home
il nostro liceo informazioni
generali comunicati orari
e programmi sperimentazioni attività
didattica attività extracurricolari le
pagine degli studenti
le pagine degli insegnanti scopri
firenze eventi d'arte a firenze
messaggi pagina hard
i sondaggi la
sede di via baldovinettiI
materiali didattici - religione 2 |
Breve
storia del Presepe
Il presepe nasce tra il popolo e per il popolo. I racconti evangelici sono le prime fonti storiche inerenti al Presepe e alle rappresentazioni paleocristiane dellaNatività e dell’Epifania.
Tra
il 230 e il 240 d.C. a Roma, nel cuore delle Catacombe di Priscilla possiamo
collocare il primo documento iconografico che allude esplicitamente
all’episodio della Natività.
Ma
sarà alla fine del IV secolo d.C. che nasce il vero e proprio tema del Presepe,
fenomeno che può essere collegato con l’istituzione della festività del
Natale, di cui abbiamo la prima menzione nel documento agiografico definito
Depositum martyrum datato proprio nel corso del secoloIV.
Il
presepe diverrà così parte
integrante del patrimonio culturale, folclorico,
di tutti i paesi cristiani.
Origine
e sviluppo del Presepe |
Il Presepe vivente di Greccio |
La
tradizione del Presepe in Italia
| |
Origine
e sviluppo del Presepe
Sono gli
evangelisti Luca e Matteo i primi a descrivere la Natività. Nei loro brani c'è
già tutta la sacra rappresentazione che a partire dal medioevo prenderà il
nome latino di praesepium ovvero recinto chiuso, mangiatoia e, in seguito, per
traslato, stalla, grotta.
Così leggiamo
nel cap.2 del Vangelo secondo Luca:
[1
In quei
giorni un
decreto di
Cesare Augusto
ordinò
che si facesse il censimento di tutta la terra.
[2
Questo primo
censimento fu
fatto quando
era
governatore
della Siria Quirinio. [3
Andavano tutti a
farsi
registrare, ciascuno
nella sua città. [4 Anche
Giuseppe,
che era
della casa
e della
famiglia di
Davide,
dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in
Giudea
alla città di Davide, chiamata Betlemme, [5 per
farsi
registrare insieme con Maria
sua sposa, che era
incinta.
[6 Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si
compirono
per lei
i giorni del parto. [7 Diede alla
luce
il suo figlio primogenito,
lo avvolse in fasce e
lo
depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per
loro
nell'albergo.
[8
C'erano in quella regione
alcuni pastori che
vegliavano
di notte facendo la guardia al loro gregge.
[9
Un angelo
del Signore si presentò davanti a loro e
la
gloria del Signore li
avvolse di luce. Essi furono
presi
da grande spavento, [10 ma
l'angelo disse loro:
«Non
temete, ecco
vi annunzio una grande
gioia, che
sarà
di tutto il popolo: [11 oggi vi è nato nella città
di
Davide un
salvatore, che
è il Cristo Signore.
[12
Questo per voi il
segno: troverete
un bambino
avvolto
in fasce, che giace in una
mangiatoia». [13 E
subito
apparve con
l'angelo una
moltitudine
dell'esercito
celeste che lodava Dio e diceva:
[14 «Gloria a Dio nel più
alto dei cieli
e pace in terra agli uomini
che egli ama».
[15 Appena
gli angeli
si furono
allontanati per
tornare
al cielo, i pastori dicevano fra loro: «Andiamo
fino
a Betlemme,
vediamo questo
avvenimento che il
Signore
ci ha
fatto conoscere». [16
Andarono dunque
senz'indugio
e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino,
che
giaceva nella mangiatoia. [17 E dopo averlo visto,
riferirono
ciò che
del bambino era stato detto loro.
[18
Tutti quelli
che udirono, si stupirono delle cose
che
i pastori
dicevano. [19 Maria,
da parte
sua,
serbava
tutte queste cose meditandole nel suo cuore.
[20 I
pastori poi
se ne tornarono, glorificando e
lodando
Dio per tutto quello che avevano udito e visto,
com'era
stato detto loro.
Al cap. 2 del
Vangelo secondo Matteo troviamo l'episodio dei Magi:
[1
Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re
Erode.
Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e
domandavano:
[2 «Dov'è il
re dei Giudei che è nato?
