I METODI PSICOMETRICI.

Definizione e cenni generali. Caratteristiche dei test. Tipi di test. Test di intelligenza. Test di personalità. Test attitudinali.

 

 

 

Definizione e cenni generali.

*La "psicometria" è l’insieme di metodi per misurare, con opportune trasformazioni quantitative, le differenze individuali nelle reazioni psichiche di soggetti diversi o di uno stesso soggetto in condizioni diverse. Uno di tali metodi è quello dei "reattivi mentali" ("test").

*Le prime applicazioni della psicometria furono quantitative e indirizzate verso le caratteristiche intellettive del soggetto, cercando di studiare e misurare l’elemento base dell’intelligenza. I primi approcci in tal direzione furono di C.E. Spearman (1863-1945), che – attraverso metodi statistici – riuscì a correlare i voti scolastici col punteggio di test in alunni elementari londinesi. Dipoi, in Francia, su commissione del ministero della pubblica istruzione, A. Binet e T. Simon misero a punto (1905) un test normalizzato di intelligenza, le cui prove erano differenziate a seconda della fascia di età.

*In seguito, la psicometria venne utilizzata anche per lo studio delle caratteristiche della personalità, attraverso i "test proiettivi" (L.K. Franck; ma già lo stesso Jung, nel 1904, aveva messo a punto un "test di associazione di parole"). Tali test furono poi realizzati in modo da valutare le reazioni del soggetto di fronte a uno stimolo visivo più o meno strutturato ("test di Rorschach" e "TAT"). Per lo studio della personalità sono stati anche elaborati dei questionari, basandosi sulle teorie dei tratti (Cattell, "MMPI").

 

Caratteristiche dei test.

I test sono essenzialmente delle misurazioni obbiettive e standardizzate di un campione di comportamento supposto rappresentativo della totalità del comportamento stesso. I risultati vengono elaborati attraverso l’applicazione di metodi matematici e statistici.

Un test può essere presentato come una batteria di prove, un elenco di item (elementi, passaggi), un profilo, un questionario, un’intervista, una scheda, una scala, o una successione di stimoli proiettivi.

Per essere valido come strumento di misura, deve presentare alcune caratteristiche:

A "standardizzazione": la somministrazione del test deve avvenire con procedure uniformi, ossia con le stesse modalità (materiali, limiti di tempo, frasi da utilizzare, assegnazione del punteggio) per tutti i soggetti testati. La "standardizzazione" prevede anche la determinazione delle norme statistiche, senza le quali non si può attribuire un punteggio: i punti "grezzi" (numero di risposte "alfa", relative alla presenza dell’attributo da misurare), ottenuti da un soggetto, vengono confrontati con quelli ottenuti da un campione di soggetti (e quindi convertiti in punteggi standard o in "centili"), potendo così verificare se la sua prestazione rientri o meno nella norma statistica;

B "validità": il test deve realmente misurare ciò che si è prefissato di misurare. Si distinguono:

a "validità di contenuto": riguarda le variabili da misurare e a chi è destinato il test; il modello teorico cui esso si rifà; le caratteristiche degli item; le indicazioni per il punteggio e le codifiche;

b "validità rispetto a un criterio": fornisce informazioni sull’utilità diagnostica di un test. Si basa su valutazioni "concorrenti", attraverso il confronto con altri test già validati o con valutazioni esterne;

c "validità predittiva": è data dal confronto dei risultati del test con gl’indici di successo professionale o scolastico effettivamente ottenuti in un periodo successivo all’applicazione del test stesso.

C "attendibilità": è l’accuratezza e la coerenza del test, e si basa sulla necessità che questo forni-sca misurazioni precise, stabili e oggettive.

Se lo stesso individuo è sottoposto più volte al medesimo test, o ad una sua forma equivalente, si deve ottenere lo stesso punteggio sia in situazioni diverse, sia a distanza di tempo, sia se sommi-nistrato da persone diverse.

L’attendibilità può essere verificata attraverso:

- la coerenza interna degli stimoli del test;

- l’oggettività delle risposte riferite all’accordo tra i somministratori o tra gli strumenti usati;

- l’accordo fra chi interpreta i risultati;

- la concordanza tra forme parallele dello stesso test;

- la stabilità dei risultati a successive somministrazioni (re-test);

- la divisione a metà (split-half), che consiste nella comparazione dei risultati di una metà del reattivo con quelli dell’altra metà.

 

Tipi di test.

