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    Sandro Onofri "Cose che succedono" Edizione Einaudi
    Recensione di Gabriella Bona (gabri.bona@libero.it)
      
      
    Sono i dimenticati dalla storia, la povera gente di cui nessuno si sogna di parlare o di scrivere, le frange della società, i protagonisti dei racconti di Sandro Onofri raccolti nel volume “Cose che succedono” pubblicato da Einaudi. 
    Balordi e bulli, giovani che hanno fatto della disoccupazione una professione, seduti su una moto, sul cofano di un’automobile, su un muretto davanti a un bar o isolati dal resto del mondo, assordati dalla musica delle loro radioline, che vivono in quei “quartieri […] completamente prefabbricati, risultato della mente quadrata di qualche geometra […] uguali in tutte le parti d’Italia, senza nessuna caratterizzazione regionale”. 
    La storia di Osvaldo: con un gruppo di amici organizza di picchiare un giovane arabo che ha la sola colpa di essere arabo e di lavorare ad un semaforo cittadino. Botte, arresto, processo e qualche mese di carcere, poi Osvaldo esce e si ritrova al centro dell’attenzione, al bar del quartiere. “Quando, prima di quel momento, Osvaldo aveva potuto godere di tanta considerazione fra la sua gente? E cos’altro avrebbe potuto dargli, nella sua situazione, quella sensazione, necessaria a tutti, di pienezza?” scrive Onofri dimostrando in quale povertà di cultura, di civiltà, di sentimenti si possa vivere. 
    Nel libro troviamo anche racconti di guerra, vissuta in tenera età, come per Gaetano Bordoni “fra le dita della mano che suo padre gli teneva davanti agli occhi, per non farlo vedere, e aveva il profumo della brillantina che il sor Nello stava spalmando sulla testa del cliente al momento dell’allarme”. E la vita di condominio e “un mistero ormai annoso, che condiziona la pacifica convivenza nello stabile da molto, troppo tempo”: la sparizione delle mollette per stendere il bucato, un problema che sembra di poco conto ma che dà il via ad una serie di denunce e rivendicazioni di fronte all’indifferente amministratore. 
    La parte centrale del libro di Onofri è dedicata al calcio dove, anche se appaiono qui e là i nomi e le storie dei grandi campioni, appare soprattutto il calcio di periferia, dei ragazzini, delle “pippe”, delle figurine e delle “curve”, dei tifosi, dei panini, della Coppa d’Africa, dei vari modi per vivere “il più inutile dei piaceri”. 
    Ironia e saggezza, tenerezza e conoscenza profonda delle persone, una partecipazione alle vicende umane, alle situazioni difficili e dolorose che non diventa mai moralismo: Onofri racconta, e sa raccontare molto bene, con un linguaggio semplice e raffinato, senza dare indicazioni, senza proporre soluzioni, semplicemente mettendoci davanti agli occhi realtà a cui talvolta ci dimentichiamo di pensare: la guerra, il razzismo, l’emarginazione, la povertà ma anche quelle piccole invidie, i momenti ridicoli e gretti della vita di ogni giorno. Ce li fa vedere e, dopo, diventa difficile non scorgerli ovunque. 
      
    gabriella bona 
   
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