Lectio Divina di Luca 6, 20-26 domenica 11 febbraio 2001

VI domenica del tempo ordinario

[20] Egli, alzati gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: "Beati voi che siete poveri, perché il regno di Dio è vostro. [21] Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi che ora piangete, perché riderete. [22] Beati voi, quando gli uomini vi odieranno, e quando vi scacceranno da loro, e vi insulteranno e metteranno al bando il vostro nome come malvagio, a motivo del Figlio dell'uomo. [23] Rallegratevi in quel giorno e saltate di gioia, perché, ecco, il vostro premio è grande nei cieli; perché i padri loro facevano lo stesso ai profeti.

[24] Ma guai a voi, ricchi, perché avete già la vostra consolazione. [25] Guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete. [26] Guai a voi quando tutti gli uomini diranno bene di voi, perché i padri loro facevano lo stesso con i falsi profeti.

Quelle sottolineate sono parole ed espressioni chiave per la meditatio.

Gesù ha già compiuto una serie di guarigioni, del corpo e dello spirito, e ha completato la scelta dei suoi apostoli. E' già percepito dalla folla come uno capace di guarire (6, 19), di compiere azioni prodigiose (5, 26) e ha già cominciato ad essere odiato da scribi e farisei (5, 21; 6, 11).

E' in questo contesto che si inserisce il discorso di Gesù, che si concluderà alla fine del cap. 6, e che richiama molti degli insegnamenti dati nel "Discorso della montagna" (qui però il luogo è pianeggiante) riportato da Matteo (Mt 5,1 - 7, 29). Quest'ultimo discorso, oltre ad essere ben più lungo di quello narrato da Luca, precede però le guarigioni operate da Gesù e si inserisce quindi in un contesto diverso. Gli insegnamenti di Gesù come narrati da Luca non possono prescindere invece dalle guarigioni prima operate. E' un messaggio di salvezza "totale", da cui nulla resta escluso: né lo spirito, né il corpo. Se le beatitudini di Mt 5, 3-11 insistono più sugli atteggiamenti interiori, in Luca la portata "sociale" e direttamente "fisica" del discorso emerge in modo prepotente. Non c'è spazio per tentazioni spiritualiste, perché la salvezza è di "tutto" l'uomo.

Non c'è spazio neanche per dilazioni della salvezza in tempi di là da venire, per annunci di una liberazione che non possa essere già sperimentata "ora". Il gioco dei tempi dei verbi (in senso grammaticale) è splendido: "Beati [oggi] voi poveri, perché vostro è [già] il Regno di Dio. Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati". La liberazione dalla fame, dalle lacrime, dall'odio è riservata al futuro, ma lo stato di beatitudine è già in atto, il possesso del Regno di Dio già acquisito.

In questo gioco di tempi e di rimandi c'è spazio anche per il passato, per la memoria, per la testimonianza di chi ci ha preceduto: "Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i profeti. […] Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti". La storia della salvezza è unica, siamo legati mani e piedi ad una vicenda di amore/odio, fedeltà/infedeltà con Dio che è la stessa dei nostri padri. E' quello che Abramo dice a Lazzaro (16, 29-31) quando, "stando nell'inferno tra i tormenti" (16, 23), chiederà che qualcuno sia mandato dai suoi fratelli per ammonirli e spingerli alla conversione: "Hanno Mosè e i Profeti, ascoltino loro. … Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti sarebbero persuasi". La salvezza annunciata e donata da Cristo attraverso la sua morte e risurrezione si pone in continuità con l'alleanza già offerta da Dio al popolo di Israele.

Non è casuale che il dialogo tra Abramo e Lazzaro prima richiamato abbia per oggetto proprio la la ricchezza e i beni terreni. Per Luca si tratta di un tema centrale, fin dalla proclamazione di Gesù nella sinagoga del passo di Isaia 61, 1-2 (4, 18-19), quasi un "manifesto" del suo futuro percorso, che sarà una vicenda di liberazione dei poveri, dei prigionieri, dei sofferenti. Agli stessi discepoli di Giovanni Battista che gli chiederanno per conto di Giovanni se Egli è "colui che viene", indicherà come segno chiaro le guarigioni operate e l'annuncio ai poveri della buona novella (7, 22), richiamando ancora il brano di Isaia 61, 1. E' Gesù stesso che ci offre la sua "interpretazione" della sua personale vicenda storica, che la legge in questi termini a partire dalla "lectio" dei passi dei Profeti.

La liberazione dalla povertà e dalle sofferenze (che rimangono esperienze negative, dato che la beatitudine degli affamati è legata alla promessa di essere saziati, non al fatto stesso di soffrire la fame) va di pari passo per Gesù con la necessaria liberazione da ogni cupidigia. Le "maledizioni" dei vv 24-26 ("guai ai ricchi …") sono il contraltare delle beatitudini dei vv. 20-22. Le durissime espressioni di Luca sono necessarie per farci capire che "anche se uno è nell'abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni", per consentirci di aprirci all'amore di Dio, di affidarci interamente a Lui: "Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno" (12, 32).

Riferimenti :

Meditazione su Lc 6,17.20-26

Lectio divina Geremia 17,5-8