DECORAZIONE DELLA CUPOLA ABSIDALE CON  LE TRAME ICONICHE DI KATHY TOMA

 

Nell’autunno del 1998, Kathy Toma volle conoscere il paese dove Carlo Gesualdo era vissuto.  “ Camminare sulla terra del grande musicista, pensare che lui aveva visto gli stessi paesaggi e sfiorate le stesse pietre… Che aveva pregato e implorato il perdono tra le mura dell’imponente castello che domina l’abitato… dove egli aveva composto la maggior parte delle sue opere “ suscitò nell’artista un insieme di delicate sensazioni e di particolari stati d’animo che la portarono a desiderare di lasciare quivi un suo ricordo, a testimonianza dei suoi sentimenti di ammirazione e di gratitudine.

Decise, così, su proposta unanime della Pro loco e della Confraternita, di decorare la volta della Chiesa di Maria SS. Addolorata con un ciclo di pitture, da valere come canto di preghiera, inno alla fede e messaggio proiettato nel futuro.

L’opera, riportata in sette pannelli è stata realizzata, con entusiasmo e passione, a Parigi, nell’arco di diversi mesi.

Il suo impianto rappresentativo si muove tra luoghi reali e luoghi sognati, tra tradizione e modernità, riallacciando fili di trame dimenticate e poi ritrovate dall’artista nella sua storia umana e spirituale.

Le tele sono animate da figure cariche  di notevole forza espressiva e di grande effetto emotivo, che si muovono e riempiono gli spazi  per  significare la tragicità del dolore umano, il senso dell’arte e il valore della preghiera, la caducità del tempo e la gloria del Signore.

La padronanza dei colori consente all’artista di esprimere la ricca articolazione del suo vitalissimo mondo interiore con l’uso di una scala cromatica caratterizzata da gradevoli tonalità e tenera armonia.

Il pannello posto a destra, per chi guarda l’altare maggiore, è dedicato a Carlo Gesualdo, “ principe dei musici “.

Sull’insieme si impone il movimento ascensionale: preghiere, interrogazioni, elevazione verso l’alto, attraverso la clessidra d’oro che scandisce il tempo  dell’umanità, un tempo senza tempo, un tempo al di là del tempo, fra due cavalli di schiuma bianca che circondano, come due ali protettrici, un viso femminile di ineffabile dolcezza, con gli occhi socchiusi, come sognanti, viso sigillato di silenzio, di mistero, di dolore…. Nella parte superiore il bambino accolto da tre angeli rappresenta l’anima innocente che si stacca al momento della morte, parte più sottile, parte più lieve …, forse l’amato Alfonsino, il figlio del principe, morto in tenerissima età …, forse il mistero dell’incarnazione del Verbo, come riportato in alcune annunciazioni.  Sulla clessidra si percepiscono delle lievi venature come delle marmorizzazioni: la matrice viva del tempo che pulsa come il sangue nelle vene, in cui si sente l’eco dei battiti del cuore.

In basso, un baratro si apre sulla sofferta terra dell’Irpinia, scossa da numerosi sismi. Quivi, dall’antico stemma della famiglia Gesualdo sgorga un fiume di lava incandescente, dal quale sorge un corpo con le braccia aperte, in atteggiamento di invocazione.

“ O vos omnes qui transitis per viam…” “ Ave dolcissima Maria…” cantano i componenti la camerata musicale del principe raffigurati sul nastro ovale in bianco e nero che circonda la clessidra, come attraverso degli specchi deformanti, come usciti dalle onde della musica stessa.

Al centro della composizione si apre un monumento, il cui coperchio è fatto saltare da un uomo che protende la mano destra verso l’alto in segno di invocazione e di aiuto.

A destra, una bambina seduta guarda attentamente questa straordinaria visione, riflette e medita, lei vede ciò che gli uomini non possono vedere. A sinistra, un’altra bambina salta su un cavallo bianco, ballerina, nomade come tutti noi sulla terra, destinata a scomparire.

In basso, ai piedi del castello, il popolo di Gesualdo, rappresentato da una moltitudine di persone, assiste agli avvenimenti della storia, volgendo lo sguardo in alto, verso il cielo. Nell’angolo, un personaggio tiene aperto un libro dalla copertina rossa … su cui legge la storia già scritta.

Il pannello di sinistra è dedicato al Re Davide, compositore e interprete dei Salmi, abile suonatore di cetra, personaggio, per tanti aspetti, simile al principe Carlo.

