Le Fan Fiction di croweitalia

titolo:  “Petali di rose arrugginiti dall’autunno” seconda parte - leggi il seguito
autrice: Cristina Fusi
e-mail: christinaf@tiscalinet.it
data di edizione: 23/06/2003
argomento della storia: Un incontro tra i petali delle rose. Seconda parte. Per leggere le altre storie di Cristina, consulta l'elenco della fanfiction
riassunto breve: Un uomo e una donna con addosso solo i vestiti delle loro emozioni. 
lettura vietata ai minori di anni: 
note:  Dedicata a Laura ed Elena.

“Devo saperlo per omaggiarti di un’abito per stasera”

Non riuscivo a credere alle mie orecchie un abito da sera di Armani, tutto per me?

Rimasi a guadarlo con le labbra asciutte di saliva.

“Porto la 44!” gli dissi ingoiando con fatica.

Guardai Armani fare un gesto con la mano ad Andrea…

 

Andrea annuì con la testa e sparì dietro un piccolo sgabuzzino, illuminato da delle strane luci rosa.

 

Ne venne fuori con un abito nero bellissimo…

Il suo sorriso mi esplose in pieno viso.

Lasciai scorrere i miei occhi sul tessuto…

Splendido, era di seta nera completamente plissettata, trattenuto da cinturini in pelle a sottolineare seno, vita, e  fianchi.

 

 

“Ti piace Lisa?” mi domandò Armani scrutando le mie sensazioni.

“E’ davvero bello, io, io non so cosa dire..”

“Non devi dire nulla, devi solo indossarlo questa sera..”

“Hai  con te qualche accessorio per completare l’opera?” mi chiese Armani.

“Veramente no, ho solo scarpe da ginnastica…e non credo che gli farebbero onore”gli dissi accennando un sorriso.

“Numero di scarpe?”

“36”

“Una piccola cenerentola…”mi disse Armani prendendo una scatola marrone.

“Ecco qui adesso è perfetta”

Un paio di dècolletè alte a punta, color corallo e con un simpatico motivo fiocco sul lato esterno.

Le guardai lucciacare sotto la luce….

Guardai i regali con gli occhi che mi brillavano…dimenticai casa.

 

Uscimmo dalla stanza parlando…

Andrea mi portò con la macchina al mio albergo.

Durante il traggitto guardai Milano….

 

 

Passano veloci le auto..hanno luci che strisciano i muri.

Continuano a cambiare insegne.. continuano a disorientare.

 

Andrea mi lasciò all’entrata dell’albergo, stasera alle nove sarebbe venuto a prendermi, puntuale.

Gi sorrisi.

Entrai in albergo, l’aria era vizziata, mi incamminai verso la reception..

“Un documento signorina”

“Tirai fuori la mia carta d’identità sgualcita”

Mentre l’uomo controllava le mie generalità, mi guardai un po’ attorno.

La carta da parati era di un bel rosa antico, con delle strane stampe color panna in rilievo.

Notai una ragazza distesa su uno dei due divani bianchi messi di fronte…

I suoi capelli biondi erano raccolti in due treccine adolescenziali..

Giocava a creare cerchi di fumo con la bocca..era annoiata e e con uno strano sorriso sulle labbra.

La sua tristezza mi mise di cattivo umore.

Più in là due uomini scherzavano con due bottiglie di birra tra le mani, parlavano a voce alta…

Spostai lo sguardo verso alcune chitarre, appoggiate ad una poltroncina…

 

“Signorina, stanza 64” mi disse l’uomo dietro al banco.

Mi voltai a prendere la chiave, con i pensieri che si rincorrevano nella mente..

Presi l’ascensore, non avevo voglia di fare le scale..con me salirono i due uomini con uno strano abbigliamento trasandato…erano tutte e due in canottiera con un’identica scritta sopra.

“Tofog”

Mi domandai il significato…ridevano a crepapelle…dandosi grosse pacche sulla schiena.

Ero stanca…tirai su lo sguardo verso il soffitto, dovevo scendere.

“Fai passare la signorina animale”disse uno dei due.

Accennai un sorriso…

“Buona sera signorina…”mi dissero insieme, quando uscii dall’ascensore.

Mi voltai a guardarli i loro sguardi lanciavano frasi di fuoco.

Sorrisi ancora senza rispondere.

 

La stanza non era male…il rosa predominava su tutto.

Il letto era carino, ma non troppo comodo, il cuscino era molto rigido.

Pensai che questo albergo al di fuori della sua facciata elegante nascondesse sotto qualcosa di squallido e deprimente..mi sentii una viaggiatrice di alberghi..una che arriva e vuole solo dormire.. e non pensare.

Domani sarei ripartita…adesso dovevo solo farmi una doccia e indossare il mio abito migliore..il mio regalo prezioso…e assumere un po’ di sorriso con sulle labbra un filo di  rossetto assolutamente di marca.

Sarebbe andato tutto bene…sarebbe passato tutto come una puntura indolore.

Già fatto?

Mi infilai sotto la doccia….l’acqua era tiepida…il bagnoschiuma sapeva di pesca.

Sarei stata inebriante questa sera….l’idea non mi dispiaceva….Andrea sarebbe venuto a prendermi alle nove!! l’idea di passare con lui la serata mi eccitava..forse sarei riuscita a dimenticare il viso di Russell, almeno per qualche ora.

 

Il vestito mi stava a pennello….indossai le scarpe con il tacco molto alto.

Cercai di non perdere l’equilibrio.

“Dio mio, c’è la farò a reggermi in piedi?” mi domandai sorridendomi allo specchio.

