Le Fan Fiction di croweitalia

titolo: Una come tante (quarta parte)
autrice: Kya
e-mail: lychee@tin.it
data di edizione: 27 novembre 2001
argomento della storia: Una ragazza comune e un giovane attore… dagli esordi alla fama internazionale
puntate precedenti: Claire, una ragazza francese, conosce Russell sul set di un suo film e se ne innamora. Al termine del film i due tornano alle loro rispettive vite ma rimangono in contatto.
lettura vietata ai minori di anni: 

 

UNA COME TANTE (quarta parte)

10 - Gennaio 2001. Legno, vetro e pannelli solari...

Era quasi mezzanotte quando io e Maurice rincasammo. Avevano trascorso una settimana sulle Alpi a sciare, litigare e fare l'amore. Era il suo modo di risolvere i problemi e io non riuscivo ad oppormi perché mi illudevo che quello fosse un sistema come un altro per chiedermi scusa e per dimostrarmi il suo amore.
Ultimamente Maurice aveva cominciato a scaricare su di me le tensioni che il lavoro gli procurava. Era diventato intrattabile, egoista e autoritario. Dovevo sempre fare a modo suo, altrimenti avrei subito le sue scenate, non solo in privato ma anche in mezzo alla gente. Mi infilava in un sacco di situazioni imbarazzanti ed umilianti tipo esibirmi ai party in abiti assurdamente provocanti, come una puttana d'alto bordo, salvo poi farmi scenate di gelosia per punire il mio comportamento troppo "disponibile".
Ogni volta che protestavo o cercavo di ribellarmi mi minacciava fino a farmi piangere, poi diceva che mi amava e mi accarezzava così dolcemente che finivo per credergli.
Ero così innamorata che giustificavo continuamente le sue prepotenze con il fatto che stava attraversando un momento difficile. Più subivo più lo accontentavo e cercavo di essere dolce e comprensiva, certa che prima o poi il mio amore avrebbe risolto i problemi di entrambi.

Nella segreteria telefonica c'erano parecchi messaggi e uno di questi era di Paul. - Claire, ti aspetto in studio lunedì mattina alle 9.30. Mi raccomando, cerca di essere puntuale. -