Nella composizione, in alto a destra, il re mostra i suoi occhi illuminati dai raggi divini, in basso suona l’arpa, al centro è salvato dalle grandi mani di Dio mentre sta per annegare (come indicato dalla sottostante scritta in ebraico) o appare dinanzi a Saul, l’amico-nemico cui leniva la tristezza suonando e cantando.

Accanto a lui, una donna bellissima con il volto di estrema dolcezza e con gli occhi semichiusi. E’ la Madonna che discende dalla sua stirpe. Ha tra le braccia un bambino il quale, nella mano destra, porta uno strano fiore, simbolo di una cellula umana in via di riproduzione. La grande scala che appare a sinistra sale verso il palazzo di Davide, il cui interno corrisponde al cortile del castello di Gesualdo. Sotto l’arco appare Nathan in atteggiamento di predizione. L’angelo che è poco distante annuncia con le sue tre frecce d’argento imminenti pericoli. Tra i vari personaggi che animano la scena, le quattro mogli di Davide:  Micol, Betsabea, Abigail e Abisag e i quattro musicisti: Asaf, Ethan, Eman e Jditun; i loro nomi, in caratteri ebraici, insieme ai testi dei salmi, che compongono una musica visiva e sonora, scandiscono i vari spazi dello spartito pittorico.

Il dipinto, nella parte centrale, dall’alto verso il basso, presenta una specie di freccia verticale, che, come un tornado, penetra nel cuore di Davide che sta per annegare. E’ il tormento della fine tragica di suo figlio Absalon rimasto attaccato ai rami di una quercia con la sua folta capigliatura, come raffigurato in alto, vicino al tempio di Salomone, tempio rappresentato dalla Cappella del SS. Sacramento di Gesualdo. Rappresentazione questa che assume un rilievo particolare, dato che Davide e il principe Carlo furono entrambi colpiti allo stesso modo, con la tragica morte del loro figlio. Davide sopravviverà alla disgrazia, per il principe sarà la fine dopo la morte di Emanuele.

Nel pannello centrale, la figura dello Spirito Santo viene rappresentata da una colomba che sta volando, componendo il movimento del battito delle ali, come se venisse dal fondo della chiesa e simultaneamente dalla navata. L’artista, per questa immagine, si è ispirata alle ricerche di Etienne-Jules Marey, fotografo francese della fine dell’ottocento, che a Napoli compì  particolari studi sul movimento degli uccelli in volo.

Nella vela di destra è raffigurato l’Arcangelo Gabriele, messaggero “annunciante“. Cammina senza poggiare i piedi a terra, lieve come un sogno alato.

Nella vela di sinistra, sotto lo sguardo di Davide, suo antenato, è dipinta la Madonna, con il volto afflitto e pensoso, come quello dell’Addolorata, a cui è dedicata la Chiesa.

Nella vela centrale, in riferimento ad un’indicazione raccolta da una fotografia scattata prima che il terremoto facesse crollare la volta della chiesa, l’artista ha raffigurato il mistero della Trinità. Uno dei volti è incompiuto, perché ognuno possa contemplarlo sul resto delle pareti della chiesa, come dappertutto.

L'opera donata dall'artista, è stata montata in situ dall'impresa G. Mingarelli di Salerno.

 

NOTIZIE BIOGRAFICHE SU KATHY TOMA.

 

Kathy Toma, laureata in lettere all’Università di Strasburgo, e in Storia dell’Arte alla Sorbona, vive e lavora a Parigi presso il Centro Pompidou.

Ha seguito studi di recitazione e ha riservato alla musica grande passione, trasmessale dalla madre, pianista di buon livello.

Fin da bambina ha dipinto servendosi di materiali diversi, di pastelli, acquerelli, tempera, olio, acrilico o vernici particolari. Ha esposto le sue opere, riscotendo innumerevoli consensi e riconoscimenti, in diverse città della Francia, della Germania e dell’Italia.

All’età di 18 anni, nell’Abbazia di Pomposa, ascoltò la musica di Carlo Gesualdo e rimase molto colpita dall’arte del Principe e dalle sue vicende familiari.

