanto il primo aumenta la probabilità che un comportamento si verifichi una volta che venga allontanato dalla situazione, mentre la punizione ha un’azione diretta sulla diminuzione del comportamento in atto.

c "modellamento" (o "shaping"): in quest'operazione, si premiano tutte le risposte che si avvicinano a quella desiderata, aumentando la ricompensa al progressivo avvicinamento alla risposta completa (ad es., nell’addestramento di animali da circo).

* Da non dimenticare, infine, 2 fattori importanti in quanto facilitanti o inibenti l’apprendimento:

- il "transfer", che è l’influenza che l’apprendimento di un’attività esercita sull’apprendimento di un’altra attività;

- l’ "interferenza retroattiva", che è l’effetto che l’apprendimento successivo esercita sulla ritenzione dell’apprendimento precedente.

C) Il paradigma dell’apprendimento seriale.

Nell’apprendimento seriale gli item (ad es., sillabe prive di senso) vengono presentati sempre nello stesso ordine seriale, e il soggetto impara ad anticipare l’item successivo dell’elenco in risposta a ciascun item; l’inizio della sequenza viene segnalato da uno stimolo particolare.

Le prime ricerche sull’apprendimento seriale si concentrarono sullo scoprire lo stimolo funzionale in un compito di apprendimento seriale, poiché ogni item funge sia da stimolo sia da termine di risposta. La ricerca moderna, invece, considera l’apprendimento seriale un problema di memorizzazione e recupero, nel quale svolgono un ruolo processi dello stesso tipo operanti in altri test di memoria, e cioè i processi soggettivi di organizzazione (come ha dimostrato Von Restorff) e suddivisioni in blocchi mnestici.

Una notevole regolarità empirica osservata nella maggior parte dei compiti di apprendimento seriale è l’effetto di posizione seriale: se si traccia il diagramma di rendimento di un compito di apprendimento seriale riportando in ordinata la percentuale di errori totali e in ascissa la posizione seriale, si ottiene una curva a forma di U rovesciata con una leggera asimmetria dovuta al fatto che nella seconda metà si verificano più errori.

*Vari, poi, sono i fattori che agiscono sul processo di apprendimento, o meglio di fissazione di elementi disposti in serie; tra questi:

- la lunghezza della serie;

- la modalità d’esercizio, che può essere:

*"distribuito", ovvero con lunghe pause tra una presentazione e l’altra della serie o con tempi molto prolungati di presentazione dei singoli item;

*"massivo", ovvero senza pause tra una presentazione e l’altra della serie o con tempi molto brevi di presentazione dei singoli item;

La "legge di Jost" afferma che, in linea generale, è l’esercizio distribuito a favorire l’apprendimento e il ricordo.

*Infine, secondo l’ "effetto Von Restorff", la differenziazione, cioè il privilegio creato dall'organizzazione della serie in favore di uno dei suoi termini, facilita la sua fissazione, mentre, al contrario, l’omogeneità, la mancanza di rilievo e di organizzazione appaiono elementi sfavorevoli; ciò, semplicemente, vuol dire che, in una serie, l’elemento isolato, "singolare", è ricordato meglio di quello ripetuto in modo monotono.

D) L’apprendimento cognitivo.

E’ stato rilevato che l’uomo, molto più degli animali, apprende anche osservando le azioni degli altri, immagazzinando la rappresentazione del comportamento e il suo esito (punizione o rinforzo) e, sulla base di esperienze precedenti, prevede l’esito di un comportamento (e dunque, la propria modalità futura di azione) di cui non abbia ancora avuta alcuna diretta esperienza. Tale processo è stato definito "cognitivo", perché mette in gioco attività cognitive superiori come formazione di concetti e previsione ("aspettative)" di soluzioni ai problemi.

Ne è un esempio l’ "apprendimento ad apprendere", che è quella capacità di apprendere un compito o risolvere un problema dopo aver avuto esperienza di compiti e problemi analoghi, e dopo essere entrati in possesso di strumenti cognitivi per prevedere gli esiti di determinati comportamenti. Altro esempio è l’ "apprendimento intuitivo" (o "insight"): esso venne sperimentato da Kohler sugli scimpanzé e consiste nel risolvere dei problemi che richiedono una soluzione indiretta (come prendere una banana con l’aiuto di un bastone); funziona come se avvenisse una "ristrutturazione del campo cognitivo" relativo al problema. Si tratta di una modalità efficace, ma affidata molto al caso.

L’apprendimento cognitivo sarebbe legato alla formazione di vere e proprie "mappe cognitive" (Tolman), rappresentazioni interne che possono essere utili per comportamenti futuri. Per dimostrarlo, s'è ipotizzata una forma di "apprendimento latente", che avviene senza rinforzo e che rimane latente fino a quando non diventi necessario, come se alcune informazioni non utili al momento venissero immagazzinate e utilizzate al momento opportuno.

E) Altre forme di apprendimento:

- Apprendimento per assuefazione o per sensibilizzazione.

L’ "assuefazione" è una forma non associativa di apprendimento legata alla ripetizione di determinati stimoli. La risposta si affievolisce in relazione al numero delle presentazioni, ma può ristabilirsi, con la stessa intensità iniziale, dopo un periodo sufficientemente lungo di assenza di presentazione. La "sensibilizzazione" è, invece, il contrario dell’assuefazione: si verifica quando si risponde intensamente ad uno stimolo considerato neutrale.

- Apprendimento osservativo (o "modeling").

La teoria su questo tipo di apprendimento si deve a Bandura (1973), che studiò l’apprendimento di bambini in un asilo che ripetevano i comportamenti aggressivi degli adulti se posti in una condizione di frustrazione. Queste ricerche hanno suscitato molto interesse per i comportamenti appresi attraverso i massmedia.

Il "modeling" è caratterizzato da 4 stadi:

1 attenzione: passaggio cruciale che può subire l’influenza delle caratteristiche del modello in termini di attrattività, affidabilità, somiglianza o competenza percepita;

2 ritenzione: per immagazzinamento;

3 riproduzione motoria: ogni qual volta capiti l’occasione;

4 motivazione: legata alle condizioni emotive dell’individuo.

- Apprendimento per "imprinting".

(vd. paragrafo dedicato all' "imprinting" nel capitolo sulla "motivazione")

- Apprendimento viscerale: "bio-feedback".

Il bio-feedback è una procedura, basata sul condizionamento operante, che permette di avere una risposta (feedback) esterna per attività che normalmente non la provocano, quali alcune funzioni autonome, come la frequenza cardiaca, la pressione sanguigna, o la sudorazione.

Ad es., un individuo può essere collegato ad un apparecchio per la misurazione del battito cardiaco che produrrà un suono o farà accendere una luce quando la frequenza supererà un certo limite. Nello stesso tempo, s'insegnerà all’individuo a rilassarsi con tecniche adeguate e, se queste avranno successo, la frequenza non arriverà ai livelli che mettono in funzione il suono o la luce. Successivamente, l’individuo potrà ottenere lo stesso effetto senza essere collegato all’apparecchio, ma semplicemente eseguendo le tecniche di rilassamento.

 

 

 

Introduzione: i modelli

L'apprendimento

Il conflitto

Il metodo sperimentale

Il pensiero

Lo sviluppo affettivo

I metodi psicometrici

Il linguaggio

Lo sviluppo cognitivo

I metodi clinici

La personalità

Lo sviluppo sociale

I processi sensoriali

Le motivazioni

Le fasi dello sviluppo

La percezione

La frustrazione

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