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    Lydia Salvayre "La vita comune" Edizione Bollati Boringhieri
    Recensione di Gabriella Bona
     
      
    E’ successo a molte di vedere come una nuova collega, appena arrivata in ufficio, sconvolga equilibri consolidati da tempo, costruiti faticosamente e a cui con difficoltà si è disposte a rinunciare: con energia si cerca di mantenere la situazione precedente, neutralizzando la nuova arrivata. 
    Lydie Salvayre, scrittrice francese, racconta, nel romanzo “La vita comune”, la storia di Suzanne, impiegata da trent’anni nella stessa azienda, di fronte ad una situazione inaspettata: dover dividere non soltanto lo spazio dell’ufficio ma anche il lavoro e le attenzioni del principale. 
    Scopriamo, pagina dopo pagina, la vita di una donna rigida e totalmente impermeabile ad ogni evoluzione, nella tecnologia, nei costumi, nel rapporto con se stessa e con gli altri, il tutto scritto con attenzione, ironia e un briciolo di piacevole crudeltà. 
    Suzanne inizia a lavorare dopo essere rimasta vedova e con una figlia piccola e trova nel senso della disciplina dell’ufficio, nell’obbedienza al superiore, in un rigido isolamento, la sua misura di vita. Rifiuta amicizie e compagnie, evita con attenzione ogni luogo pubblico, dai bar alle piscine, non usa i pantaloni perché ha rispetto del proprio sesso, non riesce a pensare a nessuna modificazione, nel corso degli anni, nella sua vita ordinata. Priva di ogni iniziativa personale, che ritiene in contrasto con la sua cristallina obbedienza ai superiori, è l’unica, nell’agenzia che negli anni si è ingrandita, ad usare la macchina per scrivere guardando con diffidenza i computer e chi li usa. 
    Modesta nell’abbigliamento, silenziosa, diffidente, Suzanne non può non subire come un colpo nello stomaco l’avvento di una collega, la prima con cui deve dividere l’ufficio, grassa, chiacchierona, abile al computer e attenta alle novità. Nel racconto di Suzanne, la collega non ha un nome: è semplicemente “la nuova”, l’assillo, un essere insopportabile che fa saltare, giorno dopo giorno, tutti i mattoncini di normalità con cui Suzanne ha costruito la tana in cui, fino al giorno prima, si è sentita sicura e “giusta”. Saltano gli equilibri e la vita va in crisi su tutti i fronti, si fanno visibili le crepe che si sono andate man mano aprendo e che sono state volutamente, fino a quel momento, nascoste ed ignorate. Il rapporto con la figlia e con il genero, con se stessa, la propria salute, il passare degli anni. 
    Scritto con uno stile agile e piacevole, il romanzo permetterà a molte di riconoscere momenti della propria vita lavorativa o di quella di qualche collega: vezzi, manie, rigidità da una parte e voglia di emergere, di rinnovarsi, di proporsi, dall’altra: conflitti inevitabili e consigli su come superarli, per trovare la possibilità di convivere, senza rinunciare alla propria personalità e alle proprie idee ma senza lasciarsi schiacciare, imparando a trovare un modo per convivere piacevolmente e rispettosamente, lavorando su ciò che può avvicinare invece che tentare di rendere ancora più acuti gli inevitabili spigoli. 
      
    gabriella bona 
   
 
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