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materiali didattici - religione 2

Breve storia del Presepe

 

Il presepe nasce tra il popolo e per il popolo. I racconti evangelici sono le prime fonti storiche inerenti al Presepe e alle rappresentazioni paleocristiane dellaNatività e dell’Epifania.

Tra il 230 e il 240 d.C. a Roma, nel cuore delle Catacombe di Priscilla possiamo collocare il primo documento iconografico che allude esplicitamente all’episodio della Natività.

Ma sarà alla fine del IV secolo d.C. che nasce il vero e proprio tema del Presepe, fenomeno che può essere collegato con l’istituzione della festività del Natale, di cui abbiamo la prima menzione nel documento agiografico definito Depositum martyrum datato proprio nel corso del secoloIV.

Il presepe diverrà così  parte integrante del patrimonio culturale, folclorico,  di tutti i paesi cristiani.

  a cura di   Lucia Magnolfi

Origine e sviluppo del Presepe | Il Presepe vivente di Greccio  La tradizione del Presepe in Italia  |
 
Per concludere: "Albero" o "Presepe"? | Immagini

 

 

Origine e sviluppo del Presepe

 

Sono gli evangelisti Luca e Matteo i primi a descrivere la Natività. Nei loro brani c'è già tutta la sacra rappresentazione che a partire dal medioevo prenderà il nome latino di praesepium ovvero recinto chiuso, mangiatoia e, in seguito, per traslato, stalla, grotta. Luca e Matteo  narrano infatti della umile nascita di Gesù; dell'annunzio dato ai pastori; dei Magi venuti da oriente seguendo la stella per adorare il Bambino che i prodigi del cielo annunciano già re.

Così leggiamo nel cap.2 del Vangelo secondo Luca:

 

[1 In  quei  giorni  un  decreto  di  Cesare Augusto

ordinò  che si facesse il censimento di tutta la terra.

[2 Questo   primo   censimento   fu  fatto  quando  era

governatore  della  Siria Quirinio. [3 Andavano tutti a

farsi  registrare,  ciascuno  nella sua città. [4 Anche

Giuseppe,  che  era  della  casa  e  della  famiglia di

Davide,  dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in

Giudea  alla città di Davide, chiamata Betlemme, [5 per

farsi  registrare  insieme con Maria sua sposa, che era

incinta.  [6 Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si

compirono  per  lei  i  giorni del parto. [7 Diede alla

luce  il  suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e

lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per

loro nell'albergo.

[8 C'erano  in  quella  regione  alcuni  pastori che

vegliavano  di notte facendo la guardia al loro gregge.

[9 Un  angelo  del Signore si presentò davanti a loro e

la  gloria  del Signore li avvolse di luce. Essi furono

presi  da  grande spavento, [10 ma l'angelo disse loro:

«Non  temete,  ecco  vi  annunzio una grande gioia, che

sarà di tutto il popolo: [11 oggi vi è nato nella città

di  Davide  un  salvatore,  che  è  il  Cristo Signore.

[12 Questo  per  voi  il  segno:  troverete  un bambino

avvolto  in  fasce, che giace in una mangiatoia». [13 E

subito   apparve    con   l'angelo   una   moltitudine

dell'esercito celeste che lodava Dio e diceva:

   [14 «Gloria a Dio nel più alto dei cieli

   e pace in terra agli uomini che egli ama».

   [15 Appena  gli  angeli  si  furono  allontanati per

tornare al cielo, i pastori dicevano fra loro: «Andiamo

fino  a  Betlemme,  vediamo  questo  avvenimento che il

Signore  ci  ha  fatto  conoscere». [16 Andarono dunque

senz'indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino,

che  giaceva nella mangiatoia. [17 E dopo averlo visto,

riferirono  ciò  che  del bambino era stato detto loro.

[18 Tutti  quelli  che udirono, si stupirono delle cose

che  i  pastori  dicevano.  [19 Maria,  da  parte  sua,

serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore.

   [20 I  pastori  poi  se ne tornarono, glorificando e

lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto,

com'era stato detto loro.

 

Al cap. 2 del Vangelo secondo Matteo troviamo l'episodio dei Magi:

 

[1 Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re

Erode.  Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e

domandavano:  [2 «Dov'è  il  re  dei Giudei che è nato?

Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per

adorarlo».  [3 All'udire  queste  parole,  il  re Erode

restò  turbato  e con lui tutta Gerusalemme. [4 Riuniti

tutti  i  sommi  sacerdoti  e  gli  scribi  del popolo,

s'informava  da loro sul luogo in cui doveva nascere il

Messia. [5 Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché

così è scritto per mezzo del profeta:

   [6 E tu, Betlemme,terra di Giuda,

   non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda:

   da te uscirà infatti un capo

   che pascerà il mio popolo, Israele.

[7 Allora  Erode,  chiamati  segretamente i Magi, si

fece  dire  con  esattezza  da loro il tempo in cui era

apparsa la stella [8 e li inviò a Betlemme esortandoli:

«Andate  e  informatevi  accuratamente  del  bambino e,

quando   l'avrete   trovato,  fatemelo  sapere,  perché

anch'io venga ad adorarlo».

[9 Udite  le  parole del re, essi partirono. Ed ecco

la  stella,  che  avevano  visto  nel  suo  sorgere, li

precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove

si  trovava  il  bambino. [10 Al vedere la stella, essi

provarono  una  grandissima  gioia.  [11 Entrati  nella

casa,   videro  il  bambino  con  Maria  sua  madre,  e

prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e

gli   offrirono   in   dono   oro,   incenso  e  mirra.

[12 Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per

un'altra strada fecero ritorno al loro paese.

 

Sono i vangeli apocrifi ( quelli cioè che non sono stati accettati come ispirati e e dunque non inclusi tra i 4 canonici) che parlano di una grotta nella quale era collocata la stalla ed è sempre in essi che si riscontra la presenza del bue e dell'asino che con il loro alito riscaldano l'umile culla. In questo dato confluisce probabilmente la profezia di Isaia che, accusando il popolo di Israele di essere sordo alla parola di Dio, lo contrappone proprio alla mansuetudine del bue e dell'asino (Is 1,3) .

E Origene (prima metà del III secolo), proprio sulla base del testo isaiano, nella sua tredicesima omelia su Luca, aggiunge definitivamente la presenza nella stalla del bue e dell'asino come simboli del popolo ebreo e dei pagani.

L'avvenimento così familiare e umano della nascita se da un lato colpisce la fantasia dei paleocristiani rendendo loro meno oscuro il mistero di un Dio che si fa uomo, dall'altro li sollecita a rimarcare gli aspetti trascendenti quali la divinità del bambino e la verginità di Maria. Così si spiegano le effigi parietali del III secolo nel cimitero di S. Agnese e nelle catacombe di Pietro e Marcellino e di Domitilla in Roma che ci mostrano una Natività e l'adorazione dei Magi ai quali il vangelo apocrifo armeno assegna i nomi di Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, ma soprattutto si caricano di significati allegorici i personaggi dei quali si va arricchendo l'originale iconografia.

Proprio riguardo ai Magi, è interessante notare che il numero di costoro, alquanto vario, fu fissato in tre da S Leone Magno (V secolo) e che essi venivano considerati ciascuno come appartenente ad una delle tre razze umane, la semita, rappresentata dal Re giovane, la giapetica dal Re maturo, la camitica rappresentata dal Re moro. Tale simbolismo, oltre a dimostrare la partecipazione universale alla Redenzione, non finisce qui: i tre Re, di età diversa , rappresenterebbero le età dell'uomo, i tre doni che essi portano, testimonierebbero, la regalità (l'oro), la divinità (l'incenso), l'umanità ( la mirra ) del Divino Bambino.

Importante è anche  osservare che dal III-IV secolo fino al XIII, non poche rappresentazioni della Natività in bassorilievo esistenti in Italia presentano la Vergine distesa accanto al Bambino poggiato nella mangiatoia e costituiscono perciò una testimonianza dell'influenza esercitata , specie, nell'Italia mediterranea per diversi secoli dalla Chiesa di Oriente.