Abbiamo
visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per
adorarlo».
[3 All'udire queste parole,
il re Erode
restò
turbato e con lui tutta
Gerusalemme. [4 Riuniti
tutti
i sommi
sacerdoti e
gli scribi
del popolo,
s'informava
da loro sul luogo in cui doveva nascere il
Messia.
[5 Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché
così
è scritto per mezzo del profeta:
[6 E tu, Betlemme,terra di
Giuda,
non sei davvero il più
piccolo capoluogo di Giuda:
da te uscirà infatti un
capo
che pascerà il mio popolo,
Israele.
[7
Allora Erode,
chiamati segretamente i
Magi, si
fece
dire con
esattezza da loro il tempo
in cui era
apparsa
la stella [8 e li inviò a Betlemme esortandoli:
«Andate
e informatevi
accuratamente del
bambino e,
quando
l'avrete trovato,
fatemelo sapere,
perché
anch'io
venga ad adorarlo».
[9
Udite le
parole del re, essi partirono. Ed ecco
la
stella, che
avevano visto
nel suo
sorgere, li
precedeva,
finché giunse e si fermò sopra il luogo dove
si
trovava il
bambino. [10 Al vedere la stella, essi
provarono
una grandissima
gioia. [11 Entrati
nella
casa,
videro il
bambino con
Maria sua
madre, e
prostratisi
lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e
gli
offrirono in
dono oro,
incenso e
mirra.
[12
Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per
un'altra
strada fecero ritorno al loro paese.
Sono i vangeli
apocrifi ( quelli cioè che non sono stati accettati come ispirati e e dunque
non inclusi tra i 4 canonici) che parlano di una grotta nella quale era
collocata la stalla ed è sempre in essi che si riscontra la presenza del bue e
dell'asino che con il loro alito riscaldano l'umile culla. In questo dato
confluisce probabilmente la profezia di Isaia che, accusando il popolo di
Israele di essere sordo alla parola di Dio, lo contrappone proprio alla
mansuetudine del bue e dell'asino (Is 1,3) .
E Origene
(prima metà del III secolo), proprio sulla base del testo isaiano, nella sua
tredicesima omelia su Luca, aggiunge definitivamente la presenza nella stalla
del bue e dell'asino come simboli del popolo ebreo e dei pagani.
L'avvenimento
così familiare e umano della nascita se da un lato colpisce la fantasia dei
paleocristiani rendendo loro meno oscuro il mistero di un Dio che si fa uomo,
dall'altro li sollecita a rimarcare gli aspetti trascendenti quali la divinità
del bambino e la verginità di Maria. Così si spiegano le effigi parietali del
III secolo nel cimitero di S. Agnese e nelle catacombe di Pietro e Marcellino e
di Domitilla in Roma che ci mostrano una Natività e l'adorazione dei Magi ai
quali il vangelo apocrifo armeno assegna i nomi di Gaspare, Melchiorre e
Baldassarre, ma soprattutto si caricano di significati allegorici i personaggi
dei quali si va arricchendo l'originale iconografia.
Proprio
riguardo ai Magi, è interessante notare che il numero di costoro, alquanto
vario, fu fissato in tre da S Leone Magno (V secolo) e che essi venivano
considerati ciascuno come appartenente ad una delle tre razze umane, la semita,
rappresentata dal Re giovane, la giapetica dal Re maturo, la camitica
rappresentata dal Re moro. Tale simbolismo, oltre a dimostrare la partecipazione
universale alla Redenzione, non finisce qui: i tre Re, di età diversa ,
rappresenterebbero le età dell'uomo, i tre doni che essi portano,
testimonierebbero, la regalità (l'oro), la divinità (l'incenso), l'umanità (
la mirra ) del Divino Bambino.
Importante è
anche osservare che dal III-IV
secolo fino al XIII, non poche rappresentazioni della Natività in bassorilievo
esistenti in Italia presentano la Vergine distesa accanto al Bambino poggiato
nella mangiatoia e costituiscono perciò una testimonianza dell'influenza
esercitata , specie, nell'Italia mediterranea per diversi secoli dalla
Chiesa di Oriente.