****************

Lunedì 8 gennaio 2001, ore 10.20. Quasi un'ora di ritardo!
Vidi Carla, dietro la scrivania della reception, sussultare nel momento in cui spalancai la porta d'ingresso dello studio.
- Claire, si può sapere dove sei stata? Paul è furioso! -
Mentre lanciavo cappotto e sciarpa sull'attaccapanni le feci cenno di tacere, poi schizzai lungo il corridoio, verso l'ufficio di Paul. Ero troppo frastornata e troppo in ritardo per domandarmi cosa fosse la strana espressione che tutti i miei colleghi avevano stampata in faccia.
Bussai alla porta ed entrai prima di ricevere risposta.
Nel vedermi Paul, in inglese, esclamò:
- Finalmente! -
L'uomo seduto di spalle alla porta si alzò voltandosi verso di me con un'espressione seccata negli occhi chiari.
- Claire! Ti sembra l'ora di arriv…are…? - la voce gli morì in gola mentre mi squadrava da capo a piedi. Il respiro, già affannoso per la corsa e l'ansia, mi si bloccò completamente appena i miei occhi si posarono su di lui.
- Russ!… Che ci fai qui? -
Lui mi guardava in un modo così strano che per un momento desiderai che nell'ufficio ci fosse uno specchio per verificare che non mi fosse cresciuta la barba o allungato il naso o qualcos'altro del genere.
- Ehm… ho bisogno di un architetto per ampliare casa mia. - disse meccanicamente, come se stesse pensando ad altro.
- Non ci sono architetti bravi e famosi in Australia? -
- Non so che farmene di un architetto famoso quando posso averne uno che conosce perfettamente i miei gusti! - disse sorridendo. Io faticavo a realizzare che era veramente lui e mi sorprendevo per la disinvoltura che stavo dimostrando.
- Come stai? - mi chiese.
- Bene, considerando che ho appena avuto un incidente! -
Paul si voltò di scatto a guardarmi.
- Non vi preoccupate, sto bene, ho solo distrutto la Porsche di Maurice. Mi ammazzerà, lo so… Ma non è colpa mia: quel tipo non ha rispettato lo stop e mi è finito contro la fiancata. Appena sono scesa dall'auto quello stronzo mi ha praticamente assalita. Siamo rimasti a litigare sul marciapiede finché qualcuno non ha chiamato la polizia. Temevo di non uscirne viva! - tremavo ancora per lo spavento e la rabbia.
- Bene, ora che ci siamo tutti possiamo procedere? Il signor Crowe non ha molto tempo. -
Prendemmo posto attorno alla scrivania e subito Paul mi porse le piante della casa e le foto della proprietà. Le mani mi tremavano talmente che posai immediatamente le carte. Lui se ne accorse.
- Vuoi qualcosa da bere? -
- Sì, grazie. -
Mentre Paul si avvicinava al tavolino-bar e versava il whisky per tutti e tre, io e Russ ci scambiammo uno sguardo imbarazzato. Non mi ero ancora ripresa dallo stupore di trovarmelo davanti così all'improvviso. Penso che per lui fosse lo stesso perché continuava a guardarmi senza dire nulla e intanto si tormentava nervosamente la barba e si passava le dita tra i capelli.
- Hai fatto buon viaggio? - gli chiesi per rompere il ghiaccio.
- Sì. -
- Il tempo qui è uno schifo. Da te è estate, no? -
- Sì, fa caldo. - rispose grattandosi un sopracciglio. Un silenzio imbarazzante scese su di noi. Mi guardai intorno poi posai distrattamente lo sguardo sulle foto della casetta bianca. Aveva qualcosa di familiare: somigliava molto alle case che ero solita disegnare da bambina, un po' naïf, con le persiane verdi ed i vasi di fiori a delimitare il marciapiede.
- Carina! -
- Sì. -
Tornai a guardare Russ: aveva il viso serio ma i suoi occhi ridevano e, a poco a poco, uno dei suoi sorrisi irresistibili cominciò ad illuminargli il volto. Scoppiammo a ridere per l'assurdità della situazione: avevamo chiacchierato di tutto per anni, eppure in quel momento sembravamo due adolescenti al primo incontro! Per fortuna Paul arrivò con i bicchieri di whisky. Avevo un assoluto bisogno di qualcosa di forte che mi aiutasse a rilassarmi, così tracannai d'un fiato il liquore, strabuzzando gli occhi quando il liquido mi arrivò nello stomaco.
- Bleah, che schifo!!! Non riesco a capire come faccia a piacervi!- mi rischiarai la voce e cercai di ricompormi - Bene, possiamo cominciare. -
- Premetto che è un onore che lei si sia rivolto al nostro studio, sig. Crowe… -
- Russell. -
- D'accordo… Russell. E io sono Paul. -
- Sig. Lémoire… ehm… Paul, ho sempre apprezzato il suo stile, ed ora che Claire è con lei ho un motivo in più per essere qui. -
- E' in buone mani. La nostra Claire sa farsi valere. -
- Non ne ho alcun dubbio! - disse rivolgendomi un caldo sorriso che per un attimo mi fece fremere. - Per favore, smettetela con tutti questi complimenti o mi monterò la testa! -
- Dunque, vorrei ampliare la casa che si trova sulla mia proprietà, a Coffs Harbour. -
- Ma come, ti sei già stancato di vivere in camper? - dissi ridendo. Evidentemente il whisky cominciava a fare effetto perché mi sentivo finalmente più rilassata e a mio agio.
- Lo faccio a sufficienza quando sono sul set e invecchiando si apprezzano di più le comodità. -
- Così sono finalmente riusciti ad addomesticarti…! -
- Assolutamente no! Ho solo intenzione di passare più tempo a casa, perciò ho bisogno di più spazio. Pensavo ad un piccolo appartamento per me all'interno della casa: una camera da letto spaziosa, un soggiorno-studio e una stanza per la musica abbondantemente insonorizzata. Non ho pretese di lusso e raffinatezza, mi basta la comodità. -
Sorrisi nel constatare che il successo non l'aveva cambiato. Tutto sembrava fuorché l'arrogante e l'egocentrico che veniva descritto dai giornali.
- Inoltre vorrei aggiungere delle stanze o dei mini-appartementi per le persone che lavorano alla fattoria, ampliare la sala da pranzo e creare degli spazi comuni dove tutti possano rilassarsi durante le pause. -
- Utopia, l'isola dove vivere liberi e felici… - commentai. La testa mi girava e mi sentivo fluttuare come se sotto di me non ci fosse nulla, ma la sensazione non era affatto sgradevole. Russell sorrideva e io mi rendevo vagamente conto di non riuscire a staccare lo sguardo dal suo viso.
- Claire, per favore, non divagare. Lasciamo stare Thomas More e concentriamoci su questo progetto. - disse Paul. Io appoggiai il capo su una mano nel tentativo di fermare i capogiri e continuai a fissare Russell, ammirando i capelli scomposti che gli incorniciavano il viso e la barba corta che nascondeva la bocca delicata. Aveva un aspetto rude e dolce allo stesso tempo. Quando i suoi occhi incontrarono i miei io non distolsi lo sguardo e gli rivolsi un sorriso languido e, probabilmente, un po' ebete.
- Capo, il tuo cliente ha l'aspetto di un contadino… -
- Claire, non ti permetto… - scattò Paul impallidendo.
- … ma ha un cervello ultrafine e ci tiene a dimostrare la sua cultura. Tempo fa abbiamo fatto una lunghissima chiacchierata e mi ha spiegato bene le sue idee per rendere la fattoria un posto perfetto. E' Utopia… in tutti i sensi! -
La risatina divertita di Russell tranquillizzò Paul che per un momento aveva temuto che la mia lingua tagliente gli rovinasse l'affare.
- Voglio che la casa si integri perfettamente nell'ambiente, che sia… ecologica… -
- Certo! Legno, vetro e pannelli solari… - mi affrettai a rispondere. - Paul, Russell si spaccia per ecologista ma non si rende conto che per usare il legno occorre abbattere un sacco di alberi. Non riesco a convincerlo che fa meno danni il cemento. -
Russ era perplesso - Non ce la vedo una casa di cemento in mezzo alla campagna. -
- Male! Pessime tradizioni e scarsa cultura architettonica! Scommetto che preferisci quegli orrendi prefabbricati che sembrano sul punto di volare via alla prima folata di vento. - presi una delle foto della sua casa - Vedi? E' carina ma sembra di cartone! Questa ti si scioglie al primo temporale! Credimi, non c'è niente di meglio di una bella struttura in acciaio. - ridacchiai. Ero talmente in balia dell'alcol e di Russell da non rendermi conto dell'espressione inorridita del mio capo.
- Veramente ho bisogno di una casa, non della Torre Eiffel! -
- Un compromesso, la pietra naturale. -
- Oh, certo! E poi tutt'intorno scaviamo un fossato e ci piazziamo un ponte levatoio. -
- Perché no? Qualche coccodrillo basterà a tener lontani gli intrusi. -
- A questo ci pensano già i serpenti. -
- I serpenti? -
- Claire, non è il momento di scegliere i materiali. - intervenne Paul esasperato. Anche Russ stava cominciando a dare segni di impazienza. - Ok, fai la casa con quello che vuoi, ma deve stare in piedi ed essere come dico io. Voglio un posto sano e confortevole per tutti quanti. -
- Sei magnanimo, Russ, sei il "padrone" che tutti vorrebbero, non come certi tiranni… - e lanciai un'occhiata allusiva a Paul.
- Questo tiranno può licenziarti in tronco se non la smetti! - esclamò Paul. Scoppiai a ridere. I due uomini si guardarono imbarazzati.
- Lo dice sempre, ma non lo fa mai. Non può fare a meno di me … - dissi a Russell ridacchiando.
- Claire, dacci un taglio! - ringhiò lui. Io sussultai ed abbassai gli occhi. Non riuscivo a guardarlo quando era arrabbiato.
Paul sospirò: - E' meglio che tu vada a casa. In questo stato non ci sei di nessuna utilità. Vado a chiamare un taxi. -
Fu così che rimasi sola con Russell.
- E' meglio che mi stenda sul divano. - dissi e mi alzai in piedi, ma le vertigini erano tali che sarei caduta se non mi fossi aggrappata a lui. Russ mi strinse a sé per trascinarmi sul divano.
- Mmm… così va meglio. - mormorai con la bocca affondata nel colletto della sua camicia.
- Adesso stenditi. -
- Non è più necessario… Riesco a stare in piedi, vedi? - in effetti ero avvinghiata a lui come una piovra.
- Ho l'impressione che la sbronza sia una scusa per abbracciarmi. -
- Cosa te lo fa pensare? - dissi accarezzandogli lentamente il collo con un dito, tracciando una linea dall'orecchio alla clavicola. - Mmmm… te l'ho mai detto che hai una pelle bellissima? -
- Ripetimelo quando sarai sobria. -
- Non sono ubriaca! Ti sembro ubriaca? -
Lui annuì ridendo e mi costrinse a sdraiarmi.
- E adesso che vuoi fare? - biascicai.
- Niente. Non è mia abitudine approfittare delle ragazze ubriache nello studio di un architetto. -
Gli rivolsi una smorfia delusa.
- Claire, in vita mia non ho mai visto nessuno reggere l'alcol peggio di te. -
- Eppure mi sono quasi abituata a bere. Con tutti quei cazzo di coctail party a cui Maurice mi costringe ad andare… Dev'essere stato perché stamattina non ho fatto colazione. -
- Ce la fai a tornare in forma per stasera? -
- Perché? Che succede stasera? -
- Si va fuori a cena. -
- Lo sai che non posso. -
- Ah, il fidanzato geloso! Li leggi i giornali? Non me ne frega niente dei fidanzati o dei mariti. -
- A me sì, il mio è ricco! Devo fare la brava se non voglio essere scaricata con i miei quattro stracci in mezzo ad una strada. -
- Oh, veramente un grande amore! Stai tranquilla, ci saranno Paul e sua moglie a proteggere la tua virtù. -
- Peccato… e dopo cena che si fa? -
- Tu cosa vorresti fare? -
Contorcendomi languidamente sul divano scoppiai in una risatina maliziosa.
- Sei proprio sbronza! - disse Russ scuotendo la testa. In quel momento Paul entrò dicendo che il taxi era arrivato.
- Andiamo, facciamo schiattare d'invidia le tue colleghe. - disse Russell aiutandomi ad alzarmi e sorreggendomi con un braccio attorno alle spalle mentre attraversavo il corridoio.
Nonostante fossi completamente ubriaca, ero perfettamente conscia degli sguardi stupiti ed incuriositi dei miei colleghi.

