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    Vauro "Premiata macelleria Afghanistan" Zelig Editore
    Recensione di Gabriella Bona (gabri.bona@libero.it)
      
    Un foglio di carta, una matita, un disegno, poche parole: in una sola vignetta è possibile “scrivere”, inquadrare una situazione, trasmettere rabbia e indignazione, più che in lunghi e spesso noiosi articoli. Vauro, in quest’arte è un maestro: le sue vignette contro le guerre, contro le ingiustizie, al fianco delle persone più povere, più colpite, sono piccoli capolavori. 
    Questo libro sulla tragedia afgana è nato durante il viaggio intrapreso lo scorso anno (prima dell’11 settembre) con l’inviato della Stampa Giulietto Chiesa, attraverso un paese, dice lo stesso Vauro, “che col suo milione e mezzo di morti dopo l’invasione sovietica e nei conflitti civili, il suo milione di mutilati, i suoi quattro milioni di profughi e la presenza tuttora di quasi dieci milioni di mine antiuomo, resta una delle più gravi ferite, uno squarcio nel cuore dell’umanità”. 
    In Afghanistan Vauro ha disegnato le pareti della corsia dell’ospedale di Emergency, rimaste bianche per ordine dei Talebani e l’artista clandestino afgano, a cui il libro è stato dedicato, ha colorato i suoi disegni, un momento di gioia e di colore per i bambini mutilati dalle bombe e dalle mine. 
    Ettore Mo, nella prefazione, parla di Vauro come del “vignettista del manifesto che vive ad alta tensione, riversando quotidianamente nei suoi disegni e nelle sue battute sdegno, rabbia, raccapriccio, pena e amore davanti alle vicende di un mondo che sta rotolando inesorabilmente verso l’abisso”. 
    “Da dove nascono l’intensità delle sue reazioni, l’ironia trafittrice, lo sdegno, i veleni?”, si chiede ancora Mo. Dalla capacità di non crescere, spiega Vauro, dall’aver mantenuto un atteggiamento di stupore, tipicamente infantile, di fronte alla realtà. Quello stupore che genera la rabbia, che non lascia cadere nell’abitudine. 
    Non ci si può abituare alla guerra, alla crudeltà, alla violenza, all’ingiustizia. Soprattutto, non si deve e Vauro, con le sue vignette ci aiuta a mantenere sveglio il nostro senso civico, la nostra voglia di opporci al corso delle cose, anche quando l’impresa sembra disperata. 
    Bambini mutilati, villaggi distrutti, donne velate, bombardieri, personaggi politici, dolore, disperazione, la colomba della pace tra le macerie ma con il rametto d’ulivo stretto nel becco, il razzismo, la fame, l’indifferenza sono i protagonisti delle vignette raccolte nel libro. 
    Visto che “la guerra non ha niente di comico eccetto la sua stupidità”, scrive l’autore, queste vignette sono “nate per provocare, per tentare di aggredire, con il grottesco che sempre si annida nella tragedia, la stupidità degli indifferenti […] E poi ridere dove ci sarebbe solo da piangere può essere un antidoto all’assuefazione alla barbarie della guerra”. 
         
    gabriella bona 
   
 
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