La Storia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sul monte Abellio, che prende nome da un dio celto-ligure, sono venuti alla luce reperti che rivelano un'origine addirittura preromana di Rocchetta Nervina. Nei pressi della località non mancano comunque significativi reperti di epoca romana, quando il sito divenne sede di strutture prediali, cioè di vere e proprie aziende agricole amministrate da servi e coloni: un segno di importante vita di relazione in epoca imperiale romana, per esempio, è stato dato dal ritrovamento di un buon numero di monete romane di varia epoca tra cui si notano i tardi costantiniani ed alcune monete degli mperatori Gordiano II e III. Il fondo ligure-romano più significativo dell'area di Rocchetta Nervina è tuttavia da identificare nella località Oggia (nell'area che va sino al torrente che vi scorre per congiungersi al rio Barbaira: vi si è comunque identificata una bellissima coppella cerimoniale d'influsso celtico – diametro di 14 centimetri, profilo di 7 – nelle vicinanze di una cascatella d'acqua talora inghiottita – fenomeno usuale per basi sacrali preromane – da un fenomeno carsico) dove si trova un bosco con campi gerbidi, vigneti e qualche casolare isolato. Dal nome medievale del sito (in un atto del 1356), che alterna le forme Ogia Ogiani si risale infatti con facilità a quello ligure di persona e, quindi, agli esiti romanizzati Obienus e Obellius: del resto, in occasione di alcuni lavori di ripascimento agricolo sul campo, si scoprirono in questa zona vari reperti romani tra cui i frammenti di un'anfora (questa zona e comunque tutto il territorio rocchettino, specialmente per gli itinerari che lo mettevano in contatto con Pigna e Dolceacqua, godettero di una continuata visitazione umana: peraltro i ruderi di edifici cristiani, come quelli d'una chiesetta d'origine monastica intitolata a Santa Lucia, rafforzano tale affermazione e l'idea che, in prossimità di vecchi insediamenti romani, specie in vicinanza delle strade, siano stati eretti edifici religiosi d'importanza non solo spirituale ma anche viaria, come luogo di ricovero per i pellegrini che, lungo queste vie alpestri, si spostavano per la valle del Nervia, magari discendendo dal Basso Piemonte alla costa – peraltro da Rocchetta un tragitto pur aspro collega con la valle del Roia – o, al contrario, risalendo a nord, con l'Oltregiogo). In epoca medievale le prime notizie documentabili si trovano invece entro un manoscritto del 1186, dove il borgo fortificato è denominato Castrum Barbairae, essendo bagnato dal Rio Barbaira. In quell'anno un'insurrezione degli abitanti costrinse Enrichetto dei conti di Ventimiglia, signore anche di questo luogo, a rifugiarsi nel castello, dal quale venne cacciato però, più tardi, definitivamente. Dal 1348 al 1378 Imperiale Doria, signore di Dolceacqua vantando diritti su Rocchetta, ribelle alle sue tante ingiustizie, diede inizio ad un periodo di rappresaglie, incendi e scorrerie devastatrici che sorpresero senza difese gli abitanti del borgo, il quale fu poi dato alle fiamme. Rocchetta, poi villa del vasto comune di Saorgio, ebbe però sempre vita travagliata sino a quando non passò sotto il dominio dei Savoia nel '400, come si vuole evidenziare nello scudo sabaudo posto sotto il tabernacolo in pietra, ornante la porta laterale della chiesa parrocchiale di Santo Stefano: successivamente venne concessa quale Comitato ai Doria, ormai vassalli dei Savoia e in tale stato rimase prima di raggiungere l'autonomia alla fine del XVIII secolo quando divenne libero comune della Repubblica Ligure, quindi del regno di Sardegna (dopo il 1815), e ancora del Regno d'Italia (1861). 

 

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