storia della chitarra HOME Lenin
GLI ANNI
GIOVANILI DI ADOLF HITLER
visse
da vagabondo ma riuscì a diventare il più temuto uomo politico tedesco
Nel
novembre del 1918 la Germania conosceva la catastrofe della sconfitta militare;
gli eserciti delle potenze dell'Intesa ne invadevano il territorio,
insurrezioni filo-bolsceviche scoppiavano dappertutto, il Kaiser era fuggito ed
il 10 novembre, a Berlino fu proclamata la Repubblica. Il giorno dopo, a
Compiègne, in Francia, venne firmato l'armistizio: la guerra era perduta, due
milioni di soldati tedeschi erano morti invano.
La
notizia dell'armistizio arrivò improvvisa per milioni di soldati tedeschi e
raggiunse anche un oscuro caporale ricoverato, a causa dei gas asfissianti, nell'ospedale
militare di Pasewalk, piccola città della Pomerania, a nord-est di Berlino.
Quel caporale si chiamava Adolf Hitler, ed aveva ventinove anni. Hitler era
nato il 20 aprile 1889 a Braunau, una cittadina austriaca proprio al confine
con la Baviera, allora regno autonomo facente parte dell'Impero Germanico; la
sua era una famiglia piccolo borghese, con il capofamiglia orgoglioso del suo
lavoro di impiegato alle dogane. Hitler aveva rifiutato il destino di impiegato
che il padre aveva progettato per lui; si sentiva attratto dall'arte, in
particolare dalla pittura e dall'architettura, ma quando, dopo la morte del
padre, all'età di diciotto anni, tentò di iscriversi all'Accademia delle Belle
Arti di Vienna, la sua domanda fu respinta per "scarse attitudini".
Il giovane Hitler rimase tuttavia a Vienna, deciso a tentare la fortuna, ma per
lui si aprì un periodo molto difficile; non disponeva né di capitali né di un
mestiere, non aveva completato gli studi e non aveva alcuna specializzazione.
Bisogna anche dire che egli non fece alcun serio tentativo per trovarsi un
lavoro stabile e fra il 1909 ed il 1913, che pure furono anni di grande
espansione economica per l'Impero Austro-Ungarico, visse poveramente spalando
neve, lavorando come manovale nei cantieri edili, oppure sfruttando la sua
abilità nel disegno, dipingendo quadretti raffiguranti le più note vedute di
Vienna, che alcuni suoi amici si incaricavano poi di vendere dividendone i
guadagni con lui; contrariamente alla leggenda, sembra che non sia mai stato
imbianchino. Questo tipo di vita misera lo condusse ad alloggiare in abitazioni
di fortuna o addirittura nel dormitorio pubblico di Vienna. Nella sua
autobiografia "Mein Kampf" ("La mia battaglia") scrive,
ricordando gli anni viennesi, che "la fame fu in quel tempo la mia fedele
compagna, non mi abbandonò mai, divise con me ogni cosa; la mia esistenza era
una lotta con questa spietata amica".
Vienna era una città cosmopolita, tutte le
nazionalità dell'Impero asburgico vi convergevano, e vi era una forte e ben
rappresentata comunità ebraica. Bisogna dire che in quel periodo
l'antisemitismo era una "moda intellettuale" diffusa un po' in tutta
l'Europa Centrale; si pensi al grande successo del libro del francese Edouard
Drumont, "La France juive" ("La Francia giudea"),
pubblicato nel 1886, o alle opere antisemite di Houston Stewart Chamberlain, il
cui libro "Le fondamenta del XIX secolo" divenne un classico
del genere. Del resto lo stesso borgomastro di Vienna di quel periodo, il
dottor Karl Lueger, era un convinto antisemita. In questo contesto culturale o
presunto tale il giovane Hitler maturava un pensiero politico pangermanista ed
antisemita, ed era incline ad accusare gli ebrei di essere i responsabili di
tutti i guasti della società austriaca, dall'usura alla tratta delle bianche,
senza trascurare la prostituzione e la sifilide.
Lo
scoppio della Grande Guerra fu l'occasione per il giovane vagabondo austriaco
di dare una svolta alla propria vita; si arruolò volontario in un reggimento
bavarese per non servire nell'esercito austro-ungarico, da lui considerato un
coacervo di razze male assortite, e partì per il fronte nell'estate del 1914.