Infatti, in
seguito alle polemiche della Chiesa di Antiochia e quella di Alessandria, cioè
tra Nestorio il quale, tenendo distinte le due nature, divina ed umana di
Cristo, sosteneva che Maria era Madre di Gesù-uomo e non di Gesù-Dio, e
Cirillo, il quale, insisteva sulla divinità di Maria, risultò, in un primo
momento, vincente la tesi di Nestorio che, per quanto solennemente condannata
nel concilio di Efeso del 431, influenzò ancora per lunghi secoli i Paesi del
Medio e lontano Oriente. Solo dopo il XIII secolo, con l'affermarsi del culto
Mariano, per le elaborazioni teologiche di S.Tommaso e di S.Bonaventura, si
ritenne che il parto della Vergine non poteva essere rappresentato come quello
di una comune mortale: da allora Maria e Giuseppe vennero rappresentati in
ginocchio, adoranti, mentre scomparivano dalle rappresentazioni anche le
levatrici, la nutrice, Eva, la Sibilla, personaggi che avevano trovato spazio in
tali raffigurazioni (vedi Sarcofago
di Adelphia e Valerio del III e VI secolo a Siracusa; il presepe di avorio della
Cattedrale di Massimiano (546) a Ravenna; il presepe scolpito nel 1268 da Niccolò
Pisano sul pulpito del Duomo di Siena).
Sin dai primi
secoli dell'era cristiana dunque, la nascita di Gesù, evento centrale della
redenzione del genere umano, fu raffigurata a mezzo di affreschi, bassorilievi e
incisioni su pareti, sarcofaghi e formelle, inseriti in edifici del culto.
Tali
testimonianze, numerosissime ed anche molto interessanti perché l'evoluzione
della loro iconografia interesserà anche lo sviluppo del presepe, non possono
però essere considerate presepi veri e propri. Nel corso dei secoli questo
termine è stato infatti attribuito via via soltanto alle rappresentazioni
plastiche a tutto tondo, sia della sola scena della Natività, sia a quelle alle
quali, sono state aggiunte altre scene quali l'Adorazione dei pastori,
l'Adorazione dei Magi, L'Annuncio ai pastori etc...
Fin dall'alto
Medioevo, nelle Chiese e nelle Confraternite venivano allestite sotto forma di
sacre-rappresentazioni, i vari episodi del ciclo: è dunque probabile che da
esse si sia passati a rappresentazioni con figure scolpite. Ma nessun reperto di
testimonianza scritta ci è giunta di opere a tutto tondo della Natività fino
alla metà del XIII secolo. D'altra parte una sorta di embrione del presepe può
essere individuata nelle " tettoie" in legno rette da tronchi di
albero che già Papa Liberio (352- 355) fece erigere a Roma nella, Basilica
detta appunto , ma per altra motivazione, "S S.MARIA ad praesepe" e
che oggi è nota come S. Maria Maggiore. Dunque una tettoia retta da tronchi
d'albero, quasi lo schema essenziale di una stalla, posta davanti ad un altare
presso il quale, il 24 dicembre di ogni anno veniva celebrata la Messa di
mezzanotte. Altre "tettoie" furono erette in altre Chiese a Roma (S.
Maria in Trastevere), a Napoli nella Chiesa di S. Maria della Rotonda, e
certamente in altre Chiese di altre città. Si sa pure che Papa Gregorio II (
731-734) fece sistemare sotto la tettoia di S. Maria Maggiore una statua d'oro
della Madonna con il Bambino e che anche in altre chiese furono collocati sotto
tali tettoie pitture o statue che ricordavano il Sacro Evento.
A partire
dunque dal IV secolo la Natività diviene uno dei temi dominanti dell'arte
religiosa e in questa produzione spiccano per valore artistico: la natività e
l'adorazione dei magi del dittico a cinque parti in avorio e pietre preziose del
V secolo che si ammira nel Duomo di Milano e i mosaici della Cappella Palatina a
Palermo, del Battistero di S. Maria a Venezia e delle già citate Basiliche di
S. Maria Maggiore e S. Maria in Trastevere a Roma. In queste opere dove si fa
evidente l'influsso orientale, l'ambiente descritto è la grotta, che in quei
tempi si utilizzava per il ricovero degli animali, con gli angeli annuncianti
mentre Maria e Giuseppe (in genere alquanto anziano, se non proprio vecchio)
sono raffigurati in atteggiamento ieratico simili a divinità o, in antitesi,
come soggetti secondari quasi estranei all'evento rappresentato. Dal secolo XIV
la Natività è affidata all'estro figurativo degli artisti più famosi che si
cimentano in affreschi, pitture, sculture, ceramiche, argenti, avori e vetrate
che impreziosiscono le chiese e le dimore della nobiltà o di facoltosi
committenti dell'intera Europa, valgano per tutti i nomi di Giotto, Filippo
Lippi, Piero della Francesca, il Perugino, Dürer, Rembrandt, Poussin, Zurbaran,
Murillo, Correggio, Rubens e tanti altri.
