LA HAINE
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COPERTINA CD: Faithleap FAITHLEAP
DEEP
Autoproduzione - 2001



Che il crossover inteso come genere (chi già ha letto qualche recensione su La Haine sa che, per il sottoscritto, tale definizione rappresenta un fuorviante ossimoro) avesse le gambe corte era chiaro da tempo: musica che ha decretato la propria fine nel momento stesso in cui s'è canonizzata. E, a sostegno di questa tesi, non mi sembra un caso che molti gruppi emergenti nostrani (alcuni passati anche per queste pagine) se ne siano stufati essi stessi in prima persona, cercando di cambiare un po' aria, chi nel senso di un inasprimento post-core, chi ricercando una maggiore melodicità "emo" (ma l'abbiamo già capito che proprio dietro a questa parolina c'è la nuova gallina dalle uova d'oro, come testimonia anche il cambio di direzione di Rumore che, dopo aver contribuito non poco a rendere il "nu-metal" di moda in Italia, ora ci sputa sopra, preferndo tutto ciò che suoni "emotivo"… ma vedrete che il percorso sarà lo stesso…).
Mi rendo conto che cominciare la recensione del breve demo dei romani Faithleap in questa maniera non sia molto incoraggiante, ma bisognerebbe anche considerare che queste registrazioni risalgono a circa un anno fa, e che quindi sul mio giudizio hanno certa influenza anche il tempo passato e la relativa involuzione del genere.
Il risultato, infatti, non è dei migliori, e, nonostante tutto, mi verrebbe da dire che questi quattro ragazzi, con la propria musica fatta di sincopati riff metal, repentini cambi di registri vocali e una ricercata (ma non per questo sempre raggiunta: "Eyesore" è piuttosto confusa) schizofrenia strutturale, siano fuori tempo massimo.
Il gruppo ha dalla sua una certa compattezza esecutiva, caratterizzata da una aggressività di fondo e da una discreta tecnica strumentale, soprattutto - come richiede il genere - per quanto riguarda la parte ritmica. Poi, benché la voce (convincente soprattutto nei tratti più irruenti) non disdegni passaggi maggiormente melodici, non incappiamo fortunatamente mai in ruffianerie alla Linkin' Park.
Le note negative sono, però, purtroppo in soprannumero: il gruppo, infatti, spreca le sue buone intuizioni, derivative ma pur sempre confortanti, riscontrabili qua e là in "Strates of spirit" (forse il brano migliore), nelle prime battute di "Eye sore" e nelle fasi più concitate di "Comeshot", affogando il tutto nei soliti stereotipi tipici del genere. I FaithLeap mancano della sicurezza dei capiclasse Linea77, dell'estrema brutalità degli Overflow o di qualsiasi elemento tendente alla rivitalizzazione o innovazione di queste sonorità (impresa, comunque, assolutamente non facile, chiariamoci): il risultato, di per sé, non è malvagio, ma, facendosi i 4 interpreti di un genere che è esso stesso ormai una barzelletta, il tutto si fa fin troppo prevedibile, e la sensazione di dejà vu sonoro è pressappoco costante. Là dove bisognerebbe osare di più per poter ricercare un maggiore interesse, il gruppo si adagia sulle soluzioni più facili, sicure ed espresse con sicurezza, che annullano, però, quegli spunti che potrebbero rendere stimolante un demo al di là del suo semplice valore implicito, dato dall'urgenza espressiva di chi ne è autore.
Il cd è, di conseguenza, da destinarsi unicamente a chi non può fare a meno di queste sonorità.
Mi pare chiaro, ormai, che fin troppe dotate giovani band abbiano esageratamente investito in un indirizzo musicale che s'è sputtanato da solo, probabilmente abbagliati dall'innegabile scossone dato al metal dai primi dischi di Korn, Deftones e System of a Down: abbaglio mediatico o usura dovuta al più sfrenato consumismo discografico?



10/05/02, Marco


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