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La
natura irreversibile del tempo e la necessità, per averne misura
adeguata, di rapportarsi a fenomeni periodici, dunque reversibili. Le
"Lezioni Italiane" di Edoardo Boncinelli su "Il tempo e il
tempio". Dal tempo delle cose, oggetto primario della fisica, al
tempo biologico della vita a quello "interiore", vissuto della
coscienza umana Nel
Giardino dei sentieri che si biforcano, forse il più suggestivo dei
racconti delle "Finzioni" di Borges,
il concetto di tempo è reso con una metafora, quella di un giardino in
cui ogni sentiero (evento) si dirama in un altro e questo in un altro
ancora, senza che lo spettatore del primo evento riesca a trovarne lo
sbocco definitivo e, soprattutto, a tornare indietro sino al momento in
cui esso ebbe luogo. Dunque un labirinto senza via d'uscita. Ma l'immagine
del tempo non è solo, come in questo caso, circolare. Una sua
configurazione spaziale, quale quella della linea retta tracciata dalla
traiettoria di un oggetto in moto, rinvia essa stessa al tempo. In un
racconto della medesima raccolta, La morte e la bussola, Borges definisce
il moto dell'oggetto come un "labirinto invisibile e
incessante": la traiettoria rettilinea è fatta di intervalli
illimitatamente divisibili, in ciascuno dei quali il mobile è in quiete.
Il senso comune e, soprattutto la vista, ci dice che il mobile procede
sino a che un ostacolo non interrompe la sua corsa. La ragione per secoli
si è chiesta come un mobile potesse trovarsi in quiete in un intervallo -
ma quale data la sua illimitata divisibilità? - e poi transitare in un
altro. Trascorsa una discreta pattuglia di secoli, Galilei
risolse il problema con l'argomento dell'accelerazione all'istante in cui
a ogni infinitesimo di spazio corrisponde un infinitesimo di tempo, tale
che il corpo si muove accelerando progressivamente la velocità di moto.
Galilei "salvò" il fenomeno e con esso il senso comune che ci
fa osservare il moto, ponendo tuttavia in evidenza come il vero nocciolo
del problema non stesse nello spazio ma nella linearità irreversibile
dell'evento di moto, cioè nel tempo. Questa linearità poteva essere
calcolata e misurata con argomentazioni controintuitive - quale è il
concetto di accelerazione all'istante - ma facendo nel contempo ricorso
all'immaginazione che ci invita a fermare l'irreversibilità, ideando
infinitesimi in ciascuno dei quali l'evento non procede in altro, in una
parola fermando il tempo. In qualche modo Galilei dette voce alla segreta
speranza dell'uomo, la speranza di riuscire ad arrestare la temporalità e
così a far transitare la propria vita nell'eterno. Un terzo racconto
delle "Finzioni", Il miracolo segreto, narra la singolare
vicenda di uno scrittore ebreo, Jaromir Hladik che, arrestato dalla
Gestapo a Praga nel 1939, viene condannato a morte mediante fucilazione.
Hladik, in preda al terrore, passa una di decina di giorni in prigione in
attesa di essere fucilato, ripercorrendo le vicende della propria vita e
riandando con un'attenzione crescente alle pagine, lasciate nella sua
abitazione, dell'incompiuta tragedia I nemici. Alla fine, la mattina
dell'esecuzione, chiede a Dio di compiere un miracolo: la concessione di
un anno di tempo per portare termine l'opera, sia pure soltanto nella
propria mente. Viene condotto nel cortile della prigione, e fucilato. Tra
il momento in cui viene messo al muro e la scarica della fucileria
trascorre un minuto, che per lui assume però la compatta durata di un
anno. Dio ha compiuto il miracolo, un prodigio che consente a Hladik di
concludere finalmente I nemici. Perché Dio ha potuto compiere quel che
Hladik gli ha chiesto? Perché, in realtà - è quanto sembra suggerirci
Borges - un minuto o un anno sono, a fronte dell'irreversibilità del
tempo, la stessa cosa. Quella
del tempo è una dimensione assoluta che continua a sfidare ogni calcolo,
lasciando però intatte le due aspettazioni umane: quella di calcolarlo,
come del resto concretamente e legittimamente si fa, e quella di fermarlo,
rendendo reversibile quel che non è reversibile. Queste
riflessioni hanno occupato la nostra mente mentre seguivamo la prima delle
"Lezioni italiane" (8-10 maggio) che Edoardo Boncinelli
ha tenuto, per la Fondazione Sigma Tau, nell'università di Pavia, su
"Il tempo e il tempio", tessendo una sorta di circolo virtuoso
tra il tempo delle cose (oggetto primario della fisica), il tempo della
vita (della biologia) e il "tempo interiore" (il tempo come
vissuto proprio della coscienza umana, uno scenario che si configura come
il tempio in cui la temporalità celebra i suoi riti). Docente
di biologia generale e genetica presso l'università
"Vita-Salute" San Raffaele di Milano, e, dal prossimo settembre
direttore della Sissa (Scuola internazionale di studi superiori avanzati)
di Trieste, Boncinelli ha una formazione che risente di molteplici
componenti culturali. E', in primo luogo, un fisico e del fisico conserva
il rigore dell'attitudine all'osservazione sperimentale e soprattutto
l'idea che ogni fenomeno, per intricato che sia, possa sempre risultare
