Le recensioni on line di Gabriella
 
Recensione precedente
Prossima recensione
 
     
    Jonathan Franzen"Come stare soli" Edizioni Einaudi
    Recensione di Gabriella Bona (gabri.bona@libero.it)
      
     
    Ci sono mille modi per stare soli, per sentirsi soli. Ci sono situazioni in cui la solitudine ci rende felici, altre in cui provoca tristezza e smarrimento. Jonathan Franzer analizza, in una serie di brevi saggi raccolti in “Come stare soli”, la cultura di massa, la situazione che accompagna chi legge e chi scrive, “il problema di preservare individualità e complessità in mezzo al frastuono della cultura di massa”.
    Chi continua a parlare della morte del romanzo e della letteratura spesso non si rende conto che sono i lettori a scomparire e non gli scrittori. Ma è anche vero che la solitudine in cui i lettori si sentono sempre più immersi crea una comunità di persone che si riconoscono. La lettura e la scrittura sono forme di resistenza al consumismo. La quantità infinita di mezzi che la tecnologia ci mette a disposizione porta alla superficialità: “più i nostri sistemi di accesso laterale diventano complessi e sofisticati, maggiore è il sacrificio in termini di profondità”.
    La volgarità che pervade molti programmi televisivi e molti libri crea uno stato di disagio: “la riservatezza è diventata una virtù obsoleta”, in un mondo angosciato dai problemi della privacy pare che l’invadenza nella vita altrui non conosca limiti: la “morte delle buone maniere” che “trova conferma in qualsiasi cinema, dove il pubblico abituato a guardare videocassette in camera da letto non è più capace di tacere”. Paura della solitudine, incapacità di viverla in modo creativo, di maturare nel silenzio, di fronte a un libro, scrivendo un libro.
    Il crescente bisogno di sentirsi parte di una moltitudine, di dimenticare la propria individualità, il ruolo della scienza nella “crescente propensione a considerare la psicologia come una questione chimica, l’identità come una questione genetica, e il comportamento come il prodotto di antiche esigenze dell’evoluzione umana” stanno creando un vuoto che si tende a riempire con qualche cosa che non rischi di creare dubbi, incertezze, inquietudini e lo scrittore a chiedersi a che cosa serve ancora scrivere, scrivere romanzi sociali, quando tutto viene visto, accettato, subito senza approfondimento: “Il mio romanzo culturalmente impegnato non suscitò alcun impegno da parte della cultura. Il mio scopo era la provocazione; quello che ottenni, invece, furono sessanta recensioni nel vuoto”.
    Diversi tra loro, i saggi di Franzen, sono tutti ugualmente provocatori, cercano di far pensare, svelano ciò che si nasconde dietro le cose e che la società moderna, anziché tentare di scoprire, tende a rendere ogni giorno più invisibile.
    Un libro profondo, per chi ama ancora porsi delle domande, cercare in sé e negli altri delle risposte vere, non delle facili consolazioni. E soprattutto un libro da leggere in silenzio, in solitudine, cercando di riscoprirne fino in fondo il piacere.
     
    gabriella bona 
   
 
Recensione precedente
Prossima recensione