Non erano ancora le nove…accesi un po’ di radio, per distrarmi ed aspettare.

All’improvviso delle voci fuori alla porta mi fecero sobbalzare sul letto…

Mi alzai di scatto e andai vicino alla porta per sentire meglio…

“Ma la smetti bastardo”

“L’hai voluto tu…” un colpo violento tuonò nelle mie orecchie appoggiate alla porta.

Qualcuno si stava menando…pensai velocemente con il cuore che batteva forte.

Cosa dovevo fare? Aprire la porta e…no, no in questi casi è meglio non impicciarsi!

Cercai di tornare a sedermi, ma altre voci mi arrivarono prepotenti.

“Ti ho detto di smetterla Russell, Danielle pensaci tu”

Avevo capito bene? Russell…

Mi girai di scatto verso la porta…le gambe mi tremavano, le parole era bloccate sulle mie labbra.

Mi avvicinai ad aprire…

La ragazza del divano…pensai, aprendo la porta e vedendomela davanti.

“Mi scusi signorina per il baccano, stiamo andando via”mi disse ridendo, mentre uno dei quattro uomini la stuzzicava facendogli il solletico.

 “Dave prendi quelle dannate chitarre..”disse uno dei due uomini usciti dalla stanza.

Erano musicisti…pensai.

Cercai con lo sguardo di capire chi di loro si chiamava Russell…i loro visi mi stavano davanti.

Il trillo del mio cellulare richiamò improvvisamente la mia attenzione..

Rientrai in camera per rispondere…

 

“ Ciao Lisa…sei pronta?” mi disse Andrea con una voce molto elegante.

“Ciao, si sono pronta..sto scendendo”gli risposi voltando lo sguardo verso la porta aperta.

“Tutto a posto con l’abito? ti stà bene?” mi domandò curioso.

“Ma certo, mi sta bene ed è bellissimo”

“Russell andiamo…sbrigati” mi voltai di scatto a guardare…

Ma la porta si era richiusa.

“Ti aspetto fuori dall’albergo con la macchina” mi disse Andrea.

“Ok…arrivo” gli risposi spengendo il cellulare e pricipitandomi fuori per riuscire a vedere chi era Russell….

Ma arrivai troppo tardi le porte scorrevoli dell’ascensore si erano richiuse velocemente…

Presi la borsetta e incominciai a correre per le scale….persi tempo, troppo tempo!

Nessuno, nella hall..

erano già usciti..feci in tempo a vederli partire su un pikup nero, con in vetri oscurati.

Sospirai..ripensando quel nome…Dio mio non poteva essere lui..che ci faceva a Milano!

Certo suonava in una band..ma no, scacciai dalla testa quel pensiero opprimente.

Guardai quattro uomini seduti sul divano…

 

 

Sono uscita dalla stanza davvero molto irritata

Mentre due di loro si interrogavano sulla mia presenza..

Lo sguardo di un uomo mi fagocitava

Quello squallido albergo di certo non era una bella esperienza…

VOLEVO ESSERE ALTROVE

Volevo essere altrove

Volevo essere altrove

Volevo essere altrove

 

Andrea era nella sua jaguard grigio metallizzata il suo sorriso penetrava il finestrino.

Lo guardai negli occhi, mentre mi avvicinavo alla macchina.

“Sei splendida..”mi disse con un filo di voce.

Gli sorrisi.

 

Andrea ingranò la marcia e partì.

 

 

Mi persi a guardarlo..  gli occhi, di un verde azzurro trasparente, le ciglia lunghe e arcuate da bambino, sarebbero  potuti  essere quelli di un angelo, invece si riempivono di ombre scure appena si fondevano coi capelli ricci, col viso spigoloso, col labbro tagliato da uno strano segno doloroso….L’aria di Milano era pesante…mi accorsi che faticavo a respirare, sentivo sulle spalle un peso terribile.. Russell, ripensai ancora una volta a quel nome.

Il cuore mi batteva forte…l’incontro con tanta gente mi metteva ansia, cercare di sorridere per forza mi bloccava la spontanietà e la voglia di farlo davvero.

Il silenzio si spandeva tra me e Andrea….

 

 

Mi dispiace non so parlare

Così bene da intrattenere…

 

 

Voltai lo sguardo verso il finestrino aperto…il vento mi scompigliava i capelli.

“E’ molto lontano il posto dove si svolge la festa?” domandai ad Andrea.

“Perché me lo chiedi? non sono molto di compagnia vero Lisa?” mi disse voltando i suoi occhi chiari verso il mio viso.

Gli sorrisi.

“Se c’è qualcuna che non è di molta compagnia, quella sono proprio io”gli risposi smuovendo nervosamente le mani sulla borsetta.

“ Le parole le trovo sempre molto supreflue, preferisco che siano i miei occhi a parlare per me”mi disse con uno sguardo malizioso.

“Le parole….sono così poche, per descrivere tutti i sentimenti, tutte le sensazioni..”

“Anche adesso, non saprei come farti capire che sono tremendamente nervosa e impacciata per la serata”gli dissi mordendomi il labbro inferiore.

“Ti capisco, Lisa, ma devi rilassarti..pensa alla musica..”

“Musica? ti riferisci alla band che suona stasera?”gli domandai curiosa.

Sorrise.

“Si, non sono male…non sei curiosa di sentirli suonare?”

“Bè in tutta sincerità la musica country non mi fa impazzire.

“Ti  piaceranno è una band che non suona solo il country, ma  che mischia molti generi musicali e poi il cantante è pieno di carisma..fa impazzire le donne”

Lo guardai divertita.

