CHIESE PROTESTANTI

comunità elvetica

comunità valdese

comunità metodista

comunità avventista

 

Essere mattoni vivi della Chiesa universale

Testimonianza di Marinella Messina, di confessione valdese

Cari fratelli e care sorelle, salve! Prima di parlarvi dei protestanti, vorrei esprimervi la grande gioia che sento nel cuore fin da questa mattina. Quando mi sono svegliata, infatti, ho subito sentito che oggi è una giornata speciale: non perché oggi mi sento più ecumenica del solito, ma perché oggi finalmente ho la possibilità di essere un mattone insieme a voi, altri mattoni, nella costruzione della Chiesa universale. Che cos'è secondo me l'ecumenismo? È come un grande cerchio di cui Gesù Cristo è il centro e di cui noi siamo gli infiniti punti sulla circonferenza su uno stesso cammino che tende a Cristo. Questo siamo noi oggi. Ed è bellissimo adorare e lodare il Signore insieme a voi. Andiamo avanti così, fratelli! Una libertà legata alla responsabilità individuale

Introduzione al Protestantesimo di Marinella Messina

Noi Protestanti crediamo in un solo Dio creatore, che si è fatto conoscere e si è rivelato al popolo di Israele parlando per mezzo dei profeti e compiendo la sua rivelazione in Cristo. Crediamo in Gesù Cristo, unico Signore e salvatore di tutti gli uomini, uomo fra gli uomini e insieme Figlio di Dio e Dio. Crediamo nello Spirito Santo, ovvero la mano di Dio, che chiama, che opera, che dà vita. La base della nostra fede è la testimonianza della parola di Dio contenuta nella Bibbia (Sacra Scrittura); Antico e Nuovo Testamento. I segni che ci caratterizzano come cristiani sono il Battesimo e la Santa Cena. Il Battesimo è il segno dell'entrata a far parte della comunità dei cristiani e può essere fatto anche da adulti; alcuni del nostro gruppo infatti sono stati battezzati a 16 anni. La Santa Cena è l'atto con cui ricordiamo il sacrificio di Gesù. Il nostro culto domenicale ha come punto centrale la lettura e la predicazione della Parola del Signore. Sulla base del versetto di Matteo 18,20: "Poiché dove due o tre sono riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro", riteniamo che la presenza dello Spirito si manifesti in qualunque luogo dove la comunità si riunisca per celebrare il culto. Così, per noi, chiesa diventa anche il prato in cui d'estate si organizzano incontri di culto. Riteniamo che a Dio soltanto si debba rendere ogni culto e ogni devozione; rifiutiamo quindi ogni culto o devozione o onore o festa resi a creature umane. Nelle Chiese evangeliche è stata riconosciuta la parità fra uomo e donna, cosicché le donne possono accedere a tutte le responsabilità ed incarichi ecclesiastici. Perciò alle donne viene affidato anche il ministero pastorale (ad esempio, a Venezia la comunità è guidata da una pastora). Punto fondamentale del pensiero protestante è la libertà di coscienza. Tale libertà è strettamente legata alla responsabilità individuale: ognuno si fa direttamente carico delle proprie scelte e delle proprie azioni. Questa libertà si esprime nella vita stessa delle nostre comunità. Ad esempio nel modo di celebrare e di vivere il culto per l'assenza di sacerdoti che abbiano sulla comunità un potere istituzionale e sacramentale. Nelle nostre Chiese tutti i credenti sono uguali; Dio si rivolge a tutti noi, direttamente e senza intermediari. Nella Chiesa, quindi, non ci sono sacerdoti; tutti lo possono essere: il pastore ha la funzione di sostegno per la comunità, ma non si pone in una posizione diversa o superiore rispetto a quella degli altri fedeli.

