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Nota critica

  

Carlo Cioni è nato a Firenze nel 1930 - Risiede in Vepri 29, 52020 Ambra (AR) - Tel. 55 991705

Carlo Cioni è, da poco più di vent'anni, una delle costanti discrete ed inquietanti del panorama artistico fiorentino. Carlo Cioni "vent'anni dopo": sembra opportuno cercare di comprendere che cosa è successo ad uno dei nostri operatori più solitari e caparbi nell'ambito di una esperienza, quella dell'arte, che proprio in questo ventennio e nel nostro paese è apparsa davvero partecipata e disponibile a rapide quanto ripide conversioni di rotta.

La situazione è ampiamente nota agli addetti ai lavori ed ai lettori dei periodici che fanno opinione intellettuale. Si è trattato, all'inizio e nel cuore del ventennio, di andare oltre la "pittura" intesa come linguaggio e come costume e, verso la fine, di tornarvi: dall'arte concettuale alla rivisitazione del museo; da Fluxus alla Transavanguardia. Cioni è invece sempre rimasto dentro i confini della pittura (del quadro), anche se ha compiuto lodevoli evoluzioni su di un campo così sobriamente delimitato.

Si è qualche volta disposto a cavallo dei confini summenzionati, senza però mai scavalcarli. Dalla lettura di questa mostra in qualche modo riassuntiva, sia pure per campioni, emerge chiaramente questa dimensione dell'operare cioniano. Eppure, a leggere con attenzione i modi di questo operare, si capisce come Cioni sia sempre stato al di fuori del costume (meglio, del buon costume) pittorico. Il problema del colore come sintassi cromatica, come fusione o contrapposizione di lessico, tono sopra tono o tono contro tono, non lo ha mai neppure sfiorato. Alla grammatica del comporre, propria della pittura tradizionale (ivi compreso il capitolo delle avanguardie storiche), Cioni ha sempre preferito un linguaggio diverso, forse più vicino alla grafica e alla letteratura che non alla pittura (alla quale Cioni appartiene pienamente).

In realtà, le opere di Cioni, almeno le più riuscite, sono monocolori. Assolutamente, abissalmente monocolori. Cioni è un pittore di fondi, di campi ed in questa sua caratteristica non è mai banale. I suoi fondi sono infatti incredibilmente "densi", "lavorati", irti di spunti portati ad assoluta, abissale unità. Su questi fondi, su questi campi, Cioni scrive ed iscrive la storia sottile del mondo, o dei mondi possibili perché già contenuti nel fondo, nel campo. I mondi sono dati dai fondi in maniera sintetica: dai segni scritti ed iscritti sui fondi, in maniera invece analitica. Questi segni, lungo 1'arco di una esperienza appunto ventennale, appaiono evolutivamente diversificati: le linee di scrittura immaginaria, la luce elettrica e il perspex, gli aloni, le figurazioni. Uguale è però il loro senso ed il loro significato. Sono nati dal fondo (il linguaggio) per esemplificarne un motivo (il discorso) e tornarvi. Ma il linguaggio è la compresenza di tutti i discorsi, quelli fatti e quelli infiniti da fare, così come il fondo è la compresenza, in Cioni davvero contemporanea, di tutti i segni possibili. E allora i discorsi sono soltanto la traccia, i "semi", del linguaggio totale e servono per ribadirlo e per scatenarlo. Anzitutto per indicarlo. Poiché non pretendono di esaurirlo ma di darne un saggio, un saggio esaustivo soltanto in termini di congruità.

Torniamo un attimo ai fondi di Cioni, che parte dal nero ed è sempre sul bilico di tornarvi. Si tratta di un nero che è, anche tecnicamente, la somma di tutti i colori possibili e non il vuoto del colore, lo zero della luce. Nel corso della sua esperienza, Cioni approda però alla scoperta fulminea, però fulminante, dell'azzurro. La nigredo alchemica è superata per una via che non è più canonica: non attraverso le fasi rituali di albedo e rubedo ma con I approdo al fulgore di ciò che potremmo designare la fase ultima e unica della blavedo.

L'opera al rosso sembra così un esempio di altri tempi: una inchiesta sociologica ha appurato, del resto, come il colore prediletto dalle masse non sia più il rosso, come accadeva fino a pochi anni fa, ma 1 azzurro. E azzurro è il colore del radar e dell' orgone. Blavedo è condizione di silenzio, di meditazione, di sosta, di concentrazione

Operare all'azzurro è il rifiuto della pittura ed insieme la sublimazione di questo linguaggio, è il modo intenso di Cioni di fare Pittura cioè Conoscenza (ed il rifiuto della conoscenza più spicciola).

Ecco dunque che ora, in un'ora che segna sul quadrante mondano il ritorno della pittura, accade inevitabilmente che Cioni si trovi ancora una volta in opposizione cosciente col sistema. Ha a lungo rifiutato la non pittura premeditata per fedeltà alla Pittura; si trova allora necessariamente nella condizione felice di rifiutare la pittura post - meditata per la stessa ragione. Eppure anche Cioni, come mostrano le sue opere più recenti, sembra essere stato influenzato da un certo anacronismo, dalla smania della citazione figurativa. Ma, attenzione, sia che si tratti degli interventi sulle immagini del consumo visivo (artistico e turistico) contemporaneo, sia che si tratti della riproduzione "a mano" di architetture sublimi, Cioni opera sempre all azzurro ed estrae dai suoi fondi irreparabili una segnaletica, forse più accattivante che in passato, che è però ancora una volta la storia del mondo bloccata assieme all'indicazione di tutte le altre storie possibili: oppure di tutti gli altri possibili mondi. I suoi quadri sono specchi che ci costringono ad attraversarli in quanto presuppongono un "dietro" che condiziona la lettura del loro "davanti". Sono proprio degli specchi azzurri, insomma. Né sono ciechi né solo riflettono.

Sergio Salvi


 

Le opere.

 

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