Infatti, in seguito alle polemiche della Chiesa di Antiochia e quella di Alessandria, cioè tra Nestorio il quale, tenendo distinte le due nature, divina ed umana di Cristo, sosteneva che Maria era Madre di Gesù-uomo e non di Gesù-Dio, e Cirillo, il quale, insisteva sulla divinità di Maria, risultò, in un primo momento, vincente la tesi di Nestorio che, per quanto solennemente condannata nel concilio di Efeso del 431, influenzò ancora per lunghi secoli i Paesi del Medio e lontano Oriente. Solo dopo il XIII secolo, con l'affermarsi del culto Mariano, per le elaborazioni teologiche di S.Tommaso e di S.Bonaventura, si ritenne che il parto della Vergine non poteva essere rappresentato come quello di una comune mortale: da allora Maria e Giuseppe vennero rappresentati in ginocchio, adoranti, mentre scomparivano dalle rappresentazioni anche le levatrici, la nutrice, Eva, la Sibilla, personaggi che avevano trovato spazio in tali raffigurazioni  (vedi Sarcofago di Adelphia e Valerio del III e VI secolo a Siracusa; il presepe di avorio della Cattedrale di Massimiano (546) a Ravenna; il presepe scolpito nel 1268 da Niccolò Pisano sul pulpito del Duomo di Siena).

Sin dai primi secoli dell'era cristiana dunque, la nascita di Gesù, evento centrale della redenzione del genere umano, fu raffigurata a mezzo di affreschi, bassorilievi e incisioni su pareti, sarcofaghi e formelle, inseriti in edifici del culto.

Tali testimonianze, numerosissime ed anche molto interessanti perché l'evoluzione della loro iconografia interesserà anche lo sviluppo del presepe, non possono però essere considerate presepi veri e propri. Nel corso dei secoli questo termine è stato infatti attribuito via via soltanto alle rappresentazioni plastiche a tutto tondo, sia della sola scena della Natività, sia a quelle alle quali, sono state aggiunte altre scene quali l'Adorazione dei pastori, l'Adorazione dei Magi, L'Annuncio ai pastori etc...

Fin dall'alto Medioevo, nelle Chiese e nelle Confraternite venivano allestite sotto forma di sacre-rappresentazioni, i vari episodi del ciclo: è dunque probabile che da esse si sia passati a rappresentazioni con figure scolpite. Ma nessun reperto di testimonianza scritta ci è giunta di opere a tutto tondo della Natività fino alla metà del XIII secolo. D'altra parte una sorta di embrione del presepe può essere individuata nelle " tettoie" in legno rette da tronchi di albero che già Papa Liberio (352- 355) fece erigere a Roma nella, Basilica detta appunto , ma per altra motivazione, "S S.MARIA ad praesepe" e che oggi è nota come S. Maria Maggiore. Dunque una tettoia retta da tronchi d'albero, quasi lo schema essenziale di una stalla, posta davanti ad un altare presso il quale, il 24 dicembre di ogni anno veniva celebrata la Messa di mezzanotte. Altre "tettoie" furono erette in altre Chiese a Roma (S. Maria in Trastevere), a Napoli nella Chiesa di S. Maria della Rotonda, e certamente in altre Chiese di altre città. Si sa pure che Papa Gregorio II ( 731-734) fece sistemare sotto la tettoia di S. Maria Maggiore una statua d'oro della Madonna con il Bambino e che anche in altre chiese furono collocati sotto tali tettoie pitture o statue che ricordavano il Sacro Evento.

A partire dunque dal IV secolo la Natività diviene uno dei temi dominanti dell'arte religiosa e in questa produzione spiccano per valore artistico: la natività e l'adorazione dei magi del dittico a cinque parti in avorio e pietre preziose del V secolo che si ammira nel Duomo di Milano e i mosaici della Cappella Palatina a Palermo, del Battistero di S. Maria a Venezia e delle già citate Basiliche di S. Maria Maggiore e S. Maria in Trastevere a Roma. In queste opere dove si fa evidente l'influsso orientale, l'ambiente descritto è la grotta, che in quei tempi si utilizzava per il ricovero degli animali, con gli angeli annuncianti mentre Maria e Giuseppe (in genere alquanto anziano, se non proprio vecchio) sono raffigurati in atteggiamento ieratico simili a divinità o, in antitesi, come soggetti secondari quasi estranei all'evento rappresentato. Dal secolo XIV la Natività è affidata all'estro figurativo degli artisti più famosi che si cimentano in affreschi, pitture, sculture, ceramiche, argenti, avori e vetrate che impreziosiscono le chiese e le dimore della nobiltà o di facoltosi committenti dell'intera Europa, valgano per tutti i nomi di Giotto, Filippo Lippi, Piero della Francesca, il Perugino, Dürer, Rembrandt, Poussin, Zurbaran, Murillo, Correggio, Rubens e tanti altri.