Da allora, ha cercato di tradurre sulla tela l’emozione che produce in lei l'arte del grande madrigalista e di verificare la possibilità di trasferire nel campo pittorico il suo particolare universo musicale. Con questo intento, dal 1987 al 1990, ha eseguito un grande ciclo di pitture, esposto all’Istituto Francese di Napoli ed al Museo Irpino di Avellino. Ha realizzato altresì un film con il cineasta E. Mennitti Paraito, proiettato a Gargilesse, nella regione del Berry, e a Guebviller in Alsazia . Successivamente, su tale tema, ha ideato lo spettacolo multimediale "Trame iconiche di una resurrezione" presentato in Avellino, a Napoli e a Gesualdo nella chiesa di San Nicola.

 

NOTE STORICHE SULLA CHIESA.

La chiesa fu fondata nel 1616 dalla principessa Isabella, nipote di Carlo Gesualdo, sotto il titolo di S. Antonio da Vienna.

Per tutto il XVII secolo appartenne all’Ordine Cavalleresco Secolare degli Antonini, istituito per assistere gli ammalati di peste. Pertanto, sicuramente, offrì accoglienza ai viandanti di passaggio, ai pellegrini, agli infermi poveri.                Successivamente, passò al Militare Ordine Costantiniano di S. Giorgio, dipendente dalla diretta giurisdizione del Re e quindi esente dalla visita canonica dei vescovi diocesani.

Nel secolo XVIII divenne sede della Confraternita della SS. Addolorata e Morti, sodalizio laico tutt’ora attivo, che ha svolto nel corso degli anni lodevole attività volta all’ampliamento ed alla manutenzione della chiesa stessa, alla formazione morale degli associati ed al loro sostegno materiale e spirituale.

Sorta come una piccola Cappella, grazie al fervore religioso, allo spirito di sacrificio, all’operosità ed all’entusiasmo di numerosi fedeli e confratelli, il sacro luogo è andato gradualmente ampliandosi, fino a raggiungere l’attuale grandezza.

Nel 1739, sotto il priorato del dott. Donato Antonio Mattioli, la Confraternita, come riporta Giacomo Catone nelle sue “ Memorie Gesualdine “, poiché non aveva “ Terra Santa  per inumare i suoi defunti “ e locale annesso alla chiesa ove custodire gli arredi ed i paramenti sacri, acquistò un adiacente casolare, ricavando nella zona interrata il cimitero e in quella sovrastante “ una bellissima e luminosa sacrestia “.

Nel 1820, com’è riportato su lapide collocata sulla porta d’ingresso, divenuta insufficiente per l’afflusso di numerosi fedeli e confratelli, fu ampliata fino a raddoppiare le sue originarie dimensioni di lunghezza e altezza. Fu rifatto il prospetto principale  con artistico portale e fu costruito, separato dal corpo della chiesa, un campanile a base quadrata con cupola ricoperta di mattonelle porcellanate dipinte a mano. Quest’ultima opera, purtroppo, divenuta pericolante, fu demolita nel 1909 e ricostruita al lato opposto, dove attualmente si trova, da un artigiano di Grottaminarda di spiccate capacità tecniche ed artistiche. Per accedere alla cella campanaria fu realizzata una scala a chiocciola in pietra autoportante, con corrimano incassato agli scalini elicoidali, costituente con essi un unico pezzo.

L’interno fu arricchito di pregevoli stucchi da un artista napoletano, nel 1922, quando fu sistemata sull’altare maggiore la bella e miracolosa statua della Vergine Addolorata, acquistata presso la ditta “ Calderazzo “ di Napoli dal Priore Don Pasquale Dell’Erario, con  dei soldi vinti al gioco del lotto.

In quell’occasione, l’artista Annibale Borghese di Avellino dipinse ad olio sulle pareti laterali del Presbiterio, a grandezza naturale, le figure degli Apostoli Pietro e Paolo, mentre al di sopra del cornicione, nel mezzo dei finestroni laterali, furono sistemati i dipinti di ottima fattura raffiguranti “La Madonna di Costantinopoli“ e “L’Annunciazione“. Entrambi ad olio di ignoto autore risalgono rispettivamente al secolo XVI, e l’altro del secolo XVII. Tali tele furono sottoposte a complessi interventi di restauro nel 1995 da Ovidio De Martino da Frigento.

Negli anni ’70, la facciata fu rivestita con pietre di Fontanarosa, al centro della stessa, al di sopra del portale, fu collocata l’immagine dell’Addolorata riprodotta con ceramiche di Vietri, sulla cuspide la statua di san Rocco, fatta appositamente eseguire da un noto scultore di Carrara.

