Lectio
Divina di 2 Re 5,14-17 per Lc 17,11-19
XXVIII
dom. O/C
In
quei giorni Nàaman Siro scese e si lavò nel Giordano sette
volte, secondo la parola dell’uomo di Dio, e la sua carne ridivenne
come la carne di un giovinetto; egli era guarito. [15] Tornò con tutto il seguito dall’uomo
di Dio; entrò e si presentò a lui dicendo: “Ebbene, ora so che non c’è
Dio su tutta la terra se non in Israele”. Ora accetta un dono dal tuo
servo”. [16] Quegli disse: “Per la vita del Signore, alla
cui presenza io sto, non lo prenderò”. Nàaman insisteva perché accettasse,
ma egli rifiutò. [17] Allora Nàaman disse: “Se è no, almeno
sia permesso al tuo servo di caricare qui tanta terra quanta ne portano
due muli, perché il tuo servo non intende compiere più un olocausto
o un sacrificio ad altri dei, ma solo al Signore. |
Il secondo libro dei Re è l’elenco cronachistico delle vicende dei due Regni, del Nord, Israele, e del Sud, Giuda, a partire dalla morte del re Achab (853 a.C.) sino alle catastrofi finali di Samaria, la bella capitale di Israele, e di Gerusalemme, la santa capitale di Giuda.
Nei
suoi primi capitoli un’ampia inserzione costituisce il ciclo di Eliseo, una
raccolta di eventi straordinari legati alla figura del profeta, continuatore in
Israele della missione del grande Elia. In un contesto storico di ostilità,
spesso armata, tra il popolo d’Israele e il confinante popolo degli Aramei di
Damasco, ostilità che non interrompeva peraltro normali relazioni diplomatiche
tra il re siriano BenAdad e l’israelita Joram (852-841), il racconto della
guarigione del generale arameo Naaman, malato di lebbra, si dispiega secondo
uno scenario ricorrente nei percorsi di conversione. Accade spesso alle
narrazioni bibliche di riuscire attuali e paradigmatiche, codifica di tante
avventure dello spirito.
Ed
è proprio un lungo percorso in discesa quello che Naaman il Siro deve compiere
prima di arrivare alla guarigione! Tutto l’episodio è infatti giocato sulla
tensione tra un piano alto e un piano basso della ricerca di
salvezza. Piano alto è il mondo del potere militare e di palazzo
che accompagna la prima presentazione dell’eroe nazionale arameo. Piano basso è
già il suo voler dar credito, sotto il pungolo della necessità, alla creatura
istituzionalmente meno attendibile, una donna e fanciulla e nemica e schiava,
che ha fatto balenare la speranza: “Se il mio signore si rivolgesse al
profeta che è in Samaria, certo lo libererebbe dalla lebbra” (v. 3). Ma immediatamente dopo è alla mediazione
infelice del potere e del palazzo che egli ritorna ancora una volta a
ricorrere, al carico d’oro e d’argento che porta con sé, alla lettera ambigua
di presentazione al re di Samaria, da parte del suo, più potente, re: “Portò la lettera al re di
Israele, nella quale si diceva: “Ebbene, insieme con questa lettera ho mandato
da te Nàaman, mio ministro, perché tu lo curi dalla lebbra”. Letta la lettera,
il re di Israele si stracciò le vesti dicendo: “Sono forse Dio per dare la
morte o la vita, perché costui mi mandi un lebbroso da guarire? (6-7).
Eliseo,
informato, libera il suo re dall’impasse: “Quell’uomo venga da me e saprà
che c’è un profeta in Israele” (v 8). Un profeta che, a nome di Dio,
ha già potuto restituire la vita al figlio della Sunammita (4,33-35). Così
Naaman è costretto a scendere dal piano alto, a lui congeniale,
dai monti di Samaria verso l’oscura casa dello sconosciuto profeta, forse a
Galgala, verso il Giordano. Ma, arrivato là con i suoi cavalli e con il suo
carro, avrà ancora una cocente disillusione: Eliseo gli mandò un messaggero
per dirgli: “Và, bagnati sette volte nel Giordano: la tua carne tornerà sana e
tu sarai guarito”. Nàaman si sdegnò e se ne andò protestando: “Ecco,
io pensavo: Certo, verrà fuori, si fermerà, invocherà il nome del Signore suo
Dio, toccando con la mano la parte malata e sparirà la lebbra. Forse l’Abana e
il Parpar, fiumi di Damasco, non sono migliori di tutte le acque di Israele?
Non potrei bagnarmi in quelli per essere guarito? ”. Si voltò e se ne partì
adirato. (10-12). La ferita all’amor proprio, all’immagine prestigiosa di
sé, alla voglia di miracolismo plateale, duole più che la malattia.
Poi,
però, convinto dal buon senso dei servi (ancora!) accetterà finalmente di scendere
alla depressione del Giordano, di scendere da cavallo (cfr. un certo Saulo), per immergersi, battezzarsi
(dal verbo baptizo usato dalla traduzione greca della
Settanta) nelle acque del Giordano, lasciando in esse la sua lebbra e il
suo orgoglio.
Ora
è un uomo nuovo quello che risale, guarito nel corpo e nell’anima, dalle acque.
Accettata in dono la guarigione, Naaman saprà tornare dall’uomo di Dio,
per rendere gloria a Dio (Lc 17,18): “Ebbene, ora so che non c’è Dio
su tutta la terra se non in Israele”. Dalla ricerca del taumaturgo è
approdato alla fede nel Dio vivente. Per Lui vorrà portare in patria un carico
di preziosa terra d’ Israele, secondo l’antica concezione, che non prevede
sacrifici a un dio , se non sulla sua terra.
Si conclude in questo modo un itinerario di conversione che assimila la lebbra al peccato, la guarigione al perdono, ricevuto in dono, ma cui occorre predisporsi in umile e consapevole atteggiamento di accoglienza.
I collegamenti molto forti con il brano lucano dei
dieci lebbrosi, oltre alla tematica generale di guarigione –ringraziamento
-salvezza, abbracciano anche l’ambientazione in Samaria e l’apertura alle genti
straniere del progetto divino di salvezza. Tema questo che, anche se solo nel
Nuovo giungerà a maturazione, ha già nell’Antico Testamento un suo preciso
dispiegarsi: “ll Signore si rivelerà agli Egiziani e gli Egiziani
riconosceranno in quel giorno il Signore, lo serviranno con sacrifici e
offerte… In quel giorno ci sarà una strada dall’Egitto verso
l’Assiria; l’Assiro andrà in Egitto e l’Egiziano in Assiria; gli Egiziani
serviranno il Signore insieme con gli Assiri. In quel giorno Israele sarà il
terzo con l’Egitto e l’Assiria, una benedizione in mezzo alla terra. Li
benedirà il Signore degli eserciti: “Benedetto sia l’Egiziano mio popolo,
l’Assiro opera delle mie mani e Israele mia eredità” (Is 19,21-25).
Gesù, che qui vediamo elogiare un samaritano…questo
straniero, aveva già ricordato ai suoi concittadini sin dall’esordio
della sua predicazione a Nazaret:“Nessun profeta è bene accetto in patria…
C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo, ma nessuno di
loro fu risanato se non Naaman, il Siro” (Lc 4,24.27). Egli, il Messia che,
sceso nelle acque del Giordano, vi si è caricato di tutte le lebbre, sino ad
essere identificato un giorno con il servo “davanti al quale ci si copre la
faccia” (Is 53,3-4), ha ricevuto il potere di risanare tutte le genti.