Il presepio come lo vediamo realizzare ancor oggi ha origine, secondo la tradizione, dal desiderio di San Francesco di far rivivere in uno scenario naturale la nascita di Betlemme, con personaggi reali, pastori, contadini, frati e nobili tutti coinvolti nella rievocazione che ebbe luogo a Greccio la notte di Natale del 1223; episodio poi magistralmente dipinto da Giotto nell'affresco della Basilica Superiore di Assisi.

Primo esempio di presepe inanimato, a noi pervenuto, è invece quello che Arnolfo di Cambio scolpirà nel legno nel 1280 e del quale oggi si conservano le statue residue nella cripta della Cappella Sistina di S. Maria Maggiore in Roma. Da allora e fino alla metà del 1400 gli artisti modellano statue di legno o terracotta che sistemano davanti a un fondale pitturato riproducente un paesaggio che fa da sfondo alla scena della Natività; il presepe è esposto all'interno delle chiese nel periodo natalizio. Culla di tale attività artistica fu la Toscana ma ben presto il presepe si diffuse nel regno di Napoli ad opera di Carlo III di Borbone e nel resto degli Stati italiani.

Nel '600 e '700 gli artisti napoletani danno alla sacra rappresentazione un'impronta naturalistica inserendo la Natività nel paesaggio campano ricostruito in scorci di vita che vedono personaggi della nobiltà, della borghesia e del popolo rappresentati nelle loro occupazioni giornaliere o nei momenti di svago: nelle taverne a banchettare o impegnati in balli e serenate.

Ulteriore novità è la trasformazione delle statue in manichini di legno con arti in fil di ferro, per dare l'impressione del movimento, abbigliati con indumenti propri dell'epoca e muniti degli strumenti di svago o di lavoro tipici dei mestieri esercitati e tutti riprodotti con esattezza anche nei minimi particolari. Questo per dare verosimiglianza alla scena delimitata da costruzioni riproducenti luoghi tipici del paesaggio cittadino o campestre: mercati, taverne, abitazioni, casali, rovine di antichi templi pagani.

A tali fastose composizioni davano il loro contributo artigiani vari e lavoranti delle stesse corti regie o la nobiltà, come attestano gli splendidi abiti ricamati che indossano i Re Magi o altri personaggi di spicco, spesso tessuti negli opifici reali di S. Leucio. In questo periodo si distinguono anche gli artisti liguri in particolare a Genova, e quelli siciliani che, in genere, si ispirano sia per la tecnica che per il realismo scenico, alla tradizione napoletana con alcune eccezioni come ad esempio l'uso della cera a Palermo e Siracusa o le terracotte dipinte a freddo di Savona e Albisola.

Sempre nel '700 si diffonde il presepio meccanico o di movimento che ha un illustre predecessore in quello costruito da Hans Schlottheim nel 1588 per Cristiano I di Sassonia. La diffusione a livello popolare si realizza pienamente nel '800 quando ogni famiglia in occasione del Natale costruisce un presepe in casa riproducendo la Natività secondo i canoni tradizionali con materiali - statuine in gesso o terracotta, carta pesta e altro - forniti da un fiorente artigianato. In questo secolo si caratterizza l'arte presepiale della Puglia, specialmente a Lecce, per l'uso innovativo della cartapesta, policroma o trattata a fuoco, drappeggiata su uno scheletro di fil di ferro e stoppa.