Come altri milioni di soldati, Hitler fu un soldato coraggioso, fu ferito due
volte, la prima volta il 7 ottobre 1916 nella battaglia della Somme; promosso
caporale, partecipò alla battaglia di Arras ed alla terza battaglia di Ypres
nell'estate del 1918. Fu colpito dai gas asfissianti nella medesima battaglia e
perse la vista per qualche tempo; fu due volte decorato al valore. Secondo la
testimonianza dei suoi commilitoni era stato un tipo di soldato assai strano,
sempre pronto al combattimento, non richiedeva mai licenze, non riceveva mai,
non avendo famiglia, né pacchi né posta e non si lagnava mai per la fame, la
sporcizia ed i pidocchi. La notizia dell'armistizio lo sorprese, come abbiamo
visto, nell'ospedale militare di Pasewalk quando guarì, non sapendo dove
andare, rimase nell'esercito e fu assegnato a Monaco di Baviera.
La
Baviera conosceva un periodo di grande confusione politica, tra rigurgiti
separatisti ed insurrezioni bolsceviche, fino a che non era intervenuto
l'esercito a mettere ordine. Hitler iniziò la sua prima attività più o meno
politica fornendo informazioni alla commissione d'inchiesta creata dall'esercito
per accertare la responsabilità delle persone implicate nel breve regime
sovietico che si era instaurato a Monaco. I servizi resi da Hitler furono tali
che l'esercito volle utilizzarlo ulteriormente; lo inserì infatti nell'ufficio
stampa ed informazioni del reparto politico del comando militare distrettuale
di Monaco. Hitler cominciava ad essere noto, partecipava ai corsi di
"istruzione politica" destinati ai soldati ed una volta, nel
confutare un istruttore che si era espresso a favore degli ebrei, si rese
conto, come scrive in "Mein Kampf", che "sapeva parlare
in pubblico". Come scrive William Shirer nella sua "Storia del III
Reich", "questi furono gli esordi di un talento oratorio che
avrebbe fatto di Hitler il tribuno più efficace di tutta la Germania, col
potere magico, allorché parlava alla radio, di dominare milioni di individui
grazie alla sua voce". Nel settembre del 1919 Hitler ebbe l'ordine
dall'esercito di occuparsi dell'attività di un piccolo gruppo politico di
Monaco che si definiva Partito dei Lavoratori tedeschi; l'esercito sospettava
di tutte le formazioni politiche operaie perché solitamente si trattava di
organizzazioni socialiste o comuniste. Hitler conosceva uno degli uomini che
avrebbe dovuto prendere la parola in una successiva riunione: si trattava
dell'ingegner Feder che predicava la lotta al capitale "speculativo"
contrapposto al capitale "creativo". Hitler, totalmente ignaro di
economia, l'aveva già ascoltato in una conferenza e ne era rimasto
impressionato favorevolmente. Partecipò quindi, senza molto entusiasmo, alla
conferenza del Partito dei Lavoratori tedeschi, che si svolgeva in uno
scantinato di una birreria (quasi tutte le riunioni politiche a Monaco si
tenevano in birreria), davanti ad un pubblico di circa venticinque persone.