****************

A casa, appena tornai lucida mi resi conto della figuraccia che avevo fatto. Sperai vivamente che la faccenda non avesse compromesso i rapporti di lavoro tra Russ e lo studio perché mi faceva molto piacere l'idea che lui diventasse nostro cliente, anche se per me ormai era sfumata ogni possibilità di prendere parte al progetto.
Dopo aver respirato profondamente più volte per rilassarmi, mi decisi a telefonare a Paul. Non avevo idea di cosa il mio capo avesse in mente per punirmi per il mio comportamento ma ero consapevole che rischiavo il licenziamento.
- Allora, come ti senti? - Paul mi chiese.
- Malissimo e non solo per i postumi dell'ubriacatura. Sono assolutamente mortificata! -
- Lasciamo perdere, in fondo non è successo niente di irreparabile. Crowe è ancora convinto di assegnare a noi il lavoro. Devi ringraziare quello che c'è stato tra voi due in passato, perché un altro cliente se ne sarebbe andato sbattendo la porta e per te sarebbero stati guai seri. -
- Che cosa ti ha detto di noi? -
- Solo che vi siete conosciuti sul set di un suo film. C'è altro che dovrei sapere? Ti avverto, Claire, non ammetto nessun altro passo falso. Non ho intenzione di farmi rovinare la reputazione dello studio da una irresponsabile. -
- Irresponsabile? Sei stato tu ad offrirmi da bere dopo che hai visto quanto ero sconvolta per l'incidente. Normalmente riesco a reggere due dita di whisky! Non so cosa mi abbia preso oggi, comunque non ho cercato di ubriacarmi di proposito! Vuoi sapere cosa c'è stato tra noi? Assolutamente nulla! Sono stata sul set per poco più di due mesi e in tutto quel tempo lui ha avuto ben altro da fare che badare ad una come me. Dopo ci siamo sentiti per telefono ma non ci siamo più visti e dopo un po' lui è sparito e io mi sono trovata Maurice. Contento adesso? O speravi che mi inventassi dei particolari piccanti solo per soddisfare la tua curiosità? -
- Ehi, non scaldarti! -
- Non scaldarti un accidente! Non mi va che la mia professionalità venga messa in dubbio solo per un momento di debolezza. -
- Claire, svegliati! Non sono io a mettere in dubbio la tua professionalità. Chi non ti conosce ti giudica per ciò che vede in quel momento. Che ti piaccia o no abbiamo un'immagine da mantenere. Fatti bella stasera e non sprecare quest'occasione per dare una buona impressione. -
- Perché, cosa succede stasera? -
- Il nostro cliente ci ha invitati a cena. Io te e Sophie alla Tour d'Argent. -
Ricordavo vagamente un accenno di Russell alla cena.
- A che ora? -
- Alle otto, e mi raccomando, cerca di essere puntuale! -
- D'accordo. -
- Ah Claire, dimenticavo… prepara le valigie. Tra un mese dobbiamo essere in Australia. -
- Cosa? Come sarebbe a dire "dobbiamo" ? Tu e io? -
- Esatto. Crowe vuole che sia tu a fare il progetto. Pensavo di farti accompagnare da uno dei ragazzi ma, viste le circostanze, preferisco tenerti d'occhio di persona. - disse con una risatina ironica.
- La mia opinione non conta, vero? -
- Perfettamente superfluo chiederti se accetti l'incarico! Passeresti sul cadavere dei tuoi colleghi se io osassi affidare a qualcun altro il progetto. Se qui c'è un gladiatore, quella sei tu, anzi no, tu sei la tigre! -
- Molto, molto spiritoso! -
- Accettare l'incarico però significa accettare le condizioni di questo vecchio tiranno, quindi niente lamentele o ti retrocedo a disegnatrice! -
- Sgrunt! -
- Ti saluto. Passo a prenderti alle otto. -