E’ possibile classificare i test in base a 5 tipologie:

*"test individuali" e "test collettivi";

*"test di rendimento" e "test carta e matita";

*"test di velocità" (di risposta) e "test di potenza" (relativamente alla difficoltà delle domande): combinabili;

*"test verbali" e "test non verbali";

*a seconda della finalità per la quale il test è costruito.

E proprio in base alle finalità per le quali sono costruiti, possiamo ulteriormente ripartire i test in:

- test di intelligenza generale

- test di personalità

- test di capacità o abilità speciale

 

Test di intelligenza.

Questi test sono destinati alla misurazione del livello intellettivo generale del soggetto e danno pertanto un unico punteggio, definito "quoziente intellettivo" (QI).

*Il capostipite è il test di Binet (1905), rivisto da Terman ed altri (1906, 1937 e 1960), portando alla stesura della scala di Standford-Binet.

Il test prevede una serie di prove il cui grado di difficoltà è in relazione all’età del soggetto: esse variano dalle semplici manipolazioni d'oggetti e dalla coordinazione visuo-motoria al ragionamento astratto e alla memorizzazione di vari materiali (immagini, figure geometriche, numeri, frasi e contenuti di brani), con prevalenza di prove verbali rispetto a prove di carattere percettivo e sensoriale. Infatti, benché i test venissero elaborati in modo da includere un’ampia varietà di funzioni, nella sostanza si dava particolare rilievo alle capacità di giudizio, comprensione, ragionamento, considerate da Binet componenti essenziali dell’intelligenza.

Viene calcolato, quindi, il QI della persona, ottenuto dal rapporto tra l’ "età mentale" (EM: valu-tata sulla base del numero di prove superate, ovvero l’età equivalente a quella dei bambini nor-mali di cui il soggetto aveva eguagliato il rendimento) e l’ "età cronologica" (EC).

IQ=EM/EC 

 *Nel 1939, Wechsler, sia per una serie di difficoltà tecniche di natura statistica legate alla scala suddetta sia perché le metodologie impiegate nell’infanzia non danno risultati soddisfacenti in altre fasce d’età, propose un’altra scala, soprattutto per misurare l’intelligenza negli adulti, scala successivamente aggiornata con la pubblicazione della "Wechsler Adult Intelligence Scale" (WAIS) e della "Wechsler Intelligence Scale for Children" (WISC, 1949, 1955, 1974 e 1987).

Questa scala presenta una serie di prove verbali (cultura generale, comprensione, analogie, memoria di cifre, ragionamento aritmetico, definizione di vocaboli) e una serie di prove di "performance" (riordinamento di figure, completamento di figure, disegni coi cubi, ricostruzione di figure, associazione simboli-numeri). Ogni prova è ordinata secondo difficoltà di grado crescente.

Questo test permette di valutare le capacità cognitive del soggetto implicate nella soluzione di ogni singola prova, consentendo di differenziare le eventuali funzioni coinvolte nella formazione dell’intelligenza. I risultati standardizzati vengono riferiti a tabelle preordinate che permettono la valutazione del QI.

Esso, inoltre, permette anche la misurazione psicometrica del deterioramento mentale attraverso 2 sottoprove, denominate "prove che tengono", che si riferiscono ad acquisizioni di base (intelligenza "cristallizzata") come la cultura generale, la definizione di vocaboli, la ricostruzione di figure, e "prove che non tengono", che si riferiscono all’intelligenza "fluida", ovvero in grado di applicarsi a situazioni nuove.

*Infine, un test d’intelligenza somministrato anche collettivamente, e di facile impiego, è quello delle "matrici progressive di Raven" (1938, 1947). Si tratta di 60 matrici di difficoltà crescente: il soggetto deve scegliere, tra diverse alternative, la parte che completa il disegno astratto che sta osservando.

 

Test di personalità.

Questi test sono utilizzati per valutare appunto gli aspetti o i tratti della personalità del soggetto.

Se ne distinguono 3 tipi:

1 "inventari autografici";

2 "questionari di personalità": si basano su autodescrizioni dei soggetti.

Il più noto ed utilizzato è il "Minnesota Multiphasic Personality Inventory" (MMPI, del 1940), creato da S. Hathaway e J.C. McKinley, uno strumento di autovalutazione che nella clinica permette un orientamento sulla diagnosi dei disturbi della personalità.

