GROTTAMMARE NEI SECOLI XIX – XX
Lo splendore in età Napoleonica
Il secondo intervento di Napoleone in Italia (1800) e la conseguente formazione del Regno Italico (governato da Eugenio Beauharnais, figliastro del Bonaparte) produsse modifiche sostanziali all’assetto territoriale delle Marche. Grottammare venne presa in grande considerazione dalle autorità filofrancesi tanto che finalmente le fu riconosciuta la piena autonomia da Fermo. La cittadina fu dichiarata anche "Giudicatura di Pace" e da essa dipendevano, oltre a S. Andrea e Marano (l’odierna Cupra Marittima, che già era sua frazione dal 1798 ), anche San Benedetto del Tronto, Acquaviva e Monteprandone. Fu il rilevante sviluppo economico raggiunto dal paese a determinarne, in quegli anni, la supremazia sui centri limitrofi. La decisione di Napoleone di imporre il cosiddetto "blocco continentale" per danneggiare il commercio inglese fece la fortuna degli armatori e dei marinai grottammaresi: poiché il controllo dei mari era saldamente in mano britannica, l’accresciuto pericolo di navigazione produsse un’impennata nei costi di spedizione delle merci. I prodotti ammassati nei magazzini adiacenti il porto (in particolare legname, agrumi, cereali, sale, vino, olio) erano portati a destinazione dalla flottiglia locale solo dietro lauto compenso. D’altra parte è doveroso precisare che i rischi erano effettivamente alti. Le cronache dell’epoca riferiscono di un gruppo di dodici barche che, veleggiando verso Brindisi, fu intercettato da una nave da guerra inglese: lo scontato esito finale della piccola battaglia portò alla perdita del carico e alla cattura di tre comandanti che, condotti prigionieri a Malta, riacquistarono la libertà solo dopo il 1815. In quel periodo l’importanza marittima di Grottammare viene ribadita anche da un ufficio governativo che vi risiedeva e che aveva il compito di sorvegliare le operazioni di imbarco e di sbarco effettuate lungo tutto il tratto di costa tra Pedaso e S. Benedetto del Tronto. Contemporaneamente nella cittadina cominciarono a svilupparsi vari insediamenti produttivi che si rivelarono salvifici per l’economia del luogo quando, dopo la sconfitta di Napoleone, decadde l’attività portuale.
Dalla Restaurazione all’Unità d’Italia
Durante la Restaurazione il paese visse un altro momento difficile della sua storia: la crisi della marineria, causata dalle misure protezionistiche adottate dal vicino Regno di Napoli, creò disoccupazione e conseguentemente si ebbe un fenomeno migratorio che ridusse il numero degli abitanti da 4000 a 3000. Alla giurisdizione di Grottammare furono sottratte S. Andrea e Marano nel 1817 e successivamente, nel 1827, S. Benedetto, Acquaviva e Monteprandone. Tuttavia questo sofferto periodo durò poco poiché nella cittadina cominciò a prendere piede il già accennato sviluppo industriale. In particolare il conte Paccaroni riuscì a reperire fondi, tramite la vendita di azioni alla gente del luogo, per realizzare una raffineria dello zucchero. Questo ragguardevole stabilimento, che diede lavoro a 131 dipendenti e che fu l’unico del suo genere nello Stato della Chiesa, andò ad affiancare le già esistenti fabbriche di legname, di liquirizia, di potassa e di cremore di tartaro. Il commercio ed i traffici marittimi ripresero allora con tanto vigore che il governo pontificio decise di aprire sia uno sportello doganale al porto e sia un ufficio per la soprintendenza del sale e dei tabacchi. Le fiorenti attività di importazione ed esportazione indussero alcuni Stati (Francia, Austria, Svezia, Norvegia, Regno di Napoli, Granducato di Toscana) ad aprire loro consolati nel paese, che, nel frattempo, era andato ovviamente ripopolandosi (4050 i residenti nel 1834). Nel ventennio antecedente l’unità d’Italia Grottammare tornò ad assumere un ruolo di primo piano nell’ambito della provincia fermana: già dal 1845 il comune risultò essere capoluogo (con giurisdizione su Marano, S. Andrea, Campofilone e Pedaso) di uno dei sette "Governi" del "Distretto di Fermo".
La frana del 1843 e la scomparsa del porto
A turbare la tranquillità della cittadina intervenne lo smottamento del 1843: il 5 aprile scivolò verso Est il colle delle Quaglie. Il Mascaretti, storico locale dell’epoca, ha lasciato una descrizione impressionante dell’avvenimento. Il pendio del monte franò in mare formando una lingua di terra lunga oltre mezzo chilometro. La reazione dei flutti fu devastante: tutto il naviglio ancorato al lido di Grottammare ebbe tronche le gomene e a Marano le onde spazzarono con tanta forza il litorale da trascinare via le imbarcazioni assicurate a terra. Questo evento mutò nuovamente la linea di costa nel territorio del paese decretando così la scomparsa finale del luogo riparato ove attraccavano le barche: già nei secoli precedenti, proprio a causa delle frane, il mare era andato via via arretrando (tanto che sul finire del 1700 si diede inizio alla costruzione del nuovo incasato alla marina) e l’avvallamento del colle delle Quaglie finì con l’interrare definitivamente l’insenatura di Grottammare. Nel 1865 il Mascaretti stesso annotò che dell’antico molo non rimaneva in acqua che un breve tratto lungo poco più di 50 metri. Naturalmente ciò non significò la fine delle attività marittime che anzi, come sottolineato in precedenza, mai furono tanto intense come in quegli anni. La cittadina divenne semplicemente sede di un porto di quarta classe: le navi, non potendo più attraccare alla banchina, gettavano l’ancora vicino alla riva e lì, tramite piccole scialuppe, avevano luogo le operazioni di imbarco e di sbarco delle merci.
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