Non riuscivo a crederci: avevo rivisto Russell dopo quasi cinque anni e questo incontro sarebbe stato un nuovo inizio… Forse Paul aveva ragione nel volermi accompagnare in Australia: non avevo idea di cosa sarebbe successo nel trovarmi per giornate intere vicino a Russell. Sarei riuscita ad essere distaccata e professionale? Ne dubito. Nonostante Maurice riempisse i miei pensieri e le mie giornate, quando avevo visto il Gladiatore avevo provato un piacere intenso nel guardare il corpo di Russ, e da quel momento l'attrazione, che negli ultimi tempi si era un po' assopita, era tornata ad esplodere violenta. Mi ero sorpresa spesso a pensare a lui in termini non proprio innocenti e, quando ero sola, ogni occasione era buona per cercare in Internet ogni cosa lo riguardasse. Avevo anche trovato un interessante sito di una ragazza italiana che aveva avuto la splendida idea di ospitare sulle sue pagine una messaggeria. Capivo pochissimo di quello che c'era scritto nei messaggi, ma apprezzavo tantissimo i link alle immagini più belle e piccanti che ci fossero in rete! Non capivo l'italiano ma i sospiri scritti erano universali…
Come se non bastasse Carla gettava benzina sul fuoco con il suo entusiasmo. La follia rimbalzava da me a lei come se fossimo delle ragazzine alle prese con i primi turbamenti dell'adolescenza, anziché delle donne fatte alle prese con la vita di tutti i giorni.
Carla! Anche lei ora doveva essere sotto shock, forse più di me. Era venuto il momento di svelarle il mio segreto, perché prima o poi avrebbe intuito qualcosa. Non immaginavo come avrebbe preso la notizia, confidavo solo che l'affetto che c'era fra noi fosse più forte dell'invidia.
- Claire, sei ancora viva? -
- Sì, perché? -
- Come perché? Quando sei uscita dallo studio sembravi mezza morta! Cos'è successo? Sei svenuta nel vederlo? -
- Più o meno… -
Dopo averle raccontato tutto quello che era successo allo studio, Carla non riusciva a smettere di ridere.
- Non è possibile! La prima volta che incontri l'uomo per cui impazzisci da una vita sei ubriaca! -
- Non è stata la prima volta. -
- Per cosa? -
- Carla, io conosco Russell. -
- Anch'io. Ci hanno presentati prima che tu arrivassi. -
- No, non hai capito. Io lo conosco da prima, dal '96. Sono stata sul set di un suo film. -
- Claire, ascoltami. Non è prudente che tu esca stasera. Vai a letto e fatti una bella dormita. Vedrai che domani avrai le idee più chiare. -
- Pensi che sia ancora ubriaca? Vedremo chi ha ragione. -
Detto ciò la salutai e corsi a cercare una delle foto che erano state scattate sul set. Nel baule dove tenevo i miei effetti personali ce n'erano a decine. Era tanto tempo che non le guardavo più. Erano passati nemmeno cinque anni eppure mi sembrava un'eternità. Com'eravamo diversi, io e Russ! Io così fragile e ingenua e lui con il viso pulito e lo sguardo limpido da bravo ragazzo. Era troppo tardi per abbandonarmi ai ricordi, così presi la prima foto che capitava, la scansionai e la inviai per posta elettronica a Carla. "Ti basta come prova?" scrissi nel messaggio.

11 - La cena

Dopo un'ora di relax nella vasca ad idromassaggio e una maschera decongestionante sugli occhi, le tracce dell'ubriacatura erano quasi svanite. Il mal di testa era tenuto a bada da un'aspirina e alla nausea mi sforzavo di non pensare. Il problema successivo fu quello di trovare un abito adatto alla serata perché quelli che Maurice mi aveva regalato erano troppo sexy, troppo pieni di trasparenze, di scollature e di spacchi vertiginosi. Scelsi quello che mi sembrava più sobrio, un lungo abito nero che mi scopriva appena le spalle, ma fino ai fianchi era così aderente da dover essere indossato senza biancheria.