Hitler racconta che parlarono prima Feder e poi un non meglio identificato
"professore" che nel suo intervento propose il distacco della Baviera
dalla Germania e la sua unione con l'Austria; Hitler allora intervenne e
confutò violentemente l'oratore tra la sorpresa degli astanti. Un uomo allora
gli si avvicinò e gli diede un opuscolo; quell'uomo era Anton Drexler, un
trentacinquenne ferroviere di Monaco; l'opuscolo di cui era autore si
intitolava "Il mio risveglio politico". L'obiettivo di Drexler
era avvicinare le masse operaie al nazionalismo sottraendole così all'influenza
del marxismo: Dopo vari tentativi infruttuosi Drexler aveva creato, nel gennaio
del 1919, il Partito del Lavoratori tedeschi (Deutsche Arbeiter Partei) che,
malgrado il nome roboante, comprendeva meno di cento iscritti e non contava
nulla nel panorama politico di Monaco. Hitler, come ebbe a raccontare
diffusamente in "Mein Kampf", il giorno successivo, steso
nella sua branda nella caserma di Monaco, lesse attentamente il libretto e rimase
sorpreso nel riconoscere molte delle sue stesse idee, cui era giunto nel corso
degli anni. Drexler insisteva che il nuovo partito nazionalista avrebbe dovuto
essere fondato sulla classe operaia, e disprezzava la borghesia per la sua
assoluta indifferenza ai problemi della classe lavoratrice. Lo stesso giorno
Hitler ricevette una cartolina da Drexler dove gli si comunicava di essere
stato ammesso nel Partito dei Lavoratori tedeschi e veniva anche invitato ad
una riunione. Hitler scrive: "non sapevo se dovevo adirarmi oppure ridere,
io non avevo intenzione di iscrivermi a nessun partito"; ma poi la
curiosità prese il sopravvento e si recò alla riunione. La riunione si teneva
in una osteria della vecchia periferia di Monaco; Hitler entrò nel locale ed in
una saletta male illuminata vide quattro giovani, tra cui Anton Drexler, seduti
attorno ad un tavolo. Drexler gli diede il benvenuto nel Partito dei Lavoratori
tedeschi e la famosa riunione ebbe inizio: fu letto il verbale della riunione
precedente, poi ci fu la relazione di cassa: il partito possedeva ben 7 marchi
e 50 pfennig, infine vennero lette un paio di lettere.
Hitler
in "Mein Kampf" scrive: "non potevo immaginare una
riunione più mediocre ed inutile, ed avrei dovuto entrare in una simile
organizzazione?". Tornò in caserma annoiato e disgustato, tuttavia
qualcosa dovette averlo colpito; si chiese se aderire o meno a quella
organizzazione e dopo due giorni di riflessioni decise per il sì. In "Mein
Kampf" retoricamente scrive che quella fu "la più importante
decisione della sua vita". Due iscritti a quel partitino divennero subito
amici di Hitler, il capitano Ernst Roehm e Dietrich Eckart. Roehm era un
ufficiale del distretto militare di Monaco, tozzo di aspetto e con il viso
sfregiato in quanto la parte superiore del suo naso era stata portata via da un
proiettile durante la guerra; era un omosessuale dichiarato ed accanito nemico
della Repubblica, della democrazia e degli ebrei; politicamente si intese
subito con Hitler. La loro amicizia finì nel 1934, quando Hitler lo fece
assassinare nel corso di quel regolamento di conti fra nazisti passato alla
storia come "la notte dei lunghi coltelli". Dietrich Eckart aveva
invece sessant'anni circa ed era un giornalista di un certo talento, anche se
mediocre poeta e drammaturgo; alcolizzato e morfinomane, conduceva una vita
bohemien. Eckart rimase colpito dalla personalità del nuovo iscritto al
partito, gli diede libri da leggere, lo aiutò a migliorare il suo tedesco e lo
presentò ai suoi numerosi amici, alcuni dei quali erano molto ricchi e quindi
avrebbero potuto essere dei potenziali finanziatori del nuovo partito. Da un
verso di una sua poesia, Hitler trasse il suo famoso slogan "Deutschland
Erwache!", "Germania risvegliati!". Eckart morì nel 1923,
compianto da Hitler e dal suo giro di amici. A questo punto il nuovo Partito
poteva crescere, gli uomini li aveva: scrive Shirer che "il ferroviere
Drexler aveva fornito il nucleo centrale, il poeta ubriacone Eckart alcuni dei
fondamenti spirituali, l'omosessuale Roehm l'appoggio dell'esercito e degli
ex-combattenti e l'ex vagabondo Hitler, un uomo completamente sconosciuto, fu
colui che si accinse a trasformare ciò che in origine non era stato che un
ciarliero circolo da retrobottega in un formidabile partito politico".
Hitler riuscì ben presto a dominare il Partito escludendone Drexler, ne mutò il
nome in Partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi, diede vita ad una
spietata milizia armata e nel 1923 era forte al punto da tentare un colpo di
stato in Baviera.
Dieci
anni dopo sarebbe divenuto Cancelliere e dittatore assoluto della Germania.