LE TRASFORMAZIONI DELLE SCIENZE e LA CRISI DEI FONDAMENTI
(da Cioffi.., Corso di filosofia.., cit., p.482)

Tra la fine del XIX secolo e i primi decenni del XX si fe-ce sempre più chiara la consapevolezza che gli sviluppi delle scienze matematiche e fisiche stavano mettendo in crisi i principi e le categorie fondamentali su cui la scien-za moderna si era basata. Il programma di ricerca che aveva animato la scienza moderna, quel meccanicismo che si proponeva di ridurre ai principi della meccanica l'intero sapere, si rivelava incapace di dar conto di vasti domini fisici, dai fenomeni elettromagnetici a quelli ter-modinamici.
Ancora ai tempi di Kant geometria euclidea e meccanica newtoniana potevano apparire come modelli di rigore scientifico e fondamento certo dì tutto il sapere: le loro strutture rispecchiavano l'architettura stessa della ragio-ne umana. Ora, cambiamenti rivoluzionari nelle scienze portavano alla nascita di geometrie non-euclidee, mecca-niche non-newtoniane e così via.
Era necessario, allora, riconoscere il fallimento della ra-gione scientifica che, sia pure utile pragrnaticamente per le sue applicazioni, era teoreticamente incapace di co-gliere le vere strutture del reale'?
Oppure si doveva ammettere che una particolare forma di scienza (quella meccanicistica, appunto), cui era stato attribuito un valore assoluto, era invero solo una rappre-sentazione approssimata della realtà, valida entro certi li-miti per lo studio di particolari sistemi'? Chi avesse scelto il primo corno del dilemma, avrebbe dovuto far appello a forme di conoscenza alternative alla ragione scientifica, che per vie immediate, intuitive, alo-giche, permettessero l'accesso alla realtà assoluta che sfuggiva alla scienza.
Chi, invece, avesse scelto il secondo, avrebbe dovuto ap-profondire il concetto stesso di razionalità, ricercando nuove e più profonde basi del sapere.
Questo periodo di dibattiti radicali nella filosofia e nella scienza, che coinvolsero categorie della conoscenza co-me quelle di numero, spazio, tempo, causalità..., e che portarono a ripensare lo stesso rapporto cognitivo sog-getto/oggetto, prese il nome di crisi dei fondamenti.


EPISTEMOLOGIA E CRITICA DELLA SCIENZA

Introduzione generale
(da Cioffi.., Corso di filosofia.., cit., p.513)

Gli sviluppi della scienza nel corso dell'Ottocento contri-buirono a far vacillare l'ideale di scientificità proprio del positivismo, un ideale sostanzialmente ottimistico circa le possibilità del conoscere, fondato sulla fiducia nell'os-servazione, sull'idea di un progresso cumulativo del sa-pere, sulla concezione di una scienza che riconduce le proprie differenti branche a un'unità rappresentata dalla meccanica, sulla diffidenza infine verso tutto ciò che po-teva apparire prodotto della metafisica e della fantasia umana. Questo ideale mirava a distinguere un sapere cer-to, garantito, "positivo" in quanto fondato sull'esperien-za e sui fatti, dunque non inficiato da alcun limite sog-gettivistico. da un sapere incerto, inaffidabile in quanto frutto del pensiero soggettivo.
Contro una tale fiduciosa visione della scienza, ritenuta capace di costruire un sistema di conoscenze oggettive e in costante crescita, capaci di favorire non solo il progresso culturale, ma anche quello economico e sociale dell'umanità, si levarono negli ultimi decenni del secolo svariate voci critiche.
Alcuni pensatori si muovevano su un terreno squisitamente filosofico per condurre la batta-glia al positivismo con le armi di quelle tradizioni di pen-siero che si prestavano alla bisogna: vi fu così un "ritorno a Kant" (vedi PROFILO STORICO Neokantismo, storicismo e filosofia della vita), un "ritorno a Pascal", un "ritorno a Leibniz". Altri produssero concezioni filosofiche nuove (basti pensare a Nietzsche, a Bergson e allo spiritualismo francese); altri ancora, come Ernst Mach, Jules-Henri Poincaré, Pierre Duhem, trovarono, proprio nei grandi mutamenti di quella scienza tanto esaltata dai positivisti come strumento di lotta al soggettivismo e all'idealismo, altrettanti argomenti per recuperare la funzione fondante del soggetto nell'impresa scientifica, per rivendicare il ruolo prioritairio del pensiero rispetto all'esperienza, per mettere in luce come la conoscenza scientifica si costrui-sca grazie all'intervento attivo e creativo dello scienziato.
Di contro al sogno positivista di ridurre la scienza a co-noscenza puramente oggettiva, venne così esaltata una immagine del conoscere scientifico nella quale larghissi-mo spazio acquista l'attività costruttiva del soggetto.
Questa attività critica fu principalmente opera di scien-ziati-filosofi, i quali compirono un esame delle procedu-re effettivamente messe in atto durante il loro lavoro. L'opera di questi ricercatori fu avidamente assorbita e usata da quei filosofi "di professione" che si stavano muovendo con un atteggiamento critico verso il positivi-smo; sovente tale opera fu distorta e piegata alle esigen-ze di questo o di quel sistema filosofico, ma senza dubbio l'impiego, a volte strumentale, ditali ricerche, contribuì a formare la base di un vastissimo movimento di rivolta antipositivista Nell'ambito di questo capitolo analizzeremo anche le cri-tiche al pensiero illuminista-positivista mosse da un pun-to di vista lontano da quello scientifico: ci riferiamo alla riflessione filosofica elaborata dal tradizionalismo fran-cese. Tale corrente di pensiero mise al centro della pro-pria analisi il concetto di coscienza, rivestendolo di con-notazioni spiritualistiche e religiose.


Verità e convenzione: Mach - Poincarè - Duhem
2^ Sez. La riflessione epistemologica
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