Il presepio
come lo vediamo realizzare ancor oggi ha origine, secondo la tradizione, dal
desiderio di San Francesco di far rivivere in uno scenario naturale la nascita
di Betlemme, con personaggi reali, pastori, contadini, frati e nobili tutti
coinvolti nella rievocazione che ebbe luogo a Greccio la notte di Natale del
1223; episodio poi magistralmente dipinto da Giotto nell'affresco della Basilica
Superiore di Assisi.
Primo esempio
di presepe inanimato, a noi pervenuto, è invece quello che Arnolfo di Cambio
scolpirà nel legno nel 1280 e del quale oggi si conservano le statue residue
nella cripta della Cappella Sistina di S. Maria Maggiore in Roma. Da allora e
fino alla metà del 1400 gli artisti modellano statue di legno o terracotta che
sistemano davanti a un fondale pitturato riproducente un paesaggio che fa da
sfondo alla scena della Natività; il presepe è esposto all'interno delle
chiese nel periodo natalizio. Culla di tale attività artistica fu la Toscana ma
ben presto il presepe si diffuse nel regno di Napoli ad opera di Carlo III di
Borbone e nel resto degli Stati italiani.
Nel '600 e '700
gli artisti napoletani danno alla sacra rappresentazione un'impronta
naturalistica inserendo la Natività nel paesaggio campano ricostruito in scorci
di vita che vedono personaggi della nobiltà, della borghesia e del popolo
rappresentati nelle loro occupazioni giornaliere o nei momenti di svago: nelle
taverne a banchettare o impegnati in balli e serenate.
Ulteriore novità
è la trasformazione delle statue in manichini di legno con arti in fil di
ferro, per dare l'impressione del movimento, abbigliati con indumenti propri
dell'epoca e muniti degli strumenti di svago o di lavoro tipici dei mestieri
esercitati e tutti riprodotti con esattezza anche nei minimi particolari. Questo
per dare verosimiglianza alla scena delimitata da costruzioni riproducenti
luoghi tipici del paesaggio cittadino o campestre: mercati, taverne, abitazioni,
casali, rovine di antichi templi pagani.
A tali fastose
composizioni davano il loro contributo artigiani vari e lavoranti delle stesse
corti regie o la nobiltà, come attestano gli splendidi abiti ricamati che
indossano i Re Magi o altri personaggi di spicco, spesso tessuti negli opifici
reali di S. Leucio. In questo periodo si distinguono anche gli artisti liguri in
particolare a Genova, e quelli siciliani che, in genere, si ispirano sia per la
tecnica che per il realismo scenico, alla tradizione napoletana con alcune
eccezioni come ad esempio l'uso della cera a Palermo e Siracusa o le terracotte
dipinte a freddo di Savona e Albisola.
Sempre nel '700
si diffonde il presepio meccanico o di movimento che ha un illustre predecessore
in quello costruito da Hans Schlottheim nel 1588 per Cristiano I di Sassonia. La
diffusione a livello popolare si realizza pienamente nel '800 quando ogni
famiglia in occasione del Natale costruisce un presepe in casa riproducendo la
Natività secondo i canoni tradizionali con materiali - statuine in gesso o
terracotta, carta pesta e altro - forniti da un fiorente artigianato. In questo
secolo si caratterizza l'arte presepiale della Puglia, specialmente a Lecce, per
l'uso innovativo della cartapesta, policroma o trattata a fuoco, drappeggiata su
uno scheletro di fil di ferro e stoppa.
A Roma le
famiglie importanti per censo e ricchezza gareggiavano tra loro nel farsi
costruire i presepi più imponenti, ambientati nella stessa città o nella
campagna romana, che permettevano di visitare ai concittadini e ai turisti.
