Introduzione alla Lectio
divina di Mt 4,1-11
I domenica di Quaresima – 17
febbraio 2002
[1]
Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per esser tentato
dal diavolo. [2] E dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti,
ebbe fame. [3] Il tentatore allora gli si accostò e gli disse:
"Se sei Figlio di Dio, dì che questi sassi diventino pane".
[4] Ma egli rispose: "Sta scritto: Non di
solo pane vivrà l'uomo,
[5]
Allora il diavolo lo condusse con sé nella città santa, lo depose sul
pinnacolo del tempio [6] e gli disse: "Se sei Figlio di Dio, gettati
giù, poiché sta scritto: Ai suoi
angeli darà ordini a tuo riguardo,
[7] Gesù
gli rispose: "Sta scritto anche: Non tentare
il Signore Dio tuo"
(Dt 6,16). [8]
Di nuovo il diavolo lo condusse con sé sopra un monte altissimo e gli
mostrò tutti i regni del mondo con la loro gloria e gli disse: [9] "Tutte
queste cose io ti darò, se, prostrandoti, mi adorerai".
[10] Ma Gesù gli rispose: "Vattene, satana! Sta scritto: Adora
il Signore Dio tuo
[11] Allora
il diavolo lo lasciò ed ecco angeli gli si accostarono e lo servivano. |
La lettura di questo
brano non deve perdere di vista lo schema fondamentale del rapporto uomo-Dio
secondo la spiritualità biblica: lo schema dell’Alleanza. A partire da questo
presupposto, per gli ebrei era possibile ricordare e celebrare la loro storia
di popolo e a partire da questo schema era possibile per i cristiani dei primi
secoli e per i cristiani di ogni tempo comprendere Gesù di Nazareth.
In Gesù di Nazareth l’alleanza tra Dio e il
suo popolo è perfetta. I Vangeli nascono da questa convinzione. Il Gesù di
Matteo, in particolare, riproduce la vicenda del popolo ebraico nelle tappe
fondamentali del suo itinerario che lo conduce alla terra promessa: la
permanenza in Egitto (c.2), il passaggio del Mar Rosso (il battesimo nel
Giordano, c.3) e, nel nostro brano, la tentazione nel deserto. L’operazione
compiuta dall’evangelista è un midrash (rilettura interpretante) dei
libri dell’Esodo e del Deuteronomio. Il brano delle tentazioni si presta
tuttavia ad una lettura esistenziale che ha al centro il tema del rapporto tra
l’uomo ed i propri desideri. Meglio: il rapporto dell’uomo con i propri
desideri alla luce della relazione con Dio. L’esperienza di Gesù nel deserto –
che occorre leggere non certamente come una narrazione storica, bensì come una
rappresentazione dal valore teologico – è un’esperienza di attraversamento
dell’io. E’ vero: è messo alla prova il messianismo di Gesù, ovvero quale
significato egli intendesse dare a quanto gli era stato rivelato al Giordano
(Mt 3,17). Ma c’è oltre a questo una
posta in gioco che riguarda tutti gli uomini in maniera più pregnante è che
viene individuata da Eb 2,18: “proprio per essere stato messo alla prova ed
avere sofferto personalmente, è in grado di venire in aiuto a quelli che
subiscono la prova”. Ogni uomo in Gesù ha da un lato la possibilità di
riconsiderare la mappa dei propri desideri e dall’altro l’energia interiore che
può consentirgli di resistere alla possibilità di venir separato da Dio: in
greco la parola diavolo indica proprio “colui che separa”.
Quest’azione di resistenza e di lotta
spirituale è descritta nel nostro brano.
Tre sono le sollecitazioni operate da
satana, ma è importante notare che esse sono anticipate da un lungo digiuno e
da un significativo “ebbe fame”. Sulla porta del bisogno è accovacciato “il
tentatore”, colui che, come nei confronti di Giobbe (Gb 1-2), percorre la terra
(Gb 1,7) allo scopo di dimostrare che la relazione tra Dio e l’uomo è di tipo
funzionale: l’uomo adorererebbe Dio perché Dio soddisfa i suoi desideri ed i suoi
bisogni.
La dipendenza dai bisogni naturali
(trasformare le pietre in pane), il desiderio di una vita al riparo dal male
(gettati…) e la velleità di dominare la realtà (tutte queste cose io ti darò)
rappresentano le poste in gioco riconducibili alla posta in gioco fondamentale:
l’alternativa tra schiavitù e libertà. All’interno di questa drammatica
alternativa un ruolo essenziale nella costruzione matteana ha la Parola di Dio.
Gesù non dice altro che quanto contiene la Scrittura. Persino alla fine, quando
rivolge a satana l’unica espressione propria (Vattene, satana), Gesù radica
quest’ultima sostanzialmente sul primo comandamento: il Signore è uno solo, non
c’è spazio per altri idoli. La logica che Gesù contrappone a satana è quella
sintetizzata da Lam 3,26: “e’ bene aspettare in silenzio la salvezza del
Signore”. E’ la logica implicita
nell’atteggiamento di Gesù in croce di fronte alla nuovamente triplice
tentazione rivoltagli dagli astanti (Lc 23,35-39).
L’itinerario spirituale delineato sembra
quello che invita l’uomo a muoversi da una logica di progetto ad una logica
di dono. In fondo la tentazione madre resta sempre quella
dell’autosalvezza. La forma più raffinata di ipocrisia, al riguardo,
sembrerebbe quella presupposta dalla seconda tentazione, che mostra un utilizzo
perverso della Scrittura (in questo caso il Salmo 91) da parte dello stesso
satana. Gettarsi confidando che gli angeli possano intervenire a proprio favore
significa disporre di Dio a proprio piacimento e, in filigrana, essere convinti
di “abitare al riparo dell’Altissimo” (Sal 91,1). Persino Gesù, che poteva
tranquillamente autoidentificarsi con il giusto del Salmo, rifiuta questa
logica perversa e dice no ad un intervento divino sollecitato da un progetto
umano. Ed è significativo che il brano si concluda con un’immagine in cui gli
stessi angeli del cielo stanno lì a donare a Gesù ciò che egli non ha voluto
prendersi con le proprie mani.
Brani di
riferimento:
·
Sul digiuno:
Dt 9,9.18; Gl 2,2-17;
·
Su Israele ed
il deserto: tutto il c.8 del Deuteronomio
·
Sul tentare
Dio: Es 17,1-7; Nm 21,4-9; Mt 16,23
· Sulla tentazione e la prova: Sir 2; Gc 1,12-15