Introduzione alla Lectio
divina su Lc 17, 11-19
XXVIII domenica tempo
ordinario – 14 ottobre 2001
[11]
Durante il viaggio verso Gerusalemme, Gesù attraversò la Samaria e la
Galilea. [12] Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci
lebbrosi i quali, fermatisi a distanza, [13] alzarono la voce,
dicendo: «Gesù maestro, abbi pietà di noi!». [14]
Appena li vide, Gesù disse: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre
essi andavano, furono mondati. [15]
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro glorificando Dio
a gran voce; [16] e si gettò ai piedi di Gesù per ringraziarlo.
Era un Samaritano. [17] Ma Gesù osservò: «Non sono stati mondati tutti
e dieci? E gli altri nove dove sono? [18] Non si è trovato chi tornasse
a render gloria a Dio, all'infuori di questo straniero?». E gli disse:
[19] «Alzati e và; la tua fede ti ha salvato!». |
* Quelle
sottolineate sono alcune parole chiave per la meditatio.
Il
brano evangelico segue immediatamente quello contenente la parabola sui “servi
inutili” meditata domenica scorsa, ma si stacca dal tema della qualità\quantità
della nostra fede per introdurre una nuova sezione del vangelo di Luca che
terminerà con la cosiddetta “piccola apocalisse lucana”.
Lo
strano richiamo geografico della introduzione (Gesù attraverserebbe prima
la Samaria a sud e poi la Galilea a nord per poi recarsi di nuovo a sud) appare,
in realtà, un espediente narrativo per collocare l’episodio del samaritano
riconoscente nella prospettiva della progressiva rivelazione della identità
del Cristo, cioè in un contesto differente da quello strettamente “apostolico”
del brano precedente. Non ci troviamo, quindi, innanzi ad un messaggio per
addetti ai lavori, ma di fronte ad una Parola che si rivolge alla totalità
degli uomini (anche il numero “dieci” contiene in sé, nella cultura ebraica,
un richiamo alla completezza).
Approssimandosi
ad un villaggio, Gesù incontra dieci malati\peccatori che, conformemente alle
prescrizioni socio-religiose contenute nel libro del Levitico, si tengono
a distanza dai sani.
Confrontando
le analitiche indicazioni imposte ai lebbrosi, ci accorgiamo che, piuttosto
che avvertire il passante della loro triste condizione (avrebbero dovuto gridare
tre volte: “Immondo”), essi chiedono pietà all’autorevole Maestro.
Tre
elementi di riflessione: tutti conoscono bene la propria situazione di malattia\peccato;
tutti conoscono Gesù, almeno per sentito dire; tutti “gridano” il loro dolore
e la loro invocazione (assai simile a quella del pubblicano descritta dallo
stesso Luca ed, in definitiva, della comunità cristiana da cui l’evangelista
proviene).
Luca
a questo punto, a differenza dell’episodio del singolo lebbroso da lui stesso
raccontato, tenendo sempre a mente il rituale vetero-testamentario, scrive
che la purificazione avviene nel tragitto verso i sacerdoti. Tutti vengono
mondati, anche se non c’è purificazione immediata, perché essa sopravviene
nel tempo solo in osservanza alle Parole del Cristo odigitrio.
Ma
soprattutto al miracolo non è collegata la vera guarigione. Il verbo utilizzato
dall’evangelista al v. 14 (in greco, lett. mondare) è, infatti, diverso dal
verbo impiegato dal redattore per rendere la condizione di ritrovata “salus”
del samaritano (nel secondo caso, lett. guarire, risanare).
Costui,
sperimentata e meditata l’occasione di grazia, gustato il suo kairòs,
con la stessa carica personale che aveva segnato il suo dolore (a gran voce),
si “vede guarito” e riconosce la gloria di Dio, prostrandosi per fare eucaristia
(cioè rendere grazie, in greco eucharistein) del Figlio e della sua
azione pontificale.
L’eucaristia
è, si badi, celebrata da uno straniero, uno che appartiene al popolo degli
scismatici contaminati, degli idolatri che non potevano rappresentare il popolo
di Dio (Ne 2, 19-20), ma che, al contrario dei suoi ex-compagni di sventura,
dimentica le prescrizioni sacerdotali sulla dichiarazione di purezza
(pur richiamate dallo stesso Gesù) per rivolgersi alla fonte della guarigione,
che si trova nella relazione benedicente con la Parola di Cristo.
Ognuno
ha avuto dalla Parola vivente la sua occasione di grazia: a tutti i malati
la indicazione della via per eliminare le proprie ferite e per risollevarsi
da una condizione di morte sociale ed umana; il decimo, autentico uomo religioso,
ha avuto, in più, la lucidità di assaporare quel grido a voce alta,
di comprendere, con tutta la sua persona, che la salvezza è già lì, nella
vita di fede.
Brani di riferimento:
Ø
Sulle istruzioni per la
purificazione dei lebbrosi: Lv 13, 1-3 e 45-46; Lv. 14, 1-3
Ø
Episodio del lebbroso
Naaman: 2Re 5, 1 e ss.
Ø
Guarigione lucana di un
lebbroso: Lc 5, 13 e ss.
Ø
Guarigione e salvezza:
Ger 17, 13; Sal 30,3