Il test comprende 550 domande a cui il soggetto deve rispondere "vero", "falso", "non so"; risposte utilizzate per calcolare i punteggi ottenibili su 4 scale di validità: il punteggio del "dubbio" (?), desunto dalla totalità dei "non so"; il punteggio della "menzogna" (L) che riproduce il numero false fornite dal soggetto per apparire in una luce più favorevole; il punteggio della "validità" (F) che conteggia il numero delle prove che il soggetto non ha compreso o a cui non ha prestato attenzione; il punteggio dell’ "atteggiamento" (K), che valuta l’atteggiamento del soggetto nei confronti del test. La combinazione dei 4 punteggi delinea appunto il profilo della personalità.

3 "test proiettivi": il soggetto viene invitato a descrivere materiale verbale o visivo, privo di relazioni e con diversi livelli di strutturazione, in modo che le risposte fornite possano evocare (proiettare) sottostanti (inconsci) vissuti interiori, altrimenti censurati: bisogni, desideri o paure. L’interpretazione delle risposte fornite permette la valutazione delle caratteristiche di personalità del soggetto.

Ricordiamo:

a il "test di Rorschach" (1921), dal nome dell’ideatore, che consiste in 10 tavole con macchie d’inchiostro simmetriche, 5 grigio-nere con diverse sfumature, 2 grigio-rosse, 3 policrome: s'invita il soggetto a descrivere cosa possano rappresentare (pareidolia); dopo l’inchiesta, cioè la richiesta di spiegazioni su cosa abbia determinato le risposte, si procede alla complessa siglatura delle risposte.

La siglatura avviene in base a 3 elementi: l’area scelta (dove si rivela se la risposta interessa tutta la figura o un dettaglio); il contenuto (che può essere umano, animale, anatomico, geografico…); fattori quali colore, forma, movimento… della macchia.

In particolare: i punteggi di localizzazione mettono in luce il funzionamento delle attività cognitive; le risposte relative alla forma evidenziano le capacità di strutturazione; le risposte-movimento la creatività; le risposte-colore la permeabilità del soggetto rispetto all’ambiente; le risposte chiaro-scure gli stati emotivi sia generali che umorali.

b Il "Test di Appercezione Tematica" (TAT, 1935), ideato da Morgan e Murray e costituito da 31 tavole, di cui 1 bianca e le altre contenenti stimoli con diversi gradi di strutturazione. Vengono scelte 20 tavole a seconda dell’età e del sesso del soggetto, e viene richiesto di costruire delle storie su di esse. Alla fine si procede con un’inchiesta, e tutte le risposte fornite dal soggetto vengono siglate.

Secondo Murray, il racconto è lo specchio della personalità del soggetto che interpreta o narra; gli elementi da ricercare nella storia sono: l’eroe, con cui il soggetto di solito si identifica; i fattori intrinseci rappresentati dai sentimenti e dalle tendenze che caratterizzano la condotta dell’eroe; i fattori estrinseci che rivelano il suo adattamento all’ambiente.

A differenza del "test di Rorschach", che mira ad un’analisi formale della personalità, il "TAT" mette in evidenza le situazioni emozionali ed interpersonali.

 

Test attitudinali.

Questi test valutano la presenza attuale di potenzialità o capacità di funzionamento e permettono d'individuare la massima abilità del soggetto in un determinato campo (la divisione tra test di abilità e di personalità è più che altro strumentale, in quanto la personalità, come costrutto, non è che un insieme di relazioni fra i tratti di abilità e di capacità specifiche). Ne esistono diversi tipi, ma solitamente si tratta di batterie di test che non forniscono un unico punteggio, ma una serie di valutazioni in base alle diverse attitudini. Si ottiene, così, una visione globale delle capacità e delle carenze presenti nel soggetto.

I test attitudinali vengono impiegati nelle scuole per valutare il profitto degli studenti o le capacità creative; in ambito occupazionale per misurare le attitudini meccaniche, artistiche, musicali, o l’attitudine alle mansioni d’ufficio; nella clinica per osservazioni qualitative su aree cognitive specifiche (valutazioni sulla memoria, sulle percezioni, sul pensiero).

L’uso di questi test dovrebbe essere limitato allo studio delle risorse dell’individuo per offrirgli le migliori possibilità di utilizzare le proprie attitudini, e non per sfruttarlo per un rendimento più elevato, come purtroppo a volte avviene.

 

 

 

Introduzione: i modelli

L'apprendimento

Il conflitto

Il metodo sperimentale

Il pensiero

Lo sviluppo affettivo

I metodi psicometrici

Il linguaggio

Lo sviluppo cognitivo

I metodi clinici

La personalità

Lo sviluppo sociale

I processi sensoriali

Le motivazioni

Le fasi dello sviluppo

La percezione

La frustrazione

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