A seguito del rovinoso evento sismico dell’80, la chiesa, purtroppo, fu resa inagibile per circa un decennio. Crollò la cupola dell’abside e andarono perduti affreschi, stucchi e pezzi di altari, venne del tutto rovinata la pregevole balaustra in marmo, che divideva il presbiterio dalla navata, costituita da colonne e medaglioni.  Questi, che a rilievo riportano le quattordici scene della Via Crucis, sono stati comunque recuperati  per essere collocati lungo il colonnato della chiesa stessa.

Il 2 agosto 1992, dopo essere stata consolidata nelle strutture murarie portanti e nelle fondazioni, ricostruita in più parti e opportunamente restaurata, è stata riaperta al culto, grazie ai fondi della legge N° 219/’81 e alle offerte dei fedeli e dei confratelli, ma soprattutto all’impegno, alle capacità e alla tenacia del priore prof. Giuseppe Bettalico.

Delle varie opere artistiche quivi conservate meritano attenzione particolare la statua raffigurante San Michele e la tela delle anime del Purgatorio.

La prima, come ha rilevato Vega De Martini, su un articolo apparso sul Mattino negli anni ’80, potrebbe essere di Francesco Antonio Picano, che nel 1705, come è documentato, eseguì una scultura simile a quella che Lorenzo Vaccaro aveva effettuato, in argento e bronzo dorato, per la Cappella del tesoro di  San Gennaro, nel Duomo di Napoli.

La studiosa rileva che le dimensioni di entrambe le opere sono identiche come identico ne è l’atteggiamento. “La gamba destra, spostata in avanti, è premuta sulla testa del drago-diavolo che boccheggia stremato, steso sul fianco destro, come nella statua del Vaccaro. La gamba sinistra, sollevata a mezz’aria, è bilanciata dalla positura del braccio destro armato di spada, teso completamente all’indietro e pronto ad abbattersi con un colpo secco sul drago, come nella statua del Vaccaro. Il braccio sinistro punta decisamente verso il basso, ha l’indice teso verso il drago che ormai non ha più scampo, come nella statua del Vaccaro “.

La tela della Madonna del Purgatorio, un tempo sull’altare maggiore, è collocata al centro del cassettonato del soffitto, misura circa cm 200 per cm 400 ed è datata 1743. Il suo modulo compositivo, con linguaggio accessibile a tutti, richiama le finalità della Confraternita, con i simboli ed i Santi che meglio ne hanno caratterizzato il suo percorso storico.

L’ignoto artista raffigura Maria SS. Addolorata trafitta da sette spade, che volge gli occhi in alto verso una colomba circondata da raggi di luce, simbolo dello Spirito Santo. Intorno a lei un coro di Angeli, ai suoi piedi Sant’Antonio Abate, in atto di pregare per le Anime del Purgatorio, le quali tendono le mani verso San Michele per farsi liberare dalle fiamme.

Va segnalato, infine, che del patrimonio della chiesa fanno parte anche la statua lignea di Sant’Alfonso Maria dei Liguori e l’organo a canne, preziose opere del XVIII secolo che necessitano di essere restaurate al più presto, perché seriamente danneggiate dal tempo.

 

CENNI SU GESUALDO

“Gesualdo è una graziosa cittadina che si aggrappa ad uno di quei monti che rendono bella e sempre verde l'Irpinia. Dall'alto delle sue terrazze, con un largo respiro dei polmoni, nelle vive pupille dello spettatore si profila un vasto ed incantevole panorama che abbraccia tutto ciò che di sacro e di profano, di naturale e di artistico, si contiene nella conca che la circonda.

A destra, le vertiginose altezze di Montevergine, cui serve da sfondo la catena del Partenio, dinanzi quelle di Chiusano, a sinistra S.Angelo dei Lombardi e giù nella valle il fruscio delle acque di un torrentello che accresce bellezza e grazia ad un quadro di sì largo respiro. La tela si completa nel cielo limpido e terso come uno specchio da sposa, nella pura e balsamica aria che, filtrata da mille vette, arricchita di ossigeno e da tanta alberazione fruttifera ed ornamentale, viene quassù agile e snella.

La Sapienza del Creatore è stata prodiga di bellezze in questi luoghi e Gesualdo, ... ha saputo aggiungere qualcosa di misterioso, un mondo nuovo di cose belle ed il Castello con la sua storia ne sta a testimoniare la verità.