“Fa impazzire le donne? e tu che ne sai?”

“Si mormora in giro,quando ha messo piede nella nostra azienda, le stiliste erano estasiate”mi disse alzando un sopracciglio.

“Ma davvero…bè allora adesso un po’ di curiosità me l’hai fatta venire…”gli risposi ridendo.

Rise.

 

  Discoteca Rolling Stone di Milano.

 

Entrammo dentro la discoteca, il linoleum lucido rispecchiva i nostri piedi eleganti.

I muri erano dipinti di nero..

Mi guardai attorno, mentre percorrevamo il lungo corridoio..che ci avrebbe portati al centro della festa.

Sentii la voce sicura di Andrea avvolgermi i sensi.

Sospirai.

Ero emozionata, nervosa, inquieta…

 

“Lisa….sei uno splendore” mi disse Giorgio Armani venendomi incontro.

Gli sorrisi.

“Vieni.” Mi prese le mani.

Ci incaminammo verso un cumulo di persone che parlavano rumorosamente.

Mi voltai a guardare Andrea sorridermi.

“Posso presentarvi una stilista davvero in gamba?” disse Armani  rivolgendosi ad alcuni di loro.

Ero tremendamente impacciata.

“Oh…piacere, splendido vestito signorina…” mi disse una signora con un bizzarro schignon.

“Lisa, molto piacere” cercai di allungare la mia mano che tremava furiosamente.

“Lisa, ha curato alcuni bozzetti della mia nuova collezione!”

“Bene, non vediamo l’ora di vedere gli abiti realizzati”

Sorrisi a tutti…mentre continuavo a far dondolare nervosamente un orecchino, con il dito.

“Andrea accompagna Lisa al buffett” gli  disse Armani, indicandogli il luogo..

Ci avviammo verso il buffett, era in un angolo dell’immensa pista da ballo.

Mi guardai un po’ attorno…il palco dove si sarebbe esibita la band, era piena di persone che sistemavano gli strumenti musicali… chitarre elettriche erano sparse un po’ ovunque.

“Lisa…ti va un po’ di Bourbon?”mi domandò Andrea, prendendomi sotto braccio.

Mi voltai verso di lui, con una sconnessione di pensieri e parole.

“Si, perché no…”

Sentii arrivarmi alle orecchie alcuni suoni distorti, forse la band stava provando dietro al palco..

Cercai di vedere qualcosa…ma alcune persone della sicurezza sostavano davanti alla porta.

“Sei curiosa eh?” mi disse Andrea sorridendomi.

“Perché?”

“Non fai altro che guardarti intorno…ne vuoi conoscere qualcuno?”

“Qualcuno? di chi?”

“Della band, Lisa!” mi disse ridendo.

“Magari più tardi..ma non è che ci tenga particolarmente..”gli dissi allungano una mano verso la bottiglia dell’acqua.

“Devi conoscere il cantante, è un portento della natura, ha una carica addosso, un fuoco che brucia nei suoi occhi…mette i brividi…e te lo dice un uomo, figurati che effetto può fare su una donna.”mi disse strizzandomi un’occhio.

“Tu non me la racconti giusta con questo cantante è già la seconda volta che me lo menzioni…

Risi.

“La mia è solo pura osservazione..nient’altro, credimi.”mi rispose dandomi un buffetto sulla guancia.

“Bè,magari, dopo il concerto…” gli risposi ammiccando.

Sorrise.

Andrea mi versò del bourbon in un bicchiere di cristallo…le luci forti della discoteca giocavano sul vetro.

Mandai giù il liquido tutto di un colpo.

“Ehi, vacci piano…perché non ci mangi prima qulacosa..eviti di bruciarti lo stomaco”mi disse fissandomi negli occhi.

“Prendi delle tartine al salmone..ma non far capire che ti piacciono particolarmente..”

“Potrebbe essere la fine per te…” mi disse Andrea prendedomi pe una mano e dirigendomi verso il tavolo del buffett.

“Che vuol dire, non devo far capire..cosa?”

“Vedi, quando c’è tanta gente, bisogna giocare d’astuzia, fidati ho esperienza di buffett!”

Lo guardai divertita e perplessa.

“Prendine una, e mentre la mangi di;  uhmmm  niente di speciale..invece quelle con il pompelmo rosa, si che sono squisite!”

“Non capisco” gli dissi, con uno strano sguardo.

“Aspetta, è qui viene il bello, la signora o il signore che sentiranno le tue parole, si butteranno su quelle al pompelmo senza nessun’ombra di dubbio..lasciandoti quelle al salmone di cui tu ne sei ghiotta, che ne dici?”

“Dimmi la verità tu la notte non dormi…?”

“Perché?”

“Perché solo una mente che non dorme può pensare certe cose…..”

“Però dovrai riconoscere che facendo così la probabilità che tu riesca a mangiare più tartine al salmone si alza notevolmente”

“Sei incredibile..ma che differenza fa, posso benissimo mangiarmi anche le altre, tu non lo sai ma alla gente piace variare!”gli dissi con un sorriso sornione.

Ridemmo.

All’improvviso, sentii qualcosa di fresco e appiccicoso spandersi sul vestito e incollarsi alla mia gamba.

Abbassai gli occhi per vedere..

Succo di frutta.

“Oddio, mi dispiace sono desolata, signorina mi scusi, io, io, non ho parole”

Mi sentii dire da una voce flebile dietro le spalle.

