Ancora sulla "questione linguistica"
Per una singolare serie di curiose coincidenze sono stato spinto ad interessarmi, da qualche tempo a questa parte, all'uso che si fa della lingua francese nella nostra regione.
L 'argomento
mi ha subito stuzzicato coinvolgendomi attivamente nelle discussioni nate
il novembre scorso (1998), durante il periodo della contestazione studentesca
alla riforma regionale dell'esame di maturità. Come sappiamo, il
nuovo esame comprende una prova a parte riguardante la conoscenza della
lingua francese. Prova contestata praticamente da tutti: studenti, genitori,
insegnanti e dagli immancabili, nostalgici post-sessantottini. Questa novità
si è rilevata, alla fine della fiera, a dir poco banale, superata
dalla quasi totalità degli alunni amareggiati e delusi dalla semplicità
del testo.
Come se non bastasse a stuzzicare la mia curiosità in materia, si
è sollevato ultimamente il polverone riguardante la scandalosa penuria
di personale specializzato nelle strutture ospedaliere della Regione. Il
motivo di questa situazione secondo gli addetti ai lavori è sconcertante
nella sua banalità. Come tutti sanno per poter accedere ad incarichi
di questo tipo è indispensabile sostenere un esame che certifichi
la conoscenza del francese. Ovviamente chi la ignora deve scordarsi questo
tipo di lavoro e da qui la conseguente, perenne mancanza di personale specializzato,
irreperibile in Valle d’Aosta. Quest’ultima polemica sicuramente non giova
alla reputazione del francese, e più che mai divide la popolazione
in favorevoli a queste leggi forse restrittive, e chi no.
Naturalmente
opinioni condivisibili o meno, spesso abracciate o abolite dalle varie
fazioni politiche esistenti sul territorio.
Le tesse
che spesso agli occhi del “popolino” fanno un abuso del francese, per esempio
nel redigere documenti pubblici, su targhe commemorative o durante i discorsi
ufficiali. Chi di noi, ascoltando certi individui esibire un francese maccheronico
(pour mieux dire maquéronique…) non ha pensato fra sé:
“Ma parla come mangi!”
Le stesse
polemiche, ma esattamente alla rovescia, si ebbero in passato e sfociarono
nel non troppo lontano 1924, al momento dell’inaugurazione ad Aosta del
monumento alla memoria dei caduti nella Guerra Mondiale. In quell’occasione
gli aostani scoprirono l’incisione eseguita in lingua italiana, fatto che
destò grande costernazione, scatenando forti polemiche. Il motto
“non succede mai nulla di nuovo sotto il sole” in questo caso potrebbe
rivelarsi appropriato.
Quest’utilizzo
del francese, che per gli uni può apparire inutile e strumentalizzato,
per gli altri è giustificabile da motivazioni storiche. Infatti
è dal lontano 1561, per mezzo di un editto del Duca Emanuele Filiberto
di Savoia, che la lingua francese è riconosciuta come ufficiale
in VDA.
Nel 1923,
iniziò concreatamente l’italianizzazione della Rgione: furono soppresse
108 scuole di villaggio rette spesso da sacerdoti o insegnanti locali che
naturalmente impartivano le lezioni in francese. Inoltre vennero chiusi
con la forza tutti i giornali locali, come Le Duché d’Aoste,
Le pays d’Aoste e La patrie valdôtaine anch’essi redatti
nell’unica lingua che tutti conoscevano, guarda caso iò francese.
Certo, la
stragrande maggioranza della popolazione parlava quasi esclusivamente il
patois, ma è un grave errore sostenere che il francese era
la lingua esclusiva degli atti pubblici, di preti e avvocati o dei rari
intellettuali.
L’ignoranza
ed il totalitarismo hanno voluto cancellare una componente fondamentale
del nostro passato e quindi delle nostre origini: non lasciamo quindi che
il menefreghismo o le facili polemiche spazzino via le ultime vestigia
della nostra identità culturale giunte sino a noi.
Perché
la nostra cultura, per la cui difesa molte persone hanno lottato, non venga
ridotta a una vecchia foto sbiadita lasciata in fondo all’ultimo cassetto.
Patrik
Desiderosi
di sopire qualsivoglia fraintendimento, gli ideatori si estraniano
nella maniera più assoluta da qualsiasi presa di posizione
espressa dal singolo articolista, il quale dovrà assumersi la responsabilità
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di quanto afferma.