A Roma le famiglie importanti per censo e ricchezza gareggiavano tra loro nel farsi costruire i presepi più imponenti, ambientati nella stessa città o nella campagna romana, che permettevano di visitare ai concittadini e ai turisti. Famosi quello della famiglia Forti posto sulla sommità della Torre degli Anguillara, o della famiglia Buttarelli in via De' Genovesi riproducente Greccio e il presepe di S. Francesco o quello di Padre Bonelli nel Portico della Chiesa dei Santi XII Apostoli, parzialmente meccanico con la ricostruzione del lago di Tiberiade solcato dalle barche e delle città di Gerusalemme e Betlemme.

Oggi dopo l'affievolirsi della tradizione negli anni '60 e '70, causata anche dall'introduzione dell'albero di Natale, il presepe è tornato a fiorire grazie all'impegno di religiosi e privati che con associazioni come quelle degli Amici del Presepe, Musei tipo il Brembo di Dalmine di Bergamo, Mostre, tipica quella dei 100 Presepi nelle Sale del Bramante di Roma; dell'Arena di Verona, rappresentazioni dal vivo come quelle della rievocazione del primo presepio di S. Francesco a Greccio e i presepi viventi di Rivisondoli in Abruzzo o Revine nel Veneto e soprattutto la produzione di artigiani presepisti, napoletani e siciliani in special modo, eredi delle scuole presepiali del passato, hanno ricondotto nelle case e nelle piazze d'Italia la Natività e tutti i personaggi della simbologia cristiana del presepe.

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Il Presepe vivente di Greccio

 

Nel Natale 1223 San Francesco realizza in Greccio con l'aiuto della popolazione locale e di Giovanni Velìta, signore dei luoghi, un presepe vivente con l'intento di ricreare la mistica atmosfera del Natale di Betlemme, per vedere con i propri occhi dove nacque Gesù.

Tutto fu approntato e, con l'autorizzazione di Papa Onorio III, in quella notte si realizzò il primo presepio vivente nel mondo.

I personaggi che nella notte del 1223 animarono il "Presepio di San Francesco" sono quelli tramandati dalla tradizione e dalle fonti storiche, gli scritti di Tommaso da Celano e San Bonaventura:

- San Francesco: che nel suo peregrinare giunge sul monte di Greccio nel 1208, dove incontra Messer Giovanni Velìta e la popolazione locale per farli partecipi della sua idea e chiedere la collaborazione necessaria alla realizzazione del progetto;

- Giovanni Velìta: Signore di Greccio, discendente dai conti di Celano e della famiglia Berardi, che divenne grande amico del Santo e con lui collabora al progetto. Nonostante la sua avanzata età, non esitò a raggiungere San Francesco sui monti di Greccio per convincerlo a trasferirsi nel borgo e la, nei pressi di Fonte Colombo, il Santo di Assisi gli espresse il desiderio di rivivere a Greccio il mistero del Natale di Betlemme;

- Alticama: figlia di Guido Castelli, Signore di Stroncone, sposa di Giovanni Velìta, che partecipa attivamente all'evento costruendo con le sue mani il simulacro del Bambino Gesù;

- gli Araldi: guardie e servi fedeli del nobile Velìta che lo assistono in ogni sua attività e si recano in tutta la valle a convocare le genti per il Natale di Greccio;

- i Nobili: cortigiani testimoni degli avvenimenti di quella mistica notte, vissuta al seguito del loro signore;

- i Frati: compagni di Francesco, che lo seguivano fedelmente dovunque come Frà Leone, Rugino, Angelo, tre seguaci che in futuro, da Greccio, diedero testimonianza scritta della vita di San Francesco nella "Leggenda dei tre Compagni";

- il Popolo infine che accorre in massa al richiamo degli araldi portando ceri e fiaccole per rischiarare quella notte speciale, risalendo la selva con canti e preghiere animato da una fede profonda risvegliata in loro dal poverello di Assisi. In questi luoghi nacque e si sviluppò il santuario del Presepe di Greccio, ove dal 1973 ogni anno, come da tradizione, viene rievocato fedelmente l'Evento.