Mi voltai come in una scena a rallentatore…

La ragazza dell’albergo, aveva i capelli sciolti sulle spalle ed era vestita in maniera bizzarra, una gonellina corta plissettata gli copriva appena le gambe magrissime.

E indossava uno strano giubbottino con la scritta “Tofog”.

Mi stava davanti con un’espressione del viso dispiaciuta, e con in mano un bicchiere con metà succo di frutta …

“Signorina, mi dispiace tanto..sono una pasticciona”mi disse strofinando con le mani un fazzoletto sul mio vestito.

La guardai muoversi..era così fragile.

“Non fa niente, davvero, non preoccuparti..vado al bagno”le dissi cercando di fermare le sue mani.

“E’ che sono molto emozionata questa sera..” mi disse cercando di sorridermi.

“Succede”gli risposi sorridendogli per stemperare un po’ di imbarazzo.

Andrea ci guardava divertito.

“Il mio ragazzo stà per cantare è nella band che suona questa sera…sono davvero su di giri per lui..mi deve scusare avvolte l’emozione fa brutti scherzi”mi disse voltando in continuazione la testa verso il palco.

“Non preoccuparti, ti capisco…ma suoni anche tu nella band?” le domandai curiosa.

“Bè io sono in tournè con loro, ma canto solo una canzone con il mio ragazzo, facciamo un duetto”mi disse con un’immensa luce negli occhi.

“Sei fortunata a cantare con lui è bello seguire chi ami..”le  dissi sospirando.

“Ehhh si il mio Russell è una persona speciale…lo seguirei ovunque..”mi disse guardandomi negli occhi.

 

 

 

La scena si ferma.

 

Il cuore manca un colpo.

 

 

Avevo capito bene? di nuovo quel nome….Russell.

Avrei voluto tempestarla di domande…volevo sentire risposte diverse da quelle che in quel momento galleggiavano nella mia mente.

Il nome, quel nome….

Fidanzato…

Ero in equilibrio precario sulle mie domande..

La donna continuava a starmi davanti.

Il suo sorriso era impossibile.

I suoi occhi sfumavano nei miei atterriti.

Non riuscivo a parlare…non volevo parlare, avevo paura.

 

 

“Lisa, ma ti senti bene?” mi disse improvvisamente Andrea scuotendomi per le spalle.

Ritornai con la mente alle sue parole concrete.

“Sto bene, sto bene, ho solo bisogno del bagno”gli dissi aggrappandomi al tavolo del buffett e incaminandomi verso i bagni della discoteca.

“Signorina l’accompagno”mi disse la ragazza.

No, non volevo.

La guardai con uno strano taglio degli occhi.

Mi seguii.

“Certo che ho combinato un bel disatro eh?” mi disse aprendo il rubinetto per far scorrere l’acqua.

“E’ solo un vestito”gli risposi, prendendo un fazzoletto di carta.

“Comunque io mi chiamo Danielle” mi disse porgendomi la sua mano affusolata.

Tirai su lo sguardo dal vestito e gli allungai la mia mano bagnata.

“Lisa”

Mi guardò per un istante…

“Questo nome mi ha accompagnata per tutta l’estate” mi disse appoggiandosi con le braccia conserte al lavandino del bagno.

La guardai perplessa, mentre cercavo di strusciare più forte il fazzoletto di carta bagnata sul vestito.

“Hai conosciuto qualche ragazza con questo nome?” le domandai con un flebile sorriso sulle labbra.

Lei scosse la testa.

“No, ma il mio fidanzato si….ha conosciuto una ragazza a Maggio, l’ha incontra al matrimonio di un suo amico di Roma” mi disse sorridendomi.

 Improvvisamente sentii il sangue raggelarsi nelle mie vene….

 

La scena si ferma.

 

Io e lei una difronte all’altra… percepivo il suo sguardo interrogarmi continuamente…

Maggio, matrimonio, Roma, Lisa, Russell….troppe cose combaciavano.

Troppi pezzettini di puzzule che si incastravano perfettamente insieme….

Tra poco avrei completato il mio quadro.

 

Gli sorrisi stranamente.

 

Lei mi guardò ancora….come a cercare qualche segno nel mio viso che le dicesse che non ero io quella Lisa…

“Comunque adesso Russell l’ha dimenticata…” mi disse come un esplosione.

La testa mi girava furiosamente..il dolore cominciava a farsi sentire..non’ostante non fossi sicura di nulla …

“Solo un’avventura ..Romana” mi disse ancora sorridendomi sprezzante.

 

Il mio cuore mancò un colpo, o forse due?

 

Aspettavo la bomba esplodermi in pieno cuore.

 

Non riuscivo a parlare, le parole erano frantumate e ammucchiate in un angolo della mia mente.

 

Tic, tac, Tic, tac….pochi secondi ancora.

 

“Presto diventerà una stella della musica, è bravissimo..e poi senti come suona bene il suo nome “Russell Crowe” mi disse improvvisamente, dopo alcuni minuti di apparente silenzio.

 

Ecco l’esplosione, è proprio come me l’aspettavo, violenta, precisa, inesorabile, devastante.

 

Il suo viso era pieno di luce….le sue parole cariche di entusiasmo ed energia.

 

La scena si ferma.

 

La luce rosa del bagno si spandeva come nebbia tra noi….

Guardai il suo viso disteso, e il mio contratto nello specchio….

L’aria era pesante, e intrisa di profumi mischiati tra di loro.

Adesso ero certa del mio dolore..

Era lui, Russell Crowe….

Il cantante della band che suonava questa sera…mi setii il cuore sgonfiarsi come un palloncino e volare via dal mio petto.