Gesualdo,così amorevolmente descritto da Padre Cipriano De Meo (“La città di Gesualdo – Contributo di studi e ricerche“ Ed. Il Calamaio- Roma, 1996- pag 21) è infatti un centro ricco di storia e di monumenti che vanta un grande patrimonio di tradizioni, costumi, valori artistici e culturali.

Punto di riferimento per l’intera comunità è il Castello, solenne ed imponente complesso che sovrasta il paese, possente ed enorme struttura che ispira una sottile e profonda suggestione.

Quivi Carlo Gesualdo (1566-1613), nipote di S. Carlo Borromeo, visse la sua tragedia spirituale e morale, esprimendo nella musica le passioni e i dolori del suo tormentato animo.

Nelle melodie del suo canto il principe profuse una sorta di “deliziosa malinconia“, un pathos preromantico fatto di cromatismi ed arditezze armoniche, scaturite dai suoi laceranti dubbi, dalle condizioni di debolezza e di sconforto della sua persona, dal rimorso delle sue colpe e dal pianto per le sue disgrazie.

Elementi questi che hanno indotto la critica moderna a riconoscerlo quale artista singolare, quale innovatore ed eccezionale precursore, uno dei più illustri madrigalisti del suo tempo.

Igor Stravjnskij, Werner Herzog, Glenn Watkins e tanti altri personaggi, spinti dalla passione per il grande musicista, hanno visitato il paese in cui egli trovò ispirazione per le sue liriche, negli anni più drammatici della sua esistenza.

Le note distintive della cittadina vanno, comunque, rinvenute nel centro storico e in diversi monumenti.

Nella parte più antica presenta la struttura di un luogo ben fortificato, come si doveva per il centro di un feudo molto ricco e potente; su di un ripido ed esteso pendio case su case, collegate tra loro da  stradine strette, gradinate ed archi; di tanto in tanto, qualche costruzione dalle grosse dimensioni, abitazioni dei signori della corte e luoghi di maggiore difesa. Il tutto è un patrimonio di inestimabile valore, spettacolo suggestivo per il turista, valida e ricca testimonianza del passato per lo studioso.

Tra i monumenti più significativi del paese vanno segnalati la Chiesa  Madre, intitolata a S. Nicola di Bari, la chiesa del SS. Rosario, la Chiesa di Maria SS. Addolorata, il Santuario di Santa Maria delle Grazie con annesso convento, la chiesa di S. Maria della Pietà, la chiesa della Madonna degli Afflitti, la Cappella del SS. Sacramento.

Realtà queste tutte ricche di storia e di cultura, interessanti sotto il profilo architettonico ma soprattutto per le testimonianze artistiche che custodiscono, statue, dipinti,  sculture ed altri tesori di valore, raccolti e conservati nel corso dei secoli da un popolo ricco di profonda religiosità e orgoglioso del proprio passato e delle proprie tradizioni.

Di tutte, merita, comunque, maggiore attenzione il Convento francescano fatto erigere dal principe Carlo nel 1592. Quivi i padri Cappuccini, nell’umiltà e nella preghiera, hanno tenuta accesa la fiaccola della fede e della civiltà, diffondendone la luce sulla comunità di Gesualdo e su tutto il territorio circostante.

Quivi è stato come studente di teologia morale, Padre Pio, il frate delle stimmate, la figura religiosa più amata del nostro tempo, l’umile Cappuccino che ha lasciato un messaggio di grande spiritualità, di immensa sofferenza e di purissimo amore, un messaggio che invita ciascuno a  dare poco spazio ai beni materiali e a tutto ciò che è connesso all’egoismo ed alla superbia per scoprire in se stessi e negli altri il volto di Dio.

E’ opportuno, infine, ricordare che Gesualdo ha dato i natali a numerosi uomini illustri, dei quali vanno soprattutto segnalati Cillo Palermo, autore, fra l'altro, della favola pastorale “Gli amori sdegnati“, Vincenzo Maria Pisapia, padre domenicano morto in odore di santità, Giacomo Catone, teologo e storico locale, Domenico Danuscio, benemerito abate di Montevergine, Antonio D’Errico, psichiatra, professore dell’Università di Napoli.

 

 

 

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A cura dell'ing. Zarrella Michele
Sito Web:  http://digilander.libero.it/prolocogesualdo/indice.html
Indirizzo email: gesualdo.pro@libero.it