Tutti chiamati alla predicazione

Presentazione della confessione valdese da parte di Pier Davide Coisson

La Chiesa valdese è una piccolissima Chiesa protestante italiana. I membri di Chiesa valdese sono solo poche decine di migliaia. Malgrado il numero molto esiguo, ciò non impedisce alla Chiesa valdese di essere molto attiva e dinamica, anche e soprattutto sul piano sociale: appartengono alla Chiesa alcune scuole, ospedali, case di riposo in varie parti d'Italia. Per capire un poco chi siamo noi valdesi e come mai siamo qui, è opportuno dare una rapida occhiata a quella che è la nostra storia: le nostre origini affondano nel Medioevo quando in Francia, a Lione, nasce un movimento che ricerca la via più perfetta per avvicinarsi a Dio, attuando l'assoluta povertà e sentendosi in dovere di predicare a tutti la verità evangelica. Questo movimento religioso venne condannato dalla Chiesa romana, soprattutto a causa di questa loro seconda caratteristica, il voler predicare pur essendo laici e senza particolare istruzione religiosa. C'è da notare inoltre che in questa fase, uomini e donne si sentono tutti in egual misura chiamati alla predicazione, intesa soprattutto come una personale testimonianza di fede e un appello alla penitenza e alla conversione. Così per alcuni secoli i valdesi sono vissuti come un movimento clandestino, repressi dall'inquisizione, ma ciononostante capaci di mantenere un collegamento capillare fra i vari gruppi sparsi in mezza Europa, tramite predicatori itineranti opportunamente istruiti. In Italia, dopo un primo periodo in cui i valdesi erano inseriti nel contesto sociale dei comuni italiani, dovendo passare nella clandestinità, si rifugiarono soprattutto nelle Alpi occidentali. Finalmente, con la Riforma protestante di Lutero, ma soprattutto di Calvino, i valdesi si rendono conto di non essere più un piccolo movimento, ma che ormai i tempi sono pronti per uscire dalla clandestinità e venire a formare una vera Chiesa. Col Sinodo del 1532 a Chanforan, in Piemonte, i valdesi decidono di aderire alla Riforma e di finanziare la prima traduzione della Bibbia in lingua francese, che era la lingua parlata sia al di là che al di qua delle Alpi. A partire da quella data, si cominciarono a celebrare regolarmente i culti in alternativa alla messa e vennero costruiti i primi locali adibiti a questo scopo. Nel periodo che va dal XVI al XVIII secolo in Europa si sono susseguiti periodi più o meno lunghi di guerre di religione, e la Chiesa valdese si ritrovò ad essere una delle vittime delle persecuzioni. In Francia, dove i valdesi rimasero fino in fondo fedeli al loro ideale di non violenza, furono completamente sterminati, mentre in Italia riuscirono a resistere, reagendo con le armi alle truppe che si muovevano contro di loro. Questo è il periodo più triste, ma allo stesso tempo più eroico della storia valdese, in cui si scopre quanto sia stato sottile il confine che separa la completa sparizione dei valdesi e la loro precaria sopravvivenza. Ormai erano presenti solo in alcune valli del Piemonte, quelle che ancora oggi chiamiamo Valli Valdesi, e nell'alternarsi delle alleanze dei Duchi di Savoia ora con la Francia cattolica ora con l'Olanda protestante, si sono visti prima tollerati, poi perseguitati, poi esiliati, e infine ghettizzati. Il risultato finale delle guerre di religione per i valdesi è stata una chiusura forzata all'interno delle montagne piemontesi, privi di diritti civili, senza alcuna possibilità di accedere ad alcun tipo di scuola o di professione. Comunque, proprio quest'anno ricorre il 150° anniversario della ritrovata libertà civile dei valdesi: nel 1848 il principe Carlo Alberto di Savoia, dopo lunghi tentennamenti si decise infine a concedere la libertà al popolo valdese, che si ritrovò libero di uscire dalle montagne, studiare, far carriera. Pur non avendo ottenuto alcuna libertà religiosa, i valdesi riuscirono lo stesso a portare avanti un'azione di evangelizzazione e a costruire dei templi al di fuori dei confini delle Valli Valdesi, ancora una volta grazie al fatto che l'attenzione delle potenze protestanti europee era puntata sul comportamento dei Savoia e di Cavour, alla ricerca di appoggio internazionale per il loro progetto di unificazione italiana. Così pian piano i valdesi hanno cominciato a diffondersi su tutto il territorio italiano e a fondare delle comunità, e così è successo anche a Trieste dove l'evangelizzazione valdese si è affiancata alla preesistente comunità elvetica, una comunità le cui origini risalgono ai gruppi di svizzeri che si trovavano in questa città di mare internazionale. Vi abbiamo annoiato con tutta questa lunga storia per permettervi di focalizzare meglio quella che è la realtà valdese, per farvi capire come mai in Piemonte si trovano dei paesi di montagna in cui la maggioranza degli abitanti sono valdesi, mentre invece nel resto d'Italia sono ben poche le persone che sanno chi siano i valdesi. Qui a Trieste la nostra comunità non raggiunge i cento elementi, e insieme agli elvetici superiamo di poco le 150 persone, quindi agiamo ed operiamo in un ambito molto ristretto, e siamo costantemente in movimento per avere delle attività che non si esauriscano all'interno della nostra comunità: a livello regionale (per noi regionale vuol dire tutto il Nord-est) vengono organizzati incontri e convegni a vari livelli: bambini, giovani, adulti... Uno dei maggiori avvenimenti della vita delle Chiese valdesi (e metodiste) italiane è senza dubbio il Sinodo, che si tiene ogni anno a Torre Pellice l'ultima settimana di agosto: in quell'occasione tutto il mondo valdese si ritrova per decidere le proprie linee di azione e per consacrare i nuovi pastori. Questo è anche un momento in cui si infittiscono i legami che uniscono tutti i membri delle nostre Chiese. La nostra piccolezza, che ci impedisce di compiere grandi azioni, perlomeno ci permette di essere veramente una comunità non limitata solo a se stessa, ma aperta ad una dimensione nazionale, e anche internazionale. Per completezza ci tengo a sottolineare che nel mondo attualmente esistono solo due Chiese valdesi: quella italiana e quella del Rio della Plata in Uruguay e Argentina, nata in seguito alle massicce emigrazioni del secolo scorso. Sono completamente indipendenti l'una dall'altra, ma entrambe condividono un lavoro di collaborazione reciproca.