Non dovevo restare…non dovevo.

Mi guardai l’abito ancora macchiato di succo di frutta, cercando di spostare la mia voglia di piangere all’interno della mia anima…volevo andarmene.

Volevo disintegrarmi piano, piano e rendermi cenere…

Coraggio Danielle adesso puoi soffiarmi via.

 

“Mi dispiace, per tutto Lisa, ma adesso devo lasciarti, il concerto sta per iniziare..”mi disse sfiorandomi la spalla.

“Ok, d’accordo..in bocca al lupo..” gli risposi cercando di rimettere in sesto alcune semplici parole di circostanza.

“Magari ci vediamo dopo il concerto, così ti faccio conoscere Russell” mi disse con una voce piena di entusiasmo.

Non dissi nulla….il dolore mi attanagliava la gola.

Mi sorrise.

La guardai allontanarsi dal bagno e sparire dietro la porta…

Cosa dovevo fare adesso…

Dovevo cercare di tornarmene a casa…non volevo incontrare Russell..non volevo, non volevo.

 

Mi incamminai verso il palco…guardai Andrea seduto sul palchetto degli ospiti  fammi dei strani gesti con la mano..

Cercai di andargli incontro, ma sentivo le gambe tremarmi…

Avevo una paura di incontrare Russell.

 

Lo spettacolo inaspettato stava iniziando…

 

Sentivo la paura diluirsi e spandersi in ogni più piccolo posto della mia mente.

E i crampi allo stomaco moltiplicarsi all’infinito.

 

“Stai bene Lisa?” mi domandò Andrea venendomi più vicino con il viso.

Lo guardai avvicinarsi a me come in una scena a rallentatore…

“Sto bene, solo un po’ stanca..forse il viaggio” gli risposi cercando di non cadere con le parole.

 

La scena si ferma.

 

 

La luce diminuì di intensità..

Vedevo il palco difronte hai miei occhi offuscato dal fumo di scena…

Le piccole luci  distese per terra soffiavano colori in alto..

Le chitarre brillavano inquietanti…avevo il cuore svuotato da ogni sensazione.

Alcuni membri della band,  presero possesso del palco…

Le loro mani si smuovevano elettriche sugli strumenti musicali..

I loro visi erano contratti nei movimenti.

 

All’improvviso Russell.

All’improvviso Russell.

All’improvviso Russell.

All’improvviso Russell.

 

La luce si alzò di un grado..il suo sorriso si diluiva tra la nebbia, creata dal fumo bianco.

Lo guardai attentamente da metri di distanza, indossava un completo scuro, la giacca era a tre quarti e gli arrivava alle ginocchia, mi soffermai sulla camicetta azzurra, appena slacciata sul collo..

Mi morsi le labbra per alcuni secondi, fino a sentire il sapore ferroso e allo stesso tempo dolce del sangue.

Sipario…la musica incominciò a suonare.

Cercai di cancellare dalla mia mente l’archivio di immagini delle sue espressioni…

Cercai di annientare i suoi giorni, passati con me.

Un  attimo,  un piccolo frangente, e  la sua voce che  continuava a tormentarmi i sensi, i suoi occhi anche se lontani mi cercavano tra la gente..

Cercai di farmi piccola, piccola sulla seggiolina rossa dove ero seduta.

Le mani appoggiate sul viso, come a nascondermi…le parole mute nella mia bocca.

Andrea mi stava vicino, i suoi occhi erano illuminati da strane luci blu.

Dovevo andarmene…

Mi guardai in giro..alla ricerca di una via d’uscita,  di un confuso passaggio.

Ma era tutto così difficile…dovevo aspettare.

 

“Che ne dici Lisa?” mi domandò Andrea alla fine della penultima canzone.

Lo guardai assente.

“Non male..” gli risposi con un filo di voce.

“Ehh, sei rimasta ipnotizata dal cantante dimmi la verità” mi disse con voce scherzosa.

Mi voltai verso di lui con un fragile sorriso.

“E’ bravo..” gli risposi con la mente che correva cercando l’uscita.

“Ti vedo strana Lisa, cosa c’è?” mi disse, prendendomi una mano.

“Non c’è niente, te lo ripeto sono solo un po’ stanca, questa mattina mi sono alzata presto.”gli risposi con una consistente alterazione del viso.

Andrea mi guardò confuso…le sue mani stringevano le mie.

Gli sorrisi, per nascondere il mio tremore interno.

“Adesso c’è l’ultima canzone, un duetto con la fidanzata..quella Danielle che ti ha rovesciato il succo sul vestito”Mi disse sorridendomi.

“Bene, spero che con la voce sia più ferma che con le mani..” gli risposi sospirando.

Andrea rise.

 

La scena si ferma.

 

Di nuovo il calare della luce…

Guardai Danielle seduta dietro ad una piccola pianola..il suoi occhi scintillavano come cristalli al sole..il suo sorriso era rivolto verso Russell.

Sentii una morsa al cuore…il dolore mi toglieva il respiro.

Iniziarono a cantare insieme…la voce flebile e delicata di Danielle si intrecciava a quella forte e profonda di Russell….le loro emozioni ramificavano sulla mia sofferenza.

Cercai di sorridere al dolore..

Mi soffermai sulle loro parole, cercai di capire…ma la testa mi girava furiosamente e il coraggio di andarmene in maniera furtiva mi assaliva piano, piano rendendomi vigliacca.

Ero tremendamente in salita sulle loro epressioni, e mi accorsi improvvisamente che  stavo rotolando all’indietro…

Andrea era assorto nella musica…

La gente si stendeva davanti hai miei occhi come un tappetto colorato….