Maurice era stato molto abile a plasmarmi poco per volta in modo da lasciarmi il tempo di abituarmi al mio nuovo modo di essere. A parte l'imbarazzo dei primi tempi, la mia trasformazione era stata così impercettibile che alla fine avevo imparato a stare sotto gli occhi della gente sentendomi a mio agio e provando addirittura un sottile piacere nell'essere guardata. Il mio narcisismo si era preso una bella rivincita dopo che, per tutta la vita, avevo fatto in modo che gli altri non si accorgessero di me.
Era tutto perfetto: il pubblico era l'ignaro spettatore del gioco di seduzione tra me e Maurice che aveva alimentato la passione e l'amore finché, negli ultimi tempi, il gioco si era fatto estremo e Maurice pretendeva sempre di più…

Rigirandomi davanti allo specchio mi chiedevo che effetto avrei fatto a Russell. Sorrisi al mio riflesso, pregustando il piacere di sentire il calore del suo sguardo accarezzarmi la pelle. Immaginavo la sua sorpresa nel rendersi conto che non ero più la ragazza impacciata che arrossiva ad ogni suo sguardo. La nuova Claire era al suo livello e non aveva niente da invidiare alle donne che lui era solito frequentare.
Mentre davo gli ultimi ritocchi all'acconciatura, Maurice comparve sulla soglia del bagno. Era insolitamente di buon umore. Mi cinse la vita e mi baciò sul collo.
- Andiamo da qualche parte stasera? -
- Tu non lo so ma io ho una cena di lavoro. -
- E ci vai così? -
- Andiamo alla Tour d'Argent. -
- Cos'è, Paul ha vinto alla lotteria per portarvi tutti a cena fuori in un posto come quello? -
- No, siamo stati invitati da un nuovo cliente. Ci saremo solo io, Paul e Sophie. -
- Cliente facoltoso! Chi è? -
- Se te lo dicessi non mi crederesti. -
- Lascia decidere a me. -
- Non dovrei rivelarti i segreti dell'ufficio. -
- Andiamo! Lo sai che sono un professionista e so tenere per me le informazioni riservate. -
Feci di tutto per dare alla mia voce un tono casuale.
- Russell Crowe. - sospirai.
- Chi? -
- Il Gladiatore. -
Vidi le sopracciglia di Maurice aggrottarsi e il suo viso diventare scuro.
- Non mi piace che tu vada a cena con quello lì. E' un donnaiolo incallito! -
- Senti chi parla! - dissi sorridendo - Stai tranquillo, non mi farò sedurre! E poi non sarò sola. -
- Mettiti almeno qualcos'altro. -
- E cosa? Se non ho abiti "normali" nell'armadio, la colpa di chi è? -
Maurice sbuffò.
- Perché ci devi andare proprio tu? -
- Perché sarò quella che farà il lavoro che il sig. Crowe ci ha commissionato. -
Lui mi lanciò uno sguardo diffidente.
- E in tutto questo, il fatto che tu sei la donna più sexy di Parigi… -
- Esagerato! -
- … non c'entra per niente, vero? -
- Sì, è così. -
Maurice era dubbioso.
- Non ti viene in mente che se Paul mi ha assegnato il lavoro è perché sono brava? -
Lui fece una smorfia.
- Ah, così pensi che Paul stia cercando di "prostituirmi"! -
- Non mi fraintendere, non voglio sminuire il tuo talento come progettista, però… - mi incollò la bocca al collo. - … so benissimo che hai anche "altri" talenti, e a qualcuno potrebbe venire in mente di sfruttarli. - disse accarezzandomi il seno.
- Ti prego, non cominciare! Tra pochi minuti Paul sarà qui e non voglio farlo aspettare. -
- Digli che è per una giusta causa… -