Famosi quello della famiglia Forti posto sulla sommità della Torre degli
Anguillara, o della famiglia Buttarelli in via De' Genovesi riproducente Greccio
e il presepe di S. Francesco o quello di Padre Bonelli nel Portico della Chiesa
dei Santi XII Apostoli, parzialmente meccanico con la ricostruzione del lago di
Tiberiade solcato dalle barche e delle città di Gerusalemme e Betlemme.
Oggi dopo
l'affievolirsi della tradizione negli anni '60 e '70, causata anche
dall'introduzione dell'albero di Natale, il presepe è tornato a fiorire grazie
all'impegno di religiosi e privati che con associazioni come quelle degli Amici
del Presepe, Musei tipo il Brembo di Dalmine di Bergamo, Mostre, tipica quella
dei 100 Presepi nelle Sale del Bramante di Roma; dell'Arena di Verona,
rappresentazioni dal vivo come quelle della rievocazione del primo presepio di
S. Francesco a Greccio e i presepi viventi di Rivisondoli in Abruzzo o Revine
nel Veneto e soprattutto la produzione di artigiani presepisti, napoletani e
siciliani in special modo, eredi delle scuole presepiali del passato, hanno
ricondotto nelle case e nelle piazze d'Italia la Natività e tutti i personaggi
della simbologia cristiana del presepe.
Il
Presepe vivente di Greccio
Nel Natale 1223
San Francesco realizza in Greccio con l'aiuto della popolazione locale e di
Giovanni Velìta, signore dei luoghi, un presepe vivente con l'intento di
ricreare la mistica atmosfera del Natale di Betlemme, per vedere con i propri
occhi dove nacque Gesù.
Tutto fu
approntato e, con l'autorizzazione di Papa Onorio III, in quella notte si
realizzò il primo presepio vivente nel mondo.
I personaggi
che nella notte del 1223 animarono il "Presepio di San Francesco" sono
quelli tramandati dalla tradizione e dalle fonti storiche, gli scritti di
Tommaso da Celano e San Bonaventura:
- San
Francesco: che nel suo peregrinare giunge sul monte di Greccio nel 1208, dove
incontra Messer Giovanni Velìta e la popolazione locale per farli partecipi
della sua idea e chiedere la collaborazione necessaria alla realizzazione del
progetto;
- Giovanni Velìta:
Signore di Greccio, discendente dai conti di Celano e della famiglia Berardi,
che divenne grande amico del Santo e con lui collabora al progetto. Nonostante
la sua avanzata età, non esitò a raggiungere San Francesco sui monti di
Greccio per convincerlo a trasferirsi nel borgo e la, nei pressi di Fonte
Colombo, il Santo di Assisi gli espresse il desiderio di rivivere a Greccio il
mistero del Natale di Betlemme;
- Alticama:
figlia di Guido Castelli, Signore di Stroncone, sposa di Giovanni Velìta, che
partecipa attivamente all'evento costruendo con le sue mani il simulacro del
Bambino Gesù;
- gli Araldi:
guardie e servi fedeli del nobile Velìta che lo assistono in ogni sua attività
e si recano in tutta la valle a convocare le genti per il Natale di Greccio;
- i Nobili:
cortigiani testimoni degli avvenimenti di quella mistica notte, vissuta al
seguito del loro signore;
- i Frati:
compagni di Francesco, che lo seguivano fedelmente dovunque come Frà Leone,
Rugino, Angelo, tre seguaci che in futuro, da Greccio, diedero testimonianza
scritta della vita di San Francesco nella "Leggenda dei tre Compagni";
- il Popolo
infine che accorre in massa al richiamo degli araldi portando ceri e fiaccole
per rischiarare quella notte speciale, risalendo la selva con canti e preghiere
animato da una fede profonda risvegliata in loro dal poverello di Assisi. In
questi luoghi nacque e si sviluppò il santuario del Presepe di Greccio, ove dal
1973 ogni anno, come da tradizione, viene rievocato fedelmente l'Evento.