Tirai su lo sguardo e vidi  Danielle, andare verso Russell e stringerlo forte alla vita.

Un colpo duro e diretto verso il mio stomaco.

La canzone finì, rivelando un silenzio sospetto.

La luce tornò forte e prepotente sul mio viso, addormentato nel buio.

 

“Vieni dai, ti faccio conoscere il cantante”mi disse Andrea prendendomi per una mano e mettendosi in piedi.

Rimasi  senza un briciolo di coraggio..difronte a quelle parole.

“Dai, Lisa! Non vorrai perderti questa occasione” mi disse ancora cercando di tracinarmi via dalla sedia.

Mi misi in piedi, non riuscivo a muovere le gambe …mi sentivo scordinata nei movimenti.

La testa era completamente ovattata dalla paura.

Scendemmo dal palchetto, andando incontro alla gente…

Guardai le tante espressioni dei visi incrociare il mio unico ed atterrito sguardo.

Sentivo le labbra assottigliate e le parole plasmate e confuse prendere vita  nella mia testa.

I visi di Russell e Danielle mi erano sempre più vicini…

Il colore delle loro iridi  mutava ad ogni mio passo incerto.

Sentivo il tessuto dell’anima diventare molle….

…..Luce…rossa, blu, verde, gialla…i colori si mescolavano tra di loro come le mie sensazioni.

Avrei voluto sdraiarmi sotto una piccola ombra, in un angolo.

Al riparo da questo incontro che mi riempiva la pelle di tanti piccoli tagli.

 

“Ciao Russell, posso presentarti una mia amica?”

Le parole di Andrea esplosero nella mia testa…

Russell, prese Danielle per mano e si voltò lentamente verso la voce di Andrea.

 

La scena si ferma.

 

Adesso eravamo tutte e quattro vicini…

Russell incrociò il mio viso illuminato da sorrisi tesi e simultanei.

Il suo sguardo scorreva liscio sulla mia pelle.

Sentii il disagio passeggiarmi all’interno del corpo.

Tremavo come una foglia sotto i colpi di un immaginario vento.

Nessuna parola…

Danielle mi guardava con un espressione di bambina contenta.

Era tutto così tremendamente reale e assurdo.

Cercai di contare i battiti del mio cuore, socchiusi gli occhi per non crollare.

Piccoli brividi si spandevano sulla mia pelle, disegnando nuove paure.

Il filo di perle delle mie sicurezze si stava per speazzare…

Guardare Russell negli occhi mi sembrava un operazione delicata.

Il suo respiro affannato girava dalla parte sbagliata della mia mente…

Ero instabile al suo sguardo azzurro, ancora un altro istante e le mie perle sarebbero cadute a terra…

Rumore..assordante, una dietro l’altra come un rosario in ordine di preghiere.

Le mie parole rotolavano insieme alle perle bianche, cadevano a terra schizzando sul pavimento.

Guardai le mani di Russell, sfiorare la pelle di Danielle…

Cercai di raccogliere le perle da terra come fossero gocce di pioggia..

Ma erano tutte accanto ai mie piedi immersi dentro ad un paio di scarpe che mi avrebbero portato lontano da questa situazione penosa.

 

“Ciao, Russell” mi disse porgendomi la mano ben ferma.

Lo guardai sbriciolando parole…

“Piacere, Lisa” gli risposi cercando di perfezionare il mio finto sorriso.

 

 “Sono tanto contenta che tu sia venuta a conoscere Russell…che ne pensi della sua voce, non è bravo?” mi chiese Danielle, con una voce piena di gioia.

“E’ fantastico, ma anche tu, davvero molto bravi, tutti” le risposi, in maniera disordinata.

Ingoiai a fatica.

Danielle, si voltò verso Russell e lo abbracciò forte.

Sentii nel cuore un duplice boato…come una raffica di mitragliatrice che metteva fine hai suoi battiti.

“Sai Russell, stasera prima di cantare ho rovesciato del succo sul vestito di Lisa.. “gli disse Danielle cercando di sorridermi.

Parlava come una bambina…

Russell la guardò con uno sguardo obliquo, e fece una strana smorfia con la bocca.

Sorrisi.

“Spero che no te la sarei presa Lisa” mi disse Danielle, avvicinandosi a me.

“Ti ripeto è solo un vestito, solo stoffa..andrà via” le risposi con una strana espressione del viso.

Perché era così importante per lei scusarsi all’infinito…perché?

Russell continuava a guardarmi serio.

Andrea mi teneva vicino a lui con una forte abbraccio.

Gli occhi di Russell mi interrogavano sulla sua presenza.

Le parole mi si spaccavano sulle labbra…

Avrei voluto che un alito di vento improvviso mi avesse portato via..lontano.

Volevo andarmene a piangere…

Non si trattengono le lacrime

Non si trattengono le lacrime

Non si trattengono le lacrime…

Non si trattengono le lacrime…

 

“E’ stato un piacere conoscervi ma devo andare..” dissi all’improvviso, voltandomi verso Andrea come a trovare un suo consenso.

“Ti accompagno Lisa” mi disse Andrea con voce calda.

Allungai la mano da prima verso quella di Danielle e poi verso quella di Russell.

Danielle mi salutò calorosamente abbracciandomi forte.

Russell rimase impassibile e mi strinse solo la mano.

Il suo sguardo era serio…il suo sorriso era ghiaccio.

Avrei voluto scioglierlo…

 

Guardai ancora una volta Russell…nel  cielo azzurro dei suoi occhi…Avrei voluto avere indosso un vestito completamente bianco, per assorbire il suo colore.