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La tradizione del Presepe in Italia

 

E' dall'epoca di San Francesco, dunque, che data l'uso di rappresentare con figure la nascita di Gesù nella notte di Natale. Le più antiche figure da presepe risalgono al Quattrocento, a Napoli: in San Giovanni a Carbonara c'erano delle bellissime figure lignee, a grandezza quasi naturale (oggi sono conservate nel Museo di San Martino): esse raffigurano, accanto ai consueti personaggi sacri, anche profeti e sibille, che la tradizione collegava insieme (le sibille sono rappresentate anche nel pavimento del duomo di Siena, come annunziatrici dei misteri della fede): vediamo già confluire nel presepe tradizioni culturali "pagane" accanto a quelle cristiane; non è un caso che questa prima raffigurazione presepiale si abbia a Napoli dove era vivo il ricordo di Virgilio, profeta e mago. Anche a Roma troviamo pregevoli esempi di presepe: citiamo qui solo quello dell'Aracoeli, in cui vi è una preziosa statua del Bambino in legno d'ulivo e tempestata di gemme.

Una tappa fondamentale nella costituzione del presepe popolare è costituita, all'inizio del Cinquecento, dall'opera di San Gaetano Thiene, appartenente all'ordine dei Teatini (nel Seicento San Gaetano fu elevato al rango di compatrono di Napoli accanto a San Gennaro) che cominciò ad ampliare la rappresentazione, mediante personaggi che appartenevano al mondo antico, ma anche all'epoca contemporanea, senza alcun timore di eventuali anacronismi. In tal maniera il Santo dava vita a quella che sarebbe rimasta come una delle principali caratteristiche del presepe, cioè la sua atemporalità, che permette di far rivivere la nascita del Cristo in ogni epoca. Di ciò ha approfittato soprattutto la tradizione presepiale napoletana, la quale "aggiorna" continuamente la rappresentazione, con personaggi tratti dalla vita culturale e politica; così, si ritrovano raffigurati dai "pastorari" di San Gregorio Armeno (la popolare strada dei "pastori") l'attore Totò (Antonio de Curtis) e il drammaturgo Eduardo De Filippo che ha mostrato la napoletana passione per il presepe nel personaggio di Lucariello, nella commedia "Natale in casa Cupiello".

In Italia dobbiamo tuttavia distinguere due correnti, una settentrionale, contraddistinta dalla capanna, e una meridionale, contraddistinta dalla grotta. In area meridionale, poi, la tradizione pugliese e quella siciliana hanno caratteri propri che le tengono distinte dalla tradizione napoletana; anche i rispettivi artigianati sono ben riconoscibili: i pastori siciliani e pugliesi sono facilmente distinguibili, anche per chi non ha molta esperienza, da quelli napoletani.

E proprio il "Pastore" è l’elemento fondamentale dell’artigianato presepiale, addirittura diventato termine tecnico per indicare la statuetta da presepe, con una estensione semantica, poiché i primi ad accorrere alla culla del Bambino Gesù furono, appunto, dei pastori. Queste statuette possono essere costruite con vari materiali, come stucco, legno, terracotta, cartapesta e così via.

L’artigianato in cartapesta è tipico della città di Lecce, che con questo materiale dà vita a veri e propri capolavori.

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Per concludere: “Albero” o “Presepe”?

 

La contrapposizione tra il presepe “cristiano” e l’abete di Natale “ pagano”, è una interpretazione moderna che non trova radici nelle origini dell’uso.

L’albero natalizio è figlio di antichissimi culti vegetali pagani, ma venne introdotto in ambiente cristiano ben prima dello stesso presepe. La fonte delle due tradizioni è la medesima : i drammi liturgici.

Soprattutto nel medioevo germanico, le sacre rappresentazioni natalizie sceneggiavano tutta la storia della salvezza, dal peccato originale all’Incarnazione.

Si cominciava dunque dall’albero del bene e del male, da cui Adamo ed Eva avevano spiccato la classica mela. Non per nulla in alcuni antichi calendari, proprio i due progenitori risultano titolari della festa del 24 dicembre.

Nella vigilia di Natale un sempreverde veniva addobbato in piazza o in chiesa con mele e ostie, perché secondo una tradizione popolare col medesimo legno del peccato sarebbe stata poi costruita la croce del Calvario.

Col tempo le mele si trasformarono in palline colorate e le ostie in biscotti; basta aggiungere le luci ed ecco fatto il nostro suggestivo albero di Natale così amato da tutti i bambini ….ma  anche dagli adulti.

 

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