URBINO
"È la città d'Urbino molto civile et assai honorevole d'edifici": così un erudito del Cinquecento aveva delineato caratteristiche e vocazioni di una città che proprio in quell'epoca viveva la stagione più intensa dal punto di vista culturale e politico.
È una definizione che condensa appieno l'immagine attuale di Urbino, quale si offre allo sguardo del visitatore: una città che conserva intatta una realtà storico urbanistica che affonda le radici nell'età rinascimentale, ma che nel contempo si configura come moderno centro di irradiazione culturale a dimensione internazionale.
Non siamo risaliti, e di proposito, alle origini pure antichissime della città, municipio romano con il nome di "Urvinum Mataurense" e prima ancora luogo d'insediamento di popolazioni celtiche e umbre. Furono infatti le geniali iniziative politiche e culturali di Federico di Montefeltro, principe illuminato del XV secolo, che seppero trasformare una terra anonima e ostica in un territorio storicamente ben definito: una sorta di approdo obbligato per chi voglia esplorare una dimensione essenziale della nostra civiltà.
Adagiata su un colle che si erge tra i fiumi Foglia e Metauro, protetta ad occidente dai crinali appenninici, Urbino, antica capitale di Ducato, si protende ad oriente verso il mare Adriatico.
È in questo luogo che Federico concepì il suo sogno di costruzione di uno Stato organizzato con razionalità. Quale simbolo fisico dello Stato, il principe ideò un'opera architettonica che rappresenta la sintesi della nuova concezione umanistica, non un castello ancorato ai vecchi principi militari di difesa-offesa, ma un palazzo aperto alla circolazione degli uomini e delle idee.
Nasce così un edificio di strutture solidissime, di armoniosa snellezza nelle forme esterne, di razionale funzionalità nella sistemazione interna: una città in forma di palazzo che divenne ben presto sede elettiva di un nuovo modello di civiltà, come si deduce dalle mirabili pagine del "Cortegiano" di Baldassar Castiglione.
L'asperità del luogo suggerì all'architetto dalmata Luciano Laurana l'ardita soluzione della facciata occidentale con i torricini idealmente rivolti in direzione della Toscana, quasi un ponte gettato verso la culla del Rinascimento.
Le due agili ed eleganti torri rappresentano un magico contraltare alla poderosa fortezza dell'Albornoz (eretta nel '300 con chiari intenti di difesa militare), dai cui bastioni è possibile cogliere una suggestiva visione panoramica della città con i suoi palazzi, le sue case, le innumerevoli finestre aperte sulla natura circostante.
La compenetrazione della struttura abitativa con il paesaggio è avvertibile anche nella parte orientale del Palazzo con l'inconfondibile facciata ad ali: il maestoso portale d'ingresso si apre infatti sulla perfetta geometria del Cortile d'Onore, fulcro architettonico dell'edificio, esempio mirabile di armonia di volumi e di spazi, in virtù dell'illusione prospettica delle colonne e degli agili archi del porticato.
Il Cortile costituiva anche il centro della vita di corte. Su di esso si aprivano i luoghi deputati all'attività pubblica, tra cui la 'Biblioieca del Duca', sala che accoglieva gli splendidi codici miniati di Federico, recentemente aperta al pubblico.
Nelle sale a oriente del piano terreno è stato da poco sistemato il Museo Archeologico Urbinate (il cosiddetto 'Lapidario'), che custodisce un copioso fondo di epigrafi, urne, cippi ed altre interessanti testimonianze provenienti dalla collezione ordinata nel '700 dal Cardinal Legato Giovan Francesco Stoppani.
L'ultima parte del Palazzo, di recente recuperata alla fruizione pubblica, è rappresentata dai Sotterranei, un complesso di locali distribuiti secondo una distinzione delle funzioni, che è caratteristica delle parti cosiddette nobili della dimora federiciana. Una rampa a scivolo dal Cortile d'0nore immette direttamente ai locali destinati ai servizi: la Scuderia, tradizionalmente denominata Maneggio; le Stalle vere e proprie; la Neviera, invaso conico in cui veniva convogliata la neve dal Giardino soprastante, che serviva per conservare i cibi; le Cucine e i Bagni ducali, con i complessi e funzionali sistemi di riscaldamento delle acque e di smaltimento dei rifiuti.
Le immense sale del piano nobile rappresentano il dominio incontrastato della luce e dell'armonia e sono il segno di un'epoca in cui Urbino fu al centro di un umanesimo scientifico e matematico che ebbe in Piero della Francesca un emblematico testimone.
Sede dal 1912 della Galleria Nazionale delle Marche, il Palazzo Ducale ospita un patrimonio artistico di eccezionale rilevanza. Dallo spazioso Salone del Trono, le cui candide pareti sono ricoperte da grandi arazzi del '600 eseguiti su disegni di Raffaello, il percorso si snoda alla ricerca degli ambienti più caratteristici e intimi: la Sala delle Veglie, in cui si davano convegno i piu raffinati ingegni dell'epoca; l'appartamento della Duchessa, che comprende il Vestibolo, il Salotto, la Camera, il Guardaroba e la Sala da preghiera; infine il centro ideale del Palazzo, lo Studiolo, rivestito di tarsie lignee illusive (opera di Baccio Pontelli, sec.XV) e sovrastante la cappella del perdono e il Tempietto delle Muse, in una mirabile sintesi di cultura pagana e pensiero Cristiano.
È da questa atmosfera che traggono vita alcune delle opere piu significative conservate nella Galleria: la "Flagellazione" e la Madonna di Senigallia di Piero della Francesca; il 'Miracolo dell'ostia profanata' di Paolo Uccello; la 'Città ideale' attribuita a Piero della Francesca ed altri dipinti di Luca Signorelli, Tiziano, Pedro de Berruguete, Giusto di Gand, Giovanni Santi e Federico Barocci.
Ed è in questo clima che nacque e si manifestò il genio di Raffaello, di cui la Pinacoteca custodisce il 'Ritratto di Gentildonna' e 'La Santa Caterina d'Alessandria' accanto a capolavori assoluti dell'arte di ogni tempo: dalle raccolte di dipinti del Trecento dei riminesi Giovanni Baronzio, Maestro di Verucchio e dei marchigiani Allegretto Nuzi e Lorenzo Salimbeni, alle opere di maestri della scultura quattrocentesca quali Agostino di Duccio e Luca della Robbia; alle tele di Orazio Gentileschi e Andrea Lilli, esponenti di rilievo della pittura nella prima metà del Seicento. In quella che può considerarsi una vera e propria sopraelevazone cinquecentesca del Palazzo ad opera dei Della Rovere, è raccolta una ricca collezione di maioliche e ceramiche provenienti dalle fiorenti botteghe del Ducato dei Montefeltro (Urbino, Casteldurante, Pesaro, Gubbio), oltre che da Faenza, Deruta, Castelli, in un periodo compreso tra il III e il XVIII secolo.



Raffaello Sanzio
Piero della Francesca
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