Sentii Andrea prendermi per la mano.

Ci incamminammo verso l’uscita, dondolano nei vestiti.

Non ti voltare Lisa.

Non farlo.

Respira a fondo, comprimi l’aria nei polmoni e resta così in apnea di pensieri e di parole.

Prima di andare via salutai Giorgio Armani, il suo sorriso messo bene in evidenza mi pesava terribilmente.

Io ero in completa assenza del  mio.

Sembra impossibile che si possa rimanere senza sorrisi….

Mi allungò la sua mano abbronzata ed io lo ringraziai per la serata.

Anche se ne avrei voluto fare volentieri a meno.

 

Uscimmo dalla discoteca accompagnati dal rumore di voci che si accavallavano tra loro, rumore di risate, di gesti, e di pensieri disperati, di gioia forzata.

 

Non ti voltare Lisa.

Non ti voltare Lisa.

Non ti voltare Lisa.

Non ti voltare Lisa….

 

 

Guardai Andrea guidare.

Le sue mani erano come dipinte di strani colori…

Il suo silenzio mi solleva l’anima..non avevo voglia di parlare.

 

“Lisa, ma ti senti bene?” mi domandò improvvisamente con voce profonda.

Mi voltai verso il suo viso, ancora con lo sguardo perso nel vuoto.

“Sto bene Andrea”

Inclinò la testa verso il finestrino e buttò fuori un sospiro.

“E’ tutta la sera che mi dici che stai bene”

Lo guardai in preda ad un forte senso di  angoscia.

“Sto bene, davvero …”gli risposi cercando di respirare piano, per non fare rumore.

“Cos’è per te, bene”mi disse schiarendosi la voce.

“Che vuoi dire?”

“Che se stai bene…non lo dai a vedere”

“Ti sbagli, sono contenta per la serata, per il lavoro..sono solo stanca te lo ripeto”

“Ho l’impressione che tu mi risponda controvoglia”

“Sono stanca Andrea, ed è molto tardi, ho solo voglia di spengermi nel sonno”

“Ecco, lo vedi? un altra delle tue risposte di cortesia”

Sospirai.

Avrei voluto che i suoi occhi si spostassero dai miei, così chiari e indagatori.

La luce flebile dei lampioni che filtrava all’interno della macchina, metteva in risalto la sua profonda cicatrice sul labbro.

Il suo sorriso era racchiuso nel silenzio.

 

Scesi dalla macchina, abbassandomi verso il il finestrino socchiuso..

“A che ora hai il treno domattina?” mi domandò Andrea scrutandomi.

“Verso le 09.00!” gli risposi passandomi una mano tra i capelli.

“Ti passo a prendere e ti accompagno in stazione”

“Non è necessario Andrea, avrai tante cose da fare domani, non voglio farti perdere del tempo”

“Perché sei così?”

“Così come?”

“Così sempre sulla difensiva, guarda che non mordo..”mi disse abbozzando un sorriso.

“E che non voglio che ti disturbi, sei stato tanto gentile con me..”

“Ho capito, il tempo delle gentilezze è finito..e Andrea si toglie dalle palle!” mi disse, mettendo in moto la macchina.

“Ti prego, non fraintendermi..ho solo  bisogno di partire da sola..”

Sorrise.

“Partire è un po’ morire?” mi disse alzando gli occhi dal volante.

Lasciai scivolare la mano all’interno della macchina, appoggiandomi con il braccio sul finestrino.

“Un giorno ti spiegherò..”gli dissi, con un sorriso sospeso tra le mie parole.

 

 

La scena si ferma.

 

Ritirai la mano dal finestrino e guardai Andrea scendere dalla macchina.

Il suo viso era vicino al mio.

Avevo la testa piena di mosaici, con il viso di Russell.

Sentii Andrea prendermi le mani, e avvicinarsi a me.

Cercai di parlare, ma il suo bacio improvviso mi contrinse al silenzio.

Caldo e voluttuoso…le sue labbra si perdevano tra le mie, il suo respiro era calmo e gentile.

Rimasi lontana con i ricordi, mentre alcuni piccoli brividii tracciavano una mappa di strane sensazioni sulla mia pelle.

Mi allontanai da Andrea, cercando risposte per quel bacio.

I suoi occhi erano vivi e privi di imbarazzo..

Uscimmo con i visi dalla zona di luce, le mani di Andrea scorrevano con fatica sopra il suo vestito scuro.

Ogni più piccola variazione del suo respiro, deviava  il percorso delle mie parole.

“Sarà meglio che io salga in albergo” gli dissi con un soffio di voce.

“Non volevo metterti in inbarazzo Lisa…ho seguito il mio istinto”

Lo guardai avvicinarsi a me.

Il suo profumo muschiato mi avvolgeva i sensi, cercai disperatamente di trovare parole.

“Ti ho tanto sconvolto Lisa?” mi disse, tirandomi su il viso con una mano.

Rimasi ferma al contatto della sua pelle calda…

“Non posso rimanere qui…ti prego lasciami andare via” gli dissi respirando con fatica.

“Aspetta Lisa…”mi prese per una mano.

“Spero che questo bacio non rovini il nostro rapporto di lavoro..”

“Il tuo bacio è la prima cosa dolce che ho assaggiato questa sera..”

 

Attimi sospesi nel silenzio.

 

Andrea rimase a guardami…

“Non partire domani..”mi disse improvvisamente squarciando il silenzio.

