GROTTAMMARE NEL BASSO MEDIOEVO

Vicende del Monastero di S. Martino

L’intervento di Manfredi determinò dunque la scomparsa dell’atavico connubio fra il centro abitato ed il sacro luogo sul quale era sorto il tempio di Cupra prima ed il cenobio di S. Martino poi. In un documento del 1273 il monastero appare già di proprietà del Vescovo di Fermo che quasi certamente lo affidò ai Camaldolesi. Il convento però perse inesorabilmente importanza e già all’inizio del XV secolo risultò essere quasi in stato di abbandono tanto che il presule fermano ne sollecitò un restauro. Nel XVI secolo, quando per volontà pontificia Grottammare passò sotto la diocesi di Ripa, il Vescovo di Fermo chiese ed ottenne di mantenere la sua giurisdizione sulla chiesa. Tuttavia la decadenza del monastero continuò fino alla sua deturpazione finale avvenuta nel 1614: l’alto prelato di Ripa Poggi ebbe il permesso dal suo collega fermano di rimuovere tutto il materiale profano ancora presente nella pieve, l’ultimo edificio rimasto in quella zona dall’illustre passato. La lapide di Adriano e gli altri pochi reperti sfuggiti a quell’iniziativa distruttrice furono infine salvati nel 1743 dall’illuminata figura dell’Arcivescovo fermano Borgia che li fece collocare là dove tuttora si trovano. L’unico evento che continuò (e che continua tutt’oggi) a ricondurre gli abitanti del posto nel primordiale luogo di culto fu la tradizionale festa della Sagra: a tal proposito basti pensare che le cronache settecentesche parlano di oltre 40.000 fedeli qui convenuti per lucrare le indulgenze. Naturalmente diverse furono le sorti del paese che dal 1258, come detto, era divenuto proprietà di Fermo.

Grottammare castello di Fermo

Al castello di Grocta, dopo la cessione di Manfredi, venne subito imposto lo statuto comunale fermano cosicché la designazione dei suoi organi giurisdizionali e politici fu competenza esclusiva di quel Comune. Tuttavia il borgo continuò a godere di una certa indipendenza ed ebbe anche una rilevanza politica nella vita del suo capoluogo. Infatti i sessantacinque castelli soggetti a Fermo erano suddivisi, a seconda della loro grandezza e sicurezza (fattore quest’ultimo importantissimo), in tre categorie: Castra Maiora, Castra Mediocra e Castra Minora. Grottammare fu il principale fra gli otto Castra Maiora e trasse benefici da questa sua condizione. Nello Stato fermano il potere esecutivo era esercitato dal Consiglio di Cernita che vedeva le sue decisioni discusse, per essere approvate, modificate o respinte, dal Consiglio Speciale. Ad affiancare questo "parlamento" stava il Consiglio Generale, organo nel quale trovavano rappresentanza i vari castelli assoggettati. Nel Consiglio Generale, dove si discuteva delle tasse, delle gabelle e dei contributi per le spese militari che i diversi centri dovevano alla città di Fermo, Grottammare aveva diritto a due delegati. Inoltre la sua notevole autonomia amministrativa si concretizzò anche attraverso un Consiglio di quarantotto membri, scelti fra le principali famiglie del posto, che aveva la facoltà di imporre imposte ed emettere ordinanze locali. Dalla competenza di questo organo esulavano però la pesca ed il commercio: queste attività erano regolamentate direttamente da Fermo che detraeva anche un tributo dal ricavato delle tasse. Compito dei quarantotto era pure l’elezione di quattro "Massari" che esercitavano il potere esecutivo e rimanevano in carica per due mesi. La giustizia era invece affidata ad un "Vicario": esso era sempre un cittadino fermano, eletto mediante estrazione a sorte, e rimaneva in carica per sei mesi. Risale al 1289 un documento di questo Comune nel quale si danno disposizioni per la retribuzione di due suoi cittadini (Antonio e Gualtiero Monaldi) che in quell’anno avevano ricoperto l’incarico di "Vicari" in Grocta. Pure in questo periodo storico la particolare attenzione nei confronti di Grottammare si rivela ancora in due circostanze. Nel 1276 la città, punita dal Papa per avere attaccato la vicina Monte San Pietrangeli, fu costretta a cedere il castello al Rettore della Marca di Ancona, Falcone de Podio Ricardi. Due anni dopo, umiliata e pentita, implorò la Santa Sede di restituirle Castrum Cryptarum ad Mare; il Papa Niccolò III accettò le scuse ed accolse la supplica. Nel 1299 poi la civitas provvide a proprie spese ad effettuare lavori di restauro e di manutenzione nel porto di Grottammare che andava insabbiandosi. Nel documento si legge che Joannis Princivalle sindaco comunis Firmi… diede incarico al genovese Alessandro Bosi di laborare ac laborari facere in portu et ad portum civitatis firmanae sito et situm ante Castrum Gructarum ad mare…. Nel 1355 il rapporto di dipendenza amministrativa è riconfermato da una lettera del cardinale Albornoz nella quale l’alto prelato ordina ai rappresentanti dei castelli della zona (fra i quali figura ovviamente anche Grocta) di rinnovare il giuramento di fedeltà a Fermo. Un’importante pergamena del 1365 aiuta poi a comprendere la situazione demografica del paese in quel periodo. Essa è un elenco di 114 "Fumantes" ossia coloro che dovevano pagare la tassa del fumo, anche detta "colletta del fuoco". Tale imposta, che serviva per finanziare dei servizi utili a tutta la collettività, era versata solo dai capi famiglia che avevano la propria casa nell’ambito della giurisdizione amministrativa del castello. Se ne deduce quindi una realtà demografica ben più ampia ed articolata che testimonia la crescita del borgo. Dal 1405 al 1428 lo Stato di Fermo fu governato, per conto del Pontefice, dal marchese Ludovico Migliorati che volle trattenere sotto il diretto controllo della Santa Sede la fortezza di Grocta per quanto, morto il nobile reggente, un cittadino del capoluogo riscattò il castello pagandolo 900 fiorini d’oro. Martino V, con una sua bolla papale del 1428, ordinò però al Comune di rimborsare al generoso cittadino la cifra versata.

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