****************

Appena arrivati al ristorante consegnammo al cameriere i nostri cappotti.
- Complimenti! Vedo che hai seguito il mio consiglio, ma non ti sembra di avere esagerato un po'? - commentò Paul osservando l'abito che mi stava incollato addosso come una seconda pelle. Io gli rivolsi un sorriso seducente.
- Ho molto da farmi perdonare. -
Il cameriere ci condusse in una sala appartata dove Russell ci stava già aspettando. Vedendoci arrivare si alzò in piedi. Era splendido e impeccabile nell'abito scuro, con i capelli pettinati all'indietro e la barba perfettamente curata. I suoi occhi, di un blu intenso, brillavano come le gocce del grande lampadario di cristallo sospeso sopra di noi. Salutò Paul e Sophie poi si voltò a considerare me che fremevo per l'emozione e… il sorriso cordiale che gli illuminava il viso si spense rapidamente, sostituito da un'espressione severa. Sotto il suo sguardo di disapprovazione mi sentii improvvisamente volgare e ridicola. Era stata un'assurdità pensare che la sua reazione sarebbe stata uguale a quella a cui la maggioranza degli uomini che conoscevo mi aveva abituata. Lui non si lasciava incantare da un abito provocante e da un sorriso seducente. Non era come gli altri, che mi incollavano addosso i loro sguardo lascivi appena mettevo piede in una sala. L'avevo visto accettare allegramente le lusinghe di donne ordinarie, ma evidentemente quel tipo di comportamento a me non era concesso.
Ingoiai il nodo che mi stringeva la gola e mi sedetti a tavola. Russell si accomodò proprio di fronte a me. Il cameriere arrivò per versare il vino, ma quando fu il mio turno, Russ lo fermò. - No, niente vino per la signorina. Per oggi ha già bevuto troppo. Le porti dell'acqua minerale. -
Paul non riuscì a trattenere una risata mentre sua moglie, notando il mio disagio, gli scoccò un'occhiata di rimprovero. Io sentii tutto il sangue salirmi al viso. Ok, la battutaccia me l'ero meritata, ma ora che avevo scontato le mie colpe della mattina, immaginavo che il resto della serata sarebbe trascorso in un clima un po' più sereno. E invece no: mi resi subito conto che Russ avrebbe continuato a mettermi in imbarazzo, e non si trattava delle prese in giro bonarie a cui mi aveva abituata. Chiacchierava tranquillamente con Paul e sua moglie, ma quando si rivolgeva a me lo faceva con una freddezza o un sarcasmo che mi umiliavano. Se non avessi temuto di rovinare gli affari di Paul, avrei detto a Russ ciò che pensavo di lui e me ne sarei andata. Invece fui costretta a rimanere rigidamente al mio posto a sopportare il suo disprezzo, con la nausea che mi cresceva dentro ad ogni suo sguardo di scherno.
Per cena ordinai una tisana, e l'espressione preoccupata che gli apparve per un attimo sul viso fu l'unico segno di comprensione che mi dimostrò. Mi ci aggrappai disperatamente, sperando che quello fosse l'indizio che la punizione era finita.
Mentre mescolavo distrattamente l'infuso bollente arrivarono le pietanze degli altri. A sentirne l'odore il mio stomaco si contorse.
- Scusatemi. - dissi alzandomi in piedi e correndo verso il bagno.
In realtà avevo solo bisogno di aria e di stare per un attimo lontana da quegli occhi beffardi e dalla bellezza sfrontata del loro padrone. Mi veniva da piangere a pensare che il mio sogno di rinsaldare un'amicizia che si era persa per strada non si sarebbe mai avverato. Ormai eravamo due estranei.
Mi guardai allo specchio: il rossetto scarlatto spiccava violento sul pallore della mia pelle ed il trucco scuro degli occhi induriva il tenero verde acqua delle iridi. Da tempo mi ero abituata a vedermi così, ma Russell no e probabilmente era proprio questo che non gradiva in me.
In quel momento entrò Sophie.
- Come ti senti? - mi chiese.
- Sophie… tu mi trovi volgare? -
- Volgare? No, forse un po' appariscente, ma con classe. Claire, dammi retta, lascialo perdere, è un cafone. -
- Non è vero. -
- Come, lo difendi? Chiunque si comporti in quel modo non è degno della tua considerazione. -
- Tu non lo conosci. Eravamo amici, e se ora si comporta così c'è sicuramente un motivo. -
- Allora hai intenzione di sopportarlo? -
- Che cosa dovrei fare? Mostrarmi offesa e rinunciare al lavoro? Non immagini quanto lo vorrei, ma ho promesso a Paul di non fare nulla che possa nuocere allo studio. -
- Al diavolo lo studio. La tua dignità è più importante. -
Sorrisi amaramente. - Mi sacrifico per il bene comune… -
- Almeno fatti pagare il doppio! -
Mi venne da ridere. - Hai ragione. Al preventivo aggiungerò la voce "risarcimento danni morali". -