Una Chiesa missionaria tra i poveri

Presentazione della confessione metodista da parte di Elena Cozzi

Il metodismo sorge in Inghilterra per opera di John Wesley nella seconda metà del '700. È un movimento che contesta la Chiesa anglicana impegnata, più che a testimoniare il Vangelo, a gestire "il sacro" in modo burocratico. Wesley segue i rivolgimenti della società inglese (inizio dell'industrializzazione, fuga dalle campagne verso la città, nascita dei quartieri squallidi della periferia delle città nei quali domina la miseria, lo sfruttamento, la prostituzione, l'alcolismo) e si vuol fare prossimo dei diseredati, guardando alla povera gente e annunciando il Vangelo come forza liberante. Si costituisce così gradatamente una nuova espressione della cristianità: una Chiesa "missionaria... fra i poveri". I missionari metodisti partono verso altri Paesi e giungono anche in Italia: è il 1860. Le missioni wesleyane si diffusero in molte zone: Ivrea, Milano, La Spezia, Cremona, Intra, Parma, Napoli, Padova, ecc. E non ebbero vita facile: era abituale, nell'Italia di allora, che l'inizio della predicazione evangelica in una località fosse accolta da violenze, da folle fanatizzate e che, alle bastonate e alle sassate, seguissero rappresaglie contro coloro che osassero assistere al culto degli eretici. Nel 1868 ci fu la prima Conferenza metodista d'Italia. Nell'Italia di Umberto I (1876-1900) i metodisti furono i protagonisti di iniziative educative, ricreative, assistenziali di vario genere, miranti a rendere meno dolorosa la vita degli immigrati e più agevole il loro inserimento in un ambiente diverso da quello natale. In questo periodo, insieme agli inglesi, operarono anche i missionari episcopali americani, che si distinsero soprattutto nell'ottica di una offensiva anti-cattolica; si trattava infatti, secondo loro, di colpire il "papismo" liberando gli italiani dalla schiavitù spirituale e portandoli nell'ambito della "civiltà cristiana". Nel nuovo secolo, nel periodo che va dal 1900 al 1925 le due "sezioni" del metodismo, quello inglese e quello americano, continuarono ad operare misurandosi sempre più con i problemi del mezzogiorno rurale, della sua povertà, della sua depressione. I metodisti episcopali giunsero in piccoli centri dell'Abruzzo mentre i wesleyani arrivarono in Lucania e in altre località. Operavano nelle situazioni limite, al servizio dei diseredati e dei poveracci. Emblematica è la figura di Riccardo Santi che a Portici (Napoli) si era impietosito della sorte tragica dei monelli napoletani abbandonati nelle strade di Napoli. Cominciò così a raccoglierne qualcuno, allevando questi figli di nessuno insieme ai propri figli. Cominciò così l'opera di Casa Materna, tuttora operante. Con la crisi economica mondiale del '29 - che arrivò in Italia nel '31 - la Chiesa metodista episcopale degli Stati Uniti fu costretta a rivedere gli impegni missionari nel mondo. Ogni sostegno finanziario fu sospeso e i missionari americani furono ritirati. Da allora i metodisti episcopali furono impegnati per la sopravvivenza delle loro Chiese. I wesleyani furono colpiti pure dalla crisi, ma riuscirono a salvare quasi tutte le loro Chiese. Mostrarono anzi una vitalità particolare proprio negli anni del fascismo: accolsero senza paura persone scottanti perché invise o perseguitate dal Fascismo e continuarono nell'opera di evangelizzazione, suscitando movimenti popolari anche in piccoli centri. Negli anni successivi al Concordato (1929), questi movimenti assunsero, anche involontariamente, il carattere di una ribellione all'ordine costituito, di cui era fondamento l'alleanza tra Fascismo e Cattolicesimo. L'elenco delle angherie e delle persecuzioni di questo periodo è ben ampio si estende dal Nord al Sud d'Italia. All'indomani della liberazione cominciò un processo di ricostruzione che impegnò i Metodisti per un trentennio. Le linee portanti del ripensamento della presenza metodista sono state le seguenti: aggiornamento del corpo pastorale con una preparazione più "tecnica" nella Facoltà valdese di Teologia a Roma; rinnovamento anche della leadership laica dando ad essa sempre più responsabilità nella conduzione delle comunità; autonomia dei metodisti italiani dalla Conferenza britannica (1962); ricerca dell'unità fra denominazioni evangeliche in Italia con iI Congresso evangelico di Roma (1965) e la creazione della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (1967); integrazione tra valdesi e metodisti (1975) cioè "Chiesa valdese: unione delle Chiese evangeliche valdesi e metodiste"; accoglienza degli immigrati, specie africani, cinesi, filippini; apertura alle problematiche del nostro tempo cercando di esaminarle ed affrontarle senza schematismi preconfezionati, ma nella ricerca - con altri provenienti da culture e sensibilità religiose diverse - intessuta di ascolto, di dialogo, di condivisione.

 

Chiesa avventista


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