La denuncia da un liceo di Pordenone. Corretto
un volume della 'Nuova Italia'."E' troppo equivoco"

Orrore, via la Padania
dai libri di testo


di SABINA MINARDI

C'era una volta la Padania. Con città dagli splendidi palazzi e ricche corti di intrighi e principi. E i suoi confini: "da un lato Milano, Mantova, Parma e Ferrara, e dall'altro Bologna, Ravenna e Romagna". Uno scenario, tra fine Quattrocento e i primi decenni del Cinquecento, in cui "la nostra letteratura trova il suo punto altissimo di consolidamento e di grande rilancio sulla scena europea". E un periodo in cui l'Ariosto va "dalla Padania al mondo". Tutto vero. Ma non chiamiamola "padania". E' un gruppo di insegnanti del Liceo Ginnasio Giacomo Leopardi di Pordenone ad accendere la miccia. Quando scova, tra i libri di testo da adottare per il prossimo anno, il volume, edito dalla Nuova Italia, Testi e percorsi della letteratura italiana di Riccardo Marchese e Andrea Grillini. Un libro, uscito quattro anni fa, che ha la "colpa" di riportare, in più punti, il termine "padania".

Troppo equivoco, protestano gli insegnanti. Perchè "espressione di un progetto politico secessionista alla ricerca di radici culturali". E, invocando proprio Messer Lodovico, il quale "inorridirebbe di fronte all'eventualità che giovani e sprovveduti alunni del XX secolo possano arruolarlo tra le camicie verdi bossiane", ne chiedono l'eliminazione. La casa editrice fiorentina è presa d'assalto, e la protesta, attraverso petizioni e richieste di sottoscrizione, si estende alle scuole di tutta Italia. Poi comincia a viaggiare anche su Internet e lettere allarmate giungono anche alla redazione del nostro giornale telematico. "Forse vent'anni fa tutto questo sarebbe passato inosservato e il termine Padania sarebbe stato accettato senza molti problemi come un superfluo sostituto di quella che era sempre stata, e per quanto ci riguarda continua ad essere, l'Italia settentrionale. Ma oggi non è possibile non riflettere sulla funzione mistificatrice che questa scelta terminologica eserciterebbe sugli studenti".

Insomma, il libro, è da correggere. E a nulla valgono le spiegazioni del professor Lugarini, il direttore editoriale della "Nuova Italia", che si affretta a riportare i paragrafi incriminati nel loro significato originario: "Si tratta di un'espressione di geografia letteraria, il cui uso, ripreso nel volume da Gian Mario Anselmi (peraltro direttore dell'Istituto Gramsci dell'Emilia Romagna) risale al professor Dionisotti. E' un termine, cioè, comunemente accettato dagli specialisti dell'umanesimo e del rinascimento. Utilizzato persino da risorgimentalisti e unitaristi". Ma l'ostracismo verso il volume è già iniziato. E alla "Nuova Italia" non restano scelte. Nel corso di un incontro tra autori e insegnanti, organizzato proprio a Pordenone, arriva l'annuncio: "Consapevole che in un determinato contesto e momento della nostra vita collettiva l'uso delle parole può travalicare le intenzioni di chi le usa, la Casa editrice, d'accordo con gli autori, provvederà a sostituirla nei paragrafi del testo in cui compare".

Pace fatta? Macchè. Ora tocca al vento secessionistico a soffiare più forte. Il termine più amato dal senatùr scatena le proteste dei leghisti: "Padania epurata", "Padania censurata". E sotto attacco gli insegnanti che hanno osato contestare il volume. "E' davvero triste constatare che l'uso sociale e politico di certi termini che, nella tradizione storica e culturale del paese hanno avuto ed hanno mutamenti di significato siano oggetto di considerazioni di censura e di condanna, piuttosto che di riflessione e di studio", afferma perplesso Lugarini. A cui fa eco, sicuro, un lettore del quotidiano "La Padania": "Nella federazione padana certe cose non potranno succedere". Già. In una federazione padana senza la parola "Italia".

(4 maggio 1998)

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