“Non posso restare….non sarebbe giusto, devo smaltire alcuni ricordi…”gli dissi, sfiorandogli le labbra socchiuse con un dito.

“ Quando sarai più leggera da questi ricordi..chiamami” mi disse mettendomi nella mano un bigliettino con il suo numero di telefono”

Gli sorrisi.

“Buonanotte Andrea..”

“Notte, Lisa”

Entrai nell’albergo, e mi voltai a guardare il suo viso dal vetro rosato.

Cosa stai facendo Lisa…

Quel bacio…

Ti ha sconvolto così tanto?

La tua reazione è spropositata….

 

Persi la chiave e mi incamminai lungo le scale.

La stanza, mi sembrò improvvisamente enorme e sconfinata, gli occhi mi bruciavano per le lacrime, da troppo tempo accumulate.

Riuscii a percepire ancora il bacio di Andrea, affondarmi tra le labbra.

Cosa avevo provato?

Piacere?

Sorpresa?

Eppure lo avevo assecondato quel bacio, avevo aperto anch’io le mie labbra, per bere.

Forse non avrei dovuto lasciarmi andare…Russell, il suo viso era ancora limpido nei miei occhi.

E Danielle una nuova spina di rosa, piantata come un cuneo all’interno del mio cuore.

Il solo pensiero che Russell, la stringesse tra le braccia, mi faceva mancare i sensi.

Andrea

Russell

Andrea

Russell

I loro nomi si sovrapponevano continuamente….

 

Spensi la luce e mi ricordai improvvisamente che Russell, Danielle e il resto della band, pernottavano anche loro nel mio stesso albergo.

 

Il mio cuore mancò alcuni battiti….

 

Cercai di buttare giù qualche idea su una improbabile via di fuga per domattina.

Non volevo incontrarli…

Volevo partire da sola, senza nessun viso vicino, senza nessuna voce nelle orecchie, senza nessuna parola sulle labbra, sola con me stessa ad ascoltare il rumore del treno sulle rotaie, così tremendamente chiassoso e reale.

Mi lasciai andare nel sonno con fatica…e prima di chiudere gli occhi, guardai la luna e alcune stelle, raccolte in un angolo del cielo…

Sospesi la mente ad ogni pensiero trabboccante di dolore…e mi addormentai, immersa nelle lenzuola di oro inazzurrato.

 

Le 08.00…

 

Aprii lentamente gli occhi verso un flebile spiraglio di luce, che filtrava debole dalla fessura della finestra.

Mi guardai un po attorno, prima di buttarmi fuori dal letto..

I pensieri pesavano come sassi nella mia testa, cercai di ingoiare aria…

Il rumore della ventola del riscaldamento si fondeva, con il lamento continuo di un aspirapolvere lungo l’ingresso dell’albergo.

Ruotai gli occhi verso la porta…alcuni passi bussavano, alla mia mente ancora assonnata.

 

Lo squillo del telefono…

 

Tirai su la cornetta, con la mano priva di forze..

 

La sveglia.

 

Puntuale a ricordarmi che le ore a mia disposizione, avevano già iniziato a diminuire.

Mi alzai dal letto disteso..e guardai il mio viso schizzato di trucco…

Il mascara sulle ciglia, aveva disegnato un striscia nera sotto gli occhi…contornandoli, come la notte intorno alle stelle.

Il rossetto sbavato sulle labbra segnava indelebile il bacio di Andrea…

La mia immagine si rompeva sullo specchio…

Guardai le filature, spandersi in giochi di luce.

Tra poche ore sarei ripartita…

Aprì lentamente la doccia e svanii dentro una fitta nuvola di vapore.

Sentii i pensieri diluirsi con l’acqua che scendeva, e il dolore scivolare idrosolubile sulla mia pelle.

Cercai nella mente, nuovi titoli per proseguire il tema dei miei giorni.

 

Mi vestii velocemente, con strani movimenti del corpo, il colore azzurro del maglioncino di  Russell, sembrava sbiadito ai miei occhi.

Guardai l’orologio, dimenticato al mio polso…

 

Non avevo più tempo a disposizione.

 

Presi la valigia e uscii dalla stanza..

Mi voltai di scatto, Russell.

 

“Lisa..”

 

La sua voce prepotente, mi fece rabbrividire.

“Ma stai già partendo?” mi disse, chudendo la porta della sua camera e avvicinandosi a me e interpretando con le sue mani, la mia paura di rispondergli.

Inghiottii a vuoto.

“Si, ho il treno tra un ora..” gli dissi con lo sguardo fermo, sul suo viso.

 

 

 

Sei qui per lavoro?” mi domandò,, inclinando le parole.

“Si, una trasferta….sai i miei disegni..collezioni..” gli risposi lasciando la frase aperta.

Il suo sguardo si muoveva continuamente…

“Si ricordo” mi rispose abbozzando un sorriso.

“Lisa, devo parlarti” mi disse improvvisamente afferrandomi il braccio.

“Devo andare Russell…”gli risposi  muovendomi dal suo sguardo.

“Lisa, ti prego dammi un po’ di tempo per spiegarti”

“ Non ho più tempo” gli dissi, cercando di allontanarmi dalla sua vicinanza.

 

Eravamo tutte e due in piedi accanto ad una delle tante finestre che scorrevano lungo il corridoio dell’albergo..

Il suo viso era per metà in luce e per metà in ombra.

 

 

“Lisa, te lo chiedo per favore, ascoltami”

Sospirai forte.

Appoggiai la valiggia per terra e lo guardai intensamente negli occhi.

Tremavo come una foglia.

“Ho solo pochi minuti….”gli dissi breve.


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