La
tradizione del Presepe in Italia
E' dall'epoca
di San Francesco, dunque, che data l'uso di rappresentare con figure la nascita
di Gesù nella notte di Natale. Le più antiche figure da presepe risalgono al
Quattrocento, a Napoli: in San Giovanni a Carbonara c'erano delle bellissime
figure lignee, a grandezza quasi naturale (oggi sono conservate nel Museo di San
Martino): esse raffigurano, accanto ai consueti personaggi sacri, anche profeti
e sibille, che la tradizione collegava insieme (le sibille sono rappresentate
anche nel pavimento del duomo di Siena, come annunziatrici dei misteri della
fede): vediamo già confluire nel presepe tradizioni culturali
"pagane" accanto a quelle cristiane; non è un caso che questa prima
raffigurazione presepiale si abbia a Napoli dove era vivo il ricordo di
Virgilio, profeta e mago. Anche a Roma troviamo pregevoli esempi di presepe:
citiamo qui solo quello dell'Aracoeli, in cui vi è una preziosa statua del
Bambino in legno d'ulivo e tempestata di gemme.
Una tappa
fondamentale nella costituzione del presepe popolare è costituita, all'inizio
del Cinquecento, dall'opera di San Gaetano Thiene, appartenente all'ordine dei
Teatini (nel Seicento San Gaetano fu elevato al rango di compatrono di Napoli
accanto a San Gennaro) che cominciò ad ampliare la rappresentazione, mediante
personaggi che appartenevano al mondo antico, ma anche all'epoca contemporanea,
senza alcun timore di eventuali anacronismi. In tal maniera il Santo dava vita a
quella che sarebbe rimasta come una delle principali caratteristiche del
presepe, cioè la sua atemporalità, che permette di far rivivere la nascita del
Cristo in ogni epoca. Di ciò ha approfittato soprattutto la tradizione
presepiale napoletana, la quale "aggiorna" continuamente la
rappresentazione, con personaggi tratti dalla vita culturale e politica; così,
si ritrovano raffigurati dai "pastorari" di San Gregorio Armeno (la
popolare strada dei "pastori") l'attore Totò (Antonio de Curtis) e il
drammaturgo Eduardo De Filippo che ha mostrato la napoletana passione per il
presepe nel personaggio di Lucariello, nella commedia "Natale in casa
Cupiello".
In Italia
dobbiamo tuttavia distinguere due correnti, una settentrionale, contraddistinta
dalla capanna, e una meridionale, contraddistinta dalla grotta. In area
meridionale, poi, la tradizione pugliese e quella siciliana hanno caratteri
propri che le tengono distinte dalla tradizione napoletana; anche i rispettivi
artigianati sono ben riconoscibili: i pastori siciliani e pugliesi sono
facilmente distinguibili, anche per chi non ha molta esperienza, da quelli
napoletani.
E proprio il
"Pastore" è l’elemento fondamentale dell’artigianato presepiale,
addirittura diventato termine tecnico per indicare la statuetta da presepe, con
una estensione semantica, poiché i primi ad accorrere alla culla del Bambino
Gesù furono, appunto, dei pastori. Queste statuette possono essere costruite
con vari materiali, come stucco, legno, terracotta, cartapesta e così via.
L’artigianato
in cartapesta è tipico della città di Lecce, che con questo materiale dà vita
a veri e propri capolavori.
Per
concludere: “Albero” o “Presepe”?
La
contrapposizione tra il presepe “cristiano” e l’abete di Natale “
pagano”, è una interpretazione moderna che non trova radici nelle origini
dell’uso.
L’albero
natalizio è figlio di antichissimi culti vegetali pagani, ma venne introdotto
in ambiente cristiano ben prima dello stesso presepe. La fonte delle due
tradizioni è la medesima : i drammi liturgici.
Soprattutto nel
medioevo germanico, le sacre rappresentazioni natalizie sceneggiavano tutta la
storia della salvezza, dal peccato originale all’Incarnazione.
Si cominciava
dunque dall’albero del bene e del male, da cui Adamo ed Eva avevano spiccato
la classica mela. Non per nulla in alcuni antichi calendari, proprio i due
progenitori risultano titolari della festa del 24 dicembre.
Nella vigilia
di Natale un sempreverde veniva addobbato in piazza o in chiesa con mele e
ostie, perché secondo una tradizione popolare col medesimo legno del peccato
sarebbe stata poi costruita la croce del Calvario.
Col tempo le
mele si trasformarono in palline colorate e le ostie in biscotti; basta
aggiungere le luci ed ecco fatto il nostro suggestivo albero di Natale così
amato da tutti i bambini ….ma anche
dagli adulti.