suscettibile di una validazione empirica falsificabile. E' questo rigore
che lo ha condotto, sulla scorta di un primo tirocinio compiuto a Napoli
nell'Istituto internazionale di genetica e biologia fondato da Adriano
Buzzati-Traverso, ad alcune scoperte di capitale importanza: la scoperta
dei geni hox (39, un'intera famiglia di geni) responsabili
dell'architettura del corpo umano e, più di recente, nello studio del
sistema nervoso centrale, l'individuazione di quattro geni cerebrali che
controllano la suddivisione del cervello e le aree della corteccia
cerebrale. Tra la sua formazione di fisico e la sua trentennale attività
di ricercatore si inserisce quella di psicoanalista di formazione
junghiana - compì il training didattico sotto la guida di Aldo Carotenuto. Osservata
sulla scorta della meccanica quantistica, la vita, un evento altamente
improbabile occorso circa quattro miliardi di anni fa, marca con assoluta
certezza l'irreversibilità del tempo. Studiare biologia, seguire i
processi lineari che conducono dalla nascita alla morte, equivale, sotto
questo aspetto, a studiare il tempo nella sua reale essenza,
"salvando" nel contempo "i fenomeni", mantenendo cioè
lo studio della biologia nell'ambito delle scienze esatte della natura, in
una parola fissando un solido rapporto con la big science che tutte le
riassume, la fisica. Con la fisica la biologia ha una relazione che corre
ad almeno due livelli: al livello cosmologico, giacché la vita, stando a
Boncinelli, "rappresenta un gigantesco esperimento di fisica: un
esperimento spontaneo, isotermo, sufficientemente lento e che dura da
quasi quattro miliardi di anni (...) un esperimento che non ci è costato
niente e che si svolge in condizioni perfettamente isoterme e a una
temperatura piuttosto bassa, con il vantaggio della relativa stabilità
dei suoi oggetti, che possono quindi essere relativamente estesi, e perciò
riconoscibili, se non in grado addirittura di riconoscere" (come nel
caso delle forme di vita superiori e, in particolare, dell'uomo); al
livello dei suoi singoli oggetti, vale a dire di tutti i viventi, che sono
entità materiali costituite da altre entità materiali, "tutte
obbedienti alle leggi universali della fisica (e della chimica) che si
applicano alla materia inanimata". A
questa relativa stabilità si deve probabilmente la possibilità di
operare una certa misurazione del tempo. Se, a seguito di un percorso
evolutivo, non ci fosse stato l'uomo, dotato di una vita sufficientemente
lunga per rammentare, in forza della complessità del suo sistema di
relazione (il sistema nervoso centrale o cervello), almeno alcuno dei suoi
momenti salienti, la nascita, la crescita, l'invecchiamento, non ci
sarebbe stato nessuno a osare l'inosabile: misurare il tempo piegandone la
linearità a fenomeni periodici, come l'alternarsi delle stagioni e,
soprattutto, del giorno e della notte, scandendo il proprio ritmo
biologico sull'incessante e reciproco subentrare della luce e del buio.
Cavalcando questo paradosso, l'uomo pervenne, partendo dalla dimensione
propria dell'irreversibilità, a trasformare la regolarità della vita in
aspetti che dischiudevano la possibilità di eventi regolari e ripetibili,
assimilabili a leggi. Fu così che l'uomo pervenne a inventare la fisica,
il cui oggetto non sarebbe mai stato indagato se l'uomo non avesse preso
le mosse dall'osservazione della materia vivente (come nello ileozoismo
dei presocratici). Resta il fatto che la più importante scala temporale
dei viventi, l'evoluzione, che procede per progressive "rotture di
simmetria", ripropone costantemente, con l'altissima improbabilità
dei suoi eventi cruciali, l'incontestabile realtà dell'irreversibilità
del tempo che ha il suo evidenziamento più vistoso nelle autentiche novità
con cui sovente il biologo, specie il ricercatore interessato ai fenomeni
della differenziazione cellulare, si trova alle prese. Il
"teatro" - o "tempio" come ha preferito chiamarlo
Boncinelli - in cui si svolge il dramma, antico e sempre nuovo, della
misurazione del tempo, è, nell'uomo, la coscienza, la cui natura, in una
tradizione millenaria che va da Agostino a Bergson, è identificata con la
durata, vale a dire con la percezione del presente. E ancora una volta qui
viene in soccorso la fisica che effettivamente consente una misurazione di
questo evento in una quantità minima, ma reale, che va dai 25 ai 35
millisecondi. In qualche modo paradossale sembra che, almeno in questo
caso, "il tempo si sia fermato" come nel Miracolo segreto di
Borges. A "fermarlo", almeno a nostro parere, intervengono
tuttavia altri aspetti che invocherebbero un approccio di tipo
fenomenologico. La lezione reale che abbiamo appreso dalle "Lezioni Italiane" di Boncinelli è soprattutto questa: la biologia e la fisica sono strettamente connesse, ma non già nel senso che sia possibile spiegare con un principio unico (un algoritmo universale) il biologico e il fisico. Nel senso piuttosto che tra l'una e l'altra c'è un rapporto di filiazione che scaturisce dalle aspettative e dall'angoscia, squisitamente umana, di fermare, costruendo la fisica, quel che, per definizione, non può esser fermato. |