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.da AVVENIRE - Domenica 11 Marzo 2001
IL COMMENTO ALLA NOVO MILLENNIO INEUNTE Il priore di Bose:
Dalla
contemplazione dipende la nostra vita di fede
Ma torniamo ad insegnare l'arte della
preghiera
di
Enzo Bianchi
Nella preziosa lettera Novo Millennio Ineunte, Giovanni Paolo II, dopo aver indicato il fine della vita cristiana - cioè la santità intesa come comunione con Dio, il solo Santo, e dunque come pienezza di carità con Colui che è amore (NMI 30 e 31) - evidenzia che "pedagogia della santità" è la preghiera.
E' vero che nella vita ecclesiale mai sono mancati gli inviti alla preghiera, ma in questa lettera apostolica, ne sono persuaso, l'invito del successore di Pietro si fa urgente, autorevole, convincente. Nella chiesa cattolica oggi si vive un cristianesimo che appare come impegno, azione, militanza, soprattutto a livello di diaconia, di servizio verso i bisognosi che sono nella comunità cristiana o nella società: è una stagione segnata dalla programmazione delle "attività ecclesiali" tramite organismi,
comitati, commissioni… tutto nel lodevole intento di pervenire a un "fare efficace". Ma se manca la preghiera, condizione assoluta perché lo Spirito santo agisca nella vita del cristiano, allora tutto è votato alla sterilità: la stessa evangelizzazione si riduce a propaganda, la pretesa carità diventa una filantropia ideologica.
L'ammonizione del papa non è generica: vi è in essa la consapevolezza che oggi la vita cristiana non pone in evidenza l'arte della preghiera come primato nell'esistenza dei credenti e che, di conseguenza, questa non emerge più nella sua verità che la distingue da forme e metodi propri di altre religioni. Questi infatti appaiono accattivanti e seducenti anche per i cristiani proprio quando non c'è conoscenza, esercizio, pratica della preghiera cristiana. Sì, perché pregare, per un cristiano, non è solo esprimere il "religioso", cercare dimensioni di pace e beatitudine, trovare effetti terapeutici, rischiando magari di cadere in «forme stravaganti della superstizione», ma è, innanzitutto e soprattutto, comunione con il Dio vivente, partecipazione alla sua stessa vita in Cristo. Sicché il cristiano che prega può veramente affermare con Paolo: «Non sono più io che vivo, ma Cristo che vive in me». Che tristezza invece dover oggi constatare quanti cristiani, per questa mancanza di conoscenza dell'autentica preghiera cristiana, sono sedotti da pratiche
esoteriche, da metodi ed esperienze provenienti da altre religioni, soprattutto orientali! E che tristezza ancor maggiore vedere che sovente questa tendenza è incoraggiata anche da chi pretende di apparire come "maestro spirituale" nella comunità cristiana…
Occorre qui una conversione, un cambiamento di rotta, soprattutto nella pastorale.
La mia generazione ha imparato a pregare innanzitutto grazie ai genitori che trasmettevano questo "esercizio" di rivolgersi a un Dio invisibile, di confidare in lui, di poterlo invocare e sentirlo vicino fin dalla tenera età; crescendo, era poi la parrocchia il luogo dove la preghiera personale diventava liturgia, preghiera comunitaria, respiro e impegno di chi apparteneva a una comunità, al popolo di Dio. Oggi nella parrocchia sovente non c'è posto per l'insegnamento della preghiera e i giovani vengono rimandati, per soddisfare questa esigenza spirituale, alle
comunità monastiche, ai centri di spiritualità, a iniziative estemporanee di "momenti forti", come se le parrocchie fossero esenti da tale compito quotidiano, assiduo, perseverante. Per questo Giovanni Paolo II esorta con forza «le nostre comunità cristiane» a «diventare autentiche "scuole" di preghiera» (NMI 33), dove il cristiano possa scoprire di essere sedotto da Dio, imparare l'arte di riconoscere l'ineffabile
presenza, esercitarsi alla comunione con Dio. Altrimenti si avranno «non solo cristiani mediocri, ma "cristiani a rischio"»(NMI 34).
Senza evasioni dalla storia, in piena solidarietà con la compagnia degli uomini, anzi, divenuti "voce" anche dei non cristiani e soprattutto dei più bisognosi tra loro, i cristiani con la preghiera di intercessione attingeranno proprio in Dio, sorgente del loro essere e del loro operare, la forza per mutare questo mondo e renderlo più abitabile.
La preghiera non è un elemento periferico della vita cristiana, al contrario, da essa dipende la vita di fede e la modalità in cui si pensa di vivere concretamente. Se manca la preghiera si è tentati di non pensare più a Cristo Gesù, di non nutrire più i suoi pensieri e quindi si finisce per non vivere più come si pensa: l'esito è vivere giorno dopo giorno senza più riflettere sul "come", senza più essere fedeli e obbedienti al Vangelo.
Si capisce allora perché l'invito alla preghiera contenuto nella Novo Millennio Ineunte sia innanzitutto invito all'ascolto della parola di Dio contenuta nelle Scritture, richiamo all'ascolto di Dio che parla nel cuore del cristiano, là dove il "maestro interiore", l'unctio magistra dello Spirito santo fa sentire la sua voce. Se Dio è Parola, il cristiano non è forse innanzitutto ascolto? La sua fede non dipende forse dall'ascolto? Uno dei dati più nuovi e più costanti del magistero di Giovanni Paolo
II è il suo invito alla "lectio divina", a questa tradizione cattolica che dai primi tempi della Chiesa ha attraversato i secoli come pratica di incontro con Dio, come offerta quotidiana della Parola che interpella oggi il credente, che ne orienta le scelte, ne ispira l'agire, ne plasma l'esistenza: «il primato della santità e della preghiera non è concepibile che a partire da un rinnovato ascolto della parola di Dio» (NMI 39).
Sì, noi vorremmo che questa Lettera del Papa fosse recepita dalla comunità cristiana in tutta la sua urgenza: sappiamo che Giovanni Paolo II l'ha indicata addirittura come la traccia di riflessione per il prossimo concistoro straordinario, in cui si vorranno delineare gli orientamenti per la vita della Chiesa all'inizio di questo terzo millennio. Dice Gesù: «Duc in altum!, Va' al largo!», e Pietro risponde: «Sulla tua parola getterò le reti». Per questo il papa afferma: «Consentite al successore di Pietro, di invitare tutta la Chiesa a questo atto di fede che si esprime in un
rinnovato impegno di preghiera».
Enzo Bianchi
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