Uscii dal bagno un po' più sollevata. Parlare con Sophie mi aveva fatto bene. Tornai a sedere al mio posto e ripresi a mescolare la tisana ormai fredda, con gli occhi fissi sulla tazza per non dare a Russell la soddisfazione di vedermi profondamente ferita. Ero così assorta nei miei pensieri da non accorgermi che lui mi stava fissando. Alzai lo sguardo solo nel sentire che mi stava sfiorando un dito e mi trovai a perdermi nelle profondità dei suoi occhi, in cui ogni traccia di astio era miracolosamente scomparsa. Un lieve, dolce sorriso gli rialzava gli angoli della bocca. Cos'era, compassione? O la consapevolezza di avere esagerato?
- Va meglio? - mi chiese.
- Sì. - Ma non per merito tuo, avrei voluto aggiungere.
Rimase a guardarmi senza dire nulla, con quel suo sguardo benevolo che mi metteva un po' a disagio per la sua insistenza ma che mi faceva bene. Fine dello scherno e delle ostilità, finalmente! A poco a poco mi rilassai e il mio stomaco si riaprì protestando per la fame. Chiamai il cameriere per farmi portare qualcosa da mangiare ma, in quel momento, l'entrata in sala di tre uomini che conoscevo bene mi tolse nuovamente l'appetito: uno di quelli era Maurice.
Mi vide subito e sorrise, poi andò a sedersi al suo tavolo, proprio di fronte a me. Il motivo per cui era lì era chiaro come il vino nel bicchiere di Russell.
Dopo un attimo si alzò e raggiunse Paul.
- Buonasera! Paul, Sophie, che combinazione, anche voi qui? -
Avrei voluto incenerirlo! Paul si voltò un attimo verso di me ad osservare la mia espressione turbata.
- Claire, non essere maleducata! Non mi presenti? - fece Maurice. Prima di darmi il tempo di fiatare, tese la mano a Russell.
- Sig. Crowe, è un onore conoscerla. Sono Maurice Guégan, il fidanzato di Claire. -
Il viso di Russ non tradiva la minima emozione nello stringere la mano di Maurice, ma per un attimo vidi un'ombra passare nei suoi occhi ed il sorriso che gli rivolse non aveva il consueto calore. I due "maschi dominanti" si squadrarono a vicenda, entrambi affascinanti, forti e sicuri di sé, ma diversi come il giorno e la notte, sia nell'aspetto che nei modi di fare. Altissimo, slanciato ed elegante Maurice, più basso, imponente e muscoloso Russell. Neri e calcolatori gli occhi di uno, azzurri ed onesti quelli dell'altro. Viso dall'ossatura in rilievo contro lineamenti morbidi; la bocca grande e carnosa di Maurice contro quella piccola e delicata di Russ.
Erano così diversi! Come facevano a piacermi entrambi?
Maurice osservava Russell con lo sguardo infido ed accattivante di un uomo abilissimo a trattare con persone di ogni tipo; Russell gli rispondeva nel solo modo che conosceva, cioè senza fare il minimo sforzo per dissimulare l'antipatia che provava per lui.
Io avrei voluto svanire nel nulla, terrorizzata com'ero al pensiero di quello che avrebbe potuto succedere. Fortunatamente Maurice, finiti i convenevoli, tornò al suo tavolo e io tirai un sospiro di sollievo, ma mi resi subito conto di avere ben poche occasioni per rilassarmi: Maurice non mi staccava gli occhi di dosso spiando tutte le mie mosse, mentre Russell mi rivolgeva sguardi glaciali in cui leggevo la domanda "ma come fa a piacerti uno così?".
Finalmente quell'interminabile cena terminò e ci alzammo per uscire. Maurice si precipitò a salutarci, ma il suo scopo era un altro.
- Tra un'ora sarò a casa. Non farmi aspettare. - disse dopo avermi baciata appassionatamente davanti agli occhi di tutti. Ecco a cosa servivano le sue smancerie verso gli altri: a dimostrare che io gli appartenevo. Non dissi nulla né mi ribellai ma dentro fremevo di rabbia.
Appena usciti dal ristorante, Paul, per allentare la tensione che c'era tra me e Russell, propose di andare a ballare.
- Andateci voi, io vado a casa. -
- Suvvia Claire, un po' di brio! -
- Ho mal di testa e preferisco andare a letto. -
Salimmo tutti sulla macchina di Paul e io mi ritrovai seduta sul sedile posteriore accanto a Russell.
Nonostante il mio stato d'animo non potei fare a meno di percepire, insieme al suo profumo discreto, la forza di un fascino quasi palpabile. Aveva perso l'aria da ragazzo di quando ci eravamo conosciuti e ora possedeva qualcosa che andava oltre la sua indubbia bellezza.
L'auto sfrecciava sull'asfalto viscido di pioggia. Paul, Sophie e Russell chiacchieravano allegramente mentre io guardavo fuori dal finestrino i boulevards illuminati, chiusa in me stessa e nella mia delusione. Riflettendo sulla serata appena terminata mi dissi che non era da me prendermela tanto per qualche battuta insolente, ma quella volta le aspettative erano state troppe e troppo importanti. Mi sforzai di pensare che la mia suscettibilità fosse dovuta solo ai postumi dell'ubriacatura, ma in cuor mio sapevo che non era così.
In poco tempo l'auto raggiunse la casa di Maurice e accostò al marciapiede. Salutai rapidamente gli altri, ma prima che potessi scendere dall'auto Russell mi fermò.
- Sei proprio sicura di voler andare a casa? -
- Sì. Perché, non ti sei divertito abbastanza? -
Scesi in fretta sbattendo con rabbia lo sportello e raggiunsi il portone di casa correndo sotto la pioggia fine e gelida che mi penetrava fino alle ossa. Stavo infilando le chiavi nella serratura quando la voce di Russell, alle mie spalle, mi fece trasalire.
- Aspetta un momento. -
- Russ, sta piovendo. -
- Lo vedo! Claire… mi ha fatto piacere rivederti. - disse sorridendo dolcemente.
- Non ne ho alcun dubbio! - replicai acida.
- Accetterai l'incarico? -
- Dammi un motivo valido per cui dovrei farlo. -
- Una settimana di vacanza nella campagna Australiana, sotto il sole e al caldo. Nel caso tu non sia ancora diventata così snob da non apprezzare più queste cose... -
- Allettante ma non sufficiente. -
- Ti lascerò in pace, promesso. Non ti accorgerai nemmeno della mia presenza. -
- Ci penserò e ti farò sapere. -
Così dicendo spinsi la porta ed entrai. Il battente si richiuse con un tonfo che echeggiò sinistramente nell'atrio buio.

