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Minimo 7 pag.6
Facoltà & Dintorni
Settembre 1994
É possibile fare pipì ad Ingegneria?
finisce qua.
All'uscita dalla biblioteca (ore 13:00) mi accorgo che una porticina che è stata sempre chiusa, dacché vengo in biblio­teca, è aperta. La curiosità mi spinge a guardare dentro e, meraviglia delle meraviglie, scorgo gli anelati bagni e den­tro il bibliotecario di cui sopra.
É il caso di dire che questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso (ogni riferi­mento a fatti, persone, animali o 'pipì' è del tutto casuale).
Mi chiedo come la gente possa spudoratamente dichia­rare il falso, ma soprattutto mi chiedo per quale recondito mo­tivo ci viene negato un bagno a portata di mano e vengono blindati quelli che non lo sono? P.S. : Non mi si venga ad obiettare che questo disguido è successo perché ci si trovava in Agosto, perché questa è solo l'ultima di una lunga serie di 'pipì' sofferte.
16 agosto, ore 11.00, Biblio­teca centrale di Ingegneria; ho un urgente bisogno di fare la pipì. Mi alzo lentamente, mi avvio verso l'uscita. Chiedo al bibliotecario, che la stessa mat­tina era stato di una gentilezza a dir poco rara, dov'è il bagno. Sempre con la massima genti­lezza mi informa che in biblio­teca non esiste il bagno e che quindi dovrò andare al primo piano in fondo a destra come tutti i bagni che si rispettino. É il famosissimo bagno davanti all'aula P triangolo. Famosis­simo perché, quando era prati­camente inagibile, veniva la­sciato perennemente aperto, af­finchè diffondesse inenarrabili miasmi tutt'intorno; da quando è stato ripristinato, in­vece, rimane perennemente chiuso da una porta pratica-
mente blin-data (mi chiedo se la pipì frutti qualcosa). Eb­bene, percorso il lungo corri­doio, con la vescica che comin­cia a dare segni di cedimento, in fondo a destra trovo il segno inconfutabile della pro­prietà privata: la porta blindata chiusa a chiave.
Comincio a sudare freddo. Mi ricordo che in fondo al corridoio a sinistra del 2° piano c'è un bagno e a tappe succes­sive mi incammino. Da bagno a bagno, scale comprese, ci saranno dei buoni trecento me­tri. Stavolta le porte chiuse sono belle e funzionali ma pur sempre chiuse. Ho un'ultima speranza: il dipartimento di meccanica. Inutile dire che ad­dirittura l'intero dipartimento era inaccessibile. Il bisogno era ormai impel-
lente e davanti a me si è confi­gurato un bellissimo giardi­netto appartato (quelli interni ai dipartimenti). Così, final­mente, ho potuto fare la mia pipì .
Dapprima il senso di soddi­sfazione post-pipì si è impadro­nito di tutto il mio essere, tanto che avrei potuto correre i cento metri e vincerli; dopo, il cer­vello ha cominciato a ragionare e mi sono reso conto che la struttura universitaria mi aveva trattato al pari di un cane; così, con la coda tra le gambe, sono tornato a studiare.
Se finisse qui, la storia della mia pipì, potrebbe essere tac­ciata di banalità; mi si potrebbe obiettare che da secoli nel mondo gli uomini ne hanno subito di simili, se non di più sofferte; ma la mia storia non
Antonio Zasa


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