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La "censura" dei libri di storia

marx_fm.gif (33230 byte) Questo è il succo della posizione degli aspiranti censori dei libri di storia. Sul senso di questa, come di altre vignette simili, abbiamo già detto su queste stesse pagine.

 



Qualche anno dopo la Rivoluzione, quando Stalin aveva sconfitto Trotsky nella lotta per il potere in Russia, fu intrapresa una politica attiva di rimozione dell'immagine di Trotsky da fotografie molto note in cui condivideva la gloria di Lenin; la stessa cosa toccò alle foto destinate ai libri di testo.
(Stuart T. Miller, Questioni di storia contemporanea, Sansoni, Firenze, 1993, pagg. 504-505)

La questione sollevata dalla giunta della Regione Lazio non riguarda gli storici, né le correnti storiografiche: il dibattito fra gli storici (accademici e non) si svolge su un altro livello e sortite di questo tipo possono infastidire o fare indignare, ma alla fine incidono ben poco sulla ricerca storica. Il mondo è pieno di libri che esaltano il fascismo, il nazismo o lo stalinismo, ma sono confinati in certi scaffali delle librerie a metà presso in scaffali destinati a vecchi nostalgici o a giovani fanatici. Gli studi storici sono un'altra cosa e lo sa chi si occupa di storia, sia egli di destra, di centro o di sinistra.

La questione riguarda ben più seriamente gli insegnanti (non soltanto di storia, perché le commissioni regionali potranno a buon diritto occuparsi di letteratura, di filosofia e financo di scienza, magari vietando l'insegnamento delle teorie evoluzionistiche di Darwin).
Nel nostro paese esistono moltissimi libri di testo che coprono un'area vastissima di posizioni storiografiche, filosofiche, critiche, religiose, ecc.: ne sanno qualcosa i cattolici che controllano case editrici scolastiche importanti come La Scuola e la SEI; e infatti i cattolici (anche quelli della "casa delle libertà") sembrano dissociarsi più o meno apertamente dall'iniziativa di Alleanza Nazionale.
Se i libri di testo più diffusi sono quelli accusati di essere filomarxisti è perché la maggioranza degli insegnanti, sentiti gli studenti e i rappresentanti dei genitori nei consigli di classe, li ha "adottati", preferendoli ad altri volumi più "oggettivi" e con una dose maggiore di "verità". Si vuole quindi impedire che gli insegnanti possano scegliere: siccome per il momento non possono essere impegnati, per giuramento, sui contenuti del loro insegnamento, togliamo loro gli strumenti con i quali indottrinano i poveri studenti.
Sarebbe ridicolo, se non fosse drammatico visto che questi personaggi ce li troveremo fra poco al governo del paese, questo atteggiamento che considera il libro di testo come il Libro (cioè la Bibbia), depositario di una Verità assoluta, e l'insegnante di storia come il missionario che quella verità svela alla tribù selvagge degli studenti, che non hanno mai ricevuto e mai riceveranno altra informazione se non quella del libro di testo, isolati in una giungla in cui le famiglie sono tutte dedite ai riti tribali di esaltazione del comunismo e dalla quale è impossibile udire le libere voci del "mondo libero" (come si diceva una volta).
Il libro di testo è uno strumento che l'insegnante - e in special modo l'insegnante "di sinistra" - usa con molta cautela e con molto spirito critico; è uno strumento che proprio gli insegnanti "di sinistra" hanno contestato nei decenni passati (addirittura con scioperi delle adozioni); e che negli ultimi tempi si è andato rinnovando, integrandosi con altre fonti di informazione, fino alla famigerata e benedetta rete di internet.

Il fatto è che si usa il cosiddetto "revisionismo" storico per operazioni di intolleranza culturale e di sopraffazione politica, partendo dalla convinzione (hegeliana e cristiana) che la Verità sia Una, Eterna e Immutabile e che le istituzioni culturali, religiose e politiche abbiano l'obbligo morale di affermarla e di difenderla. La tolleranza del cattolico nei confronti delle altre fedi religiose non può e non deve prescindere - è stato di recente affermato da fonti autorevoli - dalla consapevolezza che l'unica Vera religione è la cattolica. La tolleranza del fascista nei confronti della pluralità di posizioni nella ricerca storica non può e non deve prescindere dalla consapevolezza che l'anticomunismo è un valore maggiore dell'antifascismo; e mentre proprio gli storici "di sinistra" hanno dato un contributo grandissimo negli ultime decenni alla riscrittura critica della storia della Resistenza, si chiede che questa storiografia venga sostituita dalla cancellazione della politica criminale del fascismo, proprio come Stalin cancellava l'immagine di Trotsky dalle fotografie e dai libri di testo.

Un paio di problemi storiografici per gli amici di Storace: sembra che Clinton sia intenzionato ad andare il Vietnam per chiudere definitivamente il capitolo della guerra "sbagliata" degli americani contro i vietnamiti; che cosa dobbiamo scrivere nei libri di testo sulla crociata anticomunista degli anni Sessanta e Settanta nel sud-est asiatico? E che cosa dobbiamo scrivere sul governo Tambroni? E che cosa su Giorgio Almirante e la Repubblica Sociale Italiana?
Che cosa scrivere sulle Brigate Rosse gli storici "di sinistra" lo sanno, come dimostrano i libri di testo contestati; e anche sullo stalinismo e sull'intervento sovietico a Budapest o a Praga. E credo che non ci sia nessuna obiezione nemmeno a scrivere che Armando Cossutta prendeva i soldi dall'URSS.
Ma se tutta la questione ruota intorno alla voglia di veder messi sullo stesso piano fascismo e antifascismo, Resistenza e Repubblica Sociale, credo proprio che si debba dire di no: fra le due cose c'è una bella differenza, come ha sottolineato una volta Vittorio Foa rivolgendosi al senatore missino Pisanò: "la differenza fra noi e voi e che, avendo vinto noi, lei è senatore della repubblica, se aveste vinto voi io sarei ancora nelle patrie galere".

Luciano Ardiccioni