Ero già a letto, in preda ad un mal di testa feroce quando arrivò Maurice. Avevo una voglia disperata di un abbraccio ma lui non era proprio la persona più adatta.
- Non capisco come faccia a piacerti. - disse, alludendo a Russell, mentre cominciava a spogliarsi.
- Non ho mai detto che mi piace. -
- Andiamo, Claire, hai le videocassette di tutti i suoi film. -
- Lo trovo un ottimo attore. -
Lui mi guardò in tralice come per dire "raccontalo a qualcun altro".
- Comunque, anche ripulito e con abiti eleganti rimane sempre un vaccaro. -
- Bene, allora abbiamo qualcosa in comune. Anch'io sono una provinciale, l'hai dimenticato? -
Lui sorrise amabilmente.
- No, ma con le donne sono più tollerante. Cosa c'è, Claire? Come mai sei di cattivo umore? -
- Ho mal di testa. - tagliai corto. In quel momento non avevo la forza di affrontare una discussione sul suo comportamento, e non potevo certo parlargli dei miei problemi con Russell, visto che non gli avevo mai raccontato di averlo conosciuto anni prima.
- Allora? Il lavoro si fa? -
- Io e Paul faremo il primo sopraluogo fra un mese. -
- A casa sua? -
- Ovviamente! -
Maurice mi piantò in viso uno sguardo che mi ghiacciò il sangue nelle vene. Non disse nulla ma mi porse il ricevitore del telefono.
- Chiama Paul e digli che non accetti il lavoro - sibilò.
A quelle parole la forza d'animo che credevo di aver smarrito si riaccese. Ormai non ce la facevo più a sopportare le sue imposizioni e le sue prepotenze. Quell'ennesimo sopruso era quello che mi ci voleva per decidermi ad accettare l'incarico.
- Non ci penso proprio! Ho firmato un contratto e non posso tirarmi indietro senza noie legali. -
- Io ho abbastanza soldi per pagarti tutti gli avvocati di cui avrai bisogno. -
- Non mi interessa. Ho preso un impegno e lo rispetterò. Non ho nessuna intenzione di far perdere un cliente di quel calibro allo studio. -
- Non lo perderà. Se il progetto non lo farai tu, Paul troverà sicuramente qualcuno con cui sostituirti. -
La collera mi bolliva dentro molto vicina ai limiti di guardia.
- No, Crowe ha chiesto di me e se non ci sarò io si rivolgerà ad un altro studio. -
- E perché quell'uomo vuole proprio te? - disse con un tono inquisitore, mentre i suoi occhi socchiusi mi scrutavano. Io impallidii. Mi ero quasi tradita. Annaspai alla ricerca di una spiegazione convincente.
- Ha visto la mansarda di Mr. Burns a Montmartre e gli è piaciuta molto. Quello era un mio progetto. Se non mi consentirai di partecipare al lavoro dovrai assumerti le tue responsabilità perché Paul saprà immediatamente che non è un'idea mia. Perderai un amico, per quanto te ne può importare… -
Dalla sua espressione dedussi che ero stata convincente.
- D'accordo. - disse lanciando con rabbia il cordless sulla poltroncina ai piedi del letto. - Ma non credere che sia finita qui. Ne riparliamo domani. - detto ciò si sdraiò sotto le coperte voltandomi le spalle. Io tirai un sospiro di sollievo e mi coricai accanto a lui ma, per quanto mi sforzassi di rilassarmi, non riuscivo a controllare il tremito che mi scuoteva. Per ore rimasi a rigirarmi nel letto finché, alle tre di mattina, mi decisi ad alzarmi ed a scendere in soggiorno.
Mi sedetti sul divano accanto alla mia borsetta che avevo dimenticato lì quando ero entrata in casa. Come spesso mi accadeva, nei momenti di tensione avevo un disperato bisogno di parlare con qualcuno, e per anni quel qualcuno era stato Russ. Istintivamente afferrai il cellulare e cercai il suo numero sul display. Rimasi in attesa con il fiato sospeso ed il cuore che martellava nel petto mentre il telefono componeva il numero. Dopo un paio di squilli la voce di Russell, impastata dal sonno, mormorò:
- Claire, sei tu? -
Ma che stavo facendo? Come pensavo di poter avere un po' di conforto da un uomo che mi aveva maltrattata per tutta la sera? La nostra amicizia non esisteva più, ormai eravamo degli stranei.
Riattaccai senza dire nulla. Un profondo, opprimente senso di solitudine mi attanagliò lo stomaco e, finalmente, le lacrime che per tutta la sera mi ero sforzata di trattenere sgorgarono copiose a lavare via l'angoscia che mi invadeva l'anima. Non so per quanto tempo rimasi seduta a singhiozzare. So solo che quando riaprii gli occhi Maurice era inginocchiato davanti a me.
- Amore, guardami. - disse sollevandomi il viso. - Mi dispiace, non volevo ferirti. Però, cerca di capirmi: se mi comporto così è perché ti amo e ho una paura folle di perderti. Non sopporto di vedere un altro uomo metterti gli occhi addosso. Saperti con qualcuno che non sono io mi fa impazzire! - E allora perché mi mandi in giro vestita come una puttana? Non mi ribellai quando lui cominciò a baciarmi teneramente e mi adagiò sul divano accarezzandomi. Improvvisamente il suono del cellulare squarciò il silenzio facendoci sussultare. "R" c'era scritto sul display.
- Allô! - risposi.
- Claire, sono io. Va tutto bene? -
- No. Mi spiace, ha sbagliato numero. - dissi in francese.
- Ok, ho capito. Chiamami domattina. Parto con il volo delle 10.30. Promettimi che lo farai. -
- Sì, certo. Buonanotte a lei. -

Il giorno dopo, appena fui certa di essere sola in ufficio, chiamai Russell.
- Ciao. Cominciavo a pensare che non mi avresti telefonato. -
- Dovevi dirmi qualcosa? -
- Io no, tu piuttosto… la telefonata di stanotte… -
- Lasciamo stare… -
- Ma… -
- Va tutto bene, Russ. -
- Sei sicura? Hai una voce così strana. -
- Sto bene, quante volte te lo devo ripetere? -
- Allora, hai deciso? -
- Sì. Ci vediamo fra un mese in Australia. -
- Bene. Sono contento. Credimi, non te ne pentirai. - una voce metallica si udì in sottofondo. - Hanno chiamato il mio volo, devo andare. A presto, allora. -
- Buon viaggio. -
Riattaccai sospirando. Ora mi rimaneva solo da affrontare Maurice…

 


Utopia:
è l'opera filosofica più importante di Thomas More (Tommaso Moro 1478-1535, umanista e uomo politico) in cui l'autore fa un'analisi della politica, dell'economia e della società inglese del '500 riconoscendone i difetti e proponendo la soluzione ai problemi attraverso un modello di società in cui l'organizzazione di ogni aspetto della vita, dall'architettura e dall'urbanistica alla religione, dall'istruzione alla politica, ha lo scopo di garantire il massimo grado di benessere a tutti gli abitanti. [N.d.A.]
Per saperne di più:
http://dvolpin.teleradiostereo.it/utopia.htm
http://www.arpnet.it/irrsaeto/semper/zoom/erasmo/more.htm


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