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    Marchesini, Marzi, Spada "Pàlmer, borraccia e via!" Edizione Ediciclo
    Recensione di Gabriella Bona
     
      
    Un tuffo in un ciclismo d’altri tempi, dai primi esperimenti che portano alla nascita della bicicletta fino ai mitici duelli tra Coppi e Bartali: in “Pàlmer, borraccia e via!” Daniele Marchesini, ricercatore all’Università di Parma, Benito Marzi, giornalista e scrittore e Romano Spada, giornalista e ricercatore, ripercorrono tre secoli di storia con il preciso obiettivo di: “riportare alla memoria i ricordi, gli aneddoti più curiosi, le vicende più umane: diffondere l’amore per la bicicletta e per una specialità di cui si conoscono quasi tutti i risultati, i record, i protagonisti, ma di cui non si conosce la storia e la cultura”. 
    Le prime biciclette, un rozzo telaio in legno montato su ruote anch’esse in legno e spinto puntando i piedi per terra, attraverso gli anni si sono trasformate, con la successiva applicazione di novità che le rendono sempre più comode, veloci e sicure. Trovano, sulla loro strada, ostilità e divieti, ma finiscono per imporsi grazie all’entusiasmo che le circondò fin dai primi anni e dai primi modelli. Le prime competizioni ciclistiche si svolgono nel 1818, anno in cui il Comune di Milano vietò la circolazione nelle ore notturne; le prime gare ufficiali nel 1868, anno precedente al divieto assoluto, da parte del sindaco di Milano, della circolazione delle biciclette nella città. 
    Ma negli anni attorno al 1870 nascono le prime associazioni velocipedistiche e gare come la Milano – Novara, la Milano – Piacenza, la Milano – Cremona, “effettuate per lo più su percorsi di terra battuta, con divise sportive certamente inadeguate come il vestito completo con pantaloni lunghi e stretti, il colletto duro, talvolta il cappello in testa”. 
    Continuano a nascere associazioni, gare e l’interesse attorno al ciclismo cresce, anche grazie a personaggi illustri in altri campi, come Giacomo Puccini, che si appassionano alla bicicletta. 
    Attraverso le pagine del libro incontriamo le prime edizioni del Tour de France, dalla prima nel 1903, sei tappe per 2397 chilometri su strade sterrate e fangose, al primo Giro d’Italia, otto tappe per 2408 chilometri, partito il 13 maggio 1909, alle 2,53, in piena notte, per una prima tappa da Milano a Bologna di 397 chilometri. 
    Gli autori dedicano interessanti pagine alla storia degli organismi nazionali e internazionali, alla nascita dell’informazione sportiva, alle testate che sono sorte negli anni e ai giornalisti che le hanno create. 
    Troviamo pagine curiose su avvenimenti e personaggi poco conosciuti, le prime coraggiose donne cicliste tra le quali è impossibile non citare Alfonsina Strada che ricevette la prima bicicletta a quattordici anni, come regalo di nozze dal marito, l’unico in famiglia che non osteggiava il suo desiderio di correre, e che partecipò al Giro d’Italia del 1924. 
    Diverse pagine sono dedicate agli abbinamenti commerciali, quelli che oggi vengono definiti sponsorizzazioni. Troviamo anche, nel 1914, nelle cronache dei giornali, chiare accuse di doping: “alcuni hanno l’abitudine di drogarsi, ma non sanno drogarsi con misura, donde la loro azione difforme, i brevi periodi brillanti, le improvvise défaillances, gli inevitabili ritiri”. 
    Nell’ultima parte del libro, dedicata al “Fascino della cultura e al valore della memoria”, è sollecitata la creazione di un “Museo nazionale dello sport”, che eviti la dispersione e la perdita di reperti importanti e la distruzione di testimonianze di architettura sportiva. Gli autori sottolineano come, invece, grazie al “Club Italia Musei del Ciclismo”, fondato nel 1995, stiano nascendo, nel nostro paese, molti musei del ciclismo e della bicicletta. 
    Un libro che si svolge tra storia e leggenda, per offrirci un momento letterario nel grandissimo mondo del ciclismo e della bicicletta. 
      
    gabriella bona 
   
 
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