LE TRACCE DEL PASSATO REMOTO
Il primo insediamento
Le prime tracce di presenza umana nel territorio su cui oggi sorge la realtà comunale di Grottammare risalgono al periodo neoeneolitico: in contrada Collevalle ed in contrada S. Paterniano sono stati ritrovati diversi oggetti in ossidiana e selce (lame, lamelle, falcetti e cuspidi di freccia) riconducibili ad un primo insediamento ivi esistente già duemila anni prima della venuta di Cristo.
I Piceni
E’ tuttavia con l’avvento della civiltà picena che in questa zona si sviluppò un rilevante nucleo abitato comprendente un’area sacra che si dimostrò essere la più importante nella vita religiosa di quella che ancor oggi, per molti aspetti, rimane una popolazione misteriosa. E’ infatti sulla sponda sinistra della foce del Tesino che i Piceni eressero il tempio della loro massima divinità: la dea Cupra, ovvero la dea della fertilità, la grande madre protettrice. Per capire perché essi si stabilirono in questa località e quale fu la reale importanza del loro insediamento, che costituì il nucleo primario di quella che nel corso dei secoli sarebbe poi diventata la cittadina di Grottammare, non ci si può esimere dal tracciare, ovviamente a grandi linee, la storia di questo popolo illustrandone almeno le fondamentali caratteristiche. Varie sono le ipotesi avanzate sull’origine dei Piceni che nella prima età del ferro (circa decimo - nono secolo a. C.) occuparono il tratto di costa adriatica compreso tra i fiumi Foglia a Nord e Pescara a Sud e delimitato ad Ovest dagli Appennini. Per gli scrittori antichi (Strabone, Plinio il Vecchio e Festo) avrebbero avuto origine da una migrazione di Sabini: un picchio, uccello sacro a Marte dal quale il gruppo trasse il nuovo nome, li avrebbe guidati posandosi durante il viaggio sul loro vessillo. Il motivo di questa migrazione sarebbe stato un voto di "primavera sacra": presso le antiche popolazioni era consuetudine offrire agli dei tutti i nati tra il 1° marzo ed il 30 aprile di un anno di carestia o di guerra; gli animali venivano immolati mentre i bambini, una volta raggiunta l’età adulta, all’inizio della bella stagione erano accompagnati ai confini da dove partivano alla ricerca di nuove terre in cui stabilirsi e fondare nuove sedi per gli dei nazionali. Ultimamente alcuni storici hanno messo in dubbio la consuetudine di ritenere i Piceni generati da uno sciame votivo dei Sabini. Alla luce dei vari ritrovamenti archeologici è stata avanzata l’ipotesi che questo popolo non sia di derivazione indoeuropea. Solo in epoca successiva ad esso si sarebbero sovrapposti i Picenti, cioè appunto quelle tribù italiche del gruppo umbro–sabellico cui fanno riferimento gli scrittori classici (i Sabini concordemente erano ritenuti una diramazione degli Umbri). Tuttavia altri studiosi - ed è questa oggi l’ipotesi prevalente - non fanno distinzione tra Piceni e Picenti e ritengono, in sintonia con l’antica tradizione, che questo popolo derivi dal grande gruppo etnico degli Umbro–Sabelli. Per fortuna i vasti rinvenimenti archeologici di abitati, necropoli e stipi votive, oltre a creare discordanza di opinioni sulla sua genesi, hanno anche consentito di pervenire a maggiori conoscenze su questa civiltà. E’ stato così appurato che i Piceni si appropriarono dei territori occupati, non aggregandosi in forti nuclei (non fondarono mai grosse città), bensì dando vita a piccoli stanziamenti, dividendosi e disperdendosi per famiglie e per tribù. Questo frazionamento tribale ha fatto sì che essi non arrivassero mai a costituire un’unità cosciente della propria autonomia culturale e la loro civiltà, pur con una sua innegabile caratterizzante fisionomia, si differenziò di località in località, a volte in modo notevole. Ed è proprio per questa struttura che si potrebbe definire cantonale, che si può parlare di confederazione picena. Gli scavi hanno dimostrato come queste tribù si stabilirono principalmente lungo la costa e lungo le vallate dei fiumi che dagli Appennini si gettano in Adriatico. E’ stato notato come l’agglomerato piceno sorgesse sempre nei pressi dei precedenti insediamenti delle popolazioni dell’età del bronzo (alcune volte si sovrappose direttamente ad essi). Infine è stato rimarcato un ulteriore aspetto di questo popolo: la sua attiva partecipazione agli scambi commerciali, in modo particolare a quelli via mare, con gli altri popoli affacciati sull’Adriatico (Liburni, Illiri, Dauni, Etruschi adriatici). Il Piceno rappresentò poi uno snodo cruciale della celebre "via dell’ambra" (che veicolava sulle rotte adriatiche questa preziosa resina fossile proveniente dalle regioni baltiche) e di tutti gli altri traffici marittimi che si svilupparono in Adriatico. Ciò è dimostrato dal rinvenimento nella necropoli di Novilara (Pesaro) sia di materiali che attestano una direttrice di traffico in senso Nord-Sud (ceramica daunia e ambra) sia di prodotti in bronzo (e particolarmente fibule) che documentano invece una relazione tra l’area picena e le coste dalmate (significative sono le corrispondenze con i ritrovamenti effettuati a Nin). Sempre da Novilara provengono due stele funerarie con iconografie navali ad ulteriore conferma della partecipazione attiva dei Piceni agli scambi marittimi in Adriatico nella prima età del ferro. Dunque appare evidente che i Piceni abbiano posseduto, se non veri e propri porti, almeno dei luoghi di attracco.
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